La dimensione sostanziale e processuale dell’ordine contro gli abusi familiari

07 Aprile 2025

L'ordinanza in commento risulta di particolare interesse in quanto consente di riflettere sugli ordini di protezione contro gli abusi familiari di cui agli art. 473-bis.69 ss. c.p.c., anche alla luce delle recenti modifiche introdotte dal Correttivo alla riforma Cartabia

Massima

Il giudice può adottare un ordine di protezione contro gli abusi familiari, ai sensi e per gli effetti di quanto dispone l'art. 473-bis.69 c.p.c., laddove sussista la violazione delle regole di comportamento familiare che si traduca in un comportamento lesivo della serenità dei membri del nucleo familiare.

L'ordine di protezione contro gli abusi familiari di cui all'art. 473-bis.69 c.p.c. può essere emesso sia allo scopo di interrompere situazioni di convivenza divenute intollerabilmente conflittuali sia per impedire e prevenire condotte antigiuridiche in ambito familiare.

La fattispecie

Nell'ambito di un giudizio volto ad ottenere la revoca dell'adozione per indegnità dell'adottato, gli adottanti proponevano anche domanda volta ad ottenere l'allontanamento del figlio dell'abitazione familiare.

Il Tribunale Ordinario di Salerno adito, ritenuta sussistente la pericolosità dell'adottato e ravvisata l'urgenza di provvedere, emetteva un ordine di protezione ex art. 473-bis.69 c.p.c. e pronunziava, inaudita altera parte, decreto con cui l'adottato veniva allontanato dalla casa familiare per la durata di un anno.

All'adozione immediata dell'ordine di protezione contro gli abusi familiari seguiva, a norma di quanto dispone l'art. 473-bis.71, comma 3, c.p.c., la celebrazione dell'udienza di comparizione delle parti ad esito della quale – anche alla luce dei molteplici risconti probatori derivanti dalle relazioni dei Servizi Sociali e delle Forze di Polizia, nonché in considerazione delle ammissioni dell'adottato e delle dichiarazioni rese in udienza dagli adottanti – il Tribunale salernitano confermava l'ordine di protezione emesso e, per l'effetto, disponeva l'allontanamento dell'adottato dalla casa familiare per la durata di un anno a decorrere dall'esecuzione del provvedimento pronunziato inaudita altera parte.

 La questione affrontata

L'ordinanza in commento risulta di particolare interesse in quanto consente di riflettere sugli ordini di protezione contro gli abusi familiari di cui agli art. 473-bis.69 ss. c.p.c.

In particolare, il provvedimento del Tribunale Ordinario di Salerno consente di analizzare non solo le recenti modifiche introdotte dal d.lgs. n. 164/2024, recante «Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149» (c.d. Correttivo Cartabia), ma anche i presupposti applicativi e le finalità degli ordini di protezione contro gli abusi familiari.

 La soluzione proposta

Il Tribunale Ordinario di Salerno, con il provvedimento in commento, costituisce una delle prime applicazioni giurisprudenziali dell'art. 473-bis.72 c.p.c. in quanto l'ordine di protezione contro gli abusi familiari viene emesso nei confronti di un componente del nucleo familiare diverso dal coniuge, dalla parte dell'unione civile o dal partnerdella persona che lamenta l'abuso. In particolare, il destinatario dell'ordine di protezione risulta essere un figlio maggiorenne resosi responsabile, da quanto emerge dalla lettura del materiale probatorio richiamato nel provvedimento, di una serie di condotte violente ed aggressive agite nei confronti dei genitori adottivi.

Il giudice salernitano ricorda che l'applicabilità dell'art. 473-bis.69 c.p.c. agli altri componenti del nucleo familiare è soggetta ad un «vaglio di compatibilità da parte del giudice».

Definito l'ambito di applicazione e ricostruita la pericolosità dell'adottato – che con i suoi comportamenti ha costretto i genitori a vivere in uno stato di continuo terrore per la loro incolumità fisica, manifestando scatti di ira tali da travalicare in violenza esplosiva, sia fisica sia verbale, a danno della madre e del padre –, il provvedimento precisa che «la violazione delle regole di comportamento familiare è […] il presupposto per rendere l'ordine di protezione, la cui finalità è quella di impedire comportamenti non rispettosi del diritto dei conviventi alla serenità familiare».

