Decreto legislativo - 12/01/2019 - n. 14 art. 23 - Conclusione delle trattative 1

Guido Romano

Conclusione delle trattative 1

1. Quando è individuata una soluzione idonea al superamento della situazione di cui all'articolo 12, comma 1, le parti possono, alternativamente:

a) concludere un contratto, con uno o più creditori oppure con una o più parti interessate all'operazione di risanamento, che produce gli effetti di cui all'articolo 25-bis, comma 1, se, secondo la relazione dell'esperto di cui all'articolo 17, comma 8, è idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni 2;

b) concludere la convenzione di moratoria di cui all'articolo 62;

c) concludere un accordo sottoscritto dall'imprenditore, dai creditori aderenti e dalle altre parti interessate all'operazione di risanamento che vi hanno aderito nonché e dall'esperto che produce gli effetti di cui agli articoli 166, comma 3, lettera d), e 324. Con la sottoscrizione dell'accordo l'esperto dà atto che il piano di risanamento appare coerente con la regolazione della crisi o dell'insolvenza 3.

2. Oltre ai contratti o agli accordi di cui al comma 1, l'imprenditore può anche, alternativamente 4:

a) predisporre il piano attestato di risanamento di cui all'articolo 56;

b) chiedere l'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi degli articoli 57, 60 e 61. La percentuale di cui all'articolo 61, comma 2, lettera c), è ridotta al 60 per cento se il raggiungimento dell'accordo risulta dalla relazione finale dell'esperto o se la domanda di omologazione è proposta nei sessanta giorni successivi alla comunicazione di cui all'articolo 17, comma 8 5;

c) proporre la domanda di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all'articolo 25-sexies;

d) accedere ad uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza disciplinati dal presente codice, dal decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270 o dal decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39. L'imprenditore agricolo può accedere agli strumenti di cui all'articolo 25-quater, comma 4. 

2-bis. Nel corso delle trattative l'imprenditore può formulare una proposta di accordo transattivo alle agenzie fiscali, all'Agenzia delle entrate-Riscossione che prevede il pagamento, parziale o dilazionato, del debito e dei relativi accessori. La proposta non può essere formulata in relazione ai tributi costituenti risorse proprie dell'Unione europea. Alla proposta sono allegate la relazione di un professionista indipendente che ne attesta la convenienza rispetto all'alternativa della liquidazione giudiziale per il creditore pubblico cui la proposta è rivolta e una relazione sulla completezza e veridicità dei dati aziendali redatta dal soggetto incaricato della revisione legale, se esistente, o da un revisore legale iscritto nell'apposito registro a tal fine designato. L'accordo è sottoscritto dalle parti e comunicato all'esperto e produce effetti con il suo deposito presso il tribunale competente ai sensi dell'articolo 27. Per i tributi amministrati dall'Agenzia delle entrate, l'accordo è sottoscritto dal Direttore dell'ufficio su parere conforme della competente Direzione regionale. Per i tributi amministrati dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli l'accordo è sottoscritto dal Direttore delle Direzioni territoriali, dal Direttore della Direzione territoriale interprovinciale e, per gli atti impositivi emessi dagli uffici delle Direzioni centrali, dal Direttore delle medesime Direzioni centrali. Il giudice, verificata la regolarità della documentazione allegata e dell'accordo, ne autorizza l'esecuzione con decreto o, in alternativa, dichiara che l'accordo è privo di effetti. L'accordo si risolve di diritto in caso di apertura della liquidazione giudiziale o della liquidazione controllata o di accertamento dello stato di insolvenza oppure se l'imprenditore non esegue integralmente, entro sessanta giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti 6.

2-ter. Le soluzioni di cui ai commi 1 e 2 possono intervenire durante le trattative o a conclusione della composizione negoziata e la sottoscrizione dell'esperto, quando prevista, può essere apposta successivamente 7.

