Memoria difensiva del creditore a fronte dell'opposizione all'esecuzione per violazione dei limiti alla pignorabilità delle “giacenze” su conto corrente correlate a trattamenti pensionistici o stipendialiInquadramentoNell'esemplificazione proposta, il creditore procedente evidenzia, mediante la memoria difensiva nella prima fase cd. sommaria dinanzi al giudice dell'esecuzione, le ragioni in forza delle quali assume la legittimità del pignoramento sul conto corrente sul quale affluiscono i trattamenti pensionistici o stipendiali del debitore, sebbene lo stesso non abbia considerato il limite assoluto degli importi corrispondenti al triplo della pensione sociale. FormulaGIUDICE DELL'ESECUZIONE PRESSO IL TRIBUNALE DI ... [1] MEMORIA DIFENSIVA n. ... R.G.E., pendente innanzi al Dott. ... con udienza al: ... La Sig.ra ..., rappresentata e difesa come in atti; - creditrice procedente- PREMESSO CHE — con atto di pignoramento in data ..., pignorava il conto corrente del debitore Sig. ..., presso la Banca ..., conto che presentava un saldo positivo di Euro 10.000,00 inferiore rispetto all'importo precettato aumentato della metà pari ad Euro 12.000,00; - con ricorso del ..., il Sig. ... ha proposto opposizione all'esecuzione, deducendo che sul conto in questione affluiscono i propri trattamenti stipendiali, sicché dal saldo attivo avrebbe dovuto essere decurtato, in conformità al disposto dell'art. 545 c.p.c., il triplo della pensione sociale; - l'opposizione non è fondata in quanto, in realtà, sul conto in questione afferiscono, come si dimostrerà con idonea documentazione, importi riconducibili ad una pluralità di fonti di reddito del debitore, solo in minima parte afferenti lo stipendio percepito dallo stesso; CHIEDE CHE l'Ill.mo Sig. Giudice dell'Esecuzione [2], voglia rigettare l'avversa opposizione all'esecuzione. Con vittoria di spese [3]. Si allegano: 1) ...; 2) ...; 3) .... Luogo e data ... Firma Avv. ... 1. L'opposizione c.d. successiva all'esecuzione forzata si propone con ricorso al giudice dell'esecuzione. Sulla competenza, è stato precisato che, ai sensi dell'art. 7 del r.d. n. 1611/1933, le cause di opposizione all'esecuzione proposte della p.a. sono soggette alle regole contenute nell'art. 27, e non a quelle del foro erariale di cui all'art. 25, restando devolute alla competenza del giudice nel cui circondario si trovano gli immobili oggetto dell'esecuzione, senza che assuma rilievo che l'opponente formuli una contestuale domanda di accertamento dell'usucapione del bene esecutato, trattandosi di domanda funzionalmente collegata all'esecuzione, e quindi rientrante tra i procedimenti per i quali l'art. 7 cit. esclude l'operatività del foro erariale (Cass. VI, n. 1465/2014). 2. Con circolare del Ministero della Giustizia del 3 marzo 2015, è stato chiarito che nella prima fase c.d. sommaria dinanzi al Giudice dell'esecuzione delle opposizioni esecutive non è dovuto alcun contributo unificato, trattandosi di un incidente di esecuzione. Ove venga introdotto il giudizio di merito andrà invece versato il contributo unificato al momento dell'iscrizione della causa a ruolo, contributo da determinarsi, per l'opposizione all'esecuzione, avendo riguardo al valore della controversia. 3. È incontroverso che nella struttura delle opposizioni, ai sensi degli artt. 615, comma 2, 617 e 619 c.p.c., emergente dalla riforma di cui alla l. n. 52/2006, il giudice dell'esecuzione, con il provvedimento che chiude la fase sommaria davanti a sé — sia che rigetti, sia che accolga l'istanza di sospensione o la richiesta di adozione di provvedimenti indilazionabili, fissando il termine per l'introduzione del giudizio di merito, o, quando previsto, quello per la riassunzione davanti al giudice competente —, deve provvedere sulle spese della fase sommaria, potendosi, peraltro, ridiscutere tale statuizione nell'ambito del giudizio di merito (Cass. III, n. 22033/2011). È stato a riguardo puntualizzato che qualora il giudice dell'esecuzione non liquidi le spese della fase sommaria, la parte vittoriosa che abbia interesse alla loro liquidazione ha l'onere di instaurare il giudizio di merito prima della scadenza del termine di cui all'art. 616 c.p.c. o, in alternativa, di avanzare istanza di integrazione del provvedimento ai sensi dell'art. 289 c.p.c., anche allo scopo di garantire alle altre parti (previa eventuale rimessione