Osservatorio immobiliare: le principali questioni della settimana

La Redazione
07 Aprile 2025

Il presente osservatorio evidenzia le novità normative e giurisprudenziali settimanali. Uno “sguardo” sull'attuale scenario delle dinamiche immobiliari, non solo sul contenzioso (condominio, locazione o compravendita), ma anche sugli aspetti collegati, come quelli edilizi e fiscali. Settimana 1 - 6 aprile 2025.

Gli aspetti normativi

Lo scopo della presente trattazione è quella di fornire agli utenti le principali novità settimanali del settore immobiliare, uno strumento immediato e pensato per l'approfondimento dell'attività professionale.

Tra le questioni di interesse, in àmbito normativo, si osserva che è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 75 del 31 marzo 2025, il d.l. n. 39/2025 (misure urgenti in materia di assicurazione dei rischi catastrofali). Il provvedimento dispone la proroga dell'obbligo di stipula della polizza catastrofale per le imprese, introdotto dall'art. 1, commi 101-111, della l. n. 213/2023 (Legge di Bilancio 2024). La polizza assicurativa riguarda le immobilizzazioni “a qualsiasi titolo impiegate”, ovvero i beni di cui all'art. 2424, comma 1, c.c. In particolare, in tema di fabbricati, la materia riguarda l'intera costruzione edile e tutte le opere murarie e di finitura (compresi fissi e infissi, opere di fondazione o interrate, impianti idrici ed igienici, impianti elettrici fissi, impianti di riscaldamento, impianti di condizionamento d'aria, impianti di segnalazione e comunicazione, ascensori, montacarichi, scale mobili, altri impianti o installazioni di pertinenza del fabbricato compresi cancelli, recinzioni, fognature nonché eventuali quote spettanti delle parti comuni).

Le questioni della giurisprudenza di legittimità

Di seguito le questioni di interesse affrontate dai giudici di legittimità.

Il danno da indisponibilità dell'immobile a seguito di compravendita

Il contesto del presente giudizio riguarda il risarcimento da mancato godimento di un immobile. Secondo la Suprema Corte, in caso di indisponibilità di un immobile, il danno emergente presuppone l'allegazione della concreta possibilità di esercizio del diritto di godimento perduta, e può essere liquidato equitativamente facendo ricorso al criterio del valore locativo di mercato, che rappresenta il controvalore convenzionalmente attribuito al godimento alla stregua della tipizzazione normativa del contratto di locazione. Nel caso di specie non si era verificata alcuna inversione dell'onere probatorio. La violazione dell'art. 2697 c.c. si configura, infatti, se il giudice di merito applichi la regola di giudizio fondata sull'onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l'onus probandi ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni (Cass. civ., sez. II, 3 aprile 2025, n. 8868).

La proprietà del lastrico solare

Il contesto del presente giudizio riguarda l'accertamento della proprietà del lastrico solare. Secondo la Suprema Corte, al fine di stabilire se sussista un titolo contrario alla presunzione di comunione di cui all'art. 1117 c.c., occorre fare riferimento all'atto costitutivo del condominio e, quindi, al primo atto di trasferimento di un'unità immobiliare dall'originario proprietario ad altro soggetto. Pertanto, se in occasione della prima vendita la proprietà di un bene potenzialmente rientrante nell'àmbito dei beni comuni risulti riservata ad uno solo dei contraenti, deve escludersi che tale bene possa farsi rientrare nel novero di quelli comuni. Dunque, nel caso in cui l'originario unico proprietario delle unità abitative di uno stabile alieni uno o più appartamenti, sorge un condominio su tutte le parti negozialmente messe in comune o comuni ex art. 1117 c.c.; se l'originario proprietario, alienando una o più delle unità, riserva a sé una delle parti -il lastrico solare- che, in assenza di riserva, sono comuni, la norma dell'art. 1117 c.c. è derogata (Cass. civ., sez. II, 1° aprile 2025, n. 8527).

La costituzione in giudizio dell'amministratore

Il caso sottoposto all'attenzione della Suprema Corte riguardava la legittimazione passiva dell'amministratore. Nella vicenda, l'amministratore di due condominii non aveva dedotto alcunché in ordine al fatto che la costituzione nei precedenti gradi e nel giudizio di cassazione era avvenuta in forza di autorizzazione o ratifica dell'assemblea; quindi, era stata fatta applicazione del principio secondo il quale l'amministratore del condominio, potendo essere convenuto nelle cause relative alle parti comuni dell'edificio, ma, essendo tenuto a dare senza indugio notizia all'assemblea della citazione ai sensi dell'art. 1131, commi 2 e 3, c.c., può costituirsi in giudizio e anche impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell'assemblea ma, in tale ipotesi, deve ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell'assemblea stessa, per evitare la pronuncia di inammissibilità dell'atto di costituzione o dell'impugnazione. Per queste ragioni, la Suprema Corte ha dichiarato l'inammissibilità dell'atto di costituzione dei due condominii, in ordine al fatto che nel controricorso e nella comparsa di costituzione di nuovo difensore, non si faceva riferimento all'autorizzazione della costituzione dell'amministratore (Cass. civ., sez. II, 31 marzo 2025, n. 8471).

