La CGUE si pronuncia sul controllo giurisdizionale degli atti della Procura europea

Lorenzo Salazar
09 Aprile 2025

Come stabilito dalla sentenza dell'8 aprile 2025 nella causa C-292/23, è necessario che gli atti procedurali della Procura europea idonei a incidere sulla situazione giuridica delle persone che li contestano possano essere oggetto di un adeguato controllo giurisdizionale. 

Con la sentenza dell'8 aprile 2025 nella causa C-292/23,  pronunziandosi su un rinvio pregiudiziale dello Juzgado Central de Instrucción no 6 de Madrid, la Corte ha affermato che gli atti procedurali della Procura europea che possono incidere sulla situazione giuridica delle persone che li contestano devono poter essere oggetto di un controllo giurisdizionale. Tale controllo non deve obbligatoriamente assumere la forma di un ricorso diretto, purché comporti una verifica del rispetto dei diritti e delle libertà dell'interessato e dovrà sostanziarsi in un ricorso diretto solo qualora tale tipologia sia prevista nel diritto interno per contestare direttamente una decisione analoga delle autorità nazionali.

Il rinvio pregiudiziale nasceva da un caso in cui i procuratori europei delegati spagnoli avevano citato a comparire a una prima udienza due soggetti al fine di informarli dell'indagine a loro carico per frode in materia di sovvenzioni e falsa documentazione. Gli avvocati degli indagati hanno impugnato tale decisione dinanzi alla Procura europea sostenendo che la stessa non sarebbe stata né pertinente, né necessaria, né utile, dal momento che il giudice istruttore spagnolo aveva già ascoltato uno di essi in tale qualità. Il ricorso veniva notificato anche allo Juzgado Central di Madrid che assicura, in Spagna, il controllo giurisdizionale delle misure investigative della Procura europea e che ha, quindi, adito la Corte di giustizia in qualità di giudice del riesame. 

Dopo aver sottolineato che spetta comunque al giudice nazionale competente determinare, dopo un esame concreto e specifico, se la citazione di testimoni sia tale da incidere sulla situazione giuridica delle persone che sono oggetto dell'indagine, la Corte ha affermato nel dispositivo della sentenza che l'art. 42, par. 1, del Regolamento EPPO (Regolamento UE n. 2017/1939), letto alla luce dell'art. 19, par. 1, comma 2, TUE, degli artt. 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nonché dei principi di equivalenza e di effettività, deve essere interpretato nel senso che una decisione con la quale, nell'ambito di un'indagine, il procuratore europeodelegato incaricato del caso cita a comparire testimoni è soggetta al controllo degli organi giurisdizionali nazionali competenti, in forza del già menzionato art. 42, par. 1, quando la decisione in parola sia volta a produrre effetti giuridici vincolanti tali da incidere sugli interessi delle persone che contestano detta decisione, come le persone che sono oggetto di tale indagine, modificando in misura rilevante la loro situazione giuridica.

Qualora ricorresse siffatta ipotesi, ha proseguito la Corte, il diritto nazionale deve garantire a tali persone il controllo giurisdizionale effettivo della medesima decisione quantomeno in via incidentale, eventualmente, da parte del giudice penale incaricato della pronuncia. 

La Corte ha quindi concluso affermando che, tuttavia, in applicazione del principio di equivalenza, qualora le disposizioni procedurali nazionali relative a ricorsi analoghi di natura interna prevedano la possibilità di contestare direttamente una decisione analoga, una siffatta possibilità deve essere parimenti offerta a dette persone.