Inquadramento

L'art. 23 del Codice (analogamente a quanto prevedeva l'abrogato art. 11 del d.l. n. 118/2021) disciplina la «conclusione delle trattative» tra l'imprenditore «in crisi» ed i suoi creditori, condotte con l'assistenza dell'esperto nominato, su istanza del primo, dall'apposita Commissione costituita presso la competente Camera di Commercio.

Il comma 1 dispone che se attraverso la composizione negoziata è individuata una soluzione idonea al superamento della crisi, l'approdo finale può assumere le forme di: i) un contratto con uno o più creditori oppure con una o più parti interessate all'operazione di risanamento, che può determinare altresì la riduzione alla misura legale degli interessi sui debiti tributari (art. 25-bis, comma 1) se l'esperto attesta che il contratto può assicurare la continuità aziendale per almeno 2 anni; ii) una convenzione di moratoria; iii) un accordo, sottoscritto dall'imprenditore, dai creditori aderenti e dalle altre parti interessante all'operazione di risanamento che vi hanno aderito nonché dall'esperto, che produce gli stessi effetti del piano di risanamento (esclusione di revocatoria e del reato di bancarotta).

Alle ipotesi regolate dal primo comma, che sono fattispecie di contratto, convenzione o accordo con i creditori, seguono tutti casi in cui è l'imprenditore che, preso atto della mancata individuazione di una soluzione idonea, in via unilaterale accede ad un tipo di procedura giudiziale.

In particolare, ai sensi del secondo comma l'imprenditore può chiedere l'omologazione al tribunale di un accordo di ristrutturazione dei debiti (ex artt. 57, 60 e 61 del Codice). La percentuale di cui all'art. 61, comma 2, lett. c) è ridotta al 60% se il raggiungimento dell'accordo risulta della relazione finale dell'esperto o se la domanda di omologazione è proposta nei sessanta giorni successivi alla comunicazione di cui all'art. 17, comma 8.

Il d.lgs. 13 settembre 2024, n. 136 ha poi introdotto il comma 2-bis stabilendo che l'imprenditore, nel corso delle trattative, può formulare una proposta di accordo transattivo alle agenzie fiscali, all'Agenzia delle entrate-Riscossione che prevede il pagamento, parziale o dilazionato, del debito e dei relativi accessori, ad eccezione dei casi di tributi costituenti risorse proprie dell'Unione europea.

A tale proposta devono essere allegate:

- la relazione di un professionista indipendente che ne attesta la convenienza rispetto all'alternativa della liquidazione giudiziale per il creditore pubblico cui la proposta è rivolta;

- una relazione sulla completezza e veridicità dei dati aziendali redatta dal soggetto incaricato della revisione legale, se esistente, o da un revisore legale iscritto nell'apposito registro a tal fine designato.

L'accordo è sottoscritto dalle parti e comunicato all'esperto e produce i suoi effetti dal deposito presso il tribunale competente. Il giudice, verificata la regolarità della documentazione allegata e dell'accordo, ne autorizza l'esecuzione con decreto oppure dichiara che lo stesso accordo è privo di effetti.

L'accordo si risolve di diritto qualora venga dichiarata aperta la liquidazione giudiziale o la liquidazione controllata o l'accertamento dello stato di insolvenza oppure se l'imprenditore non esegue integralmente i pagamenti dovuti entro sessanta giorni dalle relative scadenze.

Occorre ora porre l'attenzione ai casi in cui – all'esito delle trattative – l'imprenditore e i creditori raggiungano le forme di accordo indicate dal comma 1.

Il contratto con uno o più creditori

Anzitutto, l'art. 23, comma 1, lett. a) stabilisce che «quando è individuata una soluzione idonea al superamento della situazione» di crisi (ovvero di quella situazione che ha legittimato l'avvio della procedura di composizione negoziata) le parti delle trattative agevolate dall'esperto possono (inter alia) «concludere un contratto, con uno o più creditori oppure con una o più parti interessate all'operazione di risanamento (...) se, secondo la relazione dell'esperto, (...) è idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni» (sul punto, Gratteri, 318).

