Opposizione all'esecuzione fondata sulla non libera trasferibilità delle quote di società di personeinquadramentoLa giurisprudenza (Cass. n. 15605/2002) ha ammesso la pignorabilità anche delle quote delle società di persone soltanto nell'ipotesi in cui l'atto costitutivo ne preveda la loro trasferibilità. La non libera trasferibilità delle quote di società di persone implica l'impignorabilità delle quote che, ai sensi dell'art. 615, comma 2, c.p.c., deve essere fatta valere mediante lo strumento processuale del ricorso in opposizione all'esecuzione. FormulaTRIBUNALE [1] DI .... R.G.E. n. .... / .... G.E. Dott. .... RICORSO [2] IN OPPOSIZIONE ALL'ESECUZIONE EX ART. 615, COMMA 2, C.P.C.[3] Per ...., C.F. ...., residente in .... alla via ...., rappre-sentato e difeso, giusta procura allegata mediante strumenti informatici ed apposta in calce al presente atto ai sensi dell'art. 83, comma 3, c.p.c., dall'Avv. .... (C.F. ....) del Foro di ...., ed elettivamente domiciliato presso lo studio del medesimo legale in ...., via .... n. .... (per le notificazioni e comunicazioni riguardanti il presente procedimento si indica l'indirizzo PEC .... e il numero di fax ....); - opponente - CONTRO Il Sig. ...., C.F. ...., residente in .... alla via ...., rappresentato e difeso dall'Avv. ..... - opposto - PREMESSO CHE – in data .... l'opponente riceveva la notifica da parte del Sig. .... di un atto di precetto con cui gli veniva intimato di pagare entro 10 giorni la somma complessiva di .... Euro, salvo errori e/o omissioni, oltre spese di notifica del precetto, oltre gli ulteriori interessi legali fino all'effettivo soddisfo e eventuali spese successive occorrende (doc. 1); – in virtù dell'indicato precetto l'opponente riceveva la notifica di un atto di pignoramento di quote sociali, nella misura del valore pari alle somme da egli dovute al creditore signor ...., e più precisamente sino alla concorrenza dell'importo del credito di cui in precetto di Euro .... oltre interessi legali, aumentato della metà come da art. 546, comma 1 c.p.c. (doc. 2); – tuttavia l'opponente risulta essere socio della società .... s.a.s. (cfr. visura; doc. 3), le cui quote non risultano essere liberamente cedibili [4] (cfr. atto costitutivo; doc. 4). *** L'opponente, ut supra rappresentato difeso e domiciliato, intende quindi proporre formale opposizione avverso il suddetto atto di pignoramento per i seguenti motivi IN DIRITTO 1. Impignorabilità delle quote sociali oggetto di pignoramento. Come già evidenziato l'opponente è socio di una società di persone. A tal proposito si evidenzia anzitutto che secondo parte della dottrina, la quota di partecipazione ad una società di persone è considerata un bene immateriale, non qualificabile in termini di diritto di credito, alla luce dell'intuitus personae che caratterizza la partecipazione alla compagine societaria, ancor più in caso di patto di non libera cedibilità (Galgano, Le società di persone, Milano, 2007, 265; Ferrara C., L'imprenditore e le società, Milano, 1984, 326). Dal punto di vista normativo, poiché il trasferimento della quota comporta la modifica della compagine soggettiva (voluta nell'atto costitutivo e caratterizzata, per norma generale, dalla scelta personale e fiduciaria rispetto ai singoli soci), esso resta assoggettato alla necessità di consenso unanime dei soci ai sensi dell'art. 2252 c.c., cosa che rende impossibile l'esecuzione forzata (ciò inevitabilmente sino all'esito dello scioglimento della società per volontà dei soci ed alla liquidazione pecuniaria delle rispettive quote). Infatti, la quota ha, nell'ambito della società di persone, una valenza diversa da quella che possiede nella società di capitali, perché non è un'entità dotata di una sua oggettività, ma rappresenta soltanto la misura della partecipazione del socio-persona fisica ai diritti e agli obblighi relativi al rapporto sociale, intrinsecamente legata alla persona del socio stesso. Il rapporto sociale in questione è disciplinato anche dagli artt. 2270 e 2305 c.c., che, pur impedendo al creditore particolare del socio di sostituirsi a questo nella posizione di socio, lo autorizzano a far valere le sue ragioni sulla quota spettante al socio stesso ricevuta solo all'esito della liquidazione. Al riguardo, l'orientamento consolidatosi nella giurisprudenza di merito sostiene che debba