Atto di pignoramento su pronuncia di condanna in favore del lavoratore per illegittimità del licenziamento

Francesco Bartolini

inquadramento

L'art. 431 c.p.c. dispone che le sentenze che pronunciano condanna a favore del lavoratore per crediti derivanti dai rapporti di cui all'art. 409 stesso codice sono provvisoriamente esecutive. Il legislatore, nel momento in cui disponeva una normativa specifica per quelle controversie, intendeva tutelare il lavoratore con il fornirgli strumenti idonei a contenere i tempi della realizzazione della sua pretesa. Interventi successivi di modifica hanno attenuato in parte questo aspetto di protezione mirata. Anche la sentenza di condanna a favore del datore di lavoro fu dichiarata provvisoriamente esecutiva. E in seguito tutte le sentenze di primo grado sono divenute provvisoriamente esecutive (art. 282 c.p.c.).

Formula

ATTO DI PIGNORAMENTO SU PRONUNCIA DI CONDANNA IN FAVORE DEL LAVORATORE PER ILLEGITTIMITÀ DEL LICENZIAMENTO [1]

L'anno ...., il giorno .... del mese di ...., alle ore ...., in via ...., nella sede della s.r.l. .... (P.I., C.F. .... [2] ), su istanza di ...., elettivamente domiciliato presso la persona e lo studio dell'avvocato .... (C.F. ....; PEC ....), in ....,

PREMESSO CHE

l'istante è creditore nei confronti della s.r.l. ...., come sopra, per la somma di Euro ...., oltre successive occorrende, in forza di sentenza pronunciata nell'udienza del .... dal Tribunale di ...., giudice del lavoro, nella causa promossa dal sopra menzionato Sig. ...., R. gen. lav. .... contro la citata s.r.l.;

la detta sentenza ha dichiarato illegittimo il licenziamento intimato dalla nominata datrice di lavoro s.r.l. .... e ha determinato nell'ammontare sopra indicato le somme dovute al nominato sig. .... a titolo di retribuzioni omesse, interessi, svalutazione monetaria e spese processuali;

la sentenza è stata depositata in data .... ed è munita della formula esecutiva.

VISTO

l'atto di precetto notificato alla s.r.l. .... in data .... con il quale si è intimato alla stessa di pagare al creditore precettante, in esecuzione della citata sentenza, notificata come titolo esecutivo contestualmente al precetto, entro dieci giorni dalla notifica la complessiva somma di Euro ...., pena l'esecuzione forzata;

TANTO PREMESSO

io sottoscritto ufficiale giudiziario presso l'ufficio ...., munito del precetto e del titolo esecutivo mi sono recato nel luogo sopra descritto e qui ho avuto la presenza del Sig. ...., dichiaratosi amministratore ...., al quale ho comunicato la mia qualità e il mio mandato.

Non avendo ottenuto il pagamento della somma richiesta, ho rivolto l'ingiunzione prevista dall'art. 492 c.p.c. di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito i beni che come segue si assoggettano all'esecuzione:

....

.....

Visto l'art. 518 c.p.c. e ritenuta opportuna la nomina di uno stimatore ho nominato il Sig. .... affinché proceda all'attribuzione dei valori di realizzo dei beni sottoposti al pignoramento entro giorni sette da oggi.

Ho avvisato il debitore che ex art. 495 c.p.c. può chiedere di sostituire alle cose pignorate una somma di denaro pari all'importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese, oltre alle spese di esecuzione, con atto da depositarsi nelle forme prescritte prima che sia disposta la vendita o l'assegnazione, unitamente a una somma non inferiore a un sesto dell'importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti dei creditori intervenuti indicati nei rispettivi atti di intervento, dedotti i versamenti effettuati, dei quali deve essere data prova documentale.

Ho inoltre avvisato il debitore che può proporre opposizione ma che l'opposizione all'esecuzione è inammissibile se proposta dopo che è stata disposta la vendita o l'assegnazione ai sensi di legge, salvo che sia fondata su fatti sopravvenuti ovvero che l'opponente dimostri di non aver potuto proporla tempestivamente per cause a lui non imputabili.

Ho altresì rivolto al debitore l'invito a effettuare la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio in uno dei comuni del circondario in cui ha sede il tribunale competente per l'esecuzione o indicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o eleggere un domicilio digitale speciale, con l'avvertimento che, in mancanza ovvero in caso di irreperibilità presso la residenza dichiarata o il domicilio eletto, le successive notifiche o comunicazioni a lui dirette saranno effettuate presso la cancelleria del detto tribunale, salvo quanto previsto dall'art. 149-bis c.p.c.[3] (Notificazione a mezzo posta elettronica certificata eseguita dall'ufficiale giudiziario).

Il Sig. ...., come sopra presente e identificato, ha dichiarato a nome della società debitrice .....

Ho nominato custode il Sig. ...., dipendente della società esecutata, che, reso edotto delle responsabilità di legge e dell'obbligo di tenere i beni pignorati a disposizione della giustizia, accetta senza compenso. I beni pignorati vengono lasciati sul luogo, in un adiacente magazzino coperto.

