Contestazione della delibera di impignorabilità ASL, nel caso di inefficacia della stessa per violazione dell'ordine cronologico (qualificazione ex art. 549 c.p.c.)

Alessandro Auletta

inquadramento

Per preservare la funzionalità di determinati Enti pubblici, la legge prevede dei regimi di impignorabilità delle somme detenute dall'Ente presso il proprio tesoriere o cassiere.

In determinati casi, la impignorabilità è tout court prevista dalla legge e si traduce nel divieto di agire in via esecutiva (oppure di agire in via esecutiva con modalità diverse da quelle del c.d. pignoramento contabile: art. 1 d.l. n. 313/1994, conv. in l. n. 460/1994).

In altri casi, invece, la norma riconosce all'Ente il potere di quantificare le somme occorrenti alla realizzazione di determinate finalità “protette” e di rendere tali somme “indisponibili” (se non per le predette finalità) e quindi, appunto, impignorabili.

I casi più rilevanti sono quelli dell'esecuzione contro gli Enti sanitari (ASL) o contro gli Enti locali.

La Corte Costituzionale, però, è intervenuta a più riprese al fine di circoscrivere di garanzie questo potere, specie quando, pur a fronte dell'adozione di una delibera di impignorabilità, l'Ente provveda ad effettuare pagamenti per finalità diverse da quelle protette senza osservare il necessario ordine cronologico delle fatture ovvero (se non è prevista l'emissione di fattura) quello delle delibere di spesa.

Assumendo che le questioni relative alla esistenza ed efficacia del vincolo vadano poste ex art. 549 c.p.c. e seguendo l'orientamento prevalente sopra ricordato, la formula appresso riportata concerne un atto introduttivo di giudizio ex art. 549 c.p.c. ove il creditore contesta la violazione dell'ordine cronologico dei pagamenti per finalità diverse da quelle “protette” dalla delibera adottata dall'Ente esecutato.

Formula

TRIBUNALE DI .... [1]

RGE n. ...., G.E.: dott. ....

ATTO DI CONTESTAZIONE EX ART. 549 C.P.C.[2]

Il Sig. .... nato a ...., il ...., C.F ...., rappresentato e difeso, come da procura in calce (oppure, a margine), dall'Avv. ...., ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello stesso in ...., via ....

RAPPRESENTA

1) di avere intrapreso una procedura esecutiva per espropriazione di crediti contro la ASL di ...., nei confronti dell'Istituto di credito tesoriere;

2) che in particolare il pignoramento fu notificato all'Ente debitore in data .... ed al terzo tesoriere in data ....;

3) che la procedura veniva iscritta al RGE n. .... ed assegnata al G.E. Dott. ....;

4) che il terzo ha reso la prescritta dichiarazione di quantità rilevando l'avvenuta adozione, in data ...., di una delibera di impignorabilità relativa al trimestre ...., delibera notificata munita di formula esecutiva in data .... e notificata al terzo in data ....;

All'udienza del .... l'istante ha fatto istanza per contestare la suddetta dichiarazione ed il G.E. ha dato termine fino al .... per la notifica di un atto di significazione al debitore ed al terzo, fissando per la comparizione delle parti l'udienza del ....

Con il presente atto il Sig. ...., come sopra rappresentato e difeso, intende contestare ex art. 549 c.p.c. la dichiarazione di quantità resa dal terzo e, suo tramite, la delibera di impignorabilità adottata dall'Ente esecutato, per i seguenti motivi:

a) la delibera è inefficace in quanto l'ASL ha provveduto ad effettuare pagamenti per finalità differenti da quelle riguardate dalla delibera n. .... in violazione del necessario ordine cronologico;

difatti, secondo la giurisprudenza in atto prevalente, il creditore ha soltanto l'onere di allegare la violazione del necessario ordine cronologico (Cass. n. 23727/2008);

deve ritenersi che il creditore assolve al proprio onere di allegazione quanto, deducendo “numerose circostanze di fatto”, ingeneri “il sospetto” della sussistenza della indicata condizione preclusiva, laddove l'Ente locale non è liberato dall'onere della prova contraria, nei termini anzidetti, quando produca una certificazione attestante il rispetto dell'ordine cronologico (Cass. n. 4820/2012) [3] ;

ebbene, risulta, come da documentazione che si esibisce e deposita, che l'Ente esecutato ha provveduto nel periodo di efficacia della detta delibera ad effettuare i seguenti pagamenti: ....