Le questioni della giurisprudenza di merito

Di seguito le questioni di interesse affrontate dai giudici di merito.

Il rifiuto dell'amministratore della ricezione degli assegni circolari dei condomini

Il Tribunale di Napoli si è occupato di un caso di opposizione ad un decreto ingiuntivo emesso dal condominio. In corso di causa, il condomino aveva inviato all'amministratore un assegno circolare che l'amministratore aveva respinto. Il condominio sosteneva che i condomini versavano le quote condominiali unicamente con assegno bancario, considerando i pagamenti risultanti dall'estratto del c/c bancario condominiale. Secondo il giudice, correttamente l'amministratore del condominio opposto/appellato aveva rifiutato l'assegno emesso in favore dell'amministratore stesso; si trattava di un assegno circolare e, come tale, non poteva essere girato: l'amministratore avrebbe dovuto incassarlo e poi trasferire la relativa somma sul c/c condominiale, creandosi una irregolare commistione tra il proprio conto corrente personale e quello condominiale. Per le ragioni esposte, il decreto ingiuntivo opposto è stato confermato (Trib. Napoli 3 aprile 2025, n. 3389).

La sigillatura dei radiatori nell'immobile del condomino moroso

Il Tribunale di Vercelli si è occupato di un caso di sospensione del servizio di riscaldamento. Se l'art. 63, comma 3, disp. att. c.c. consente all'amministratore, senza adire l'autorità giudiziaria, di sospendere il servizio di riscaldamento verso l'unità immobiliare, nel caso in esame non vi era interesse ad agire, non integrato dalla ricerca di un avallo giurisdizionale dell'operato dell'amministratore. Invece, se il ricorso è stato proposto per la preminente necessità di accedere all'interno dell'alloggio per le operazioni tecniche di sigillatura dei radiatori, mancava la prova della necessità per il condominio, di per sé legittimato alla sospensione del servizio di riscaldamento nei confronti del condomino moroso, di farlo solo accedendo nell'immobile, perché non altrimenti possibile. L'allegazione sopra trascritta non era supportata dalla prova della necessità tecnica di accedere all'immobile della resistente e dell'impossibilità di fare altrimenti. Il ricorso d'urgenza, quindi, è stato rigettato (Trib. Vercelli 31 marzo 2025).

Gli effetti del pagamento del condomino alla ditta appaltatrice

Il Tribunale di Chieti si è occupato di un caso di lavori urgenti di manutenzione straordinaria del tetto del fabbricato. Nella vicenda, poiché alcuni condomini non avevano versato le quote di loro spettanza, un condomino per evitare che i problemi di infiltrazioni di acqua, derivanti dalle cattive condizioni di manutenzione del tetto, si aggravassero, aveva anticipato all'impresa l'intero importo delle spese, chiedendone il rimborso ai condomini debitori, i quali si erano rifiutati di versargli la somma richiesta. Secondo il giudicante, la domanda di rimborso era infondata per una serie di ragioni, sia per le modalità di versamento delle somme che in relazione al calcolo degli importi. Inoltre, la mancanza di autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea non avrebbe escluso il diritto al rimborso in caso di urgenza della spesa, di cui tuttavia l'attore non aveva fornito alcuna prova e che anzi, in considerazione del tempo trascorso tra la delibera assembleare, la conclusione del contratto di appalto e la comunicazione di inizio lavori, era da escludere “l'urgenza”. Ad ogni modo, il condomino avrebbe dovuto chiedere il rimborso della spesa non ai condomini morosi, bensì al condominio in quanto soggetto del contratto di appalto (Trib. Chieti 31 marzo 2025, n. 165).