escludersi la sequestrabilità di quote di società di persone durante societate da parte dei creditori particolari del socio, poiché il sequestro ed il conseguente pignoramento comporterebbero la possibilità di espropriazione della quota di società personale da parte del creditore personale del socio e porterebbero quindi all'attuazione di una modificazione del rapporto sociale, dovuta alla sostituzione del creditore procedente o di un terzo al socio esecutato, modifica che confliggerebbe con l'esigenza di rispettare il principio dell'intuitus personae (Trib. Rimini 12 maggio 2016; App. Milano 23 marzo 1999; Trib. Trani 23 febbraio 2007; Trib. Roma 17 maggio 2004; Trib. Monza 5 dicembre 2000; Trib. Milano 19 dicembre 1996; Trib. Ravenna 12 aprile 1994; Trib. Benevento 24 settembre 1991). Conseguentemente, non essendo ammissibile il sequestro conservativo finalizzato al futuro pignoramento è a fortiori inammissibile l'espropriazione della quota nelle società di persone, posto che l'inserimento nella compagine sociale di un nuovo soggetto, prescindendo dalla volontà di altri soci, introdurrebbe un elemento di novità incompatibile con i caratteri di tale tipo di società. Per tale primaria ragione l'intrapresa esecuzione deve essere ritenuta illegittima. Tuttavia si perviene a tale conclusione nel caso di specie anche considerando l'orientamento giurisprudenziale che ha sancito la pignorabilità delle quote di partecipazione in una società di persone. In effetti la Suprema Corte ha statuito l'ammissibilità del pignoramento di quote di società di persone per il solo caso in cui l'atto costitutivo preveda la loro libera trasferibilità, salva sempre la necessità di salvaguardare gli eventuali patti di prelazione parimenti contenuti nel contratto sociale (Cass. n. 15605/2002). Nel caso di specie la quota di partecipazione dell'opponente non era liberamente trasferibile, in forza di una specifica previsione dell'atto costitutivo della società semplice, che prevedeva altresì un diritto di prelazione. Di conseguenza, tra gli atti conservativi che il creditore particolare del socio può compiere sulla quota spettante a quest'ultimo nella liquidazione ai sensi dell'art. 2270, comma 1 c.c., non rientra il pignoramento, in quanto la finalità espropriativa tipica di tale atto esecutivo non può comportare la modificazione coattiva del rapporto sociale dovuta alla sostituzione del creditore procedente al socio esecutato in contrasto con il principio di intuitus personae che informa le partecipazioni a società di persone. In virtù di quanto argomentato l'esecuzione forzata intrapresa dall'opposto deve essere dichiarata illegittima e quindi nulla. *** Tanto premesso l'opponente, ut supra rappresentato difeso e domiciliato, RICORRE all'Ill.mo Giudicante, quale giudice dell'esecuzione [5] , affinché, previa fissazione dell'udienza di comparizione delle parti, con termine per la notifica del presente ricorso e del pedissequo decreto, rigettata ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, voglia accogliere il presente ricorso e, per l'effetto: – sospendere l'esecuzione exartt. 618-624 c.p.c., fissando il termine per l'introduzione del giudizio di merito; – nel merito, dichiarare la nullità e l'infondatezza della procedura esecutiva R.G.E. n. .... / .... per le motivazioni di cui in narrativa; – in ogni caso, con vittoria di spese [6] e compenso professionale della presente procedura, oltre accessori come per legge. Si allegano, in copia, i seguenti documenti: 1) atto di precetto; 2) atto di pignoramento; 3) visura camerale; 4) atto costitutivo. Luogo e data .... Firma Avv. .... [atto sottoscritto digitalmente ai sensi di legge] [1]L'opposizione c.d. successiva all'esecuzione forzata si propone con ricorso al giudice dell'esecuzione. [2]In tal caso l'opposizione è proposta con un ricorso autonomo che deve avere il contenuto minimo di cui all'art. 125 c.p.c. Tuttavia le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno da tempo chiarito che le forme previste dagli artt. 615, comma 2 e 617, comma 2, c.p.c. non sono richieste a pena di nullità e le predette opposizioni possono essere proposte anche oralmente nell'udienza davanti al giudice dell'esecuzione, ovvero, mediante deposito in tale udienza di un atto idoneo al raggiungimento dello scopo (Cass. S.U., n. 10187/1998). Il d.l. n. 