Da tanto deve che vi è stata la violazione del necessario ordine cronologico con conseguente inefficacia della delibera n. ....;

[b) eventuali altri motivi di contestazione];

Pertanto, tutto ciò premesso e considerato, l'istante

CHIEDE

che il G.E. voglia accertare:

a) la inefficacia relativa della delibera di impignorabilità n. .... adottata in data .... e resa esecutiva in data ....;

b) [eventuali altre domande];

e che conseguentemente il G.E. provveda all'assegnazione del credito pignorato, con condanna alla refusione delle spese di esecuzione.

Si allegano i seguenti documenti: 1) dichiarazione del terzo; 2) delibera di impignorabilità n. .... adottata in data .... e resa esecutiva in data ....; 3) atto introduttivo del giudizio di accertamento ex art. 549 c.p.c. notificato a debitore e terzo pignorato unitamente al provvedimento assunto dal G.E. in data ....; 4) eventuali altri.

Luogo e data ....

Firma Avv. ....

[1]La contestazione in esame presuppone la corretta individuazione del giudice competente. Sul punto va segnalata la recente riforma dell'art. 26-bis c.p.c.

A mente del novellato primo comma della disposizione, «[q]uando il debitore è una delle pubbliche amministrazioni indicate dall'articolo 413, quinto comma, per l'espropriazione forzata di crediti è competente, salvo quanto disposto dalle leggi speciali, il giudice del luogo dove ha sede l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto il creditore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede». In precedenza, il criterio determinativo della competenza era quello del «luogo ove il terzo debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede». Con riferimento alla pregressa formulazione della disposizione la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 8172/2018) aveva chiarito: a) che il riferimento alle «pubbliche amministrazioni indicate dall'art. 413, quinto comma» andasse inteso come diretto a ricomprendere nell'ambito di applicazione dell'art. 26-bis, comma 1 c.p.c. le pubbliche amministrazioni menzionate nell'ampio catalogo di cui all'art. 1, comma 2, d.lgs. n. 165/2001; b) che il rinvio alle disposizioni di legge speciali «consenta ed anzi imponga l'operazione ermeneutica di individuare una sola competenza, quella del luogo in cui il cassiere o tesoriere operi come tale in concreto per la P.A. secondo l'accordo con essa stipulato (e, dunque, debba pagare per suo conto), allorquando l'esecuzione concerna crediti di una delle pubbliche amministrazioni per cui operi il sistema di cui alla l. n. 720/1984, art. 1-bis», in definitiva precludendo al creditore procedente la possibilità di scegliere il foro a seconda della (ipoteticamente differente) ubicazione della sede legale od operativa (secondo gli accordi presi con tra l'amministrazione debitrice ed il suo cassiere), dovendosi necessariamente propendere per quest'ultima.

A fronte della novella si pone il problema di stabilire se il nuovo comma 1 riguardi (come avveniva per il precedente) tutte le pubbliche amministrazioni – ed in specie quelle locali – o meno.

Favorevole ad una interpretazione letterale della disposizione una parte della giurisprudenza, secondo cui la competenza sarebbe del Tribunale distrettuale ove ha domicilio o sede il creditore in tutti i casi in cui debitore sia una p.a.: depone in questo senso, da un lato, la circostanza che il primo alinea del primo comma è rimasto immutato e, dall'altro, lato la circostanza che il secondo comma dell'art. 26-bis c.p.c. così come formulato non sembra ricomprendere (proprio per la presenza di una disposizione specifica in tema) i casi in cui ad essere esecutata sia un'amministrazione pubblica. V. in questo senso: Trib. Napoli Nord 6 giugno 2023.