La volontà assembleare sull'ottenimento dello sconto in fattura

Il Tribunale di Modena si è occupato di un caso di richiesta di pagamento avente ad oggetto i compensi professionali relativi alla progettazione per lavori edili di manutenzione straordinaria con utilizzo di incentivi fiscali (Superbonus), poi non eseguiti. Secondo il giudice, il comportamento del condominio committente che vede venire meno un elemento imprescindibile, espresso ripetutamente in sede di formazione della volontà assembleare, relativamente alla esigenza di non sostenere esborsi e di procedere mediante le modalità dello sconto in fattura, non è qualificabile come manifestazione di una volontà attribuibile allo stesso di non dar corso alle opere di cui si tratta. Non è, infatti, nemmeno individuabile una volontà revocabile e revocata dal committente, laddove una volontà può ritenersi formata e sussistente solo in relazione a specifiche modalità di pagamento delle opere da eseguire: sull'esecuzione delle opere senza sconto in fattura, nessuna volontà comune poteva considerarsi formata in sede assembleare. Risultavano pertanto infondate le domande che presupponevano la sussistenza dell'inadempimento, sia quella di risoluzione contrattuale che quella consequenziale risarcitoria. Ne è conseguita, quindi, la revoca del decreto ingiuntivo (Trib. Modena 1° aprile 2025, n. 401).

La convocazione dei proprietari dei locali serviti dalla terrazza

Il Tribunale di Campobasso si è occupato di un caso impugnativa assembleare di un condominio parziale. Secondo il giudice, ogni proprietario delle unità immobiliari costituenti l'edificio è legittimato a partecipare alle assemblee di condominio indette dall'amministratore; tuttavia, quando deve discutersi di alcuni beni che - pure qualificati come comuni ai sensi dell'art. 1117 c.c. - sono, al contempo, destinati all'uso o al servizio non di tutto l'edificio ma di una sola parte o di alcune unità abitative di esso, l'amministratore ha la possibilità di convocare una assemblea di condominio “parziale”, coinvolgendo, cioè, solo coloro che sono direttamente interessati dalle decisioni aventi ad oggetto quel bene comune e che, se espressamente previsto, sono responsabili anche delle relative spese di manutenzione. Nel caso in esame, alla luce della previsione regolamentare, era evidente che - pur essendo astrattamente possibile la convocazione di una assemblea di condominio “parziale”, qualora l'oggetto della discussione interessi solo alcuni partecipanti - ciò non era, tuttavia, praticabile nel caso di specie, ove avrebbero dovuto essere convocati tutti i proprietari dei locali “serviti”, in vario modo, dalla terrazza in questione, con la conseguenza per cui l'assemblea si sarebbe validamente costituita con i quorum previsti dall'art. 1136 c.c., da rapportarsi, tuttavia, alla totalità delle suddette unità immobiliari “servite”. Per le ragioni esposte, il giudicante ha annullato le deliberazioni (Trib. Campobasso 1° aprile 2025, n. 249).

Il distacco illegittimo del servizio idrico nei confronti del conduttore

Il Tribunale di Napoli si è occupato di un caso di distacco della fornitura dell'acqua presso il condominio. Nella vicenda, la società idrica aveva proceduto al distacco, interrompendo un servizio di pubblica necessità per l'intero stabile e gravemente lesiva dei diritti costituzionalmente garantiti dalla ricorrente conduttrice alla quale non era mai stato comunicato l'importo di un'eventuale morosità a carico del condominio. Nonostante la disponibilità dei locatori, l'erogazione dell'acqua nell'appartamento condotto in locazione non era stata ripristinata, generando disagi. Premesso ciò, secondo il giudice, il conduttore, nonostante la scadenza del rapporto contrattuale di locazione, rimane detentore qualificato dell'immobile di cui continua a mantenere la disponibilità. Quindi, era illegittima la sospensione del servizio idrico alla parte conduttrice, visto che questa non era morosa nei confronti del condominio con riguardo alle spese concernenti il servizio idrico. Trattandosi di mancati pagamenti riferiti ad un piano di rateizzo stilato dall'amministratore del condominio con la società, nonché al mancato pagamento della fattura, era certo che era imputabile al condominio di non aver onorato al piano di rateizzo, né di aver convocato una assemblea con i soggetti interessati alla fruizione del servizio da parte dell'utenza condominiale. Infine, per la peculiarità del caso di specie, la condotta della società non era conforme alle regole di buona fede, correttezza e protezione del consumatore (Trib. Napoli 2 aprile 2025).