110/2023 ha adottato le regole per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari. Con riferimento al ricorso si segnalano in particolare l'art. 2, comma 1 il quale prevede che «Al fine di assicurare la chiarezza e la sinteticità degli atti processuali in conformità a quanto prescritto dall'articolo 121 del codice di procedura civile, gli atti di citazione e i ricorsi, le comparse di risposta, le memorie difensive, i controricorsi e gli atti di intervento sono redatti con la seguente articolazione: a) intestazione, contenente l'indicazione dell'ufficio giudiziario davanti al quale la domanda è proposta e della tipologia di atto; b) parti, comprensive di tutte le indicazioni richieste dalla legge; c) parole chiave, nel numero massimo di venti, che individuano l'oggetto del giudizio; d) nelle impugnazioni, estremi del provvedimento impugnato con l'indicazione dell'autorità giudiziaria che lo ha emesso, la data della pubblicazione e dell'eventuale notifica; e) esposizione distinta e specifica, in parti dell'atto separate e rubricate, dei fatti e dei motivi in diritto, nonché, quanto alle impugnazioni, individuazione dei capi della decisione impugnati ed esposizione dei motivi; f) nella parte in fatto, puntuale riferimento ai documenti offerti in comunicazione, indicati in ordine numerico progressivo e denominati in modo corrispondente al loro contenuto, preferibilmente consultabili con apposito collegamento ipertestuale; g) con riguardo ai motivi di diritto, esposizione delle eventuali questioni pregiudiziali e preliminari e di quelle di merito, con indicazione delle norme di legge e dei precedenti giurisprudenziali che si assumono rilevanti; h) conclusioni, con indicazione distinta di ciascuna questione pregiudiziale, preliminare e di merito e delle eventuali subordinate; i) indicazione specifica dei mezzi di prova e indice dei documenti prodotti, con la stessa numerazione e denominazione contenute nel corpo dell'atto, preferibilmente consultabili con collegamento ipertestuale; l) valore della controversia; m) richiesta di distrazione delle spese; n) indicazione del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato» e l'art. 3 comma 1 il quale prevede che «Salve le esclusioni e le deroghe previste dagli articoli 4 e 5 l'esposizione è contenuta nel limite massimo di: a) 80.000 caratteri, corrispondenti approssimativamente a 40 pagine nel formato di cui all'articolo 6, quanto all'atto di citazione e al ricorso, alla comparsa di risposta e alla memoria difensiva, agli atti di intervento e chiamata di terzi, alle comparse e note conclusionali, nonché agli atti introduttivi dei giudizi di impugnazione;». Per tutte le ulteriori regole tecniche si rinvia alla lettura del decreto. [3]La deduzione della non libera trasferibilità delle quote di società di persone si traduce nell'eccezione di impignorabilità dei beni, che va dedotta con l'opposizione di cui all'art. 615, comma 2, c.p.c. La stessa, quindi, si introduce con ricorso. [4]Illustrare le ragioni per cui le quote non risultano liberamente trasferibili. [5]Con circolare del Ministero della Giustizia del 3 marzo 2015 è stato chiarito che per il procedimento di cui all'art. 615, comma 2 c.p.c., così come quelli previsti dagli artt. 617, comma 2, e 619 del c.p.c., che si innestano nell'ambito del processo esecutivo pendente, per il quale è già dovuto il pagamento del contributo unificato, non deve essere percepito alcun tipo di contributo unificato. Ove venga introdotto il giudizio di merito andrà invece versato il contributo unificato al momento dell'iscrizione a ruolo. [6]Il giudice dell'esecuzione che chiude la fase sommaria davanti a sé – sia che rigetti sia che accolga l'istanza di sospensione o la richiesta di adozione di provvedimenti indilazionabili, fissando il termine per l'introduzione del giudizio di merito, o, quando previsto, quello per la riassunzione davanti al giudice competente – deve provvedere sulle spese della fase sommaria, potendosi, peraltro, ridiscutere tale statuizione nell'ambito del giudizio di merito (Cass. n. 22033/2011). commentoOpposizione all'esecuzione già iniziata Se l'esecuzione è già iniziata, ovverosia c'è stata la notifica dell'atto di pignoramento al debitore, l'opposizione al precetto o quella che riguarda la pignorabilità dei beni si propongono depositando specifico