Memoria difensiva nell'opposizione all'esecuzione del socio per atto di pignoramento per cancellazione della società dal registro delle impreseInquadramentoL'estinzione della società per cancellazione dal registro delle imprese non incide sulla efficacia esecutiva di un titolo esecutivo giurisdizionale emesso a favore della suddetta società, (prima dell'estinzione), che pertanto potrà essere fatto valere, esercitando il conseguente diritto all'esecuzione, contro la persona fisica nei cui confronti si integra il fenomeno successorio derivante dall'estinzione (i.e. gli ex soci). Nell'ipotesi in cui i soggetti destinatari dell'azione esecutiva abbiano contestato il diritto del creditore procedente di procedere in executivis contro gli stessi proponendo un'opposizione all'esecuzione ex art. 615, comma 2 c.p.c., il creditore procedente (che abbia ricevuto la notifica del ricorso in opposizione all'esecuzione ex art. 615, comma 2 c.p.c. e del decreto con cui il giudice dell'esecuzione fissa l'udienza di comparizione delle parti davanti a sé) potrà proporre le proprie difese depositando una memoria difensiva (con il contenuto minimo di cui all'art. 125 c.p.c.), nel termine eventualmente assegnatogli dal giudice dell'esecuzione o in mancanza di quest'ultimo direttamente all'udienza di comparazione delle parti. FormulaTRIBUNALE ORDINARIO DI ... R.G.E. n. ... / ... G.E. Dott. ... - Ud. del ... MEMORIA DIFENSIVA [1] NELL'OPPOSIZIONE ALL'ESECUZIONE EX ART. 615, COMMA 2, C.P.C. Per ..., C.F. ..., residente in ... alla via ..., rappresentato e difeso, giusta procura allegata mediante strumenti informatici ed apposta in calce al presente atto ai sensi dell'art. 83, comma 3 c.p.c., dall'Avv. ... (C.F. ... ) del Foro di ..., ed elettivamente domiciliato presso lo studio del medesimo legale in ..., via ... n. ... (per le notificazioni e comunicazioni riguardanti il presente procedimento si indica l'indirizzo PEC ... e il numero di fax ... ); -opposto- CONTRO Il Sig. ..., C.F. ..., residente in ... alla via ... e il Sig. ..., C.F. ..., residente in ... alla via ..., entrambi rappresentati e difesi dall'Avv. ...; -opponenti- PREMESSO CHE - L'opposto ... è creditore della somma di seguito indicata nei confronti degli opponenti; - In effetti in data ... otteneva un lodo arbitrale nei confronti della società ... s.a.s. munito di esecutorietà in data ...; - l'opposto procedeva con la notifica del titolo esecutivo e del precetto nei confronti degli odierni opponenti soci accomandanti, senza ottenere riscontro; - pertanto, l'opposto si è trovato costretto ad agire in executivis nei confronti degli opponenti per il recupero forzoso delle somme dagli stessi dovute; - l'opposto procedeva quindi con la notifica agli opponenti e agli istituti di credito Banca ... e Banca ... di un atto di pignoramento presso terzi; - l'opposto, in data ..., notificava al debitore e al terzo l'avviso ex art. 543, comma. 5, c.p.c.; [2] - con ricorso depositato il ... e notificato il ... gli opponenti si sono opposti all'esecuzione iniziata dallo scrivente al fine di ottenere «- sospendere l'esecuzione ex art. 618-624 c.p.c., fissando il termine per l'introduzione del giudizio di merito; - nel merito, dichiarare la nullità e l'infondatezza della procedura esecutiva R.G.E. n. ... / ... per le motivazioni di cui in narrativa; - in ogni caso, con vittoria di spese e compenso professionale della presente procedura, oltre accessori come per legge»; - a sostegno della propria opposizione deducevano l'illegittimità della presente procedura esecutiva atteso che il titolo esecutivo non sarebbe loro opponibile in quanto emesso nei confronti della società ... s.a.s., cancellata dal registro delle imprese; *** pertanto a mezzo del presente atto, l'opposto, ut supra rappresentato difeso e domiciliato, intende sottoporre all'attenzione dell'Ill.mo Giudice adito la totale infondatezza della proposta opposizione per i seguenti motivi IN DIRITTO 1. Sull'opponibilità del lodo arbitrale nei confronti degli opponenti. Si evidenzia l'assoluta certezza in merito all'opponibilità, quale titolo esecutivo, del lodo arbitrale emesso contro la società cancellata dal registro delle imprese nei confronti dei soci accomandanti, nei limiti della quota di liquidazione. L'opposto rileva che gli opponenti non contestano