Le verifiche tecniche del conduttore dell'immobile in locazione

Il Tribunale di Siracusa si è occupato di un caso di risoluzione del contratto di locazione. Parte ricorrente eccepiva le difformità tra la consistenza dichiarata dalla locatrice in sede di stipula e la metratura risultante dalle visure catastali. Secondo il giudice, al momento di stipulare un contratto di locazione di un immobile destinato ad un determinato uso, grava sul conduttore l'onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell'attività ripromessasi nonché a quanto necessario per ottenere le necessarie autorizzazioni amministrative, sebbene le parti siano comunque libere di pattuire tanto l'effettiva possibilità di apportare all'immobile le necessarie modificazioni per poter svolgere l'attività prevista, quanto il fatto che quest'ultimo presenti le pertinenti condizioni giuridiche funzionali al rilascio delle autorizzazioni amministrative stesse. In altri termini, se non specificamente pattuito, il locatore non è tenuto ad adeguare i beni locati alle esigenze ricollegabili all'attività che intende esercitare il conduttore, anche se quest'ultima è stata indicata nel contratto, limitando ad essa l'uso consentito per l'immobile oggetto del rapporto, il che è lo stesso che dire che, pur se l'immobile sia effettivamente inidoneo, nessun inadempimento e nessuna responsabilità possono nella fattispecie essere imputati alla parte locatrice (Trib. Siracusa 31 marzo 2025, n. 528).

La forma scritta del contratto preliminare di compravendita immobiliare

Il Tribunale di Palmi si è occupato di un caso di validità di un contratto di compravendita. Secondo il giudice, la domanda di esecuzione in forma specifica di un contratto di compravendita immobiliare presuppone la conclusione di un contratto preliminare avente a forma scritta ad substantiam, posto che, ai sensi dell'art. 1351 c.c., il contratto preliminare è nullo se non è fatto nella stessa forma che la legge prescrive per il contratto definitivo. In ragione di quanto sopra, la domanda proposta è stata rigettata, non avendo parte attrice provato la sussistenza di un valido contratto preliminare stipulato tra le parti in forma scritta. Ciò posto, la mancata stipula di un valido contratto comporta, altresì, il rigetto della domanda di risoluzione per inadempimento proposta, in via subordinata, fondandosi detta azione sul medesimo contratto oggetto dell'azione principale (Trib. Palmi 2 aprile 2025, n. 187).

Le questioni della giurisprudenza amministrativa

Di seguito le questioni di interesse affrontate dai giudici amministrativi.

La trasformazione di un balcone in veranda

Il massimo consesso amministrativo si è occupato di un caso di qualificazione tecnica di chiusura di un balcone. I ricorrenti, comproprietari di un'unità immobiliare in un edificio condominiale effettuavano lavori di ristrutturazione nel loro appartamento, inclusa la chiusura parziale di un balcone per creare una cabina armadio, aumentando così la cubatura. Il Comune avviava un procedimento di ripristino, comunicando ai proprietari la consumazione dell'abuso edilizio. La questione controversa ruotava attorno alla qualificazione dell'intervento realizzato dagli appellanti come ristrutturazione edilizia ovvero come manutenzione straordinaria. A parere del giudicante, doveva escludersi che la trasformazione di un balcone o di un terrazzo in veranda costituisca una "pertinenza" in senso urbanistico. La veranda integra, infatti, un nuovo locale autonomamente utilizzabile, il quale viene ad aggregarsi ad un preesistente organismo edilizio, per ciò solo trasformandolo in termini di sagoma, volume e superficie. Dunque, l'intervento edilizio de quo, per la sua attitudine ad incrementare l'assetto planovolumetrico dell'appartamento, oltre che l'impronta estetica del fabbricato, rientrava senz'altro nel perimetro applicativo del permesso di costruire anche in sanatoria (Cons. Stato 2 aprile 2025, n. 2804).

La regolarizzazione della canna fumaria

Il giudice amministrativo campano si è occupato di un caso avente ad oggetto le opere di ristrutturazione edilizia di fabbricato di civile abitazione. Nel caso in esame, all'esito di un sopralluogo dei Vigili del Fuoco, era stato riscontato un termo camino a legna con canna fumaria che attraversava il muro del vano ascensore locale macchine al sesto piano confinante con l'appartamento di un condomino, provocando il surriscaldamento del rivestimento in piastrelle del muro del locale cucina confinante con il vano ascensore. Tale verbale veniva poi trasmesso al Comune al quale venivano richiesta l'adozione dei necessari provvedimenti. Avverso il silenzio serbato dal Comune, parte ricorrente aveva adito l'autorità amministrativa. Il giudice, attesa la perdurante inerzia dell'Amministrazione, ha accolto il ricorso e, per l'effetto, ha ordinato al Comune intimato di provvedere sulla diffida della ricorrente, dando esecuzione per la regolarizzazione della canna fumaria, ossia provvedendo agli adempimenti dalla medesima discendente per effetto dell'inottemperanza del destinatario, nonché adottando una determinazione espressa sulla richiesta di parte ricorrente (TAR Campania 1° aprile 2025, n. 2697).

Riferimenti

Misure urgenti in materia di assicurazione dei rischi catastrofali, in Gazzettaufficiale.it, 31 marzo 2025.

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