Contestazioni alle “pezze d’appoggio”: devono essere fatte in sede di approvazione del bilancio
03 Aprile 2025
Massima Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso, ex art. 63 disp. att. c.c., per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità della delibera assembleare a fondamento dell'ingiunzione, sia l'annullabilità di tale delibera, dedotta mediante apposita domanda riconvenzionale, mentre non assumono rilievo le contestazioni del condomino intimato circa la consistenza probatoria dei documenti giustificativi delle spese rendicontate, dovendo gli stessi essere controllati soltanto in sede di approvazione e di eventuale impugnazione del bilancio. Il caso La causa, giunta all'esame del Supremo Collegio, originava da due giudizi - poi riuniti - incardinati davanti al Giudice di Pace, con cui un condomino si era opposto sia al decreto ingiuntivo che al precetto azionati dal Condominio per il pagamento di contributi condominiali intimati all'opponente, quale quota di spettanza risultante nel bilancio consuntivo per la gestione ordinaria condominiale 2018/2019. Il Giudice di Pace adìto aveva rigettato le opposizioni ed uguale esito aveva avuto il giudizio davanti al Tribunale. Nello specifico, quanto all'opposizione al decreto ingiuntivo, il giudice del gravame aveva rilevato che il condomino aveva sollevato un'eccezione di annullabilità della delibera assembleare del 6 marzo 2019 di ripartizione delle spese, senza che lo stesso avesse, però, ritualmente proposto l'azione di annullamento, sia pure nelle forme della domanda riconvenzionale nel medesimo giudizio di opposizione. Quanto all'opposizione al precetto, lo stesso giudice aveva evidenziato che, con esso, potevano farsi valere le sole ragioni attinenti alla stessa mancanza del titolo esecutivo, nella specie costituito dal decreto emesso dal Giudice di Pace, fondato, peraltro, non sulla fattura emessa da una società nei confronti del Condominio per i lavori effettuati in suo favore, ma sulla citata delibera assembleare approvata a maggioranza in data 6 marzo 2019, che aveva ripartito le spese per la gestione ordinaria del condominio per l'anno 2018/2019. Il condomino, soccombente in entrambi i gradi di merito, proponeva quindi ricorso per cassazione. La questione Nel giudizio di legittimità, il ricorrente - denunciando la violazione dell'art. 63 disp. att. c.c., nonché degli artt. 1129, 1130, 1135, commi 2 e 3 e 1137 c.c. - riprendeva, in realtà, le doglianze collegate ad una fattura per i lavori di potatura degli alberi, emessa dalla Società ed intestata al Condominio, il cui importo (€ 1.776,68) non poteva essere chiesto alla stessa per intero. Le soluzioni giuridiche I giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto il ricorso infondato. Invero, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo concernente il pagamento di contributi per spese, il Condominio soddisfa l'onere probatorio su esso gravante con la produzione del verbale dell'assemblea condominiale in cui sono state approvate le spese, nonché dei relativi documenti (Cass. civ., sez. VI/II, 23 luglio 2020, n. 15696). La delibera condominiale di approvazione della spesa costituisce, così, titolo sufficiente del credito del Condominio e legittima non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condomino a pagare le somme nel processo di opposizione a cognizione piena ed esauriente, il cui àmbito è ristretto alla verifica della (perdurante) esistenza della delibera assembleare di approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere. Dall'approvazione del rendiconto annuale dell'amministratore, pertanto, per effetto della vincolatività tipica dell'atto collegiale stabilita dal comma 1 dell'art. 1137 c.c., discende l'insorgenza, e quindi anche la prova dell'obbligazione in base alla quale ciascuno dei condomini è tenuto a contribuire alle spese ordinarie per la conservazione e la manutenzione delle parti comuni dell'edificio o per la prestazione dei servizi nell'interesse comune (Cass. civ., sez. II, 5 novembre 1992, n. 