Per altra parte della giurisprudenza, l'applicazione del criterio letterale dà luogo ad esiti irragionevoli, e quindi è stata praticata una interpretazione “costituzionalmente orientata” secondo cui: a) il primo comma si applica solo alle amministrazioni difese ex lege dall'Avvocatura dello Stato; b) per le altre amministrazioni pubbliche (tra cui quelle locali), trova applicazione il criterio generale posto dal secondo comma dell'art. 26-bis c.p.c. In questo senso v. Trib. Napoli 5 febbraio 2024.

Per replicare a tale (pur ragionevole argomentazione) si evidenzia: a) che l'interpretazione letterale è criterio ermeneutico “autosufficiente” ove il tenore della disposizione sia chiaro (Cass. n. 24565/2018); b) che l'esecuzione contro la P.A. è stata intesa dalla giurisprudenza di legittimità come un “mini-sistema” per cui appare incongruo stabilire due diverse regole di competenza a seconda di quale sia l'amministrazione esecutata; c) che (proprio considerando quanto appena detto) l'interpretazione delle regole processuali deve essere ispirata a criteri di certezza ed univocità anche sulla base della giurisprudenza CEDU (v. sul punto Cass. n. 13533/2021), sicché sembra preferibile praticare una lettura che sia luogo a risultati univoci.

Ciò nondimeno, va dato atto di una recente presa di posizione della Corte di Cassazione in senso contrario alla tesi sopra esposta.

Cass. n. 30434/2024 ha affermato che “la esegesi più aderente alla ratio della disciplina sia nel senso di ricondurre sotto l'egida del primo comma dell'art. 26-bis soltanto ed esclusivamente le procedure di espropriazione di crediti intraprese in danno di pubbliche amministrazioni ex lege patrocinate e difese istituzionalmente ed obbligatoriamente dall'Avvocatura dello Stato”.

Ciò sulla base di indici testuali (valorizzazione del riferimento al ruolo svolto dall'Avvocatura dello Stato nelle sue articolazioni territoriali), sistematici (sovrapponibilità con la disposizione istitutiva del c.d. foro erariale) e logici (contrarietà della tesi opposta ai principi di ragionevolezza ed alla prioritaria esigenza di una ordinata distribuzione delle controversie sul territorio”).

Nella citata occasione, la S.C. ha anche avuto modo di affermare che la clausola di salvezza contenuta nel primo comma “si riferisce alle norme che dettino regole processuali sulla competenza, individuando un ufficio giudiziario cui devolvere le procedure di espropriazione forzata di crediti in danno delle pubbliche amministrazioni sulla base di elementi di collegamento diversi da quelli previsti dall'art. 26-bis c.p.c. (norme tra le quali non è compreso l'art. 1-bis della l. n. 720/1984)”.

Ad ogni modo, come si anticipava, la contestazione di cui alla formula in esame presuppone che sia correttamente individuato il Giudice competente; diversamente, l'amministrazione dovrà, anche in sede di opposizione ex art. 615, comma 2, c.p.c., l'incompetenza del Tribunale e porre la questione della sussistenza di vincoli e della loro opponibilità, semmai, innanzi al Giudice competente.

[2]Sulle caratteristiche dell'accertamento endo-esecutivo dell'obbligo del terzo, anche sotto il profilo del contenuto della domanda e della necessità di integrazione del contraddittorio, v. Cass. n. 22123/2022.

[3]Sul contenuto dell'onere di allegazione del creditore v. il commento.

commento

Vincoli di indisponibilità disposti con delibera ai sensi dell'art. 1, comma 5 d.l. n. 9/1993

In materia di Enti sanitari rileva ancora oggi la disposizione dell'art. 1, comma 5 d.l. n. 9/1993 come manipolata dalla Corte Costituzionale, con sentenza n. 285/1995.

In particolare, secondo il comma 5, «le somme dovute a qualsiasi titolo alle aziende sanitarie locali e ospedaliere e agli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico non sono sottoposte ad esecuzione forzata nei limiti degli importi corrispondenti agli stipendi e alle competenze comunque spettanti al personale dipendente o convenzionato, nonché nella misura dei fondi a destinazione vincolata essenziali ai fini dell'erogazione dei servizi sanitari definiti con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro del tesoro, da emanare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. A tal fine l'organo amministrativo dei predetti enti, con deliberazione adottata per ogni trimestre, quantifica preventivamente le somme oggetto delle destinazioni previste nel primo periodo».