Pertanto, il Tribunale Ordinario di Salerno, ritenuta provata l'esistenza di continue e ripetute condotte aggressive nei confronti dei genitori – e, dunque, integrato il presupposto applicativo –, decide di applicare l'ordine di protezione richiesto dalle parti in quanto sussiste «il concreto rischio che [l'adottato] ponga in essere ulteriori condotte di aggressione ancora più gravi nei confronti degli istanti conviventi nell'ipotesi della protrazione della coabitazione nella casa familiare». Infatti, nella prospettazione del provvedimento in commento, «gli ordini di protezione possono essere emessi non solo allo scopo di interrompere situazioni di convivenza divenute ormai intollerabilmente conflittuali, ma anche di impedire e prevenire condotte antigiuridiche in ambito familiare ove le stesse possano aver luogo, in quanto propiziate dalla vicinanza — in termini di rapporti e di luoghi di frequentazione — tra i soggetti conviventi».

Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale salernitano, confermando l'ordine di protezione pronunziato inaudita altera parte in via urgente, dispone l'allontanamento dell'adottato dalla casa familiare per la durata di un anno.

Il provvedimento in commento appare di sicuro interesse, innanzitutto, perché fonda l'ordine di protezione contro gli abusi familiari sull'ambito di applicazione di cui all'art. 473-bis.72 c.p.c. – rubricato «Pericolo determinato da altri familiari» ed introdotto dall'art. 3, comma 6, lett. q), d.lgs. n. 164/2024 (c.d. Correttivo Cartabia) – in forza del quale la disciplina degli ordini di protezione contro gli abusi familiari si applica, in quanto compatibile, anche nel caso in cui la condotta pregiudizievole sia stata tenuta da altro componente del nucleo familiare diverso dal coniuge, dalla parte dell'unione civile o dal convivente, ovvero nei confronti di altro componente del nucleo familiare diverso dal coniuge, dalla parte dell'unione civile o dal convivente.

La norma – la cui introduzione risponde ad un'esigenza di razionalizzazione e coordinamento nella misura in cui incorpora all'interno del codice di rito quanto previsto dall'art. 5, l. n. 154/2001, che viene contestualmente abrogata (cfr. art. 6, comma 5, d.lgs. n. 164/2024) – prevede un vaglio di compatibilità: l'ordine di protezione può essere applicato a tutela dei componenti del nucleo familiare diversi dal coniuge, dalla parte dell'unione civile o dal partner conviventi solo nella misura in cui l'Autorità Giudiziaria procedente ritiene che la disciplina contenuta nell'art. 473-bis.69 c.p.c. sia compatibile con la situazione concreta.

La costruzione teorica della norma è perfettamente rispettata dal Tribunale salernitano che espressamente ritiene che la fattispecie in esame sia compatibile con la disciplina generale dettata dall'art. 473-bis.69 c.p.c. (in linea con Trib. Caltanissetta 2 marzo 2021 e Trib. Piacenza, 23 ottobre 2008 che dispongono l'allontanamento del figlio maggiorenne per le condotte da quest'ultimo agite a danno dei genitori). Infatti,  la clausola di compatibilità impone al giudice di verificare se la disciplina dettata dagli art. 473-bis.69 – 473-bis.71 c.p.c. risulti adeguata alle ipotesi in cui l'ordine di protezione sia chiesto – o debba essere applicato – ad un soggetto del nucleo familiare diverso dal coniuge, dalla parte dell'unione civile o dal convivente.

Sul punto, si deve notare che, da un punto di vista generale ed astratto, non sembrano esservi disposizioni sostanziali e procedurali della disciplina generale che non risultino applicabili agli altri familiari e ciò anche in considerazione della nozione di famiglia che, grazie all'impulso sovranazionale ed europeo, si sta progressivamente affermando e che ricomprende tutte quelle situazioni in cui sussista un legame affettivo e relazionale a prescindere dall'esistenza di un vincolo giuridico o di sangue. Tuttavia, la riserva di concreta compatibilità non dovrebbe risolversi, almeno a parere dello scrivente, in una valutazione formale e sterile, ma dovrebbe avere la funzione di consentire al giudice di non applicare l'ordine di protezione laddove le condotte agite non si possano considerare avvenute all'interno del nucleo familiare, pur in presenza di una relazione affettiva tra le parti del procedimento.