La disposizione, senza dubbio innovativa, suscita una serie di interrogativi interpretativi.

i) Se la relativa disciplina sia limitata all'ipotesi della conclusione del «contratto» in questione – funzionale ad assicurare la continuità aziendale per almeno due anni – «con uno o più creditori», ovvero anche con altri soggetti (fornitori; clienti; investitori; le stesse società del «gruppo» al quale appartenesse l'impresa impegnata nella Composizione negoziata, allorché non fossero creditrici; et similia). Stante la lettura inequivoca della norma, in dottrina (Zanichelli) si propende per la soluzione negativa, ma la ratio sottesa alla limitazione non è di agevole individuazione.

Sul punto, tuttavia, il legislatore, con il d.lgs. n. 136/2024, ha chiarito che la conclusione del contratto può avvenire, oltre che con uno o più creditore, anche con una o più parti interessate all'operazione di risanamento.

ii) Se «i creditori», che rappresentano l'unica possibile controparte di questo «contratto» perché esso possa produrre gli effetti speciali attribuitigli quale possibile sbocco positivo della composizione negoziata, debbano appartenere alla schiera di coloro con i quali sono state condotte le «trattative» – quindi titolari di pretese aventi titolo anteriore alla apertura della composizione negoziata; oppure possano essere rappresentati anche da creditori estranei alle trattative, in quanto successivi (e come tali assistiti, per esempio, dalla esenzione da revocatoria delle garanzie acquisite, e dalla collocabilità in prededuzione dei crediti derivanti dai finanziamenti erogati, allorquando la composizione negoziata «sbocchi» in taluna delle soluzioni comportanti la «conservazione» di tale effetto). Tra gli interpreti vi è chi (Bonfatti) ha osservato che la norma non opera alcuna distinzione al riguardo, e non sussistono ragioni per escludere dalla partecipazione a questa soluzione della crisi anche i creditori appartenenti alla seconda categoria (tanto più quando, ma non soltanto quando, gli stessi fossero anche titolari di passività pregresse).

iii) Se la «assicurazione» della continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni sia un obiettivo idoneo di per sé a supportare la soluzione così rappresentata, a prescindere dalla previsione dell'andamento dell'impresa successivamente alla scadenza considerata; oppure debba essere accompagnato dalla rappresentazione della soluzione idonea a conseguire poi – ove il semplice decorso del tempo non produca di per sé tale effetto – il superamento della situazione di crisi (ovvero la situazione che ha legittimato l'avvio della composizione negoziata). In dottrina (Zanichelli-Panzani) si propende per la seconda soluzione, non risultando sufficientemente apprezzabili, di per sé, i soli effetti del differimento del dissesto di cui non si prefiguri il possibile superamento.

iv) Quali siano gli effetti prodotti dalla circostanza che lo sbocco delle trattative è stato rappresentato dalla stipulazione del contratto de quo.

Al riguardo, l'art. 23, comma 1, lett. a) menziona espressamente la produzione degli «effetti di cui all'articolo 25-bis» – le «misure premiali» di carattere fiscale –, lasciando così intendere che non se ne producano altri.

Contro tale possibile interpretazione attenta dottrina (Bonfatti) ha osservato che gli effetti già prodottisi in conseguenza della apertura della procedura di composizione negoziata non possono essere messi in discussione: e ciò riguarda tanto quelli prodottisi automaticamente – in conseguenza, cioè, della semplice apertura della procedura; quanto quelli prodottisi in conseguenza dell'osservanza dei «controlli» disposti sulla gestione dell'impresa, ovvero delle «integrazioni» dell'autonomia privata dell'imprenditore, ad opera di diversi soggetti «titolati» (l'esperto nominato dalla Commissione speciale; l'Autorità giudiziaria).