in termini) la possibilità di contestare la liquidazione nella fase di merito dell'opposizione, con la conseguenza che, in caso di inerzia della parte vittoriosa, dette spese non sono più ripetibili, né altrimenti liquidabili (Cass. III, n. 12977/2022). COMMENTOL'impignorabilità, totale o parziale, delle somme facenti parte del trattamento stipendiale del debitore può essere fatta valere dallo stesso mediante il rimedio dell'opposizione all'esecuzione ex art. 615, comma 2 c.p.c., fermo restando, in base all'ottavo comma dell'art. 545 c.p.c., il potere del giudice di rilevare d'ufficio l'intervenuta violazione. Pertanto, ove il debitore non proponga tempestiva opposizione secondo i termini attualmente previsti dallo stesso comma secondo dell'art. 615 c.p.c. potrà sollecitare, anche in seguito, l'esercizio da parte del giudice del proprio potere di rilevare d'ufficio l'inefficacia in parte qua del pignoramento per le somme ulteriori rispetto all'importo consentito. Tradizionale problematica interpretativa relativa all'art. 545 c.p.c. ed alle leggi speciali che limitano in vario modo la pignorabilità dei trattamenti stipendiali e pensionistici è quella relativa alle giacenze in conto corrente, ossia se tali importi, una volta confluiti sul conto corrente del debitore, perdano la loro specifica connotazione e siano pertanto liberamente aggredibili. In assenza, sino alle novità introdotte dal d.l. n. 83/2015, conv., con modif., nella l. n. 132/2015, era prevalsa nella prassi la tesi in forza della quale le somme provenienti da trattamento stipendiale o pensionistico una volta percepite dal debitore, in quanto affluite sul conto corrente del medesimo, perdono la loro specifica connotazione, rientrando nel patrimonio dell'obbligato, liberamente aggredibile dai creditori. In sostanza, il divieto di pignorabilità della pensione o dello stipendio, secondo tale impostazione, viene meno quando, una volta corrisposta, essa si confonde col patrimonio del percettore (v., da ultimo, Cass. n. 10540/2024; Cass. n. 26042/2018; cui adde, in sede di merito, tra le altre, Trib. Bari II, n. 2496/2010; Trib. Varese 4 maggio 2010 e Trib. Bolzano 3 febbraio 2010, entrambe in Corr. giur., 2011, 1145, con nota di Conte). Sulla questione è peraltro intervenuto il legislatore, con il d.l. n. 83/2015, introducendo, nell'art. 545 c.p.c., una disciplina positiva che tutela maggiormente, almeno rispetto all'esigenza di un'esistenza dignitosa, i debitori esecutati. In particolare, viene effettuata la seguente distinzione: a) per le somme percepite a titolo di stipendio o pensione già confluite sul conto corrente in data anteriore al pignoramento, quest'ultimo potrà essere effettuato esclusivamente sulle giacenze del conto eccedenti l'importo del triplo della pensione sociale; b) per le somme percepite e quindi accreditate sul conto del lavoratore o del pensionato successivamente al pignoramento opereranno le limitazioni previste in generale dallo stesso art. 545 e dalla legislazione speciale. La stessa riforma di cui al d.l. n. 83/2015 ha chiarito che l'inefficacia, anche parziale, del pignoramento, per violazione dei limiti di pignorabilità sanciti dall'art. 545 c.p.c., è rilevabile d'ufficio dal giudice dell'esecuzione. La Terza Sezione Penale della Corte di cassazione aveva promosso la rimessione al Primo Presidente, ai fini dell'assegnazione alle Sezioni Unite, al questione sul se i limiti di pignorabilità delle somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a titolo di licenziamento, nonché quelle dovute a titolo di pensione, di indennità che tengano luogo di pensione, o di assegno di quiescenza, previsti dall'art. 545 c.p.c., si applicano alla confisca per equivalente ed al sequestro ad essa finalizzato (Cass. pen., ord., n. 38068/2021). Le Sezioni unite penali hanno risolto la questione nel senso che anche in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, debbono osservarsi i limiti attinenti al regime di pignorabilità previsti dall'art. 545 c.p.c., come modificato dall'art. 13, comma 1, lett. l), del d.l. n. 83/2015, convertito con modifiche dalla l. n. 132/2015 – sempre che risulti attestata e certa la causale dei versamenti – attesa la riconducibilità degli stessi all'area dei diritti inalienabili della persona, tutelati dagli artt. 2,36 e 38 della Costituzione (Cass. S.U. pen., n. 26252/2022). |