Inoltre, il provvedimento in commento appare di interesse nella misura in cui afferma che il presupposto dell'ordine di protezione deve essere ricercato nella violazione delle regole di comportamento familiare che compromettono la serenità familiare ovvero in quelle condotte che impediscono che le mura domestiche diventino un ambiente in cui ciascun soggetto possa esprimere liberamente e con serenità la propria personalità e possa trovare terreno fertile per lo sviluppo e la crescita personale.

La lettura salernitana permette di superare l'atipicità del concetto di grave pregiudizio che, a norma di quanto prevede l'art. 473-bis.69, comma 1, c.p.c., sorregge l'ordine di protezione. Infatti, da un lato, «l'atipicità del comportamento abusivo – commissivo od omissivo, anche isolato e non reiterato nel tempo – è adeguatamente bilanciata dalla tipicità del danno che, oltre ad attenere a specifici beni giuridici di caratura fondamentale, deve attingere a un livello di gravità tale da giustificare la prevalenza della protezione della vittima rispetto alle ragioni dell'unità familiare» (Caparezza Figlia), ma, dall'altro lato, il riferimento alle regole di comportamento familiare permette di chiarire il perimetro della nozione di pregiudizio che consente l'emissione dell'ordine di protezione.

L'interpretazione fatta propria dal provvedimento in commento consente di specificare l'«indole multiforme» (Foti) della nozione di abuso, chiarendo – in una prospettiva che pone al centro la tutela degli interessi individuali – che il concetto di grave pregiudizio deve essere parametrato agli obblighi familiari ed alla tutela della serenità della famiglia. Da ciò deriva che il contenuto della condotta pregiudizievole andrebbe ricercato in ogni azione lesiva dei pilastri fondamentali della struttura costituzionale della famiglia – tra cui l'uguaglianza morale e giuridica nei rapporti tra i coniugi e tra la prole, i diritti ed i doveri discendenti, ad esempio, dagli artt. 143 e 315-bis c.c. –.

Chiariti i presupposti applicativi, il Tribunale Ordinario di Salerno – allineandosi ad un orientamento giurisprudenziale (cfr. Trib. Bari, ord. 11 dicembre 2001, in Foro it., 2003, 948 ss.; Trib. Roma, 25 giugno 2002, in Giur. merito, 2002, 1290; Trib. Firenze, 15 luglio 2002, in Fam. e dir., 2003; Trib. Modena, 29 luglio 2004; Trib. Milano, 19 febbraio 2004; Trib. Milano, 13 agosto 2005; Trib. Bologna, 22 marzo 2005, in Famiglia pers. succ., 2005, 184; Trib. Salerno, sez. I, 13 aprile 2012; Trib. Monza, sez. IV, 28 febbraio 2012 e Trib. Bologna, 25 agosto 2022) – offre una lettura dell'ordine di protezione contro gli abusi familiari in chiave preventiva: l'istituto di cui agli art. 473-bis.69 ss. c.p.c. può essere impiegato non solo per interrompere una situazione pregiudizievole in essere, ma anche al fine di prevenire ed impedire condotte antigiuridiche in ambito familiare.

 Un'ottica preventiva e pro futuro che si fonda, non solo sulla possibilità che le condotte già poste in essere possano essere reiterate nel tempo, ma anche sul rischio concreto che le condotte possano tramutarsi in agiti più gravi e, quindi, trascendere in un climax ascendente di violenza e soprusi. Tale linea interpretativa consentirebbe, almeno a parere dello scrivente, di applicare l'ordine di protezione anche per impedire che il soggetto agente possa porre in essere nel futuro condotte gravemente pregiudizievoli alla luce di elementi concreti da cui si possano evincere sintomi di un disagio o di una pericolosità capace di compromettere la serenità familiare.

In conclusione, appare opportuna una riflessione procedurale.

Il provvedimento del Tribunale Ordinario di Salerno dimostra come l'ordine di protezione sia uno strumento idoneo a proteggere le presunte vittime di abusi familiari attraverso un procedimento «ispirato alla tempestività della decisione e all'effettività dell'attuazione» (Caparezza Figlia) attraverso un iter procedimentale deformalizzato ed accelerato capace di spiegarsi in modo autonomo oppure di innestarsi, come nel caso di specie, all'interno di un procedimento familiare in corso di causa (cfr. Trib. Terni, 7 giugno 2023, in Foro it., 2023, I, 3131).

L'art. 473-bis.71 c.p.c. distingue tra due diversi iter procedurali previsti dalla norma.

