Con un recente schema di decreto legislativo sono state apportate rilevanti modifiche ritardanti i criteri di determinazione del reddito dei contribuenti forfettari, la loro esclusione dall'ambito del regime previsto per il concordato preventivo biennale dal 2025, l’introduzione di nuove cause di esclusione e di cessazione del concordato preventivo, la portata delle operazioni di conferimento, la dilazione del termine di adesione del concordato.
Si segnala, in particolare, l’attrazione a tassazione della differenza tra reddito concordato e quello dichiarato per il precedente periodo d’imposta se superiore a 85.000 euro. Chiarito che tra le cause di esclusione e cessazione non rientra il conferimento di azienda, di ramo di azienda e di crediti.
L'esclusione dei soggetti forfetari
Continua l'attuazione del programma di razionalizzazione e semplificazione delle norme in materia di adempimenti tributari iniziata con il decreto legislativo numero 1 del 2024 con il quale è stata dato a stata data una prima attuazione all'art. 16 della legge n. 111 del 2023 sia pure con provvedimenti che sembrano emanati più con funzione riparatoria che non sulla base di un percorso razionalmente pianificato.
Con un recente schema di decreto legislativo, invero, sono state apportate rilevanti modifiche riguardanti i criteri di determinazione del reddito dei contribuenti forfettari, la loro esclusione dall'ambito del regime previsto per il concordato preventivo biennale, l'introduzione di nuove cause di esclusione e di cessazione del concordato preventivo, la portata delle operazioni di conferimento, il termine di adesione del concordato.
Relativamente al primo aspetto può essere sufficiente ricordare che al solo fine di determinazione del reddito imponibile nei confronti dei contribuenti forfettari, fino a quando non saranno elaborati i nuovi coefficienti sulla base della classificazione ATECO 2025, saranno utilizzati i coefficienti di redditività sulla base della precedente classificazione ATECO 2017, in continuità con gli anni precedenti.
La nuova classificazione ATECO 2025, infatti, ha individuato le attività economiche secondo codici e descrizione non più compatibili con la tabella dei coefficienti attualmente in vigore.
Va segnalato, poi, che, per effetto dell'art.1 dello schema di decreto legislativo dal concordato preventivo biennale sono stati esclusi i contribuenti esercenti attività d'impresa, arti o professioni che aderiscono al regime forfetario a decorrere dal primo gennaio 2025.
La decisione del legislatore di intervenire a distanza di un solo anno e la menzionata esclusione sono dovute, sostanzialmente, soprattutto alle istanze pervenute dalle competenti associazioni di categoria.
Sul piano dei principi generali, si tratta di un vero e proprio fallimento del tentativo volto ad attrarre nel regime del concordato preventivo una categoria di contribuenti la cui capacità contributiva risulta comunque di modesta entità avendo confidato di far recuperare capacità contributiva da alcuni soggetti che sostano in tale regime ritenendoli, verosimilmente, titolari di una maggiore idoneità alla contribuzione.
In ogni caso, occorre prendere atto che la sperimentazione ha fornito un esito negativo sul quale, tuttavia, sarebbe opportuno fare un'ulteriore considerazione e valutazione per comprendere la effettività dei motivi che hanno indotto prima le associazioni di categoria e dopo il legislatore a pervenire alla menzionata esclusione.
Sta di fatto, quindi, che a decorrere dal 2025 i soggetti per il quale sussistono i presupposti per sostare nel regime forfettario continueranno ad assolvere i loro adempimenti fiscali esclusivamente secondo i principi dettati dal vigente regime giuridico.
Le nuove cause di esclusione
La prima importante modifica apportata in materia di concordato preventive biennale ha riguardato l'incremento delle cause di esclusione dalla partecipazione a tale regime.
In merito, è da ritenere che il provvedimento legislativo sia stato indotto dalla necessità di rivedere la posizione dell'Amministrazione finanziaria che, con le consuete istruzioni operative. aveva ritenuto che il conferimento di partecipazioni o crediti configurasse autonoma causa di cessazione o decadenza dal concordato andando ben oltre il tenore letterale delle norme di riferimento.