l'esistenza e l'esecutorietà del lodo nei confronti della ... s.a.s.; gli stessi si limitano a rilevare che la società era stata già cancellata dal registro delle imprese nel momento in cui venne pronunciato il lodo arbitrale, non eseguibile nei loro confronti. Ferma perciò la validità e l'efficacia del titolo esecutivo formatosi nei confronti della società, mai messe in discussione da parte degli opponenti, occorre delibarne gli effetti e la portata nei confronti di questi ultimi, quali soci accomandanti della società estinta, oltreché liquidatori della medesima. A tal proposito vengono in rilievo i principi espressi dalla sentenza a Sezioni Unite n. 6070/2013 con particolare riguardo alle conseguenze che possano derivare dalla cancellazione della società in ordine ai rapporti passivi (cioè quelli implicanti l'esistenza di obbligazioni gravanti sulla società) originariamente facenti capo alla società estinta, che tuttavia non siano stati definiti nella fase della liquidazione. Tale orientamento, dopo aver ricordato le regole, di natura sostanziale, fissate dall'art. 2495 c.c., comma 2, dall'art. 2312c.c. dall'art. 2324 c.c., rispettivamente per le società di capitali, per le società di persone e, fra queste, per le società in accomandita semplice, ed escluso che l'estinzione della società possa comportare l'estinzione dei debiti ancora insoddisfatti che facevano capo alla società estinta (sia pure facendo, ovviamente, salva la possibilità di agire nei confronti dei soci, alle condizioni indicate dalle citate disposizioni), le Sezioni Unite hanno ritenuto che i debiti della società si trasferiscano in capo a dei successori e che le citate disposizioni (in specie, l'art. 2495 c.c.) implichino un meccanismo di tipo successorio. Tuttavia la fattispecie concreta in esame è, invece, quella dell'efficacia del titolo esecutivo formato contro la società di persone nei confronti dei soci, quando la società si sia estinta prima che potesse essere avviata una qualsiasi azione esecutiva ai suoi danni. In tale caso, l'art. 477 c.p.c., nell'interpretazione estensiva che ne fa la giurisprudenza prevalente, consente di estendere l'efficacia soggettiva del titolo esecutivo in questione nei confronti dei soci odierni opponenti. A tal riguardo la Suprema Corte con la pronuncia n. 18923/2013 ha statuito che la cancellazione della società dal registro delle imprese, a partire dal momento in cui si verifica l'estinzione della società cancellata, priva la società stessa della capacità di stare in giudizio (con la sola eccezione della fictio iuris contemplata dalla l. fall., art. 10). Di conseguenza secondo la Suprema Corte, pertanto, qualora l'estinzione intervenga nella pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo, disciplinato dall'art. 299 c.p.c. e ss., con eventuale prosecuzione o riassunzione da parte o nei confronti dei soci, successori della società, ai sensi dell'art. 110 c.p.c.; qualora invece l'evento si sia verificato quando si sia definitivamente formato il titolo esecutivo giudiziale nei confronti della società, il titolo esecutivo contro quest'ultima ha efficacia contro i soci, ai sensi dell'art. 477 c.p.c.. Nei confronti dei soci l'azione esecutiva può essere intrapresa, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; nel caso di società in accomandita semplice cancellata dal registro delle imprese dopo la formazione del titolo esecutivo, l'azione esecutiva da parte del creditore sociale potrà essere direttamente intrapresa, sulla base del medesimo titolo, contro i soci accomandanti nei limiti della quota di liquidazione. Per tutto quanto argomentato non v'è chi non veda come l'azione esecutiva intrapresa nei confronti degli odierni opponenti sia senza alcun dubbio legittima. [esplicitare le eventuali ulteriori ragioni in diritto] 2. Insussistenza dei gravi motivi dedotti dagli opponenti [esplicitare le eventuali ragioni] *** Tanto premesso l'opposto, ut supra rappresentato difeso e domiciliato, formula le seguenti CONCLUSIONI Voglia l'Ill.mo Giudice dell'Esecuzione adito, rigettata l'istanza di sospensione dell'esecuzione, respingere l'opposizione avanzata dal Sig. ..., in quanto del tutto infondata in fatto ed in diritto, per i motivi sopra indicati. Con vittoria di spese, diritti ed onorari di lite. Si allegano, in copia, i