Le misure di sicurezza detentive alla luce della legge 112/2024
Lorenzo Cattelan
03 Aprile 2025
L'art. 1, comma 1, della legge n. 112/2024 (che ha convertito il c.d. Decreto Carcere Sicuro) ha introdotto nel codice di procedura penale alcune modifiche al procedimento relativo all'applicazione delle misure di sicurezza detentive, aggiungendo gli artt. 658-bis e 679 comma 1-bis c.p.p., nonché l'art. 154-quater disp. att. c.p.p.
Inquadramento
Come noto, con legge del 30 maggio 2014, n. 81, di conversione del d.l. n. 52/2014, gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) hanno ceduto il passo alle Residenze per l'Esecuzione delle Misure di Sicurezza (REMS). Lo stesso testo normativo, poi, ha riformato la disciplina delle misure di sicurezza custodiali per gli autori di reato prosciolti per incapacità di intendere e di volere o condannati a pena diminuita per parziale incapacità di intendere e volere e, più in generale, di tutte le misure di sicurezza personali detentive. L'importanza della Riforma del 2014 riguarda l'aver posto l'attenzione sui principi di priorità della cura necessaria, di sussidiarietà e transitorietà delle misure di sicurezza detentive, di centralità del progetto terapeutico individuale e, infine, sul principio di territorialità della cura. Detto in altri termini, la preoccupazione della l. n. 81/2014 è stata quella di “prendersi cura delle persone fragili” e non solo di “individuare posti dove collocarle” (in questi termini Calcaterra, Secchi).
Le nuove norme introdotte
Nel dettaglio, l'art. 154-quater disp. att. c.p.p. prevede che la cancelleria del Giudice che ha emesso la sentenza che dispone una misura di sicurezza debba trasmetterne l'estratto al P.M. presso il Giudice dell'esecuzione (cfr. art. 665 c.p.p.) «senza ritardo, e comunque entro cinque giorni». La particolarità della nuova norma si coglie già dalla rubrica: “Sentenza che dispone una misura di sicurezza presso una struttura sanitaria”. Difatti, il riferimento all'espressione “struttura sanitaria” costituisce un novum tanto per il Codice penale quanto per quello di procedura penale. Ne deriva la necessità di perimetrare correttamente l'ambito di operatività della disposizione: sebbene la terminologia “struttura sanitaria” richiami le misure di sicurezza di cui all'art. 215, comma 2, nn. 2 e 3, c.p. (ossia il ricovero in una casa di cura e custodia ed il ricovero in REMS), si ritiene che vada ricompreso anche l'istituto della libertà vigilata comunitaria (vd. infra).
Proseguendo nell'analisi delle novità introdotte dalla l. n. 112/2024, il neo-introdotto art. 658-bis c.p.p. dispone che, qualora debba essere eseguita una misura di sicurezza detentiva stabilita con sentenza irrevocabile, l'Ufficio del p.m. competente entro il termine (ordinatorio) di cinque giorni – dalla ricezione dalla Cancelleria del cd. estratto esecutivo – deve chiedere al Magistrato di Sorveglianza competente la fissazione dell'udienza al fine di accertare la pericolosità sociale del condannato nonché di adempiere alle eventuali ulteriori incombenze prescritte dall'art. 679 c.p.p. L'accertamento sulla pericolosità sociale derivante dall'infermità deve essere oggetto di approfondimento anche nel caso in cui, nel corso del procedimento, sia stata applicata una misura di sicurezza provvisoria ex art. 312 c.p.p.
In questa prospettiva, il nuovo comma 1-bis dell'art. 679 c.p.p. dispone che sulla richiesta del P.M. formulata ai sensi dell'art. 658-bis c.p.p.il Magistrato di Sorveglianza provvede alla fissazione dell'udienza camerale senza ritardo e comunque entro cinque giorni dalla richiesta medesima.
All'udienza camerale si può giungere:
a) con una misura di sicurezza provvisoria (art. 312 c.p.p.) in piena vigenza. In questo caso la misura continua a permanere, incidendo poi anche sulla durata complessiva di quella definitiva, dalla quale andrà scomputato il tempo decorso;
b) senza che si sia mai provveduto, nel corso del procedimento, all'applicazione della misura provvisoria.
Ad ogni modo, nelle more della procedura, la misura di sicurezza può trovare applicazione con apposita ordinanza del Magistrato di Sorveglianza, sempre nel rispetto del principio della domanda cautelare, vale a dire su richiesta del Pubblico Ministero.
