Opposizione alla decisione del giudice sulle contestazioni al progetto di ripartoinquadramentoIl procedimento per l'accertamento dell'obbligo del terzo, disciplinato dall'art. 549 c.p.c., ha subito importanti modifiche dapprima per effetto dalla l. n. 228/2012, e poi del d.l. n. 132/2014, conv. in l. n. 162/2014, ed infine del d.l. n. 83/2015, conv. in l. n. 132/2015. In estrema sintesi, detto procedimento terzo può essere oggi promosso sia per contestare la dichiarazione del terzo, che si assuma negativa (in tutto o in parte), oppure nel caso in cui la genericità delle indicazioni contenute nel libello, unitamente all'inerzia mostrata dal terzo (che non abbia, ad es., reso la dichiarazione) non consentano una sufficiente identificazione dell'oggetto del pignoramento. Sulle contestazioni così insorte, il Giudice dell'esecuzione, nella fase sommaria delineata dal vigente art. 549 c.p.c. e nel contraddittorio tra creditore istante, debitore esecutato e terzo, emette ordinanza, con cui provvede al riguardo. Essa produce effetti ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione, ed è impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'art. 617 c.p.c. FormulaTRIBUNALE DI .... SEZIONE ESECUZIONE MOBILIARI OPPOSIZIONE AGLI ATTI ESECUTIVI EX ARTT. 549 e 617 C.P.C. Il Sig. ...., nato a .... il ...., C.F. ...., residente in ...., via .... n. ...., quale creditore procedente / intervenuto (oppure: debitore / terzo pignorato) in seno alla presente esecuzione mobiliare, rappresentato e difeso dall'Avv. ...., giusta procura in calce al presente atto. PREMESSO – che in danno del Sig. .... [1] è stato avviato pignoramento presso terzi ad istanza del creditore .... [2] in data ...., con cui sono stati pignorati i crediti vantati dall'esecutato nei confronti del terzo pignorato Sig. .... [3]; – che la procedura è stata iscritta al n. .... R.G.; – che il terzo pignorato, quale debitor debitoris, è comparso avanti al giudice dell'esecuzione all'udienza del ...., ove ha reso dichiarazione parzialmente positiva (ovvero dichiarazione negativa); Ovvero: Il terzo pignorato, nonostante la regolare notifica dell'atto di pignoramento presso terzi in data .... a mezzo ...., non è comparso ed il giudice, nonostante la mancata comparizione del terzo, ha ritenuto che la esistenza del credito (ovvero il possesso delle cose appartenenti al debitore) non può ritenersi incontestata, ai sensi e per gli effetti dell'art. 548, commi 1 e 2 c.p.c., data la non univoca e non sufficiente indicazione della res pignorata contenuta nell'atto di pignoramento. – Conseguentemente, il creditore procedente/intervenuto, preso atto della dichiarazione negativa (o parzialmente negativa) del terzo, (ovvero: della rilevata inidoneità e/o insufficienza nel caso di specie di un riconoscimento implicito o presunto del credito o del possesso dei beni mobili), ha chiesto farsi luogo al procedimento di accertamento dell'obbligo del terzo, ai sensi dell'art. 549 c.p.c. insistendo nella deduzione per cui il terzo pignorato è debitore del debitore esecutato in quanto .... [4] , indicando i seguenti fatti e circostante a sostegno della propria domanda: .... [5] e chiedendo, altresì, l'ammissione dei seguenti accertamenti istruttori: .... [6] . – Il giudice dell'esecuzione, preso atto dell'istanza di accertamento dell'obbligo del terzo, ravvisata la sussistenza dei relativi presupposti di legge, ha disposto l'ammissione dei mezzi istruttori ivi indicati e richiesti ed ha fissato per il prosieguo del procedimento l'udienza del ..... Ovvero: Il giudice dell'esecuzione, preso atto dell'istanza di accertamento dell'obbligo del terzo, ravvisata la sussistenza dei relativi presupposti di legge e vista la richiesta di termine formulata dal creditore istante per il deposito di una memoria illustrativa, ha concesso termine fino al .... per il deposito della stessa, fissando per il prosieguo del procedimento l'udienza del ..... Ovvero: Il giudice dell'esecuzione, preso atto dell'istanza di accertamento dell'obbligo del terzo, ravvisata la sussistenza dei relativi presupposti di legge e rilevato che la suddetta istanza non è stata formulata alla presenza del debitore esecutato e del terzo pignorato, i quali debbono partecipare allo