11981). Gli ermellini richiamano, quindi, i principi enunciati da supremo organo di nomofilachia (Cass. civ., sez. un., 10 aprile 2021, n. 9839), secondo il quale, nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità dedotta dalla parte o rilevata d'ufficio della delibera assembleare posta a fondamento dell'ingiunzione, sia l'annullabilità di tale delibera, a condizione che quest'ultima sia dedotta mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell'atto di citazione, ai sensi dell'art. 1137, comma 2, c.c.; ne consegue l'inammissibilità, rilevabile d'ufficio, dell'eccezione con la quale l'opponente deduca soltanto vizi comportanti l'annullabilità della delibera assembleare posta a fondamento dell'ingiunzione senza chiedere una pronuncia di annullamento. Pertanto, il preventivo o un rendiconto consuntivo approvato dall'assemblea, che - come assumeva la ricorrente - includa indebitamente, tra le voci di uscita, spese sostenute dal Condominio per la realizzazione di un intervento di manutenzione e ripartisca erroneamente le stesse spese, per il disposto degli artt. 1135 e 1137 c.c., deve comunque essere impugnato dai condomini assenti, dissenzienti o astenuti nel termine stabilito dall'art. 1137, comma 2, c.c., non essendo consentito rimettere in discussione i provvedimenti adottati dalla maggioranza se non nella forma dell'impugnazione della delibera (Cass. civ., sez. II, 4 marzo 2011, n. 5254; Cass. civ., sez. II, 20 aprile 1994, n. 3747; Cass. civ., sez. II, 14 luglio 1989, n. 3291; Cass. civ., sez. II, 23 maggio 1981, n. 3402). Pertanto, nel caso di specie, gli ipotizzati vizi della delibera assembleare di approvazione del bilancio consuntivo 2018/2019 avrebbero potuto dare luogo, al più, all'annullabilità della stessa, alla stregua dei principi enunciati dalla medesima sentenza delle Sezioni Unite, non essendo stata dedotta una modificazione dei criteri legali di riparto delle spese da valere per il futuro, quanto un'erronea ripartizione in concreto in violazione di detti criteri, sicché tali vizi non potevano essere sindacati dal giudice in sede di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione dei contributi condominiali fondati su tale delibera (e tanto meno in sede di opposizione al conseguente precetto), in mancanza di apposita domanda riconvenzionale di annullamento. Ad avviso dei magistrati del Palazzaccio, la ricorrente sbagliava ad intendere che il titolo su cui fondava il credito azionato dal Condominio in sede monitoria fosse la fattura emessa dalla Società (fattura di cui deduceva anche la falsità), e non invece la delibera assembleare di approvazione del rendiconto e di ripartizione delle spese per la gestione ordinaria dell'esercizio. Dunque, era avverso la delibera, e non avverso la fattura commerciale, che la condomina intimata avrebbe dovuto svolgere le sue contestazioni in sede di opposizione. La ricorrente sostiene anche che i giudici del merito avrebbero dovuto trasmettere gli atti alla Procura della Repubblica per il reato di “fatture fasulle”, a mente, probabilmente, dell'art. 3 dell'abrogato codice di procedura penale del 1930, ma l'inosservanza di un siffatto obbligo - peraltro, non più stabilito nel codice di procedura penale approvato con d.P.R. n. 447/1988 - non può, comunque, essere dedotta come motivo di ricorso per cassazione, restando salva la facoltà delle parti di denunciare direttamente i reati che ritengano emergere dagli atti del giudizio (Cass. civ., sez. III, 7 maggio 2009, n. 10490; Cass. civ., sez. V, 16 agosto 1989, n. 3711; Cass. n. 10490/2009). Così pure i profili di irregolarità fiscali, su cui insisteva la ricorrente nella memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c., esponendo i recenti esiti di un esposto inoltrato all'Agenzia delle Entrate, non incidono sulla validità del titolo costitutivo del credito azionato dal Condominio, trovando semmai nel sistema tributario le relative sanzioni (cfr. Cass. n. 8577/2024, punto 8.7. della motivazione). Il giudice di ultima istanza ha, quindi, enunciato il seguente