Opposizione agli atti esecutivi contro l'ordine di liberazioneinquadramentoIl tema della tutela dei terzi pregiudicati dal provvedimento che dispone la liberazione del compendio pignorato costituisce, tradizionalmente, il brodo di pascenza in cui si confrontano due antitetiche esigenze: da un lato quella della speditezza ed economia della procedura, che affonda le sue ragioni nell'art. 111 Cost., e che predica la necessità di un modus procedendi agile e deformalizzato, che si dipana sotto la direzione del giudice dell'esecuzione immobiliare, dinanzi al quale vanno proposti gli eventuali rimedi oppositivi; dall'altro quella della garanzia dei diritti dei terzi, che invoca una piena tutela dei soggetti pregiudicati dal provvedimento, in ossequio all'art. 24 Cost., e che dunque invoca un procedimento esecutivo dell'ordine di liberazione che si snodi attraverso gli schemi processuali di cui agli artt. 605 e ss. c.p.c. FormulaTRIBUNALE DI .... Procedura Esecutiva Immobiliare n. .... R.G.E. OPPOSIZIONE AGLI ATTI ESECUTIVI CONTRO L'ORDINE DI LIBERAZIONE (ART. 560-617 C.P.C.) Il Sig. ...., nato a ...., il ...., C.F. ...., elettivamente domiciliato presso lo studio dell'Avv. .... .... C.F .... fax .... PEC ...., che lo rappresenta e difende in virtù di procura in calce al presente atto PREMESSO – che in data .... .... è stato eseguito pignoramento immobiliare a carico del Sig. ...., nato a .... ( ....) il .... (C.F. ....) residente in .... alla via .... n. ....; che il predetto pignoramento ha dato origine alla procedura esecutiva immobiliare iscritta presso l'intestato Tribunale al n .... di RGE; – che il giudice dell'esecuzione, con provvedimento [1] del .... reso nella procedura esecutiva n ...., notificato in data .... disponeva, ai sensi dell'art. 560 c.p.c., la liberazione dell'immobile sito in .... censito nell'NCEU/NCT del Comune di .... al fg .... p.lla .... sub ....; – che l'istante intende proporre opposizione avverso il detto provvedimento del G.E. per i seguenti MOTIVI L'ordinanza emessa è illegittima per le ragioni appresso esplicitate. .... .... Tanto premesso CHIEDE che il Giudice dell'Esecuzione: – In via preliminare, disponga [eventualmente con decreto reso inaudita altera parte] la sospensione del provvedimento impugnato e per l'effetto, autorizzi il debitore (o il terzo) .... a continuare ad abitare/occupare l'immobile pignorato [oppure a rientrare nella immediata disponibilità dello stesso]; – nel merito, accertata l'illegittimità dell'atto impugnato, dichiararne la nullità, con tutti i provvedimenti consequenziali. Con vittoria di spese e competenze di causa. Salvi e riservati tutti i diritti. Si produce: – ordinanza di liberazione del .... Luogo e data .... Firma Avv. .... [1]In assenza di disposizioni specificamente dettate per l'ordine di liberazione, è da ritenersi che questo provvedimento assume la veste formale di ordinanza (art. 487 c.p.c.) succintamente motivata (art. 134 c.p.c.) e soggetta a comunicazione alle parti qualora non letta in udienza, assunta previa audizione dell'esecutato e del custode (nei casi previsti dall'art. 560 c.p.c.). commentoLa natura dell'ordine di liberazione tra attuazione ed esecuzione Le modalità di attuazione dell'ordine di liberazione hanno costituito in passato il terreno di un vivace confronto. Sul tema aveva gettato una luce chiarificatrice la riforma del 2006, la quale aveva qualificato l'ordine di liberazione «titolo esecutivo per il rilascio», da eseguirsi «a cura del custode ... nell'interesse dell'aggiudicatario». Il precipitato di questa scelta normativa era evidentemente quello per cui alla sua esecuzione si provvedesse a norma degli artt. 605 e ss. c.p.c. Il d.l. n. 59/2016 convertito in l. n. 119/2016, nel riscrivere i commi terzo e quarto dell'art. 560 c.p.c. aveva compiuto una scelta radicalmente diversa, prevedendo invece expressis verbis che l'ordine di liberazione fosse «attuato dal custode secondo le disposizioni del giudice dell'esecuzione immobiliare, senza l'osservanza delle formalità di cui agli articoli 605 e seguenti». Il cambio di prospettiva era evidente, ed i precipitati operativi che ne derivavano di assoluto rilievo. Ed infatti, l'attuazione (e non l'esecuzione) dell'ordine