Il legislatore, con lo schema di disegno di legge in esame, pertanto, ha condiviso l'interpretazione dell'amministrazione finanziaria, fermo restando che, con la solita circolare, non sia possibile determinare effetti preclusivi e pregiudizievoli per i contribuenti laddove non emergano direttamente dal dato normativo. Ne consegue che la posizione dell'Agenzia non può produrre conseguenze se non con riferimento ai presupposti che si verificano successivamente all'entrate in vigore delle nuove disposizioni.
La modifica, quindi, è dovuta – sebbene nella nota che accompagna il provvedimento non è individuata alcuna motivazione specifica- alla necessità di evitare che i singoli soci o associati possano ridurre la loro capacità contributiva attraverso la partecipazione e l'utilizzo dello schema societario e viceversa.
Occorre domandarsi, però, come sia stato possibile che il rischio di un probabile arbitraggio fiscale non sia stato previsto sin dall'inizio dell'introduzione del concordato preventivo biennale ove si consideri che i meccanismi elusivi ed evasivi utilizzati nel comparto da taluni contribuenti sono ampiamente noti.
Sta di fatto che l'accesso al concordato preventivo biennale determina effettivamente sia dei vincoli (definizione per un biennio di una base imponibile predeterminata) sia la piena fruibilità dei benefici (correlati all'applicazione degli ISA), oltre alla quasi certezza di non subire, entro un determinato perimetro, contestazioni relative al reddito di impresa o di lavoro autonomo.
La prima nuova causa di esclusione – che non riguarda tutte le categorie di soggetti ammessi allo speciale regime - interessa i contribuenti che dichiarano individualmente redditi di lavoro autonomo e, nello stesso tempo, partecipano ad associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l'esercizio in forma associata di arti e professioni.
Dette associazioni, come noto, sono equiparate alle società semplici per le quali il relativo atto pubblico o scrittura autenticata può essere sottoscritto può essere sottoscritta fino alla data anteriore all'inizio il periodo imposta.
Indubbiamente, è condivisibile la ratio del provvedimento, il quale rende interdipendente l'accesso al concordato dei professionisti che operano sia in modo individuale che nell'ambito delle associazioni professionali. Analoga conclusione, ovviamente, vale relativamente al rapporto tra soci e associati.
Dubbi, però, possono sorgere su tale scelta sul piano dei diritti soggettivi fino a domandarsi, però, se sia legittimo considerare il lavoro autonomo in modo unitario a seconda delle modalità con cui viene esercitato oppure se non sia più aderente ai principi costituzionale la separazione delle due posizioni che, verosimilmente, si era ritenuto inizialmente.
Una seconda categoria interessata è quella relativa alla società tra professionisti (l. 183 del2011) ovvero alla società tra avvocati (L. n. l. 247 del 2012).
Per tutte le citate categorie viene introdotto, in sostanza, una sorta di regime obbligatorio di adesione al concordato tra società e singoli soci talché il lavoratore autonomo può partecipare al concordato preventivo soltanto se la società di cui sono soci – ovvero tra associazioni professionali e professionisti, tra società e avocati - abbia optato per l'adesione alla proposta di concordato per i medesimi periodi d'imposta.
La stessa esclusione è prevista anche nel caso in cui non tutti i soci e professionisti delle citate società e associazioni partecipano al concordato preventivo per cui si rende necessario che tutti i professionisti, soci e associati, che dichiarano individualmente i redditi di lavoro autonomo derivanti dall'esercizio di arti e professioni, aderiscono, per gli stessi periodi di imposta, alla proposta di concordato preventivo determinando una sorta di effetto domino.
Certo, il beneficio è subordinato al raggiungimento di una decisione di tutti i soci e/o associati che, evidentemente, potrebbero anche versare in condizioni differenti per cui alcuni potrebbero avere l'interesse a beneficiare degli effetti positivi del concordato preventivo mentre altri potrebbero addirittura subire un aggravio in caso. di adesione. Di qui la necessità di conciliare contrapposti interessi che dovranno essere valutati di volta in volta atteso che, ai fini dell'applicazione del concordato preventivo biennale, è necessario che tutte le posizioni, individuali e collettive, decidano di aderire allo specifico istituto.