Di tutto quanto sopra ho redatto il presente verbale che viene sottoscritto anche dalla persona che rappresenta la società debitrice e dal custode.

Per l'esecutata ....

Il custode ....

L'ufficiale giudiziario ....

[1]L'art. 121 c.p.c. dispone che tutti gli atti del processo siano redatti in modo chiaro e sintetico. Con il d.m. n. 110/2023, sono stati stabiliti i criteri da osservare per la redazione degli atti giudiziari e i limiti dimensionali da rispettare, con le relative eccezioni, nonché gli schemi informatici degli atti occorrenti per la loro elaborazione informatica. Il loro deposito e il deposito dei documenti ha luogo esclusivamente con modalità telematiche (artt. 87 e 196-quater disp. att. c.p.c.).

[2]In tutti gli atti introduttivi di un giudizio devono essere indicati le generalità complete, la residenza o la sede, il domicilio eletto presso il difensore e il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011 conv. dalla l. n. 111/2011). Il pignoramento è atto di ufficiale giudiziario ed è redatto in formato elettronico per essere depositato nel fascicolo informatico; diventa atto del processo quando è depositato per l'iscrizione a ruolo dal difensore presso il tribunale competente. L'art. 125 c.p.c. impone al difensore di indicare negli atti difensivi il codice fiscale. A sua volta l'art. 3-bis d.lgs. n. 82/2005, fa obbligo ai professionisti tenuti all'iscrizione in albi o in elenchi di dotarsi di un domicilio digitale iscritto nell'elenco dell'Indice nazionale dei domicili digitali dei professionisti e delle imprese.

[3]3 Il comma 2 dell'art. 492 c.p.c. è stato sostituito, nel senso indicato nel testo, dal d.lgs. n. 164/2024 di integrazione e correzione al d.lgs. n. 149/2022 di riforma del processo civile.

commento

Il d.lgs. n. 164/2024, di integrazione e correzione del d.lgs. n. 149/2022, di riforma del processo civile, ha sostituito il comma 2 dell'art. 492 c.p.c. La disposizione in esso contenuta ha conservato l'invito al debitore di dichiarare la residenza o di eleggere domicilio in uno dei comuni del circondario in cui ha sede il giudice e ha aggiunto la precisazione per la parte ha l'alternativa di indicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o di eleggere un domicilio digitale speciale.

L'art. 475 c.p.c. disponeva che le sentenze e gli altri atti dell'autorità giudiziaria, per valere come titolo per l'esecuzione forzata per la parte a favore della quale l'atto fu pronunciato, devono essere muniti della formula esecutiva ed essere spediti in forma esecutiva. La disposizione è stata sostituita dal d.lgs. n. 149/2022 (di riforma del processo civile) con altra secondo cui è richiesto attualmente che quegli atti siano rilasciati in copia attestata conforme all'originale, salvo che la legge disponga altrimenti.

L'art. 431 c.p.c. dispone che le sentenze che pronunciano condanna a favore del lavoratore per crediti derivanti dai rapporti di cui all'art. 409 stesso codice sono provvisoriamente esecutive. Il legislatore, nel momento in cui disponeva una normativa specifica per quelle controversie, intendeva tutelare il lavoratore con il fornirgli strumenti idonei a contenere i tempi della realizzazione della sua pretesa. Interventi successivi di modifica hanno attenuato in parte questo aspetto di protezione mirata. Anche la sentenza di condanna a favore del datore di lavoro fu dichiarata provvisoriamente esecutiva. E in seguito tutte le sentenze di primo grado sono divenute provvisoriamente esecutive (art. 282 c.p.c.).

L'esecuzione di una sentenza di condanna, corredata del dispositivo e della motivazione, in favore del lavoratore non presenta quindi particolari peculiarità. Peraltro la possibilità attribuita al lavoratore favorito dalla pronuncia di procedere all'esecuzione sulla base del solo dispositivo determina la peculiare situazione del formarsi di due titoli esecutivi, costituiti dal dispositivo e dalla successiva sentenza. La giurisprudenza ha chiarito che la piena efficacia esecutiva del dispositivo risponde all'intento del legislatore di assicurare al lavoratore una pronta e celere realizzazione dei suoi diritti e che pertanto essa è destinata a permanere anche dopo il deposito della sentenza. Ciò significa che la sentenza non elimina l'efficacia di titolo esecutivo del dispositivo e non rende inefficaci gli atti esecutivi compiuti. Se, peraltro, l'azione esecutiva non è intrapresa con il dispositivo come titolo, è legittimo il rilascio della copia esecutiva della sentenza, con relativa attestazione nella copia del dispositivo già rilasciato in precedenza in forma esecutiva, dovendosi ritenere che il titolo provvisorio è annullato dal rilascio del titolo definitivo (v. Cass. sez. lav., n. 10164/2010. Nello stesso senso, Cass. n. 11517/1995).