Riflessioni a margine delle novità introdotte
Le modifiche introdotte col Decreto Carcere Sicuro, d.l. n. 92/2024, convertito con modifiche dalla l. n. 112/2024, sono mosse dall'obiettivo di accelerare il processo di esecuzione delle misure di sicurezza detentive. Nel dettaglio, si è dato impulso ad una più celere comunicazione dell'estratto esecutivo al Pubblico Ministero, il quale ha l'obbligo di trasmettere gli atti al Magistrato di Sorveglianza entro il termine ordinatorio di cinque giorni. Quest'ultimo dovrà emettere, entro ulteriori cinque giorni, un decreto per la fissazione dell'udienza destinata all'accertamento della pericolosità sociale. Rimangono per il resto valide le norme procedurali che richiedono la notifica dell'avviso alle parti con un preavviso di almeno dieci giorni (art. 666, comma 3, c.p.p.).
La novità forse più significativa riguarda la riconosciuta facoltà del pubblico ministero di richiedere al magistrato di sorveglianza, nelle more della decisione definitiva, l'adozione di un'ordinanzadispositiva di una misura di sicurezza provvisoria.
In una prospettiva pratica non va dimenticato di sottolineare, come già evidenziato da più voci, che l'obiettivo di rendere più rapido l'iter procedurale (attraverso l'utilizzo di espressioni quali “senza ritardo”, “entro cinque giorni”) deve fare i conti con scoperture di organico delle cancellerie superiori al 50%, specie negli Uffici del nord Italia. Per cui, sebbene sia meritevole l'intento che ha guidato il legislatore, non può non rendersi palese come le indicazioni temporali dei nuovi artt. 154-quater disp. att. c.p.p. e 658 c.p.p. siano destinate a rimanere petizioni di principio, stante anche la natura ordinatoria dei termini ivi stabiliti. Ciò, comunque, denota impegno e serietà degli Uffici Giudiziari: alla rincorsa alle statistiche più competitive si preferisce garantire, con i mezzi forniti dal Ministero, un servizio-Giustizia qualitativamente migliore, attraverso ad esempio una rigorosa istruttoria che preveda quantomeno l'acquisizione delle perizie psichiatriche disposte nel giudizio di merito e delle relazioni dei DSMD competenti.
Vi è poi una questione interpretativa da sciogliere: qual è il Pubblico Ministero che si deve occupare dell'esecuzione dei provvedimenti del Magistrato di Sorveglianza emessi all'esito dell'udienza di accertamento della pericolosità sociale?
In particolare, l'art. 658-bis c.p.p. fa riferimento espresso all'art. 665 c.p.p. e, quindi, sostiene che l'autorità preposta ad avviare l'iter esecutivo delle misure di sicurezza “presso strutture sanitarie” sia il Pubblico Ministero presso il Giudice che ha emesso la sentenza. Sarà questo P.M. dunque a trasmettere le richieste per l'esecuzione delle misure di sicurezza al Magistrato di Sorveglianza individuato in base all'art. 677 c.p.p., che delinea la giurisdizione in relazione al luogo di detenzione o di internamento (nel caso di misure di sicurezza già applicate in via provvisoria) o, per i condannati liberi, in base al luogo di residenza o domicilio.
Tuttavia, questa disposizione sembra entrare in conflitto con l'art. 658 c.p.p., il quale a regime stabilisce che «Le misure di sicurezza di cui sia stata ordinata l'applicazione provvisoria a norma dell'articolo 312 sono eseguite dal pubblico ministero presso il giudice che ha emesso il provvedimento, il quale provvede a norma dell'articolo 659 comma 2».
È per questi motivi che ci si interroga se ad occuparsi dell'esecuzione dei provvedimenti del Magistrato di Sorveglianza sarà il Pubblico Ministero di cui all'art. 665 c.p.p., che ha presentato la richiesta di misura di sicurezza, o quello menzionato nell'art. 659, comma 2, c.p.p., che stabilisce che «i provvedimenti relativi a misure di sicurezza sono eseguiti dal pubblico ministero presso il magistrato di sorveglianza che li ha adottati».
Gli Uffici Giudiziari paiono aver adottato la seconda soluzione, cosicché ad annotare la decisione e ad aggiornare la posizione giuridica dell'internato penserà il Pubblico Ministero presso il Magistrato di Sorveglianza che ha adottato il provvedimento (Calcaterra, Secchi).
Considerazioni sulle misure di sicurezza provvisorie
Rispetto alla disciplina codicistica di cui agli artt. 207 e 208 c.p., il comma 1-quater aggiunto all'art. 1 del d.l. n. 52/2014 con l. n. 81/2014 dispone che «le misure di sicurezza detentive provvisorie o definitive, compreso il ricovero nelle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza, non possono durare oltre il tempo stabilito per la pena detentiva prevista per il reato commesso, avuto riguardo alla previsione edittale massima». Termina con questa frase la lunga fase dei cd. ergastoli bianchi.