seguenti documenti: 1) ...; 2) .... Luogo e data, ... Firma Avv. ... [atto sottoscritto digitalmente ai sensi di legge] 1. Nella fase cautelare dell'opposizione ex art. 615, comma 2 c.p.c. l'opposto è onerato di produrre una memoria difensiva nel termine eventualmente stabilito dal giudice dell'esecuzione nel decreto o in mancanza direttamente in udienza. Ai sensi del primo comma dell'art. 125 c.p.c. la memoria deve indicare l'ufficio giudiziario, le parti, l'oggetto, le ragioni e le conclusioni e la sottoscrizione. Il d.l. n. 110/2023 ha adottato le regole per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari. Con riferimento alla memoria difensiva si segnalano in particolare l'art. 2 comma 1 il quale prevede che «Al fine di assicurare la chiarezza e la sinteticità degli atti processuali in conformità a quanto prescritto dall'art.121 c.p.c., gli atti di citazione e i ricorsi, le comparse di risposta, le memorie difensive, i controricorsi e gli atti di intervento sono redatti con la seguente articolazione: a) intestazione, contenente l'indicazione dell'ufficio giudiziario davanti al quale la domanda è proposta e della tipologia di atto; b) parti, comprensive di tutte le indicazioni richieste dalla legge; c) parole chiave, nel numero massimo di venti, che individuano l'oggetto del giudizio; d) nelle impugnazioni, estremi del provvedimento impugnato con l'indicazione dell'autorità giudiziaria che lo ha emesso, la data della pubblicazione e dell'eventuale notifica; e) esposizione distinta e specifica, in parti dell'atto separate e rubricate, dei fatti e dei motivi in diritto, nonché, quanto alle impugnazioni, individuazione dei capi della decisione impugnati ed esposizione dei motivi; f) nella parte in fatto, puntuale riferimento ai documenti offerti in comunicazione, indicati in ordine numerico progressivo e denominati in modo corrispondente al loro contenuto, preferibilmente consultabili con apposito collegamento ipertestuale; g) con riguardo ai motivi di diritto, esposizione delle eventuali questioni pregiudiziali e preliminari e di quelle di merito, con indicazione delle norme di legge e dei precedenti giurisprudenziali che si assumono rilevanti; h) conclusioni, con indicazione distinta di ciascuna questione pregiudiziale, preliminare e di merito e delle eventuali subordinate; i) indicazione specifica dei mezzi di prova e indice dei documenti prodotti, con la stessa numerazione e denominazione contenute nel corpo dell'atto, preferibilmente consultabili con collegamento ipertestuale; l) valore della controversia; m) richiesta di distrazione delle spese; n) indicazione del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato» e l'art. 3 comma 1 il quale prevede che «Salve le esclusioni e le deroghe previste dagli artt. 4 e 5 l'esposizione è contenuta nel limite massimo di: a) 80.000 caratteri, corrispondenti approssimativamente a 40 pagine nel formato di cui all'articolo 6, quanto all'atto di citazione e al ricorso, alla comparsa di risposta e alla memoria difensiva, agli atti di intervento e chiamata di terzi, alle comparse e note conclusionali, nonché agli atti introduttivi dei giudizi di impugnazione;». Per tutte le ulteriori regole tecniche si rinvia alla lettura del decreto. 2. Tra le novità introdotte dalla Riforma del Processo Civile (l. n. 206/2021), all'art. 1, comma 32 vi è l'onere a carico del creditore procedente di notificare l'avvenuta iscrizione a ruolo del pignoramento presso terzi al terzo pignorato e al debitore entro la data dell'udienza di comparizione indicata nell'atto di pignoramento nonché il deposito dell'avviso nel fascicolo telematico dell'esecuzione, pena l'inefficacia del pignoramento. La perdita di efficacia del pignoramento, nei casi di pluralità di terzi, opera nei confronti dei soli terzi a cui non è stato notificato il predetto avviso di iscrizione a ruolo entro il termine dell'udienza indicata nell'atto di pignoramento. Viene quindi modificato l'art. 543 c.p.c., al quale sono inseriti il quinto e sesto comma, (il precedente quinto comma diviene pertanto settimo). Tale modifica si applica a tutti i procedimenti instaurati a decorrere dal centottantesimo giorno successivo all'entrata in vigore della l. n. 206/2021, ovvero a tutti i procedimenti esecutivi presso terzi instaurati dopo il 22 giugno 