Tra questi effetti – già prodotti e come tali insuscettibili di essere messi in discussione, e non condizionati allo sbocco positivo delle trattative, sia esso rappresentato dal contratto de quo ovvero da un'altra soluzione – anche le «misure premiali» di cui all'art. 25-bis, per ciò che concerne il periodo anteriore alla conclusione delle trattative. La disposizione qui considerata va dunque intesa (Panzani) nel senso che la conclusione delle trattative attraverso il perfezionamento del «contratto» di cui all'art. 23, comma 1, lett. a) comporta l'applicabilità delle «misure premiali» (fiscali) di cui all'articolo 25-bis per il periodo successivo alla chiusura delle trattative stesse.

Chiarito ciò, si deve pertanto concludere che a seguito della conclusione delle trattative rappresentate dal perfezionamento del contratto avente i contenuti previsti dalla norma:

i) si produrranno (ulteriormente) gli effetti delle «misure premiali» di cui all'articolo 25-bis;

ii) rimarranno fermi gli effetti delle «misure premiali» ex articolo 25-bis prodottisi nel corso delle trattative;

iii) rimarranno fermi gli effetti della «esimente» penale di cui all'articolo 24, comma 5;

iv) rimarranno fermi gli effetti della «esenzione» da revocatoria prodotti dall'articolo 24, comma 2 (ove siano intervenuti a suo tempo i presupposti che ne condizionano la nascita);

v) non si produrranno gli effetti del collocamento in prededuzione dei crediti derivanti dai finanziamenti pur autorizzati dal Tribunale ex art. 22, comma 1, in quanto la «conservazione» degli stessi è esplicitamente condizionata ad uno sbocco delle trattative in una delle soluzioni espressamente individuate (v. art. 24, comma 1), tra le quali non è compresa la conclusione del «contratto» di cui all'art. 23, comma 1.

La convenzione di moratoria

La seconda delle alternative indicate dall'art. 23, comma 1, come possibile strumento di esecuzione di una «soluzione idonea al superamento della situazione» di crisi (ovvero della situazione che legittima l'accesso alla procedura di composizione negoziata per la soluzione della crisi d'impresa) è rappresentata dalla conclusione di «una convenzione di moratoria ai sensi dell'articolo 62» (Gratteri, 320).

Essa consiste in una convenzione fra l'impresa debitrice e uno o più creditori, diretta a disciplinare in via provvisoria gli effetti della crisi attraverso una moratoria temporanea dei crediti nei confronti di uno o più creditori.

In dottrina (Panzani) si è rimarcato che la funzione dell'istituto è quella di dare all'impresa (e ai suoi creditori) il tempo necessario per elaborare la soluzione della crisi, proteggendola dai creditori che – in disaccordo con la maggior parte degli altri – intendano aggredirla (cosiddetto stand-still).

