Violenza domestica e prescrizione dei reati nella giurisprudenza della Corte EDU

La Redazione
26 Marzo 2025

Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte EDU e alla luce degli artt. 3 e 8 della Convenzione, lo Stato nazionale non può per negligenza lasciar decorrere la prescrizione per delitti riconducibili alla violenza domestica e familiare, come gli atti persecutori ex art. 612-bis c.p.

La vicenda oggetto di ricorso presso la Corte EDU riguarda l'applicazione degli artt. 3 e 8 della Convenzione in un contesto di violenza e atti persecutori di cui una donna italiana era stata vittima (con alcuni episodi antecedenti all'entrata in vigore del delitto ex art. 612-bis c.p.), ma per i quali lamentava una mancanza di effettività dell'indagine penale e una grave inosservanza delle garanzie procedurali, in quanto le autorità giudiziarie nazionali non avrebbero agito con la tempestività e la diligenza necessarie, lasciando decorrere i termini per la prescrizione dei reati ascrivibili all'imputato e riconducibili agli atti persecutori. Inoltre, trattandosi di fatti antecedenti all'entrata in vigore dell'art. 612-bis c.p., non avrebbero tenuto debitamente conto del problema specifico della violenza domestica, mancando di dare una risposta proporzionata alla gravità della denuncia.

La Corte evidenzia, innanzitutto, come gli Stati abbiano un obbligo positivo di istituire e applicare un sistema effettivo di repressione per qualsiasi forma di violenza domestica e che le specificità dei fatti di violenza domestica, come riconosciute dalla Convenzione di Istanbul, debbano essere tenute in adeguata considerazione nell'ambito dei procedimenti interni.

Nel caso di specie, i giudici italiani hanno agito in maniera poco tempestiva, lasciando trascorrere tre mesi prima che la denuncia della ricorrente fosse registrata e fossero avviate le indagini. Inoltre, l'indagato era stato rinviato a giudizio ben quattro anni dopo il deposito della denuncia e la sentenza di primo grado era stata pronunciata ben sei anni dopo detto deposito. Ciò ha fatto sì che decorresse la prescrizione e l'imputato non potesse essere giudicato. Spetta, invece, ai giudici nazionali preservare le vittime di violenza domestica dalle situazioni di precarietà e vulnerabilità morale, fisica e materiale in cui si trovano e, secondo consolidata giurisprudenza della Corte stessa (sentenza S. c. Italia, n. 32715/19, §§ 68-83, 7 luglio 2022) lo scopo di una protezione efficace non è raggiunto se il procedimento penale è chiuso solo per la prescrizione dei reati contestati (Valiulienė c. Lituania, n. 33234/07, § 69, 26 marzo 2013; E.G. c. Repubblica di Moldavia, n. 37882/13, § 43, 13 aprile 2021).

Al contrario, una risposta tempestiva avrebbe garantito, invece di una percezione di generale impunità, un clima di fiducia nello Stato di diritto e una propensione maggiore a chiedere aiuto (Okkalı c. Turchia, n. 52067/99, § 65, CEDU 2006-XII).Lo Stato italiano avrebbe dovuto agire tempestivamente per mettere fine alle condotte persecutorie, mentre ha lasciato negligentemente decorrere i termini per la prescrizione, non dando una risposta proporzionata alla gravità di quanto contestato e lasciando che l'imputato godesse di totale impunità. Pertanto, deliberando in via equitativa, la Corte riconosce alla ricorrente il risarcimento del danno morale subito.

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