Opposizione all'esecuzione laddove il pignoramento di crediti colpisca un soggetto diverso dal tesoriere, nel caso previsto dall'art. 159 TUEL

Alessandro Auletta

inquadramento

A mente dell'art. 159, comma 1 TUEL, “non sono ammesse” azioni esecutive nei confronti degli Enti locali presso soggetti diversi dai rispettivi tesorieri; peraltro, gli atti esecutivi posti in essere malgrado questo divieto “non determinano vincoli sui beni oggetto della procedura espropriativa”.

Dal tenore letterale della disposizione sembra potersi desumere che la corretta individuazione del terzo presso cui effettuare il pignoramento sia riguardata alla stregua di una vera e propria condizione di procedibilità dell'azione esecutiva.

Ciò è confermato dalla previsione che il terzo diverso dal tesoriere non è tenuto al rispetto degli obblighi di custodia di cui all'art. 546 c.p.c. né, tanto meno, alla fornitura della dichiarazione di quantità.

Formula

TRIBUNALE DI .... [1]

RGE n. ....; G.E. dott. ....

RICORSO IN OPPOSIZIONE ALL'ESECUZIONE AI SENSI DELL'ART. 615, COMMA 2, C.P.C.

Nell'interesse del Comune di ...., rappresentato e difeso – come da procura in atti – dall'Avv. .... e con questi domiciliato presso il proprio studio in ...., via ...., n. ....,

SI PREMETTE

1) che l'esponente ha ricevuto in data .... la notifica dell'atto di pignoramento di somme detenute dal terzo ....;

2) che il procedimento è stato iscritto al RGE n. .... ed assegnato al G.E. Dott. ...., con udienza di comparizione fissata per la data del ....;

Il pignoramento è viziato atteso il chiaro disposto dell'art. 159, comma 1 TUEL, secondo cui non sono ammesse azioni esecutive nei confronti degli Enti locali presso soggetti diversi dai rispettivi tesorieri.

L'esponente, considerato quanto sopra, intende proporre opposizione ex art. 615, comma 2 c.p.c. avverso l'intrapresa esecuzione.

La Corte di Cassazione ha chiarito che ove nell'espropriazione forzata presso terzi si ponga la questione se, rispetto alle somme sottoposte a pignoramento da parte del creditore, ricorrano o no le condizioni stabilite dalla legge affinché le somme di competenza del Comune restino sottratte alla esecuzione, ed il giudice dell'esecuzione non abbia, d'ufficio o su istanza di parte, dichiarato nullo il pignoramento (né si sia ancora, come nella specie, giunti alla chiusura del processo con ordinanza di assegnazione), il debitore può proporre l'opposizione all'esecuzione per far valere detta impignorabilità.

Non viene infatti in considerazione la questione della modalità concreta di estrinsecazione del processo esecutivo, quanto piuttosto quella della sussistenza e della stessa intrinseca pignorabilità del bene costituito da un credito verso soggetto non tesoriere, nonostante il chiaro e tassativo divieto del primo comma dell'art. 159 del TUEL (d.lgs. n. 267/2000): infatti, a tenore di tale disposizione, «non sono ammesse procedure di esecuzione e di espropriazione forzata nei confronti degli enti locali presso soggetti diversi dai rispettivi tesorieri»; e gli atti esecutivi eventualmente intrapresi non determinano vincoli sui beni oggetto della procedura espropriativa (Cass. n. 14048/2013).

Agli atti si deposita convenzione intercorsa con la società .... [diverso dal terzo pignorato], relativa all'affidamento del servizio di tesoreria dello scrivente Comune per il periodo .....

Appare quindi evidente la illegittimità dell'azione esecutiva intrapresa.

Tutto ciò premesso, l'istante, come sopra difeso e rappresentato,

CHIEDE

che il G.E. [2] :

– in via del tutto preliminare, dichiari la nullità del pignoramento di cui si tratta, disponendo, ove intervenuta, la liberazione delle somme illegittimamente pignorate;

– in via gradata, disponga la sospensione dell'esecuzione con decreto reso inaudita altera parte o, comunque, in subordine, con ordinanza;

– nel merito, accerti l'ingiustizia e l'illegittimità della promossa esecuzione per i motivi sopra evidenziati;

– condanni l'opposto al pagamento delle spese processuali [3] .

Deposita: convenzione intercorsa con la società .... [diverso dal terzo pignorato], relativa all'affidamento del servizio di tesoreria dello scrivente Comune per il periodo ....

Luogo e data ....

Firma Avv. ....