Resta fermo il principio secondo cui sono suscettibili di esecuzione forzata unicamente le sentenze che dispongono una condanna: condanna che nel contesto del rapporto di lavoro non può che essere una condanna al pagamento di una somma di denaro. Al di fuori delle statuizioni di condanna consequenziali, le sentenze di accertamento (così come quelle costitutive) non hanno l'idoneità, con riferimento all'art. 282 c.p.c., ad avere efficacia anticipata rispetto al momento del passaggio in giudicato, atteso che la citata norma, nel prevedere la provvisoria esecuzione delle sentenze di primo grado, intende necessariamente riferirsi soltanto alle pronunce di condanna suscettibili secondo i procedimenti di esecuzione disciplinati dal terzo libro del codice di rito civile (Cass. II, n. 7369/2009). Le sentenze che accertano il diritto del lavoratore ad una qualifica superiore e condannano il datore di lavoro all'attribuzione di detta qualifica, ancorché in parte di accertamento e in parte di condanna, non sono comunque suscettibili di esecuzione forzata, non potendo l'attribuzione della qualifica (ed il conferimento delle relative mansioni) avvenire senza la necessaria cooperazione del debitore. Pertanto, ai fini della condanna del datore di lavoro ad un facere infungibile, l'effetto imperativo della decisione si estrinseca nel legittimare il lavoratore ad offrire la propria prestazione lavorativa esclusivamente con quelle modalità che la controparte è condannata ad accettare e con la conservazione del diritto alla retribuzione corrispondente alla qualifica superiore nel caso in cui il datore di lavoro non ottemperi alla condanna medesima (Cass. sez. lav., n. 11364/2004).

La sentenza di condanna del datore di lavoro al pagamento, in favore del lavoratore, di un certo numero di mensilità, costituisce valido titolo esecutivo, che non richiede ulteriori interventi del giudice diretti all'esatta quantificazione del credito, solo se tale credito risulti da operazioni meramente aritmetiche eseguibili sulla base dei dati contenuti nella sentenza; se invece la sentenza di condanna non consenta di determinare le pretese economiche del lavoratore in base al contenuto del titolo stesso, in quanto per la determinazione esatta dell'importo sono necessari elementi estranei al giudizio concluso e non predeterminati per legge, o nel caso di sentenza di condanna generica, che rimandi ad un successivo giudizio la quantificazione del credito, la sentenza non costituisce idoneo titolo esecutivo ma è utilizzabile solo come idonea prova scritta per ottenere nei confronti del datore di lavoro un decreto ingiuntivo di pagamento per il credito fatto valere, il cui ammontare può essere provato con altri e diversi documenti. (Cass. sez. lav., n. 11677/2005). Se invece – come sovente accade, non essendo sempre possibile individuare sulla base degli atti le componenti della retribuzione globale di fatto – la sentenza di condanna non consenta di determinare le pretese economiche del lavoratore in base al contenuto del titolo stesso, con la conseguenza che per la determinazione dell'importo sono necessari elementi estranei al giudizio concluso e non predeterminati per legge, il creditore può legittimamente fare ricorso al procedimento monitorio, nel cui ambito la sentenza è utilizzabile come atto scritto, dimostrativo dell'esistenza del credito fatto valere, il cui ammontare può essere provato con altri e diversi documenti e nel cui ambito il creditore può dimostrare l'esigibilità del credito attraverso ulteriori prove attestanti, ex art. 634 c.p.c., la messa a disposizione della sua attività lavorativa a favore del datore di lavoro; né rileva, in senso preclusivo del procedimento d'ingiunzione, la provvisoria esecuzione delle sentenze prevista dagli artt. 431 e 447 c.p.c., la quale presuppone che il credito riconosciuto sia liquido e comunque determinabile alla stregua degli elementi contenuti nella stessa sentenza (Cass. n. 9132/2003).

Valgono, anche per i crediti di lavoro, le comuni regole vigenti in materia di espropriazione forzata, in dipendenza della natura dei beni resi oggetto di esecuzione. In generale può dirsi che il vizio della notificazione dell'atto di pignoramento è sanato, di regola, dalla mera proposizione dell'opposizione, a meno che l'opponente deduca contestualmente un concreto pregiudizio al diritto di difesa verificatosi prima della presa conoscenza dell'esecuzione forzata oppure che la notificazione sia radicalmente inesistente; invece, il vizio di notificazione dell'atto di precetto non è sanato dalla semplice proposizione dell'opposizione se, prima che l'intimato ne abbia avuto conoscenza, il creditore abbia eseguito comunque il pignoramento (Cass. III, n. 11290/2020). Il debitore è tenuto a rimborsare al creditore anche le spese di pignoramento e ciò anche se provvede al pagamento, se questo avviene dopo che il creditore ha consegnato l'atto all'ufficiale giudiziario per la sua notificazione perché anche in questo caso le spese devono essere considerate causate dal suo inadempimento (Cass. VI, ord., n. 9877/2021, fattispecie di esecuzione presso terzi).

Se il credito, di natura esclusivamente patrimoniale, è di entità economica oggettivamente minima, difetta l'interesse a promuovere l'esecuzione forzata (Cass. II, ord., n. 28077/2021; Cass. III, ord., n. 24691/2020).

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