ricorso al giudice dell'esecuzione stessa, il quale sarà quindi chiamato a decidere anche sulla parentesi cognitiva così aperta, assommando le due funzioni esecutiva e cognitiva. Il giudice, ricevuto il ricorso, fissa con decreto scritto in calce a quest'ultimo l'udienza di comparizione delle parti avanti a sé e il termine perentorio entro cui l'opponente deve notificare al convenuto-creditore il predetto ricorso e il decreto emesso dal giudice, al fine di informarlo dell'opposizione e della conseguente udienza di comparizione. Tale ipotesi è contemplata dal secondo comma dell'art. 615 c.p.c. All'udienza di comparizione si applicano le norme del rito camerale disciplinato dagli artt. 737 ss. c.p.c., secondo quanto previsto dall'art. 185 disp. att. c.p.c. In questa occasione il giudice, con ordinanza, decide anche sull'eventuale istanza di sospensione dell'esecuzione, la quale viene disposta se sussistono gravi motivi. Il giudizio di cognizione procede in modo autonomo rispetto al processo di esecuzione. L'opposizione all'esecuzione di cui all'art. 615 c.p.c. così come l'opposizione agli atti esecutivi di cui al successivo art. 617 c.p.c. e l'opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. danno vita quindi a un procedimento che si struttura in due fasi, che così si possono brevemente descrivere: una prima fase sommaria, nella quale al giudice viene chiesta la pronuncia di un provvedimento di natura cautelare, volto alla sospensione del processo esecutivo; una seconda fase a cognizione piena, volta a valutare funditus le doglianze mosse con l'opposizione. Sull'ineludibilità della struttura bifasica è intervenuta, da ultimo, la pronuncia della Suprema Corte della quale si è dato conto in principio (Cass. n. 25170/2018), che ha avuto ad oggetto un caso nel quale era stata proposta un'opposizione agli atti esecutivi mediante la diretta instaurazione (peraltro con ricorso e non con atto di citazione) del giudizio di merito, con la totale omissione della fase sommaria. Il terzo pignorato così come non è considerato parte del procedimento esecutivo (Cass. n. 11976/2003) non è neanche considerato parte del giudizio di opposizione che non può proporre (Cass. n. 9215/2001) ma nel quale può intervenire ad adiuvandum (Cass. n. 249/1983). Al termine dell'udienza camerale, all'esito della quale si è delibata l'istanza di sospensione, il giudice dell'esecuzione, qualora sia competente per la causa l'ufficio giudiziario cui egli appartiene, fissa un termine perentorio per l'introduzione del giudizio di merito secondo le modalità previste in ragione della materia e del rito, previa iscrizione a ruolo a cura della parte interessata ed osservati i termini di cui all'art. 163-bis c.p.c.; altrimenti rimette la causa dinanzi all'ufficio giudiziario competente assegnando un termine perentorio per la riassunzione della causa. Se la sentenza rigetta l'opposizione il processo esecutivo riprende il suo corso e la sentenza potrà condannare l'escusso opponente al risarcimento del danno e/o alle spese di giudizio. Se la sentenza accoglie l'opposizione: – essa accerta negativamente il diritto di procedere all'esecuzione, ossia l'illegittimità di questa nei confronti dell'opponente e di conseguenza l'esecuzione resterà caducata in tutto o in parte, definitivamente o temporaneamente; – diventano illegittimi tutti i singoli atti esecutivi compiuti e ne cesseranno gli effetti; – se però l'opposizione è stata proposta tardivamente, quando un atto del processo era già stato del tutto compiuto, l'atto stesso (ad es. la vendita) non viene a cadere, né cadono i suoi effetti: per cui il debitore potrà solo perseguire in tutto o in parte la somma ricavata dalla vendita e, in caso di malafede, chiedere i danni al creditore pignorante; – la sentenza, ove accerti che il creditore ha agito senza la normale prudenza, condannerà il creditore al risarcimento dei danni, che potranno essere liquidati anche di ufficio, con la sentenza stessa. Va ricordato che l'opposizione all'esecuzione è inammissibile se proposta dopo che è stata disposta la vendita o l'assegnazione. Pignoramento di quote di società di persone Rilevanza centrale assume la disposizione di cui all'art. 2270 c.c. che indica una serie di strumenti che possono essere utilizzati dal creditore particolare del socio a tutela delle proprie ragioni