2022. COMMENTOL'intervento delle Sezioni Unite nel 2013 a proposito della cancellazione delle società: successione degli ex soci nei rapporti pendenti e processo esecutivo Con il nuovo art. 2495, comma 2 c.c., secondo cui l'estinzione delle società cancellate dal registro delle imprese non è esclusa dalla residua sussistenza di rapporti giuridici, il legislatore del 2003 ha imposto un preciso indirizzo in materia. Secondo un orientamento giurisprudenziale oramai consolidato (cfr. Cass. n. 16751/2013 e Cass. n. 8596/2013) la cancellazione della società comporta l'inammissibilità di qualunque iniziativa giudiziale posta in essere in nome di quest'ultima successivamente alla cancellazione, ovvero delle azioni proposte contro la società estinta. Al contrario, la cancellazione delle società non comporta la cessazione della materia del contendere nei processi pendenti. Le Sezioni Unite, con tre pronunce coeve (Cass. S.U., nn. 6070/2013, 6071 e 6072), hanno chiarito, infatti, come in proposito trovi applicazione l'art. 110 c.p.c., cosicché la cancellazione della società determina un effetto successorio nel processo nei confronti degli ex soci. A tal proposito, si è osservato come il limite di responsabilità di questi ultimi – stabilito dall'art. 2495, comma 2 c.c. in relazione a quanto “riscosso” sulla base del bilancio finale di liquidazione – non escluda l'effetto successorio a titolo universale, alla stregua di quanto è previsto per l'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario. In considerazione degli orientamenti formatisi attorno alla nuova formulazione dell'art. 2495, comma 2 c.c. introdotta dalla riforma del 2003 non sono mancati spunti di riflessione a proposito dell'efficacia dei titoli esecutivi, già esistenti a favore o nei confronti della società estinta, verso gli ex soci, nonché a proposito degli effetti della cancellazione della società sui processi esecutivi pendenti. Titolo esecutivo a favore o contro la società cancellata ed effetti successori verso gli ex -soci Il titolo esecutivo originariamente formato a favore o contro la società cancellata è efficace verso gli ex-soci, in quanto successori della società estinta. Tale rilievo trova conferma nelle disposizioni di cui agli artt. 475 e 477 c.p.c., stante la non eccezionalità delle ipotesi ivi previste (cfr. ad es. Cass. n. 18923/2013) le quali non devono essere interpretate come altrettante deroghe al principio nulla executio sine titulo: «infatti, anche in tali ipotesi è pur sempre necessario un titolo e, si noti, non un titolo qualunque, ma un titolo relativo ad un diritto strettamente connesso con quello oggetto dell'esecuzione. Per cui, in definitiva, si ha la modificazione di un titolo esistente, e non una esecuzione senza titolo» (Luiso, L' esecuzione “ultra partes”, Milano, 1984, p. 82). Per altro verso, la considerazione secondo cui tra società estinta ed ex soci, anche limitatamente responsabili, si verifichi una successione a titolo universale consente a fortiori di aderire, senza alcuna possibilità di distinguo, alla tesi favorevole all'estensione dell'efficacia del titolo esecutivo “sociale” nei confronti dei medesimi ex soci (la possibilità di applicare estensivamente gli artt. 475 e 477 c.p.c. è sostenuta da un orientamento largamente maggioritario, argomentando dall'art. 110 c.p.c., là dove gli eredi vengono equiparati agli altri successori universali). Conseguentemente, l'eventuale inosservanza delle disposizioni degli artt. 475 e 477 c.p.c. dà luogo a conseguenze sulla regolarità formale degli atti preparatori all'esecuzione, da far valere con l'opposizione agli atti esecutivi, mentre la contestazione della stessa qualità di (ex) socio della società cancellata, in relazione al soggetto che ha richiesto la spedizione in forma esecutiva o presso il quale è avvenuta la notifica, dà luogo all'opposizione di cui all'art. 615 c.p.c. Nel caso in cui si presenti la necessità di proporre entrambi i rimedi, realizzando un cumulo di cause nell'ambito dello stesso processo, deve essere decisa con precedenza l'opposizione all'esecuzione, perché l'eventuale accoglimento di tale rimedio farebbe venir meno l'interesse ad agire in ordine a quello ex art. 617 c.p.c. Riguardo alla notifica agli ex soci delle società cancellate, occorre tenere presente la specialità