svolgimento del presente procedimento, ha disposto la notifica del relativo verbale di udienza [7] , a cura del creditore istante, al debitore ed al terzo pignorato entro il .... ed ha rinviato all'udienza del .... per l'adozione dei provvedimenti in merito all'istanza di accertamento dell'obbligo del terzo, previo accertamento dell'avvenuta esecuzione di tale notifica e della regolare instaurazione del contraddittorio tra le parti. In tale udienza il Giudice dell'esecuzione ha disposto .... ed è stata fissata per il prosieguo del procedimento l'udienza del ..... All'esito di tale giudizio, effettuati i necessari accertamenti, il giudice ha pronunciato ordinanza in data ...., con la quale ha disposto quanto segue: .... [8] . L'esponente ritiene non condivisibile il superiore provvedimento, e le relative motivazioni a supporto, in quanto .... [9] . Considerato, altresì, che, a norma dell'art. 549 c.p.c., l'ordinanza in questione produce effetti ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione, l'odierno opponente evidenzia che sussistono nel caso di specie gravi ragioni per disporre la sospensione immediata dell'esecutività dell'impugnata ordinanza e, conseguentemente, dell'assegnazione e/o distribuzione delle somme che da essa discende. Tanto premesso, l'esponente PROPONE OPPOSIZIONE Avverso detta ordinanza, comunicata il ...., per i seguenti motivi [10]: 1 ....; 2 ..... Per tali motivi, CHIEDE Che il Tribunale adito voglia: 1. In via preliminare, sospendere inaudita altera parte o, se del caso, previa comparizione delle parti, l'esecutività dell'ordinanza impugnata; 2. Annullare, dichiarare nulla e/o revocare l'ordinanza impugnata, con ogni consequenziale provvedimento in merito ai motivi di opposizione e alle domande formulate dall'opponente. 3. Con vittoria di spese e compensi. Luogo e data .... Firma Avv. .... [1]Indicare generalità dell'esecutato. [2]Indicare generalità del creditore procedente. [3]Indicare generalità del terzo pignorato. [4]L'attuale formulazione dell'accertamento dell'obbligo del terzo è strutturata quale procedimento «deformalizzato ed endoesecutivo»; in ogni caso, sebbene la relativa richiesta introduttiva da parte del creditore istante non abbia più le forme della domanda giudiziale, deve essere esattamente specificato il rapporto obbligatorio che di ritiene sussistente tra il terzo ed il debitore e che dovrà essere oggetto di accertamento endoesecutivo. [5]Indicare gli elementi giustificativi della domanda. [6]Indicare i mezzi istruttori di cui il creditore intende avvalersi ai fini della prova circa la sussistenza dell'obbligazione del terzo nei confronti del debitore esecutato. [7]E dell'eventuale memoria illustrativa depositata dal creditore istante. [8]Esporre le motivazioni contenute nel provvedimento del giudice. [9]Specificare i motivi e le ragioni su cui si fonda l'opposizione. [10]Specificare i motivi e le ragioni su cui si fonda l'opposizione. commentoAll'esito della fase incidentale dell'accertamento dell'obbligo del terzo, il Giudice dell'esecuzione risolve le relative contestazioni con ordinanza (pertanto, all'esito dell'udienza di comparizione delle parti), disponendo se del caso l'assegnazione del credito pignorato (nella misura originariamente pignorata, ovvero in quella minore accertata), ovvero il rigetto dell'istanza del creditore, per essere insussistente l'obbligazione del terzo nei confronto del debitore, oppure per essere stata dimostrata l'esistenza di fatto impeditivi, modificativi o estintivi dell'obbligazione, opponibili al pignorante. Ai sensi dell'art. 549 c.p.c., avverso detta ordinanza è proponibile l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., nel termine di venti giorni dalla sua adozione (se resa in udienza), ovvero dalla sua comunicazione. L'opposizione è proponibile sia per vizi formali (ad es., non integrità del contraddittorio), sia per questioni di natura sostanziale (attinenti, ad es., alla esistenza o alla entità del credito) e comunque in ordine alla erroneità, illegittimità o inesattezza del decisum. A differenza dell'ordinanza resa dal Giudice dell'esecuzione, il giudizio così introdotto viene definito con sentenza (peraltro, da giudice-persona fisica diverso dal Giudice dell'esecuzione, ex