principio di diritto: “nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali in base al rendiconto ed allo stato di ripartizione approvati dall'assemblea, il giudice può sindacare sia la nullità della deliberazione assembleare posta a fondamento dell'ingiunzione, sia l'annullabilità della stessa dedotta mediante apposita domanda riconvenzionale, mentre non assumono rilievo le contestazioni mosse dal condomino intimato sulla consistenza probatoria dei documenti giustificativi delle spese rendicontate, dovendo gli stessi essere controllati in sede di approvazione e di eventuale impugnazione del bilancio”, puntualizzando che, tantomeno, i vizi della delibera di approvazione del consuntivo possono essere fatti valere mediante opposizione a precetto intimato per il pagamento delle spese condominiali in base ad un decreto ingiuntivo seguito dal rigetto della relativa opposizione (Cass. civ., sez. III, 6 luglio 2001, n. 9205). Il ricorso per cassazione viene, in conclusione, respinto, salvo aggiungere che il Consigliere delegato, ravvisatane la manifesta infondatezza, aveva proposto la definizione del giudizio a norma dell'art. 380-bis c.p.c., nel testo introdotto dal d.lgs. n. 149/2022; avendo il ricorrente chiesto, invece, la decisione del ricorso ed essendo il giudizio definito in conformità alla proposta di definizione anticipata, trovano applicazione i commi 3 e 4 dell'art. 96 c.p.c., ai sensi dell'art. 380-bis, comma 3, c.p.c.; l'integrale conformità dell'esito decisorio alla proposta ex art. 380-bis c.p.c. costituisce, invero, indice della colpa grave della condotta processuale del ricorrente, per lo svolgimento di un giudizio di cassazione rivelatosi del tutto superfluo, con conseguente condanna dello stesso ricorrente al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore del controricorrente (qui il Condominio), nonché di una somma in favore della Cassa delle ammende. Osservazioni La sentenza in commento, che correttamente individua il momento in cui il condomino, dal lato attivo, può contestare le c.d. pezze d'appoggio, sollecita qualche breve considerazione, dal lato passivo, sul nuovo ruolo dell'amministratore di condominio investito, attualmente, anche del compito di garantire ai componenti della compagine condominiale il diritto di accesso ai documenti contabili. Il nuovo solco segnato dalla giurisprudenza (Cass. civ., sez. II, 26 agosto 1998, n. 8460), e confermato nel tempo (Cass. civ., sez. II, 19 maggio 2008, n. 12650; Cass. civ., sez. II, 28 gennaio 2004, n. 1544), estende il potere di controllo e verifica non soltanto in sede di rendiconto o pochi giorni prima dell'assemblea - come statuito precedentemente (Cass. civ., sez. II, 5 aprile 1984, n. 2220; tra le pronunce di merito, v. Trib. Parma, 12 marzo 1999 - ma si allunga consentendo le verifiche “in ogni momento”. Tale possibilità viene ripresa dal Legislatore del 2013, in particolare, laddove prescrive espressamente che ciascun condomino può visionare sia la rendicontazione sia i giustificativi di spesa, ed estrarne copia a proprie spese (v. art. 1129 c.c., nonché l'art. 1130-bis c.c., il quale stabilisce che: “i condomini e i titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari possono prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo ed estrarne copia a proprie spese”). Il tutto si fonda sul principio che l'amministratore è un mero custode della documentazione condominiale, consultabile in ogni tempo (Cass. civ., sez. II, 29 novembre 2001, n. 15159), espressione della nota tipica del mandato, ovvero la destinazione del risultato di gestione al mandante (sul versante della giurisprudenza di merito, v. Trib. Bologna, 9 aprile 2002). L'amministratore, a garanzia di questo diritto già all'atto della nomina, deve indicare, infatti, le modalità di giorni ed orari in cui ogni condomino può prendere visione dei registri contabili, ottenere copia dell'estratto conto e finanche, come disciplinato dall'art. 1130 c.c., l'attestazione dello stato dei pagamenti effettuati dal richiedente. In parallelo, quest'ultimo