[1]Tenuto conto di quanto previsto dall'art. 27 c.p.c. (secondo cui le opposizioni esecutive c.d. successive devono essere trattate dal Tribunale competente per l'esecuzione), va data contezza della riforma dell'art. 26-bis c.p.c., attuata per effetto della l. n. 206/2021 (applicantesi a tutti i procedimenti instaurati successivamente alla data del 22.6.2022). A mente del novellato primo comma della disposizione, «[q]uando il debitore è una delle pubbliche amministrazioni indicate dall'articolo 413, quinto comma, per l'espropriazione forzata di crediti è competente, salvo quanto disposto dalle leggi speciali, il giudice del luogo dove ha sede l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto il creditore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede». In precedenza, il criterio determinativo della competenza era quello del «luogo ove il terzo debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede». Con riferimento alla pregressa formulazione della disposizione la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 8172/2018) aveva chiarito: a) che il riferimento alle «pubbliche amministrazioni indicate dall'art. 413, quinto comma» andasse inteso come diretto a ricomprendere nell'ambito di applicazione dell'art. 26-bis, comma 1 c.p.c. le pubbliche amministrazioni menzionate nell'ampio catalogo di cui all'art. 1, comma 2, d.lgs. n. 165/2001; b) che il rinvio alle disposizioni di legge speciali «consenta ed anzi imponga l'operazione ermeneutica di individuare una sola competenza, quella del luogo in cui il cassiere o tesoriere operi come tale in concreto per la PA secondo l'accordo con essa stipulato (e, dunque, debba pagare per suo conto), allorquando l'esecuzione concerna crediti di una delle pubbliche amministrazioni per cui operi il sistema di cui alla l. n. 720/1984, art. 1-bis», in definitiva precludendo al creditore procedente la possibilità di scegliere il foro a seconda della (ipoteticamente differente) ubicazione della sede legale od operativa (secondo gli accordi presi con tra l'amministrazione debitrice ed il suo cassiere), dovendosi necessariamente propendere per quest'ultima.

A fronte della novella si pone il problema di stabilire se il nuovo comma 1 riguardi (come avveniva per il precedente) tutte le pubbliche amministrazioni – ed in specie quelle locali – o meno.

Favorevole ad una interpretazione letterale della disposizione una parte della giurisprudenza, secondo cui la competenza sarebbe del Tribunale distrettuale ove ha domicilio o sede il creditore in tutti i casi in cui debitore sia una p.a.: depone in questo senso, da un lato, la circostanza che il primo alinea del primo comma è rimasto immutato e, dall'altro, lato la circostanza che il secondo comma dell'art. 26-bis c.p.c. così come formulato non sembra ricomprendere (proprio per la presenza di una disposizione specifica in tema) i casi in cui ad essere esecutata sia un'amministrazione pubblica. V. in questo senso: Trib. Napoli Nord 6 giugno 2023.

Per altra parte della giurisprudenza, l'applicazione del criterio letterale dà luogo ad esiti irragionevoli, e quindi è stata praticata una interpretazione “costituzionalmente orientata” secondo cui: a) il primo comma si applica solo alle amministrazioni difese ex lege dall'Avvocatura dello Stato; b) per le altre amministrazioni pubbliche (tra cui quelle locali), trova applicazione il criterio generale posto dal secondo comma dell'art. 26-bis c.p.c. In questo senso v. Trib. Napoli 5 febbraio 2024.

Per replicare a tale (pur ragionevole argomentazione) si evidenzia: a) che l'interpretazione letterale è criterio ermeneutico “autosufficiente” ove il tenore della disposizione sia chiaro (Cass. n. 24565/2018); b) che l'esecuzione contro la p.a. è stata intesa dalla giurisprudenza di legittimità come un “mini-sistema” per cui appare incongruo stabilire due diverse regole di competenza a seconda di quale sia l'amministrazione esecutata; c) che (proprio considerando quanto appena detto) l'interpretazione delle regole processuali deve essere ispirata a criteri di certezza ed univocità anche sulla base della giurisprudenza CEDU (v. sul punto Cass. n. 13533/2021), sicché sembra preferibile praticare una lettura che sia luogo a risultati univoci.

Ciò nondimeno, va dato atto di una recente presa di posizione della Corte di Cassazione in senso contrario alla tesi sopra esposta.

Cass. n. 30434/2024 ha affermato che “la esegesi più aderente alla ratio della disciplina sia nel senso di ricondurre sotto l'egida del primo comma dell'art. 26-bis soltanto ed esclusivamente le procedure di espropriazione di crediti intraprese in danno di pubbliche amministrazioni ex lege patrocinate e difese istituzionalmente ed obbligatoriamente dall'Avvocatura dello Stato”.