Rispetto alle misure di sicurezza oggetto di applicazione provvisoria, si notano forti somiglianze con la custodia cautelare: per entrambe si richiede la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza e degli stessi presupposti negativi ed entrambe portano alla privazione della libertà personale prima della sentenza definitiva di condanna.
Sul punto, poi, la giurisprudenza afferma che «ai fini dell'applicazione provvisoria delle misure di sicurezza di cui all'art. 312 c.p.p., una volta accertata la pericolosità del soggetto, non è necessaria la piena prova del fatto, essendo sufficienti i gravi indizi della sua sussistenza, atteso l'indubbio parallelismo tra applicazione provvisoria di misura di sicurezza e applicazione di misura cautelare personale come risulta dal riferimento all'art. 292 c.p.p., operato dall'art. 313 c.p.p., con riferimento alle modalità di applicazione della misura» (Cass. pen., sez. II, 7 giugno 2007, n. 35598).
Evidentemente tali considerazioni sono riferite alle misure di sicurezza provvisorie disposte in sede di cognizione (cfr. art. 321 c.p.p.).
Con riguardo alla fase esecutiva, si è visto che grazie alle modifiche intervenute con l. n. 112/2024, il Magistrato di Sorveglianza nelle more della decisione ex art. 679 c.p.p., su richiesta del Pubblico Ministero, può applicare una misura di sicurezza provvisoria.
Sul piano letterale questa possibilità è riconosciuta solo con riferimento alle misure di sicurezza da eseguire presso le “strutture sanitarie” alla luce del richiamo operato dall'art. 679 comma 1-bis c.p.p. all'art. 658-bis c.p.p.
Ad ogni modo, è ragionevole interpretare la norma nel senso di includervi non solo misure di sicurezza custodiali ma anche quelle non detentive, come la libertà vigilata comunitaria. Sul punto, Cass. pen., sez. I, 9 ottobre 2020, n. 35224, ha sostenuto che «nell'ipotesi di applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata, il giudice può imporre la prescrizione della residenza temporanea in una comunità terapeutica, a condizione che la natura e le modalità di esecuzione della stessa non snaturino il carattere non detentivo della misura di sicurezza in atto». A ben vedere, poi, non si tratta di un'interpretazione in malam, atteso che la finalità riabilitativa della misura di sicurezza della libertà vigilata comunitaria è volta a proteggere l'interessato da agiti e impulsi aggressivi o, comunque, nocivi per sé e la collettività.
D'altronde, la norma si riferisce solo a soggetti portatori di patologie psichiatriche valutati socialmente pericolosi e non anche a soggetti qualificati pericolosi, ma non affetti da disturbi mentali. Giova in questa sede ricordare, peraltro, che l'istituto della REMS è troppe volte utilizzato impropriamente, atteso il frequente abuso del ricorso alla non imputabilità anche per categorie diagnostiche che non la determinano, quali i disturbi della personalità.
Ciò posto, mancando il rinvio alla norma che stabilisce quale procedimento il Magistrato di Sorveglianza debba seguire prima di giungere a decisione, si esclude a livello interpretativo che l'ordinanza possa giungere inaudita altera parte. Più precisamente, è da ritenersi necessaria l'interlocuzione con i servizi del competente Dipartimento di Salute Mentale e con la Difesa dell'interessato. Si tratta di interlocutori che, spesso, possono fornire informazioni cliniche, familiari e sociali fondamentali al fine della decisione del Magistrato.
Osservazioni a margine
L'occasione di approfondire le misure di sicurezza presso “strutture sanitarie” è quantomai attuale, atteso il deliberata del CSM del 12.11.2024 che ha posto l'accento sul delicato tema dei cd. antisociali (soggetti portatori di disturbi della personalità che non necessitano di presa in carico da parte dei servizi sanitari, quanto piuttosto di contenimento).
Nella prassi, il ricorso a misure di sicurezza detentive sarebbe “abusato”. Il vero problema denunciato nella risoluzione del CSM del 12.11.2024 sarebbe quello di aumentare l'appropriatezza dell'utenza delle REMS, strutture gestite dal Servizio Sanitario Nazionale. In questo senso, «per gli antisociali tutta la letteratura dice che spendere soldi sanitari sono soldi buttati perché, fondamentalmente, hanno bisogno più di contenimento che di cura» (pag. 11).