art. 186-bis disp. att. c.p.c.), non appellabile ma ricorribile per cassazione, ex art. 111 Cost., e dunque idonea a formare il giudicato circa l'esistenza o inesistenza del credito pignorato, donde a maggior ragione la natura di litisconsorti necessari di creditore pignorante, debitore esecutato e terzo pignorato. Il terzo pignorato può ovviamente optare per una difesa “attiva”, deducendo fatti costitutivi, modificativi o estintivi dell'obbligazione su di lui gravante, ma opponibili al creditore pignorante (ad es., perché antecedenti al pignoramento) ovvero la stessa inesistenza dell'obbligo. A tal fine, egli può limitarsi a dedurre a verbale (se presente all'udienza), ovvero depositare apposita memoria, esemplificata nella formula che precede. Va qui rammentato che, ferma l'indispensabilità dell'evocazione del debitore (Cass. III, n. 26329/2019), quella del terzo pignorato non può che esserlo a maggior ragione, giacché l'ordinanza emessa dal Giudice dell'esecuzione all'esito della fase sommaria dinanzi a sé è destinata a produrre effetti ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione, tanto da essere impugnabile ai sensi dell'art. 617 c.p.c. L'opposizione ex art. 617 è, poi, lo strumento generale per denunciare l'irregolarità o la nullità, oltre che del pignoramento e della notificazione dello stesso, degli atti compiuti dal giudice dell'esecuzione nel corso della procedura. Su un piano generale, di peculiare interesse è Cass. III, n. 14282/2022, la quale ha sottolineato che possono costituire oggetto dell'opposizione ex art. 617 c.p.c. soltanto gli atti esecutivi e, cioè, gli atti di parte di promozione dell'esecuzione forzata oppure i provvedimenti ordinatori del giudice dell'esecuzione volti all'instaurazione, prosecuzione o definizione della procedura – i quali si distinguono dagli atti preparatori che, privi di autonoma rilevanza come momento dell'azione esecutiva e tesi alla mera direzione del processo o all'interlocuzione con le parti o gli ausiliari, sono assunti nella prospettiva della futura adozione di altri e diversi provvedimenti – e a condizione che essi abbiano incidenza dannosa nella sfera degli interessati, tale che sia attualmente configurabile un interesse reale alla rimozione dei loro effetti. Inoltre l'opposizione agli atti esecutivi è esperibile esclusivamente nei confronti di atti riferibili al giudice dell'esecuzione, che è l'unico titolare del potere di impulso e controllo del processo esecutivo, sicché, ove l'atto che si assume contrario a diritto sia riferibile solo ad un ausiliario del giudice, ivi compreso l'ufficiale giudiziario, esso è sottoponibile al controllo del giudice dell'esecuzione, ai sensi dell'art. 60 o nelle forme desumibili dalla disciplina del procedimento esecutivo azionato, e solamente dopo che questi si sia pronunciato sull'istanza dell'interessato diviene possibile impugnare il relativo provvedimento giudiziale con le modalità di cui all'art. 617 c.p.c. (Cass. n. 5175/2018, in una fattispecie nella quale l'ufficiale giudiziario aveva erroneamente dato preavviso, ad un soggetto diverso dal debitore identificato dal procedente, di un successivo accesso forzoso in adempimento di una richiesta di pignoramento mobiliare). Ora, la giurisprudenza di questa Corte, fin da prima della proposizione della domanda definita con la qui gravata sentenza e con principio ribadito costantemente anche in tempi successivi, ha escluso in radice una autonoma impugnabilità, con azione ordinaria di cognizione, degli atti compiuti da qualunque ausiliario del giudice e, tra questi, di quelli dell'Ufficiale giudiziario. Tali atti vanno, invero, sottoposti esclusivamente al controllo del giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 60 – o nelle eventualmente diverse, come nel caso dell'art. 591-ter (Cass. ord., n. 1335/2011), forme desumibili dalla disciplina del procedimento esecutivo azionato – e solo dopo che il giudice stesso si sia pronunciato sull'istanza dell'interessato sarà possibile impugnare il suo provvedimento con le modalità di cui all'art. 617 (sul principio generale: Cass. n. 7674/2008; in precedenza, v. già Cass. n. 3030/1992; successivamente: Cass. n. 19573/2015; Cass. ord., n. 25317/2016). Di conseguenza, poiché