Ciò sulla base di indici testuali (valorizzazione del riferimento al ruolo svolto dall'Avvocatura dello Stato nelle sue articolazioni territoriali), sistematici (sovrapponibilità con la disposizione istitutiva del c.d. foro erariale) e logici (contrarietà della tesi opposta ai principi di ragionevolezza ed alla prioritaria esigenza di una ordinata distribuzione delle controversie sul territorio”).

[2]Sulla struttura necessariamente bifasica delle opposizioni successive all'esecuzione ed agli atti esecutivi, cfr. Cass. n. 25170/2018. Sul punto si segnala la modifica introdotta dal d.lgs. n. 164/2024 (c.d. correttivo Cartabia) che ha chiarito, risolvendo i dubbi applicativi sorti dall'entrata in vigore della c.d. legge Cartabia, che, quando il giudizio di merito è introdotto secondo le norme dettate in materia di rito ordinario di cognizione, sono ridotti della metà “anche i termini di cui agli artt. 165, 166, 171-bis e 171-ter”.

[3]Le spese della fase sommaria della opposizione esecutiva c.d. successiva vanno regolate in base al principio della soccombenza (v. Cass. n. 22033/2011).

commento

Individuazione dei rimedi esperibili

Secondo la Corte di Cassazione, ove nell'espropriazione forzata presso terzi si ponga la questione se, rispetto alle somme sottoposte a pignoramento da parte del creditore, ricorrano o no le condizioni stabilite dalla legge affinché le somme di competenza del Comune restino sottratte alla esecuzione, ed il giudice dell'esecuzione non abbia, d'ufficio o su istanza di parte, dichiarato nullo il pignoramento (né si sia ancora, come nella specie, giunti alla chiusura del processo con ordinanza di assegnazione), il debitore può proporre l'opposizione all'esecuzione per far valere detta impignorabilità (Cass. n. 14048/2013).

Difatti, non viene in considerazione la questione della modalità concreta di estrinsecazione del processo esecutivo, quanto piuttosto quella della sussistenza e della stessa intrinseca pignorabilità del bene costituito da un credito verso soggetto non tesoriere, nonostante il chiaro e tassativo divieto del primo comma dell'art. 159 del TUEL (d.lgs. n. 267/2000): infatti, a tenore di tale disposizione, «non sono ammesse procedure di esecuzione e di espropriazione forzata nei confronti degli enti locali presso soggetti diversi dai rispettivi tesorieri»; e «gli atti esecutivi eventualmente intrapresi non determinano vincoli sui beni oggetto della procedura espropriativa» (Cass. n. 14048/2013).

Alla luce di tale giurisprudenza (che conferma che l'esecuzione del pignoramento nei riguardi del tesoriere è da riguardare in questo caso come una condizione di procedibilità dell'azione esecutiva):

– il G.E. può rilevare d'ufficio la nullità del pignoramento (a prescindere dalla circostanza che il primo comma dell'art. 159 TUEL non riconosca tale potere, in quanto si tratta – appunto – di una condizione di procedibilità dell'azione esecutiva: v. di recente Cass. n. 3987/2019);

– l'Ente esecutato può proporre opposizione all'esecuzione e dedurre tale circostanza;

– lo stesso Ente esecutato potrà rivolgere al G.E. una mera istanza ex art. 486 c.p.c., volta alla declaratoria di nullità del pignoramento e, quindi, di improcedibilità dell'azione esecutiva.

Se il debitore abbia proposto opposizione all'esecuzione è da preferire l'orientamento secondo cui il G.E. dovrà ritenere assorbito l'interesse ad ottenere la sospensione della procedura e potrà limitarsi a: 1) dichiarare che non vi è luogo a provvedere sull'istanza cautelare; 2) assegnare i termini per l'introduzione del giudizio di merito; 3) dichiarare l'improcedibilità dell'esecuzione, con provvedimento a sua volta impugnabile (dal creditore) nelle forme di cui all'art. 617 c.p.c. (Cass. n. 4961/2019Cass. n. 15554/2017).

Pignoramento presso un terzo diverso dal tesoriere nei casi diversi da quello di cui all'art. 159 TUEL

La giurisprudenza di merito ha affermato che l'esecuzione presso terzi intrapresa nei riguardi di un terzo diverso dal tesoriere debba essere dichiarata inammissibile, anche su rilievo d'ufficio (Trib. Napoli 12 dicembre 2005).