della disciplina riguardante il perfezionamento degli atti processuali preordinati al soddisfacimento dei creditori sociali rispetto a quanto previsto dall'art. 477 c.p.c. La locuzione “domanda”, menzionata nell'art. 2495, comma 2 c.c., può ben essere riferita a qualunque atto compiuto su impulso dei creditori sociali nel processo esecutivo. Pertanto, è possibile procedere alla notifica presso l'ultima sede della società non solo degli atti preparatori all'esecuzione, bensì anche degli atti esecutivi, purché, naturalmente, tali notifiche vengano effettuate entro l'anno dalla cancellazione. Tuttavia si evidenzia come, in senso contrario, secondo Cass. n. 4699, l'art. 2495/4699, comma 2 c.c. andrebbe interpretato in modo restrittivo, non consentendo neanche la deroga al “modello legale” di cui all'art. 479, comma 2 c.p.c. e ritenendo perciò che la notifica del titolo esecutivo “sociale” nei confronti degli ex soci debba essere considerata addirittura inesistente, ove effettuata presso la sede della società, pur entro l'anno dalla cancellazione. La Suprema Corte è laconica a proposito delle ragioni militanti a favore dell'interpretazione restrittiva e sembra non tenere in considerazione le argomentazioni svolte dalle Sezioni Unite nelle pronunce trigemine del 2013. Di conseguenza tutti gli atti esecutivi successivi alla cancellazione della società devono essere compiuti esclusivamente in nome o nei confronti dei soci di quest'ultima. Riassumendo, quindi, con l'intervento della Suprema Corte a Sezioni Unite nel 2013 si sono affrontati, nel quadro della normativa derivata dalla riforma del 2003, gli effetti del venir meno dello "schermo" societario – per cancellazione della società dal registro delle imprese con sua conseguente estinzione – sull'attivo e sul passivo che a tale soggetto estinto facevano capo. Per le Sezioni Unite quindi: «Dopo la riforma del diritto societario, attuata dal d.lgs. n. 6/2003, qualora all'estinzione della società di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) l'obbligazione della società non si estingue, (ciò che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale), ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di con titolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un'attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo». La recente giurisprudenza di legittimità (Cass. III, n. 21071/2023) ha chiarito altresì che «A seguito della cancellazione di una società di persone dal registro delle imprese, la successione dei soci non opera in relazione ai crediti illiquidi e inesigibili non compresi nel bilancio finale di liquidazione, i quali si presumono tacitamente rinunciati a beneficio della sollecita definizione del procedimento estintivo della società, salva la prova contraria da parte di colui che intenda far valere la corrispondente pretesa, senza che assuma rilievo, a tal fine, la dichiarata qualità di ex -socio o di liquidatore, non necessariamente implicante la successione dal lato passivo nel correlativo obbligo» e che (Cass. I, n. 17492/2018) «In tema di legittimazione ad agire degli ex soci di società di capitali estinta, per i rapporti facenti capo a questa ed ancora pendenti dopo la cancellazione dal registro delle imprese si determina un fenomeno successorio rispetto al quale occorre distinguere: se l'ex socio agisce per un debito della società estinta, non definito in sede di liquidazione, la successione interessa tutti i soci esistenti al momento della cancellazione, posto che essi succedono nei rapporti debitori già facenti capo alla società, sicché sussiste un litisconsorzio di natura processuale e tutti i soci debbono essere chiamati in giudizio, ciascuno quale successore della società e nei limiti della propria quota di partecipazione; se invece l'ex socio agisce per un credito della società estinta, pur rimanendo immutato il meccanismo successorio, la mancata liquidazione comporta soltanto che si instaurerà tra i soci medesimi un regime di contitolarità o comunione indivisa, onde anche la relativa gestione ne seguirà il regime proprio, con esclusione del litisconsorzio». Opposizione all'esecuzione già iniziata Se l'esecuzione è già iniziata, ovverosia c'è stata la notifica dell'atto di pignoramento al debitore, l'opposizione al precetto o quella che riguarda la