Il primo sviluppo processuale disciplinato dall'art. 473-bis.71, comma 1, c.p.c. – che si potrebbe definire ordinario – prevede, a seguito della presentazione della domanda e della nomina da parte del Presidente del Tribunale del Giudice relatore, la celebrazione di una udienza e l'apertura, ove risulti necessaria, di una parentesi istruttoria sommaria e deformalizzata nella quale il giudice potrà assumere gli atti istruttori necessari nel modo ritenuto più opportuno e, ove occorra, disponendo indagini sui redditi, sul tenore di vita e sul patrimonio personale e comune delle parti.

Laddove, invece, sussista l'urgenza di provvedere, l'art. 473-bis.71, comma 2, c.p.c. delinea un iter procedimentale urgente e a contraddittorio differito. In tali casi, il giudice designato – laddove sussista il pericolo di reiterazione della condotta lesiva ovvero il serio rischio di condotte aggressive o pregiudizievoli per la sfera psicologica dei minori (cfr. Trib. Monza, 29 ottobre 2003; Trib. Reggio Emilia, 6 maggio 2002) –  può adottare, inaudita altera parte, l'ordine di protezione. L'adozione del provvedimento inaudita altera parte, essendo l'assunzione delle sommarie informazioni solo eventuale, potrebbe fondarsi anche unicamente sulle affermazioni ed allegazioni fornite dalla parte ricorrente.

Contestualmente all'emissione del decreto inaudita altera parte, l'Autorità Giudiziaria procedente deve fissare l'udienza di comparizione delle parti entro un termine non superiore a quindici giorni, assegnando un termine al ricorrente per la notifica che deve avvenire almeno sette giorni prima dell'udienza, concedendo così alla controparte uno spazio per predisporre la difesa e costituirsi all'interno del procedimento. All'esito dell'udienza, il Giudice provvedere – eventualmente previa l'apertura di una parentesi di istruttoria sommaria analoga a quanto previsto dall'art. 473-bis.71, comma 2, c.p.c. – alla conferma, alla modifica o alla revoca dell'ordine di protezione.

L'iter processuale complessivamente inteso appare offrire una «tutela unilateralmente finalizzata: il procedimento in esame è destinato alla repressione degli abusi commessi e possibilmente alla prevenzione di altri abusi futuri, per cui il giudice deve predisporre le attività istruttorie idonee ad ottemperare a quello scopo» (Basilico). Pertanto, si nota un baricentro spostato nettamente sulle posizioni della presunta vittima, che non esclude o preclude la mancata considerazione della posizione del presunto autore degli abusi, ma la valutazione della sua posizione «non è direttamente funzionale ad una valutazione paritetica con la posizione della vittima» (Basilico). Si offre, in tal modo, una forma di tutela prevalente alla parte che lamenta di aver subito un grave pregiudizio che, però, appare costituzionalmente compatibile in quanto frutto di un bilanciamento tra valori costituzionalmente tutelati e che si concretizza in un provvedimento che, pur incidendo sulle libertà fondamentali del soggetto presunto autore degli abusi, risulta essere cronologicamente limitato nel tempo – avendo un efficacia massima di un anno, salvo proroga ma solo in presenza di gravi motivi (cfr. art. 473-bis.70, comma 3, c.p.c.) – e caratterizzata della mancanza di idoneità al giudicato.

Riferimenti

Per l’approfondimento dei temi trattati si suggeriscono i seguenti testi:

  • BASILICO, Profili processuali degli ordini di protezione familiare, in Riv. dir. proc., 2011, 1116 ss.;
  • CAGNAZZO, Misure di protezione contro gli abusi familiari. Aspetti civili e penali, Milano, 2023;
  • CAPAREZZA FIGLIA, Ordini di protezione contro gli abusi familiari, in Nuove leggi civ. comm., 2023, 1263 ss.;
  • FOTI, Gli ordini di protezione tra sostanza e processo. La violenza familiare nella riforma Cartabia: il disvelamento della fattispecie, in Giust. civ., 2002, 585 ss.;
  • GIANNONE CODIGLIONE – RIZZO, Gli ordini di protezione contro gli abusi familiari, in Il Codice Civile. Commentario, diretto da Busnelli, Milano, 2019;
  • NASCOSI, Gli ordini di protezione civili contro gli abusi familiari a vent’anni dalla loro introduzione, in Fam. e dir., 2021, 1189 ss.;
  • RENDA, voce Abusi familiari e ordini di protezione, in Enc. dir., I tematici, vol. IV, Milano, 2022, 1 ss.

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