di liberazione non dava più luogo ad un autonomo procedimento esecutivo per rilascio; l'ordine di liberazione veniva attuato direttamente dal custode (il quale, non dovendo introdurre una esecuzione per rilascio ex art. 605 e ss. non aveva più la necessità di munirsi del ministero di un avvocato, con evidenti risparmi di costi per la procedura); era il Giudice dell'esecuzione immobiliare a disciplinare le modalità di esecuzione dell'ordine di liberazione, le quali si dipanavano senza l'intervento dell'ufficiale giudiziario (che interveniva solo per la notifica dell'ordine di liberazione al terzo, adempimento espressamente previsto dall'art. 560, comma 4). Conseguentemente, non era necessario che l'ordine di esecuzione fosse munito di formula esecutiva, né occorreva provvedere alla previa notifica dell'atto di precetto. La riscrittura dell'art. 560 ad opera dall'art. 4, comma 2 d.l. n. 135/2018, convertito, con modificazioni, con l. n. 12/2019, ha riproposto nuovamente il problema delle modalità di attuazione – esecuzione dell'ordine di liberazione, poiché a differenza di quanto avvenuto sino a quel momento, in quest'ultimo intervento manipolativo il legislatore non ha affrontato l'argomento, facendo riaffiorare i dubbi interpretativi che si erano posti prima della modifica dell'ormai lontano 2006. È intuibile che gli scenari ipotizzabili sono essenzialmente due. Il primo è quello di considerare l'ordine di liberazione titolo esecutivo per rilascio ai sensi dell'art. 474 c.p.c., da eseguire dunque con le forme prescritte dagli artt. 605 ss. c.p.c. (Angelone, Il nuovo «Modo» della custodia dopo la l. 12/2019, in Riv. Es. For., 2019, 521; contra Crivelli, L'ordine di liberazione dopo la l. 11 febbraio 2019 n. 12, in Riv. Es. For., 2019, 4, 760). In dottrina si è obiettato che a questa scelta sarebbe ostativo: il fatto che a differenza della versione del 2006, l'art. 560 oggi la norma non individua il soggetto che dovrebbe fungere da creditore, e che dunque sul piano processuale dovrebbe essere titolare della legittimazione ad agire; il principio della tassatività dei titoli esecutivi giudiziali ricavabile dall'art. 474, comma 2 n. 1), c.p.c., il quale annovera tra i titoli idonei a fondare un'esecuzione forzata «gli altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva» con ciò richiedendo un'esplicita volontà legislativa in tal senso; il pregiudizio che una esecuzione per rilascio determinerebbe per il principio della ragionevole durata del processo (Fanticini, La liberazione dell'immobile pignorato dopo la “controriforma” del 2019, in www.ineXecutivis.it, 14 marzo 2019). Il secondo è quello di pensare ad una attuazione nelle forme di cui all'art. 669-duodecies c.p.c., (così, espressamente, Crivelli, cit.) poiché l'ordine di liberazione sarebbe un «provvedimento esecutivo ed ordinatorio, per sua stessa vocazione non riconducibile all'art. 474 c.p.c.» (così Trib. Salerno 2 novembre 2004; Trib. Bologna 16 marzo 2000, n. 813) necessario per l'ulteriore corso della procedura esecutiva immobiliare al giudice che lo stesso giudice dell'esecuzione, avvalendosi dei suoi poteri di direzione (art. 484 c.p.c.), attua designando gli ausiliari deputati al «compimento di atti che egli non è in grado di compiere da sé solo» (art. 68, comma 1 c.p.c.) e richiedendo «l'assistenza della forza pubblica» (art. 68, comma 3 c.p.c.), alla quale può prescrivere tutto ciò che è necessario per il sicuro e ordinato compimento degli atti ai quali procede (Fanticini, cit.). Opposizione Secondo l'opinione più accreditata, dunque, l'ordine di liberazione costituisce un «provvedimento sommario, semplificato, esecutivo» (Olivieri, L'ordine di liberazione dell'immobile pignorato e la sua attuazione (art. 560, 3° e 4° comma, c.p.c.), Relazione all'incontro di studio «Le esecuzioni civili alla luce della riforma del 2016», Milano, 10/10/2016, in https://www.ca.milano.giustizia.it/allegato ....corsi.aspx?File ....id ....allegato=2659, 2 ss.), privo delle caratteristiche del titolo giudiziale, tale per cui «l'accertamento in esso contenuto possa considerarsi indiscutibile» e dotato del «requisito della definitività, oltre che quello della decisorietà, cioè dell'attitudine ad