Al riguardo, si è dell'avviso che, contrariamente da quanto già emerso da qualche commento isolato, la norma non presenta alcun motivo di censura di ordine costituzionale tenuto conto che si tratta di adesioni volontarie al pari di quelle che determinano la partecipazione alla società o all'associazione.
Le nuove disposizione troveranno applicazione esclusivamente per il biennio 2025 – 2026.
Le prime eccezioni
In attesa di conoscere il testo definitivo del provvedimento, già da una prima lettura emergono evidenti carenze e criticità riguardanti differenti profili, alcuni oggettivi.
Innanzitutto, la prima carenza riguarda il rapporto intercorrente tra le cause di decadenza e le cause di esclusione tra le quali a titolo di esempio si richiama quella relativa alla rettifica della dichiarazione qualora a seguito di accertamento, nei periodi di imposta oggetto del concordato o in quello precedente, risulta l'esistenza di attività non dichiarate o l'inesistenza o l'indeducibilità di passività dichiarate, per un importo superiore al 30 per cento dei ricavi dichiarati, ovvero risultano commesse altre violazioni di non lieve entità.
Tralasciando le altre cause di cui all'art. 22 del D.lgs. n. 213 del 2024, trattasi di situazioni concrete che vanno ad incidere sulla posizione fiscale di altri professionisti, indipendentemente dalla volontà degli altri soci o associati i quali subirebbero gli effetti negativi di scelte o cause imputabili a terzi senza alcuna possibilità di poter difendere la loro posizione fiscale. Alla medesima conclusione, ovviamente, si arriverebbe laddove entrasse un nuovo socio o associato oppure si verificasse la cessazione dell'attività professionale e conseguente chiusura della partita iva.
Altra carenza che emerge chiaramente dalla lettura formale del dato normativo riguarda la esclusione ingiustificabile di altri soggetti quali, ad esempio, le società di ingegneria di cui al decreto legislativo numero 52/2016. È necessario, pertanto, tornare sull'attuale formulazione dello schema di decreto anche per comprendere se l'esclusione delle società di servizi sia dovuta a una autonoma valutazione degli estensori del provvedimento oppure ancora una volta a una mera dimenticanza.
È certo, quindi, che allo stato attuale il citato effetto domino non sussiste per quest'ultimi soggetti non potendo estendere in via interpretativa e analogica effetti pregiudizievoli non espressamente previsti dal dato normativo.
La norma interpretativa
Tra le cause di esclusione l'art. 11, comma 1, lett. b -quater) del D. Lgs n. 213 del 2024 indica l'ipotesi in cui nel primo anno cui si riferisce la proposta di concordato la società o l'ente risulta interessato da operazioni di fusione, scissione, conferimento, ovvero, la società o l'associazione di cui è interessata da modifiche della compagine sociale che ne aumentano il numero dei soci o degli associati, fatto salvo il subentro di due o più eredi in caso di decesso del socio o associato. Analoga previsione è indicata tra le cause di cessazione.
Sulla portata di tali cause sono sorti numerosi dubbi al fine di poterne determinare la corretta perimetrazione. È stato ora chiarito che per operazioni di conferimento si intendono esclusivamente quelle che hanno a oggetto un'azienda o un ramo di azienda per cui non rilevano altre ipotesi, tra le quali si cita il conferimento in denaro da parte dei soci.
A riguardo, pacificamente devi ritenersi che tra le cause di esclusione o cessazione non rientrano alcune operazioni straordinarie quali la trasformazione della società ancorché questa determini il passaggio da un sistema impulsivo a un altro cioè che trattasi di trasformazione progressiva o regressiva.
Anche in tal caso va ricordato che l'intervento normativo è stato determinato dal correggere la posizione dell'amministrazione finanziaria la quale si era espresso in termini differenti; in particolare, l'agenzia delle entrate aveva sostenuto che il dato normativo non forniva alcuna indicazione in ordine alla distinzione tra soggetto conferente e soggetto conferitario.
Inoltre, ancora una volta, l'agenzia delle entrate aveva optato per una soluzione molto estensiva ritenendo che qualsiasi forma di conferimento determinasse causa di esclusione ivi comprese quelle riguardanti la cessione di crediti.