creditorie. Tra le ipotesi indicate, il legislatore non ha fatto espressa menzione allo strumento del pignoramento delle quote. Tale mancanza ha determinato notevole incertezza circa l'espropriabilità delle quote nelle società di persone: per brevità espositiva, sebbene il dibattito sia in dottrina che in giurisprudenza sia stato piuttosto vivace, in questa sede, ci si soffermerà solo su alcuni punti fondamentali di seguito meglio specificati. La tesi negazionista Secondo la tesi tradizionale il creditore particolare del socio, finché dura la società, non può sottoporre ad espropriazione la quota di partecipazione del socio debitore per conseguire quanto a lui dovuto. Gli ostacoli posti alla base dell'impignorabilità sono da individuarsi nell'infungibilità, per il corretto e proficuo svolgimento dell'attività sociale, della partecipazione del socio e, quindi, nella difficoltà di dissociare giuridicamente il valore economico della quota dalla capacità ed attitudini personali del suo titolare: in altre parole, tale limite deve essere ravvisato nell'essenzialità della partecipazione di ciascun socio alla società. Il creditore, pertanto, potrà soddisfare le proprie ragioni al momento della liquidazione della società. In ogni caso, è opinione univoca che il creditore particolare del socio possa far valere le proprie pretese sottoponendo a pignoramento gli utili che il socio-debitore percepisce. Critiche all'impostazione tradizionale La limitazione delle azioni che possono essere intraprese dal creditore particolare del socio, ha imposto a tale impostazione una doverosa critica, che ha condotto allo sviluppo di un contrario filone di pensiero, ad oggi, prevalente. Tale orientamento contempla due ipotesi differenti: a) Quote sociali liberamente trasferibili La Suprema Corte, con sentenza n. 15605/2002, ha affermato la possibilità di sottoporre a sequestro – e, dunque, a successivo pignoramento – la quota di partecipazione del socio accomandatario, osservando come l'esigenza di tutela dell'elemento personalistico non ricorra quando i soci abbiano concordemente scelto un regime di libera trasferibilità della quota medesima, in deroga all'art. 2252 c.c. Tale principio è altresì applicabile nella fattispecie in cui sussista la clausola di prelazione, poiché posta, non a difesa dell'elemento personalistico, bensì al fine di condizionare la scelta dell'acquirente. Invero, l'espropriabilità delle quote delle società di società personali “liberamente” trasferibili è generalmente riconosciuta, sul rilievo che, in tal caso, viene a mancare la ragione che, nelle previsioni del legislatore, ne giustifica l'inespropriabilità, in deroga al principio, sancito in via generale dall'art. 2740 c.c., secondo cui il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con “tutti” i suoi beni. A tale conclusione si deve giungere anche quando la “libera” circolazione della quota è limitata dall'attribuzione di un diritto di prelazione in favore degli “altri” soci. Secondo la citata sentenza, non vi sono quindi ostacoli ad ammettere che anche le quote di una società personale la cui circolazione sia limitata dall'attribuzione di un diritto di prelazione in favore dei singoli soci, possano essere oggetto di espropriazione forzata da parte dei creditori particolari dei singoli soci anche prima dello scioglimento della società o del singolo rapporto sociale. Pertanto, qualora nello statuto vi sia la deroga all'intrasferibilità delle quote sociali, norma che impedisce l'espropriazione, il creditore particolare del socio può procedere ad esecuzione forzata. Alla medesima conclusione è giunta ancora la Suprema Corte con la pronuncia n. 7886 del 5 aprile 2006. b) Quote sociali non trasferibili Le osservazioni sopra riportare, non permetto di risolvere l'ultima problematica che si pone, qualora le quote della società non siano liberamente trasferibili. Sul punto, è necessario segnalare che, nonostante gli sforzi effettuati dalla miglior dottrina, l'opinione prevalente ancora oggi propende per l'inespropriabilità delle quote: il divieto trae la propria origine dell'art. 2252 c.c., poiché se il rispetto dell'intuitus personae impone il consenso di tutti i soci per la vendita volontaria della quota, la vendita coattiva non è possibile in quanto comporterebbe l'ingresso forzato di un nuovo socio nella compagine. |