il processo esecutivo comporta un sistema chiuso di rimedi e non è ammessa quindi azione in forme diverse dalle opposizioni esecutive o dalle altre iniziative specificamente previste da detto sistema processuale (tra le ultime: Cass. n. 6521/2014; Cass. n. 7708/2014; Cass., n. 23182/2014; Cass. n. 11172/2015; Cass. ord., n. 12242/2016), non può che rilevarsi come, qualunque ne fosse stata la qualificazione prospettata o poiché il processo esecutivo è articolato su di un sistema chiuso di rimedi e non è consentita azione in forme diverse dalle opposizioni esecutive o dalle altre iniziative cognitive specificamente previste da detto sistema processuale, non è ammessa la contestazione di un atto dell'Ufficiale giudiziario (nella specie: avviso di prosecuzione di operazioni di pignoramento mobiliare rivolto anche a chi non era debitrice esecutata) nelle forme di un'ordinaria azione di cognizione o di un'opposizione esecutiva, essendo anche tale atto assoggettato esclusivamente al controllo del giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 60 rimessa al giudice, l'azione di cognizione, anziché il reclamo al giudice dell'esecuzione, non potesse essere in alcun modo o caso intrapresa: ciò che impone di cassare senza rinvio la sentenza che la ha definita. Né a conclusione più favorevole per l'odierna ricorrente potrebbe oggi giungersi ove si potesse, per un solo momento e pensando di poter superare la chiara ed univoca qualificazione da lei stessa data alla sua iniziativa giudiziale come azione di cognizione e lo sviluppo processuale ad essa seguito e ripresa dal giudice nella qui gravata sentenza di definizione quale opposizione agli atti esecutivi, riqualificarla come reclamo al giudice, con conseguente riqualificazione del provvedimento, pure univocamente reso come sentenza su quella domanda, quale ordinanza ai sensi dell'art. 60, perché allora essa avrebbe potuto costituire oggetto di un'opposizione ai sensi dell'art. 617 e giammai di ricorso per cassazione. Deve trovare applicazione alla fattispecie il seguente principio di diritto: poiché il processo esecutivo è articolato su di un sistema chiuso di rimedi e non è consentita azione in forme diverse dalle opposizioni esecutive o dalle altre iniziative cognitive specificamente previste da detto sistema processuale, non è ammessa la contestazione di un atto dell'Ufficiale giudiziario (nella specie: avviso di prosecuzione di operazioni di pignoramento mobiliare rivolto anche a chi non era debitrice esecutata) nelle forme di un'ordinaria azione di cognizione o di un'opposizione esecutiva, essendo anche tale atto assoggettato esclusivamente al controllo del giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 60 o nelle eventualmente diverse forme desumibili dalla disciplina del procedimento esecutivo azionato; sicché solo dopo che il giudice stesso si sia pronunciato sull'istanza dell'interessato è possibile impugnare il suo provvedimento con le modalità di cui all'art. 617 c.p.c. Di regola, poiché ciò potrebbe determinare un'elusione del rispetto del termine di decadenza per la proposizione dell'opposizione in esame, non può essere oggetto della stessa l'atto con il quale il giudice dell'esecuzione si sia limitato a correggere un errore materiale o di calcolo di una propria ordinanza. Nondimeno, l'opposizione agli atti potrà essere proposta qualora l'errore corretto sia tale da ingenerare un obbiettivo dubbio sull'effettivo contenuto dell'ordinanza, ovvero quando con la correzione sia stata impropriamente riformata la portata decisoria del provvedimento, dando luogo surrettiziamente ad una revoca o ad una modifica di ordinanza già eseguita e non più opponibile (Cass. n. 1891/2015). Per eadem ratio, di regola non potranno essere impugnati con opposizione ex art. 617 gli atti con i quali il giudice dell'esecuzione rigetta l'istanza di revoca o modifica di un proprio provvedimento, salva l'ipotesi nella quale il pregiudizio derivi dalle ragioni poste a fondamento del diniego (Cass. n. 3723/2012). Inoltre, non possono essere impugnati, mediante opposizione ex art. 617, che atti emanati dal giudice dell'esecuzione e non anche dagli ausiliari dello stesso (v., tra le più recenti, Cass. n. 5175/2018). È consolidato