In particolare, con riferimento agli elementi essenziali della fattispecie in esame, l'art. 62 del Codice: i) prevede che la convenzione moratoria possa essere stipulata dall'imprenditore con la generalità dei creditori, e non più soltanto – come prevedeva l'art. 182-septies l. fall. (che originariamente disciplinava l'istituto) – con i creditori bancari e finanziari; ii) dispone un «effetto estensivo» della convenzione conclusa con tanti creditori rappresentanti il 75% di una medesima categoria; iii) precisa che gli «effetti estensivi» della convenzione di moratoria si producono allorché la stessa (ovvero nei limiti in cui la stessa) sia «diretta a disciplinare in via provvisoria gli effetti della crisi e avente ad oggetto la dilazione delle scadenze dei crediti, la rinuncia agli atti o la sospensione delle azioni esecutive e conservative e ogni altra misura che non comporti rinuncia al credito»; iv) condiziona la produzione degli «effetti estensivi» alla circostanza che «a) tutti i creditori appartenenti alla categoria siano stati informati dell'avvio delle trattative o siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede e abbiano ricevuto complete e aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore nonché sulla convenzione e i suoi effetti»; v) condiziona (ulteriormente) gli «effetti estensivi» alla circostanza che «c) i creditori della medesima categoria non aderenti, cui vengono estesi gli effetti della convenzione, subiscano un pregiudizio proporzionato e coerente con le ipotesi di soluzione della crisi o dell'insolvenza in concreto perseguite», così lasciando maggiore discrezionalità al tribunale, in sede di opposizione dei creditori non aderenti, nel valutare la tollerabilità del sacrificio imposto (così Panzani); vi) richiede che le condizioni di cui al punto precedente, nonché la veridicità dei dati aziendali e la idoneità della Convenzione a disciplinare provvisoriamente gli effetti della crisi, siano attestati da un professionista indipendente; vii) afferma che «in nessun caso, per effetto della convenzione, ai creditori della medesima categoria non aderenti possono essere imposti l'esecuzione di nuove prestazioni, la concessione di affidamenti, il mantenimento della possibilità di utilizzare affidamenti esistenti o l'erogazione di nuovi finanziamenti. Non è considerata nuova prestazione la prosecuzione della concessione del godimento di beni oggetto di contratti di locazione finanziaria già stipulati»; viii) conferma il procedimento di approvazione giudiziale della convenzione di moratoria (comunicazione a tutti i creditori in funzione della eventuale proposizione della opposizione davanti al tribunale, che decide in Camera di Consiglio con decreto motivato, soggetto a reclamo davanti alla Corte d'Appello).

Accordo produttivo degli stessi effetti del piano di risanamento

Tra le ipotesi di successo delle trattative viene previsto, alla lett. c) del primo comma dell'art. 23, l'accordo sottoscritto dall'imprenditore, dai creditori aderenti e dalle altre parti interessate all'operazione di risanamento che vi hanno aderito nonché dall'esperto, che produce gli effetti del piano attestato (e quindi l'esenzione da revocatoria ai sensi dell'art. 166, comma 3, lett. d) e da responsabilità penale ex art. 324) (Sul punto, Baroncini, 368).

L'art. 23 non reca l'indicazione (presente invece nell'analoga disposizione contenuta nell'abrogato art. 11 del d.l. n. 118/21) che non occorre l'attestazione del professionista indipendente «prevista dal medesimo articolo 67, terzo comma, lettera d)» l. fall., ossia l'attestazione circa la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano.

Tra gli interpreti vi è chi (Panzani) ha osservato che la mancata riproduzione della indicazione non può essere letta nel senso che l'onere di attestazione sia ripristinato, a tal fine non potendo valorizzarsi neppure la circostanza che la lett. c) del comma 1 dell'art. 23 contiene ora l'indicazione che «con la sottoscrizione dell'accordo l'esperto dà atto che il piano di risanamento appare coerente con la regolazione della crisi o dell'insolvenza». Questa dichiarazione si sostanzia nel semplice riscontro del fatto che è stata individuata una soluzione idonea al superamento della situazione di pericolo di crisi o di insolvenza ed è priva di efficacia attestativa circa la veridicità dei dati forniti e della fattibilità del piano. Si aggiunge come sia da escludere che l'esperto possa svolgere le funzioni di attestatore posto che l'art. 16 del Codice afferma espressamente che l'esperto non è equiparabile al professionista indipendente di cui all'art. 2, comma 1, lett. o), che deve attestare il piano ai sensi dell'art. 56, comma 3.

Accordi transattivi con il Fisco

Al fine di migliorare l'efficacia della composizione negoziata, nell'ambito degli esiti è infine inserita, con il comma 2-bis, la possibilità di un accordo con i creditori pubblici, ad esclusione degli enti previdenziali ed assicurativi (Guiotto, 24). Tale accordo, sottoscritto alla presenza dell'esperto, produce effetti con il suo deposito presso il tribunale competente ai sensi dell'articolo 27. Saranno dunque definibili in via transattiva, tra gli altri, debiti relativi a IRPEF. IRES, IRAP, IVA, Imposta di Registro e imposte doganali mentre non rientrano nella disciplina i tributi locali di competenza di uffici tributari diversi da quelli richiamati dalla norma (Guiotto, 25).