A seguito dell'intervento della Corte Costituzionale, sopra citato, è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale della citata disposizione, nella parte in cui, per l'effetto della non sottoponibilità ad esecuzione forzata delle somme destinate ai fini ivi indicati, non prevede la condizione che l'organo di amministrazione dell'unità sanitaria locale, con deliberazione da adottare per ogni trimestre, quantifichi preventivamente gli importi delle somme innanzi destinate e che dall'adozione della predetta delibera non siano emessi mandati a titoli diversi da quelli vincolati, se non seguendo l'ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento o, se non è prescritta fattura, dalla data della deliberazione di impegno da parte dell'ente.

Quale è la sede ove dedurre le questioni relative alla esistenza, consistenza ed opponibilità del vincolo di indisponibilità

Si pone la questione di quale sia la sede ove tale le questioni circa la esistenza, consistenza ed opponibilità di un vincolo di indisponibilità vadano poste.

Secondo l'orientamento prevalente tale contestazione deve svolgersi nelle forme dell'opposizione all'esecuzione in quanto attinente alla “pignorabilità” dei beni aggrediti (tra le tante v. Cass. n. 14068/2013).

Tuttavia è dato al G.E. il potere di rilevare d'ufficio tale impignorabilità, anche quando il relativo potere non sia espressamente previsto dalla legge (v. Cass. n. 23727/2008; Cass. n. 6548/2011; Cass. n. 3987/2019).

Per un orientamento più recente, la sede ove dedurre le questioni è quella del giudizio di accertamento endo-esecutivo dell'obbligo del terzo ex art. 549 c.p.c. (v. Trib. Napoli Nord 5 febbraio 2020).

Il riparto dell'onere probatorio circa la violazione dell'ordine cronologico dei pagamenti

Come si diceva, la Corte Costituzionale ha dichiarato la incostituzionalità dell'art. 1, comma 5 cit. laddove, per l'effetto della non sottoponibilità ad esecuzione forzata delle somme destinate ai fini ivi indicati, non prevede la condizione che l'organo di amministrazione dell'unità sanitaria locale, con deliberazione da adottare per ogni trimestre, quantifichi preventivamente gli importi delle somme innanzi destinate e che dall'adozione della predetta delibera non siano emessi mandati a titoli diversi da quelli vincolati, se non seguendo l'ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento o, se non è prescritta fattura, dalla data della deliberazione di impegno da parte dell'ente.

La giurisprudenza (formatasi prevalentemente in relazione alla materia degli Enti locali) dibatte sul riparto dell'onere della prova in materia di violazione dell'ordine cronologico dei pagamenti.

Secondo un primo e più remoto orientamento, tale onere spetta al creditore (Cass. n. 13263/2006).

Secondo l'orientamento più recente, al creditore spetta solo di allegare la violazione dell'ordine cronologico dei pagamenti (Cass. n. 23727/2008), come desumibile da “plurimi elementi” che ingenerino il relativo “sospetto” (Cass. n. 4820/2012), salva la prova contraria da parte dell'Ente.

Si segnalano, più di recente, le seguenti pronunce di legittimità, collocantesi nel solco dell'orientamento da ultimo esaminato.

Secondo Cass. n. 25836/2020, il creditore procedente che intenda far valere l'inefficacia del vincolo di destinazione per la sussistenza della condizione preclusiva dell'impignorabilità delle somme (l'avere l'Ente emesso dei mandati di pagamento per finalità diverse da quelle protette dalla delibera in violazione dell'ordine cronologico dei pagamenti) assolve l'onere della prova su di lui incombente adducendo «circostanza di fatto dalle quali sia desumibile il sospetto della sussistenza della indicata condizione preclusiva»; dopodiché spetta all'Ente esecutato la dimostrazione del contrario e non rileva a questi fini una mera certificazione proveniente dagli organi dell'Ente, trattandosi di dichiarazione pro se.

