Responsabilità per danno da prodotto difettoso: profili inerenti all'informazione del consumatore sul prodotto commercializzato
11 Aprile 2025
La convenuta escluse la pericolosità o il difetto del vaccino avendo lo stesso superato con successo tutte le verifiche previste. Essendo nelle more deceduto l'attore, si costituirono in prosecuzione le figlie insistendo per l'accoglimento della domanda attorea che fu parzialmente accolta qualificando la fattispecie come responsabilità extracontrattuale del produttore ai sensi del d.P.R. 224/1988, poi trasfuso negli artt. 114 ss. del d.lgs. n. 206/2005 (codice del consumo), e condannò la G. Spa a risarcire le eredi del danno subito dal genitore. Avverso tale la sentenza proponevano appello la G. Spa, in via principale, e gli eredi dell'originario attore in via incidentale, e venivano rigettati entrambi. «La disciplina sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi, di cui agli artt. 114-127 del d.lgs. n. 206/2005 (Codice del consumo) - già prevista dal d.P.R. n. 224/1988 in attuazione della direttiva 85/374/CEE, poi abrogata dalla direttiva 2024/2853/UE (inapplicabile ratione temporis nella presente controversia) - non esclude, né limita, secondo quanto previsto dall'art. 127 cod. cons. (e già dall'art. 13 della dir. 85/374/CEE e, comunque, ulteriormente confermato dall'art. 4 della dir. 2024/2853), la possibilità per il danneggiato di usufruire della tutela somministrata da un regime di responsabilità differente da quello stabilito dalle anzidette disposizioni del codice del consumo (come, ad es., dalle fattispecie di responsabilità di cui agli artt. 2043 e 2050 c.c.), il quale, una volta individuato sulla scorta dei fatti allegati e provati, dovrà, però, trovare applicazione in coerenza con la disciplina per esso specificamente dettata dal legislatore, senza potersi operare commistioni tra regimi di responsabilità diversamente regolati». Questo il principio di diritto enunciato dalla Cassazione che nel decidere il caso di specie ha sottolineato come la Corte d'appello non abbia affrontato i profili inerenti all'informazione del consumatore sul prodotto commercializzato, ma abbia argomentato unicamente sulla condotta omissiva della casa farmaceutica - ha reputato che, pur in assenza, al momento di messa in circolazione del vaccino, di dati scientifici esplicativi dei nessi tra l'insorgenza di patologie diabetiche/neurologiche e la somministrazione del vaccino, il produttore si sarebbe dovuto astenere dal porlo in commercio, attesa l'indispensabilità di riscontri certi (e sempre da aggiornare) in ordine alle interazioni tra questo e le anzidette patologie, rispetto alle quali si manifesta una comorbilità nella fascia della popolazione, di cui prevalentemente si compone la sfera di utenza che accede all'inoculazione del farmaco. Così argomentando Corte territoriale ha finito per snaturare la stessa richiamata responsabilità per danno da prodotto difettoso, facendola sostanzialmente confluire in quella per lo svolgimento di attività pericolose, ex art. 2050 c.c., addossando indebitamente il c.d. rischio da sviluppo ad un soggetto al quale esso è estraneo. E ciò nonostante che lo stesso giudice di appello, nel dichiarare «irrilevante... la questione relativa alla presenza di attestazioni di sicurezza del farmaco», abbia inteso confermare la sentenza di primo grado là dove questa aveva escluso «trattarsi di prodotto pericoloso», così da cadere, però, in una palese contraddizione giuridica rispetto agli esiti anzidetti (consentanei all'operatività dell'art. 2050 c.c.), avendo escluso in radice la sussistenza del requisito necessario per l'applicabilità al caso di specie della norma codicistica disciplinante la responsabilità per esercizio di attività pericolose. |