pignorabilità dei beni si propongono depositando specifico ricorso al giudice dell'esecuzione stessa, il quale sarà quindi chiamato a decidere anche sulla parentesi cognitiva così aperta, assommando le due funzioni esecutiva e cognitiva. Il giudice, ricevuto il ricorso, fissa con decreto scritto in calce a quest'ultimo l'udienza di comparizione delle parti avanti a sé e il termine perentorio entro cui l'opponente deve notificare al convenuto-creditore il predetto ricorso e il decreto emesso dal giudice, al fine di informarlo dell'opposizione e della conseguente udienza di comparizione. Tale ipotesi è contemplata dal secondo comma dell'art. 615 c.p.c. All'udienza di comparizione si applicano le norme del rito camerale disciplinato dagli artt. 737 ss. c.p.c., secondo quanto previsto dall'art. 185 disp. att. c.p.c. In questa occasione il giudice, con ordinanza, decide anche sull'eventuale istanza di sospensione dell'esecuzione, la quale viene disposta se sussistono gravi motivi. Il giudizio di cognizione procede in modo autonomo rispetto al processo di esecuzione. L'opposizione all'esecuzione di cui all'art. 615 c.p.c. così come l'opposizione agli atti esecutivi di cui al successivo art. 617 c.p.c. e l'opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. danno vita quindi a un procedimento che si struttura in due fasi, che così si possono brevemente descrivere: una prima fase sommaria, nella quale al giudice viene chiesta la pronuncia di un provvedimento di natura cautelare, volto alla sospensione del processo esecutivo; una seconda fase a cognizione piena, volta a valutare funditus le doglianze mosse con l'opposizione. Sull'ineludibilità della struttura bifasica è intervenuta, da ultimo, la pronuncia della Suprema Corte della quale si è dato conto in principio (Cass. n. 25170/2018), che ha avuto ad oggetto un caso nel quale era stata proposta un'opposizione agli atti esecutivi mediante la diretta instaurazione (peraltro con ricorso e non con atto di citazione) del giudizio di merito, con la totale omissione della fase sommaria. Il terzo pignorato così come non è considerato parte del procedimento esecutivo (Cassa. n. 11976/2003) non è neanche considerato parte del giudizio di opposizione, che non può proporre (Cass. I, n. 9215/2001) ma nel quale può intervenire ad adiuvandum (Cass. n. 249/1983). All'esito dell'udienza camerale, in cui si è delibata l'istanza di sospensione, il giudice dell'esecuzione, qualora sia competente per la causa l'ufficio giudiziario cui egli appartiene, fissa un termine perentorio per l'introduzione del giudizio di merito secondo le modalità previste in ragione della materia e del rito, previa iscrizione a ruolo a cura della parte interessata ed osservati i termini di cui all'art. 163-bis c.p.c.; altrimenti rimette la causa dinanzi all'ufficio giudiziario competente assegnando un termine perentorio per la riassunzione della causa. Se la sentenza rigetta l'opposizione il processo esecutivo riprende il suo corso e la sentenza potrà condannare l'escusso opponente al risarcimento del danno e/o alle spese di giudizio. Se la sentenza accoglie l'opposizione: - essa accerta negativamente il diritto di procedere all'esecuzione, ossia l'illegittimità di questa nei confronti dell'opponente e di conseguenza l'esecuzione resterà caducata in tutto o in parte, definitivamente o temporaneamente; - diventano illegittimi tutti i singoli atti esecutivi compiuti e ne cesseranno gli effetti; - se però l'opposizione è stata proposta tardivamente, quando un atto del processo era già stato del tutto compiuto, l'atto stesso (ad. es. la vendita) non viene a cadere, né cadono i suoi effetti: per cui il debitore potrà solo perseguire in tutto o in parte la somma ricavata dalla vendita e, in caso di malafede, chiedere i danni al creditore pignorante; - la sentenza, ove accerti che il creditore ha agito senza la normale prudenza, condannerà il creditore al risarcimento dei danni, che potranno essere liquidati anche di ufficio, con la sentenza stessa. Va ricordato che l'opposizione all'esecuzione è inammissibile se proposta dopo che è stata disposta la vendita o l'assegnazione, salve quelle opposizioni fondate su motivi sopravvenuti ovvero quelle in cui l'opponente dimostri di non averla tempestivamente proposta per causa a lui non imputabile. |