nella giurisprudenza di legittimità il principio per il quale il provvedimento del giudice dell'esecuzione di declaratoria di estinzione atipica o di improseguibilità dell'esecuzione non soggiace al rimedio del reclamo al collegio di cui all'art. 630, bensì all'opposizione agli atti esecutivi che è lo strumento generale previsto dall'ordinamento per denunciare i vizi del processo esecutivo (Cass. n. 24775/2014). Tale provvedimento è impugnabile mediante opposizione agli atti esecutivi anche con riferimento alla sola statuizione sulle spese (Cass. n. 9837/2015). La S.C. ha per altro verso chiarito, con riferimento al processo di esecuzione forzata di obblighi di fare e di non fare, che l'ordinanza del giudice dell'esecuzione che decida in ordine alla portata sostanziale del titolo esecutivo ed all'ammissibilità dell'azione esecutiva non è appellabile ma reclamabile ex art. 624 ove tale decisione sia stata presa solo in vista di una mera sospensione della procedura (che resta pendente) in attesa dell'esito del giudizio di merito da instaurare, mentre è opponibile ai sensi dell'art. 617 ove abbia dichiarato la definitiva chiusura del processo esecutivo, mentre in nessun caso è possibile la proposizione dell'appello. Ha invero evidenziato la Corte di legittimità che, pur dovendosi aderire all'orientamento più recente per il quale in tema di esecuzione forzata per obblighi di fare o di non fare, l'ordinanza emessa ai sensi dell'art. 612, che abbia assunto contenuto decisorio in ordine alla portata sostanziale del titolo esecutivo ed all'ammissibilità dell'azione esecutiva, non può considerarsi, neppure quando abbia provveduto sulle spese giudiziali, come una sentenza decisiva di un'opposizione all'esecuzione (e quindi impugnabile con i rimedi all'uopo previsti), consistendo essa nel provvedimento definitivo della fase sommaria di tale opposizione, sicché la parte interessata può tutelarsi introducendo il relativo giudizio di merito ex art. 616, lo stesso deve essere coordinato con quello per cui nei casi in cui il giudice dell'esecuzione, esercitando il proprio potere officioso, dichiari l'improcedibilità (o l'estinzione cd. atipica, o comunque adotti altro provvedimento di definizione) della procedura esecutiva in base al rilievo della mancanza originaria o sopravvenuta del titolo esecutivo o della sua inefficacia, il provvedimento adottato in via né sommaria né provvisoria, a definitiva chiusura della procedura esecutiva, è impugnabile esclusivamente con l'opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell'art. 617 diversamente, se adottato in seguito a contestazioni del debitore prospettate mediante una formale opposizione all'esecuzione ai sensi dell'art. 615, in relazione alla quale il giudice abbia dichiarato di volersi pronunziare, il provvedimento sommario di provvisorio arresto del corso del processo esecutivo, che resta perciò pendente, è impugnabile con reclamo ai sensi dell'art. 624 (Cass. n. 15605/2017). Il necessario coordinamento tra tali principi porta ad affermare che – ferma restando la possibilità di instaurare il giudizio di merito, laddove sia stata proposta una opposizione – l'ordinanza del giudice dell'esecuzione che nell'ambito di un processo di esecuzione per obblighi di fare o non fare decida in ordine alla portata sostanziale del titolo esecutivo ed all'ammissibilità dell'azione esecutiva deve ritenersi reclamabile, laddove lo abbia fatto solo in vista di una mera sospensione della procedura (che resta pendente) in attesa dell'esito del giudizio di merito da instaurare, mentre è opponibile ai sensi dell'art. 617, laddove abbia dichiarato la definitiva chiusura del processo esecutivo (Cass. n. 10946/2018). Costituisce invero jus receptum il principio per il quale il provvedimento che, sul presupposto dell'ineseguibilità del giudicato, ponga fine al processo esecutivo, è impugnabile con l'opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell'art. 617, essendo questo il rimedio contro i provvedimenti con i quali il giudice dell'esecuzione, a ragione o a torto, addivenga a una chiusura anticipata del processo esecutivo sul presupposto che non sussistesse ab origine o sia venuta meno una condizione dell'azione esecutiva (Cass. n. 10869/2012). |