incidere su diritti soggettivi» (Cass. III, n. 15623/2010). Prima di disporre la liberazione il giudice dell'esecuzione è sempre tenuto a compiere un'istruzione sulla sussistenza di eventuali titoli opponibili alla procedura, poiché in tal caso è da escludere a priori la possibilità di ordinare all'occupante la liberazione. Evidentemente, poiché il processo esecutivo non è funzionale all'accertamento di diritti, quello compiuto dal giudice dell'esecuzione sarà un accertamento sommario e per lo più documentale, allo stato degli atti (Olivieri, La liberazione dell'immobile pignorato. L'efficacia del nuovo titolo esecutivo nei confronti dei soggetti diversi dal debitore e i rimedi esperibili, in Riv. esec uz . forz ata, 2009, 4). Concretamente, il giudice dell'esecuzione dovrà considerare il certificato delle iscrizioni e trascrizioni relative all'immobile pignorato depositato ex art. 567, comma 2 c.p.c., i certificati concernenti la residenza e la famiglia anagrafiche, gli accertamenti compiuti dal custode, e, come detto, le risultanze della relazione dell'esperto stimatore designato ex art. 173-bis disp. att. c.p.c. In particolare, lo stato di possesso del bene, con l'indicazione, se occupato da terzi, del titolo in base al quale è occupato, con particolare riferimento alla esistenza di contratti registrati in data antecedente al pignoramento, costituisce contenuto necessario della relazione di stima a norma della citata previsione codicistica. Prima che l'art. 560 fosse riscritto dall'art. 4, comma 2 d.l. n. 135/2018, convertito, con modificazioni, con l. n. 12/2019 era pacifico che l'ordine di liberazione fosse impugnabile con lo strumento della opposizione agli atti esecutivi. L'assunto era codificato nell'art. 560 come modificato dal d.l. n. 59/2016 convertito con l. n. 119/2016 (che espressamente definiva l'ordine di liberazione «provvedimento impugnabile per opposizione ai sensi dell'articolo 617»), ma costituiva comunque ius receptum nella giurisprudenza di legittimità (Cass. III, n. 25654/2010) anche quando l'art. 560 lo definiva “provvedimento non impugnabile” (così l'art. 560 c.p.c. riformulato dall'art. 2, comma 3, lett. e), d.l. n. 35/2005, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 80/2005, e poi modificato dall'art. 1, l. n. 263/2005). Questo convincimento deve essere mantenuto anche all'esito della riscrittura della norma avvenuta nel 2019, nonostante la previsione espressa della impugnabilità dell'ordine di liberazione con lo strumento della opposizione agli atti esecutivi sia stata espunta dall'ordito normativo. In proposito è sufficiente rievocare il tradizionale, ma mai superato, orientamento dottrinario e giurisprudenziale per cui in difetto di norme che apprestino diversi strumenti di tutela, l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. costituisce rimedio generale e residuale per la contestazione dei provvedimenti del giudice dell'esecuzione. Quanto al dies a quo previsto dalla citata disposizione codicistica, va detto che mentre il legislatore del 2016 aveva previsto che il termine per l'opposizione decorresse dal giorno in cui si era perfezionata nei confronti del terzo la notificazione del provvedimento, il nuovo tessuto normativo impone di richiamare il consolidato assunto della giurisprudenza di legittimità, per la quale “Colui il quale propone opposizione agli atti esecutivi, ex art. 617 c.p.c., ha l'onere di indicare e provare il momento in cui abbia avuto la conoscenza, legale o di fatto, dell'atto esecutivo che assume viziato, non potendosi altrimenti verificare il rispetto da parte sua del termine di decadenza per la proposizione dell'opposizione” (Cass. III n. 7051/210; Cass. VI n. 18723/2017). Ordine di liberazione e riforma Cartabia Un'ultima sistemazione normativa all'ordine di liberazione si deve alla riforma Cartabia. Il d.lgs. n. 149/2022 era stato incaricato dalla legge delega di «prevedere che il giudice dell'esecuzione ordina la liberazione dell'immobile pignorato non abitato dall'esecutato e dal suo nucleo familiare ovvero occupato da soggetto privo di titolo opponibile alla procedura, al più tardi nel momento in cui pronuncia l'ordinanza con cui è autorizzata la vendita o sono delegate