Il tribunale ne verifica la regolarità formale – sottoscrizione da tutti i soggetti legittimati per l'impresa e per i creditori pubblici e dall'esperto – e ne autorizza l'esecuzione con decreto. La soluzione prescelta consente espressamente all'impresa di negoziare il debito fiscale senza snaturare la composizione negoziata e evitando di renderla meno efficace. La previsione del mero deposito in tribunale dell'accordo, analogamente a quanto avviene con i verbali di conciliazione nell'ambito del processo civile, consente di fornire all'accordo stesso una natura più formale senza ricorrere ad un ulteriore procedimento giurisdizionale per sostituire il consenso del fisco, procedimento che determinerebbe l'aumento dei costi di ristrutturazione per l'impresa. Secondo quanto risulta dalla relazione illustrativa al correttivo, occorre sul punto evidenziare che, nonostante la gran parte del debito delle imprese che accedono alla composizione negoziata riguardi i creditori sopra indicati – circostanza che suggerisce la previsione di uno strumento che porti l'erario al tavolo delle trattative garantendolo da possibili abusi – appare prioritario l'obiettivo di non compromettere la natura della composizione negoziata. Tale istituto, per essere efficace e mantenere la sua vocazione di percorso stragiudiziale (in ossequio a quanto richiesto dalla direttiva Insolvency), non va complicato tramite la previsione di ulteriori percorsi giurisdizionali che ne andrebbero a condizionare il regolare e rapido svolgimento. La soluzione prescelta, d'altro canto, non limita in assoluto l'efficacia delle trattative o la loro appetibilità posto che le potenzialità della composizione, i cui esiti non sono esclusivamente negoziali, come si è poc'anzi chiarito, fanno sì che in caso di mancanza di accordo con i creditori di cui si è detto, l'imprenditore potrà comunque perseguire il risanamento ricorrendo ad uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza di tipo giurisdizionale e, in quella sede, ottenere anche il c.d. cram-down del debito fiscale e previdenziale in presenza dei necessari presupposti (Guiotto, ivi; Baroncini, 373).

L'accordo è sottoscritto dalle sole parti ed è comunicato all'esperto che, proprio in ragione del costante ruolo che svolge, di affiancamento dell'impresa e di verifica delle condizioni di risanabilità, deve essere informato del suo contenuto. L'accordo avrà efficacia dal suo deposito presso il tribunale competente ancorché sarà il giudice, con successivo decreto, ad autorizzarne l'esecuzione una volta verificata la regolarità dell'accordo e della documentazione allegata ovvero, in difetto, a dichiararne l'inefficacia. Una volta acquisita efficacia con l'autorizzazione del giudice, l'accordo potrà successivamente perderla venendo risolto di diritto in caso di apertura di una procedura di insolvenza ovvero quanto l'imprenditore non esegua i pagamenti dovuti entro sessanta giorni rispetto alle scadenze previste (Guiotto, 25).

L'inserimento del comma 2-ter è volto a precisare e ulteriormente chiarire quanto già esposto in relazione all'articolo 22, comma 1-bis, e cioè che tutti i possibili sbocchi della composizione possono intervenire anche dopo la chiusura delle trattative e che quindi vi possono essere ipotesi in cui l'esperto è chiamato ad apporre la propria sottoscrizione a trattative chiuse. In ogni caso, come già detto nell'ambito dell'articolo 16, comma 1, l'intervento dell'esperto successivo al deposito della relazione finale e all'archiviazione dell'istanza non configura una violazione delle cause di incompatibilità previste a suo carico dalla stessa norma citata (Baroncini, 374).

Bibliografia

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