La norma interpretativa di cui all'articolo 9 dello schema di decreto legislativo pone un preciso paletto alla interpretazione ampiamente estensiva fornita dall'amministrazione finanziaria escludendo esplicitamente il conferimento sia di una partecipazione sia di crediti.
Parallelamente alla interpretazione innanzi citata, è stata apportata anche una modifica al termine previsto per l'adesione alla proposta di concordato preventivo biennale. Allo stato attuale, come si ricorderà, i termini previsti per l'adesione sono fissati al 31 luglio per i contribuenti che hanno un periodo d'imposta coincidente con l'anno solare; all'ultimo giorno del settimo mese successivo a quello di chiusura del periodo d'imposta, per i soggetti che hanno un periodo di imposta non coincidente con l'anno solare.
Detti termini sono stati ora prorogati, rispettivamente, al 31 luglio 2025 e all'ultimo giorno dal nono mese successivo a quello di chiusura del periodo d'imposta.
Per quanto concerne la ratio di questo ulteriore intervento correttivo è da ritenere che la motivazione sia da ricercare esclusivamente nel dare continuità alla politica, peraltro imposta dalla legge delega del 2023, di distribuire in modo più razionale gli adempimenti fiscali.
Un'ultima modifica, anch'essa di particolare rilevanza, ha riguardato la rideterminazione dell'imposta sostitutiva opzionale. In particolare, è stata considerata l'ipotesi in cui sussista differenza superiore a 85.000 € tra il reddito concordato e il reddito effettivo del periodo d'imposta precedente.
Al riguardo, pare opportuno avanzare due considerazioni preliminari.
La prima riguarda l'acquisita consapevolezza che l'adesione al concordato preventivo biennale possa determinare un vantaggio fiscale sproporzionato considerato che si tratterebbe di ipotesi sulle quali andrebbe applicata l'aliquota marginale del 43%, oltre alle addizionali ed eventuali sovrimposte.
D'altra parte, il vantaggio che potrà determinare l'adesione a detto istituto deve ritenersi ipotesi pacificamente acquisita e accettata, pur nella consapevolezza che determini una palese sperequazione. Da tempo, ormai, la logica dei provvedimenti impostivi non è volta a ripartire equamente l'onere fiscale ma soltanto a reperire risorse, a prescindere da qualsiasi altro risvolto a meno che non intervenga “un miracolo” – e tale sarebbe - da parte della Corte costituzionale.
La seconda, perfettamente coerente alla prima, impone un preciso interrogativo finalizzato ad ottenere una risposta (che forse non arriverà mai) se si possa consentire un risparmio di imposta fino a circa 45,000 euro. Si è in presenza di una ingiustificata mortificazione per i lavoratori dipendenti e per i pensionati che non può essere giustificata, entro tali termini, invocando il rischio m professionale o imprenditoriale.
Evidentemente il legislatore si è reso contro di una scelta che viola palesemente i principi di uguaglianza e capacità contributiva tentando di provi rimedio con la conseguenza, però, che la fissazione del limite di 85.000, fornisce certezza anche a coloro che non avevano acquisita consapevolezza dell'enorme vantaggio acquisito da talune categorie.
Ma il vantaggio va ben oltre in quanto sul citato importo non viene applicata alcuna tassazione. Soltanto sulla parte eccedente si applica l'aliquota del 43% per le persone fisiche. Per i soggetti IRES, invece, si applicherà l'aliquota del 24%, sempre a titolo di imposta sostitutiva.
Per quanto concerne invece le società e associazioni per le quali si applichi il regime di trasparenza il superamento del limite di 85.000 € è verificato ai fini dell'imposta sostitutiva.
Il nuovo regime abbuona il 2024 (e non potrebbe essere diversamente) per applicarlo a partire dalle adesioni al concordato preventivo per il biennio23025-2026.
Resta soltanto da sottolineante che la nuova previsione normativa va ad integrare il decreto legislativo n. 13 del 2024 per cui, per espressa previsione normativa, il maggior prelievo a titolo di IRPEF e IRES è comprensivo anche delle addizionali.
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