Più di recente (e sempre in materia di Enti locali, ma le considerazioni valgono mutatis mutandis anche per gli Enti sanitari), la stessa S.C., seguendo l'orientamento in questione, ha ulteriormente chiarito che nell'espropriazione presso terzi nei confronti degli enti locali territoriali è onere del creditore allegare i presupposti di inefficacia del vincolo di impignorabilità impresso ai crediti eventualmente accertati come effettivamente sussistenti verso il tesoriere; pertanto, spetta al giudice dell'esecuzione verificare se le somme così accertate corrispondano o meno a quelle sulle quali è stato impresso il vincolo di indisponibilità ai sensi del d.lgs. n. 267/2000, art. 159 e non incombe in prima battuta all'ente locale debitore esecutato l'onere di provare di non avere emesso mandati in violazione dell'ordine ivi previsto, ma al creditore procedente allegare fatti specifici a confutazione di tanto, solo allora attivandosi, per il principio di prossimità della prova, l'onere del debitore di provare che, ciononostante, quell'ordine ed ogni altro presupposto di efficacia del vincolo siano sussistenti (Cass. n. 13676/2021).

Il principio è stato ribadito anche con riguardo all'esecuzione intrapresa contro Enti sanitari.

Qui si è affermato che sono applicabili i medesimi principi validi per la pignorabilità delle disponibilità degli enti locali ex art. 159 del d.lgs. n. 267/2000 (T.U.E.L.), principi in base ai quali il creditore procedente che intenda far valere l'inefficacia del vincolo di destinazione può proporre opposizione agli atti esecutivi, e nel relativo giudizio è suo onere allegare gli specifici pagamenti per debiti estranei eseguiti successivamente alla delibera, mentre, in base al principio della vicinanza della prova, spetta all'ente locale provare che tali pagamenti sono stati eseguiti in base a mandati emessi nel rispetto del dovuto ordine cronologico (Cass. n. 1450/2023).

Laddove il tema della impignorabilità sia introdotto con ricorso in opposizione ex art. 615, comma 2 c.p.c. dall'Ente esecutato, il creditore potrà costituirsi nel sub-procedimento di opposizione ed allegare le suddette violazioni dell'ordine cronologico dei pagamenti.

Le prassi giudiziarie sull'oggetto dell'onere di allegazione da parte del creditore

Tenuto conto dell'orientamento espresso da Cass. n. 4820/2012 (relativa alle delibere di impignorabilità di cui all'art. 159 TUEL ma contenente considerazioni spendibili anche con riferimento a quelle adottate dalle ASL ex art. 1, comma 5, cit.) si pone la questione di verificare se, ai fini dell'onere di allegazione, sia sufficiente produrre le determine di pagamento che costituiscano “indizio” della violazione dell'ordine cronologico dei pagamenti o se sia necessario allegare specifici mandati di pagamento.

La prassi giudiziaria esprime posizioni non univoche.

Sul tema v. Trib. Napoli Nord 25 settembre 2018, in ilprocessocivile.it, con nota di Passafiume.

Secondo tale pronuncia, è sufficiente ai fini di cui sopra l'allegazione di molteplici determine di pagamento, per finalità diverse da quelle protette e assunte in violazione dell'ordine cronologico; dopodiché sarà l'Ente a dover fornire la prova contraria, e cioè – nella specie – che la determina non fu seguita dall'emissione del mandato di pagamento.

Con riferimento alle ASL è peraltro doveroso ricordare quanto previsto dal comma 5-bis dell'art. 1 d.l. n. 9/1993, a mente del quale «la deliberazione di cui al comma 5 è comunicata, a mezzo di posta elettronica certificata, all'istituto cui è affidato il servizio di tesoreria o cassa contestualmente alla sua adozione. Al fine di garantire l'espletamento delle finalità di cui al comma 5, dalla data della predetta comunicazione il tesoriere è obbligato a rendere immediatamente disponibili le somme di spettanza dell'ente indicate nella deliberazione, anche in caso di notifica di pignoramento o di pendenza di procedura esecutiva nei confronti dell'ente, senza necessità di previa pronuncia giurisdizionale. Dalla data di adozione della deliberazione l'ente non può emettere mandati a titoli diversi da quelli vincolati, se non seguendo l'ordine cronologico delle fatture così come pervenuto per il pagamento o, se non è prescritta fattura, dalla data della deliberazione di impegno».

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