Tale soluzione è stata di recente ribadita dal Tribunale di Roma, secondo cui «è nullo il sequestro e il pignoramento del denaro delle pubbliche amministrazioni operato verso terzi diversi dal Tesoriere e tale nullità è rilevabile d'ufficio. Infatti, le somme di denaro che rientrano nella contabilità speciale degli enti pubblici indicati dalla suddetta norma, tenute presso le sezioni provinciali di Tesoreria dello Stato e presso le sezioni decentrate del bancoposta, non possono essere pignorate e l'eventuale pignoramento effettuato su di esse è nullo di diritto» (Trib. Roma 17 luglio 2017).

La dottrina (Rossi, L'espropriazione presso terzi di crediti e di cose della pubblica amministrazione, in Auletta F., Espropriazione presso terzi, Bologna, 2011, 259 e ss., spec. 279 e ss.), al contrario, ritiene condivisibilmente che, fuori dal caso peculiare in cui il debitore sia un Ente locale (o altro soggetto ricadente nell'ambito di applicazione dell'art. 159 TUEL), la soluzione da preferire sia quella opposta.

Si rileva, da un lato, che la ratio della disciplina sulla tesoreria sia quella di garantire una ordinata gestione della contabilità (e rispetto a tale ratio la rilevata inammissibilità del pignoramento appare ultronea) e, dall'altro lato, che una lettura costituzionalmente orientata del sistema dovrebbe condurre a ripudiare orientamenti che portino ad estendere la portata applicativa di ostacoli o impedimenti al pieno dispiegarsi del diritto di procedere in via esecutiva.

Oltre alle criticità esposte dalla citata dottrina, si deve evidenziare che la Corte di Cassazione, sebbene al limitato fine della delibazione circa la manifesta infondatezza della q.l.c. dell'art. 1-bis, comma 4-bis cit., ha affermato che la disposizione non determina un intollerabile sacrificio del creditore proprio perché, riferendosi solo ad alcuni tipi di entrate, non pregiudica il diritto di aggredire in via esecutiva altri beni (Cass. n. 4746/2001).

Dunque, se – ad esempio – si discute di un rapporto di tipo privatistico tra amministrazione (non soggetta alla disciplina del TUEL) e terzo, non sembrano porsi le esigenze “protettive” sopra indicate riguardo a determinati flussi di cassa, mentre al contrario si imporrebbe al creditore un sacrificio sproporzionato (proprio perché non giustificato dalle predette esigenze).

Insussistenza di obblighi di custodia in capo al terzo pignorato

Come altre disposizioni consimili (su tutte quella contenuta nell'art. 159, comma 4 TUEL), quella contenuta nel primo comma dell'art. 159 cit., laddove chiarisce che per il terzo non sorgono obblighi di custodia, è diretta anche a regolare i rapporti tra Ente debitore e terzo diverso dal tesoriere in punto di eventuale responsabilità di quest'ultimo laddove, malgrado la previsione normativa (e sebbene in mancanza di un provvedimento del G.E.), lo stesso abbia tenuto “bloccate” le somme di pertinenza dell'Ente locale.

Si tratta di una disposizione fortemente eccentrica rispetto ai principi generali.

Difatti, in relazione all'ipotesi ordinaria di pignoramento presso terzi, la Corte di Cassazione (Cass. n. 30500/2019), ha di recente chiarito, circa la responsabilità del terzo pignorato, che in caso di successivi distinti pignoramenti, il vincolo gravante sul terzo è ricollegabile a ciascuno di essi, di modo che se uno dei pignoramenti perde effetti, restano fermi quelli degli altri. Perché vengano meno gli obblighi di custodia del terzo e gli effetti di cui all'art. 2917 c.c. è necessario che perdano effetti tutti i pignoramenti e ciò può avvenire esclusivamente laddove sia pronunciato uno specifico provvedimento di estinzione in relazione a ciascuno di essi.

Per completezza va osservato che l'avvenuta violazione degli obblighi di custodia da parte del terzo in buona fede, in conseguenza dell'erronea supposizione dell'avvenuta estinzione della procedura esecutiva non può comunque pregiudicare i diritti del creditore procedente (specie se incolpevole).

In tale situazione restano fermi, infatti, tutti gli effetti del pignoramento, ivi inclusi quelli previsti dall'art. 2917 c.c., che rendono inefficace il pagamento effettuato dal terzo dopo la notifica del pignoramento, salvi gli eventuali diritti risarcitori del terzo stesso nei confronti del soggetto che, inducendolo colposamente in errore, abbia provocato l'eventuale danno (costituito dall'obbligo di procedere di nuovo al pagamento del medesimo debito in favore del creditore pignorante senza poter recuperare l'importo corrisposto al debitore).

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