Il tavolo tecnico ha poi riportato la proposta avanzata dal Ministero della Salute di creare tre strutture di Alta sicurezza distribuite fra nord, centro e sud, destinate ad accogliere ciascuna 20 soggetti definiti “inemendabili” in cui prevale, cioè, l'aspetto custodiale a quello curativo. Tali strutture andrebbero affidate alla vigilanza della Polizia Penitenziaria, anche al fine di migliorare l'attività e la funzionalità delle REMS.
In ordine al descritto congegno procedurale inaugurato dal d.l. Carcere Sicuro, è evidente che va a gravare Procure e Uffici di Sorveglianza di una serie di adempimenti urgenti che si scontrano non solo con il problema delle REMS (e delle lunghe liste di attesa), ma anche con la rete territoriale in genere, essendo prevista la possibilità che già prima dell'accertamento della pericolosità sociale (art. 679 c.p.p.) il Magistrato di Sorveglianza disponga di una misura calibrata, come ad esempio la libertà vigilata presso specifiche strutture messe a disposizione dai servizi territoriali.
Ecco che diventano fondamentali i DSMD. Come peraltro evidenziato dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 22 del 2022, il sistema dovrebbe giungere ad attribuire al Ministero della Giustizia, per il tramite del DAP, di un ruolo di chiusura non solo per quanto riguarda il sistema di assegnazione dell'utenza alle REMS, ma anche del meccanismo di individuazione di percorsi alternativi per i pazienti autori di reato.
Il passaggio dalla sanità penitenziaria alle ASL si ebbe con d.P.R. 1° aprile 2008. Gli OPG vennero chiusi con legge 10 maggio 2014, n. 81. Ebbene, a distanza di tutto questo tempo la gestione del disagio mentale appare estremamente in difficoltà tanto per i detenuti (rei folli), che di quelli non imputabili (folli rei). Al riguardo, la sentenza costituzionale n. 99 del 2019 ha riconosciuto la possibilità di accesso alle misure alternative anche ai detenuti con disturbi mentali che necessitino di trattamenti esterni, al pari di quanto è previsto per le patologie fisiche. Rispetto ai “rei folli” – che a differenza dei “folli rei” sono destinati ad entrare nel circuito carcerario – la Riforma del 2014 ha previsto il loro inserimento in sezioni specifiche dedicate ai disturbi mentali (ATSM). Ebbene, stando ai dati forniti dal Collegio Nazionale dei DSM nel documento programmatico sulla giustizia presentato nell'ottobre 2024, solamente lo 0,5% della popolazione detenuta è reclusa in queste sezioni dedicate (i posti regolamentari sono circa 320 e sono distribuiti su 33 istituti di pena), a fronte di circa 6.000-9.000 detenuti affetti da disturbo mentale grave (che corrispondo a circa il 10-15% del totale). Conseguentemente, i detenuti “psichiatrici” finiscono per essere allocati nei reparti ordinari, in promiscuità con la restante e variegata popolazione carceraria.
Nondimeno, per le misure di sicurezza non detentive – che dovrebbero esser valorizzate in alternativa al ricovero in REMS – il trattamento viene realizzato mediante circuiti ordinari della salute mentale, con una sovrapposizione dei piani di controllo e della cura non sempre adeguatamente gestibile ed elementi contenitivi che inducono ad inibire la libera scelta e lo sforzo clinico della equipe terapeutica.
In conclusione, si ritiene di poter affermare che lo sforzo del Legislatore è atteso per affrontare in maniera strutturale le problematiche che affliggono la gestione della salute mentale per quanti si rendano autori di fatti penalmente rilevanti. L'accelerazione della procedura prevista dal Decreto Carceri, in sostanza, è sicuramente una buona novità che, tuttavia, per poter essere realizzata deve passare per un massiccio potenziamento d'organico, un rafforzamento dei servizi territoriali facenti riferimento al DSMD nonché un cospicuo aumento, di almeno 700 unità – della capienza regolamentare delle REMS.
Riferimenti
Calcaterra, Secchi, Brevi note sugli interventi del "decreto carceri" in tema di misure di sicurezza, in Sistema Penale, 16 settembre 2024;
Natali, Dagli ospedali psichiatrici giudiziari alle R.E.M.S.: un disegno riformatore incompiuto, Rivista Italiana di Diritto e Procedura Penale, fasc.4, 1 dicembre 2021, pag. 1281;
Polimeni, Verso una piena tutela della salute mentale nel circuito punitivo: ancora una condanna della CEDU nei confronti dell'Italia, in Rivista Italiana di Medicina Legale (e del Diritto in campo sanitario), fasc.1, 2022, pag. 165.
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