incombente può essere eseguito nel rispetto dell'obbligo in capo all'amministratore, di una registrazione precisa e puntuale della movimentazione di numerario del condominio gestito. Questo diritto di accesso ai documenti contabili non si limita ai condomini, ma si estende ai titolari di altri diritti reali e di godimento (come, ad esempio, i conduttori) e, in rapporto ai dati dei condomini morosi, anche ai fornitori. Dunque, l'evoluzione della giurisprudenza (v., per tutte, Cass. civ., sez. II, 21 settembre 2011, n. 19210) ha superato il concetto del controllo dei giustificativi di spesa solo in sede di rendiconto annuale, chiarendo che il rapporto tra l'amministratore ed i condomini è analogo a quello del mandato con rappresentanza, sebbene con caratteristiche del tutto peculiari, e che i condomini, in quanto mandanti, sono titolari dei poteri di vigilanza e di controllo previsti dal contratto di mandato (art. 1713 c.c.: “il mandatario deve rimettere al mandante ciò che ha ricevuto a causa del mandato”). Si afferma che non vi è ragione di impedire agli interessati di esercitare, in ogni tempo, la vigilanza ed il controllo sullo svolgimento dell'attività di gestione delle cose, dei servizi e degli impianti comuni e, perciò, di prendere visione dei registri e dei documenti che li riguardano, sempre che la vigilanza ed il controllo non si risolvano in un intralcio dell'amministrazione, non siano contrari al principio della correttezza ed i condomini sostengano i costi delle attività afferenti alla vigilanza ed al controllo. A questo punto, è lecito chiedersi quando può definirsi sufficiente il tempo necessario a prendere visione della documentazione e dei relativi registri: se, da un lato, il richiedente l'accesso agli atti può non ritenersi successivamente soddisfatto, dall'altro, non può influenzare le decisioni assunte dall'assise condominiale. Inoltre, tali assunti vanno contemperati con i principi di correttezza nel rivolgersi all'amministratore non devono rappresentare intralcio dell'attività amministrativa e l'imputazione dei costi è a carico dei singoli richiedenti. Va, infine, segnalato che la l. n. 220/2012 ha previsto anche che, qualora vi sia una delibera assembleare con un quorum pari a quello necessario per nominare l'amministratore, si possa decidere l'istituzione del sito internet condominiale, strumento attraverso il quale ci si può interfacciare direttamente on line con tutto l'apparato contabile del condominio, senza necessità di richiedere la disponibilità dell'amministratore e senza necessità di pagare per avere copia della suddetta documentazione. Riferimenti Risotti, Invalidità del rendiconto condominiale, in Immob. & proprietà, 2019, 297; Marostica, La contabilità e il rendiconto condominiale, in Immob. & proprietà, 2017, 698; Russo, Il rendiconto condominiale ai sensi dell'art. 1130-bis c.c. e le conseguenze della sua approvazione o mancata approvazione, in Arch. loc. e cond., 2016, 605; Del Chicca, Impugnazione del rendiconto: motivi di invalidità della delibera ed oggetto del sindacato giudiziale, in Arch. loc. e cond., 2015, 372; Pazonzi, Le novità della riforma (l. 220/2012) per la redazione del bilancio condominiale, in Amministr. immobili, 2013, 571; Petruzzellis, Nuovo rendiconto delle spese e del preventivo: verso il bilancio condominiale?, in Ilquotidianogiuridico.it, 2012; Salciarini, Le regole giuridiche del rendiconto condominiale, in Immob. & proprietà, 2011, 499; Gallucci, Condominio: è legittima l'ingiunzione di pagamento emessa sulla base del rendiconto di spesa, in Dirittoegiustizia.it, 2010; De Paola, Condominio: la facoltà di chiedere documenti non può bloccare l'attività di amministrazione: superata la tesi che autorizzava la visione dei soli dati relativi a bilanci approvati, in Guida al diritto, 1998, fasc. 36, 40; De Tilla, Approvazione del preventivo e del rendiconto annuale dell'amministrazione ed impugnativa del condomino dissenziente: distinzione tra nullità ed annullabilità della delibera condominiale, in Giust. civ., 1990, I, 145. |