le relative operazioni e che ordina la liberazione dell'immobile abitato dall'esecutato convivente col nucleo familiare al momento in cui pronuncia il decreto di trasferimento, ferma restando comunque la possibilità di disporre anticipatamente la liberazione nei casi di impedimento alle attività degli ausiliari del giudice, di ostacolo del diritto di visita di potenziali acquirenti, di omessa manutenzione del cespite in uno stato di buona conservazione o di violazione degli altri obblighi che la legge pone a carico dell'esecutato o degli occupanti». Il legislatore delegante prescriveva poi che il custode avrebbe dovuto ad attuare il provvedimento di liberazione del cespite, secondo le disposizioni del giudice dell'esecuzione immobiliare, senza l'osservanza delle formalità di cui agli artt. 605 ss. c.p.c., anche successivamente alla pronuncia del decreto di trasferimento, nell'interesse dell'aggiudicatario o dell'assegnatario, se questi non lo avessero esentato. Sulla scorta di queste direttive, il nuovo art. 560 c.p.c., dopo aver ribadito in esergo che debitore e custode giudiziario debbono rendere il conto a norma dell'art. 593, riafferma in primis, con forza, che il divieto di stipulare locazioni in assenza di autorizzazione del giudice dell'esecuzione, riguarda non solo il debitore, ma anche il custode. La riforma, prendendo atto della funzionalità dell'anticipata liberazione dell'immobile a rendere appetibile la vendita (la cui centralità nel procedimento liquidatorio è stata ribadita, da ultimo, da Cass. n. 9877/2022, dove si è affermato che «l'ordine di liberazione è funzionale agli scopi del processo di espropriazione forzata e, in particolare, all'esigenza pubblicistica di garantire la gara per la liquidazione del bene pignorato alle migliori condizioni possibili, notoriamente connesse, sul mercato dei potenziali acquirenti, allo stato di immediata, piena ed incondizionata disponibilità dell'immobile») riafferma che solo quando l'immobile è abitato dal debitore e dal suo nucleo familiare la liberazione può essere differita al si pronuncia il decreto di trasferimento. Pure ribadito, così come auspicato in dottrina, che la pronuncia del decreto di trasferimento non è ostativa alla liberazione dell'immobile a cura e spese della procedura in attuazione di un ordine di liberazione che, quando l'immobile è abitato dal debitore e dalla sua famiglia, deve essere adottato contestualmente al decreto di trasferimento; ciò, implicitamente, conferma che anche nelle vendite giudiziarie è configurabile una obbligazione di consegna dell'immobile venduto, a norma dell'art. 1476 c.c. Anche sul piano eminentemente operativo, il novellato art. 560 riafferma la doverosità della liberazione, che prescinde dalla richiesta dell'aggiudicatario, legittimato tuttavia a rinunciarvi e la sua indipendenza dalla pronuncia del decreto di trasferimento, che dunque comporta la necrosi delle funzioni custodiali, il che nella sostanza costituisce un implicito riconoscimento della operatività, anche in seno alla vendita esecutiva, della previsione di cui al citato art. 1476 c.c. che impone al venditore un obbligo di consegna del bene. Inoltre, trattandosi di obbligazione a carico del venditore è evidente che essa dovrà essere adempiuta senza oneri per l'aggiudicatario. Del pari, è ribadito che all'attuazione dell'ordine di liberazione provvederà il custode, in seno alla procedura esecutiva immobiliare eventualmente avvalendosi della forza pubblica o di altri ausiliari, previa autorizzazione del giudice dell'esecuzione. Un ulteriore contributo di chiarezza viene offerto in punto di individuazione dei doveri cui è tenuto l'esecutato che abiti l'immobile. Invero, si ribadisce che egli deve: assicurare l'esercizio del diritto di visita conformemente alle disposizioni del giudice dell'esecuzione; tutelare e mantenere adeguatamente l'immobile in uno stato di buona conservazione; osservare gli altri obblighi che la legge pone a suo carico. La norma chiarisce inoltre (ma si tratta di conclusione cui la prassi era già arrivata per via esegetica) che il debitore non ostacolare le attività degli “ausiliari” del giudice, tra i quali va certamente annoverato anche l'esperto stimatore. |