Dallo Start Up Act allo Scale Up Act

16 Aprile 2025

L'Autore delinea il panorama normativo dedicato alle start-up e le misure correttive e di potenziamento sviluppate nello Scale-up Act, per poi dare risalto alla consultazione lanciata dalla Commissione europea per la definizione della nuova strategia a sostegno di Start-up e Scale-up europee e alle attuali complicazioni sollevate in relazione alla applicazione di alcune norme inserite nella legge sulla concorrenza approvata nel dicembre 2024.

Lo Start-up Act

Il cosiddetto “Start-up Act” è un insieme di normative introdotte in Italia a partire dal 2012, con l'obiettivo di sostenere la nascita, la crescita e lo sviluppo delle start-up innovative.

Lo Start-up Act è parte del d.l. 18 ottobre 2012 n. 179, conosciuto come Decreto Crescita 2.0 o anche come Decreto Sviluppo bis, recante “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese” e convertito dal Parlamento con Legge 18 dicembre 2012 n. 221.

Il Decreto Crescita ha introdotto nell'ordinamento giuridico italiano la definizione di nuova impresa innovativa ad alto valore tecnologico, la cd. “start-up innovativa”. Più precisamente, l'art. 25 del d.l. n. 179/2012 reca una nozione specifica di nuova impresa tecnologica (la start-up innovativa) oltre alla nozione di società prestatrice di servizi per sostenere la nascita e lo sviluppo di start-up innovative (l'incubatore certificato). Sia la start-up innovativa sia l'incubatore certificato devono essere in possesso di una serie di requisiti, che sono essenziali ai fini del godimento dei benefici riconosciuti dalla normativa: in base all'art. 25, commi 8-13 d.l. n. 179, la start-up innovativa e l'incubatore certificato, che siano in possesso dei requisiti, devono registrarsi presso l'apposita sezione speciale del registro delle imprese, al fine di poter beneficiare della rispettiva disciplina agevolativa prevista. Di conseguenza, la start-up innovativa e l'incubatore certificato, una volta iscritti presso l'apposita sezione speciale del registro delle imprese, acquisiscono, sul piano giuridico, uno “status”. Ciò vale anche per le PMI innovative, la cui nozione e il cui status sono stati introdotti dal d.l. 24 gennaio 2015, n. 3, convertito nella Legge 24 marzo 2015 n. 33.

La motivazione che sta alla base dell'introduzione, dieci anni fa, del pacchetto di normative che compone lo Start-up Act poggia nella convinzione che l'attività delle start-up innovative contribuisce alla crescita economica e all'occupazione, specialmente giovanile, favorendo un salto di conoscenza su tutto il tessuto imprenditoriale. Nella “Scheda di sintesi della policy a sostegno delle start-up innovative” redatta dalla Segreteria tecnica del Ministero dello Sviluppo economico in data 26 agosto 2014 si dice infatti che “Le misure in esame mirano a promuovere la crescita sostenibile, lo sviluppo tecnologico e l'occupazione, in particolare giovanile, l'aggregazione di un ecosistema animato da una nuova cultura imprenditoriale votata all'innovazione, così come a favorire una maggiore mobilità sociale, il rafforzamento dei legami tra università e imprese nonché una più massiccia attrazione di talenti e capitali esteri nel nostro Paese.” In primis, pertanto, furono introdotte agevolazioni fiscali per gli investitori in start up innovative. Si tratta per lo più di detrazioni o deduzioni fiscali che negli anni sono state modificate ed integrate.

La normativa delle start-up innovative è stata interessata, nel corso degli anni, da diversi interventi di potenziamento, quali il d.l. 28 giugno 2013 n. 76 (il cd. “Decreto Lavoro”), il d.l. 24 gennaio 2015 n. 3 (il c.d. “Investment Compact”) e la l. n. 232/2016 (“Legge di Stabilità 2017”) che hanno affinato, potenziato e ampliato l'offerta di strumenti agevolativi previsti inizialmente dal Decreto Crescita 2.0.

Vediamo più nel dettaglio la nozione di start-up innovativa, di incubatore certificato e PMI innovativa riprese dalla normativa sopra indicata.

  1. Nozione di start-up innovativa

Ai sensi dell'art. 25, comma 2 del Decreto Crescita 2.0, è start-up innovativa la società di capitali, costituita anche in forma cooperativa, le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione, la quale, (i) è di nuova costituzione o comunque è stata costituita da non più di 5 anni (art. 25, comma 2, lett. d, d.l. n. 179/2012); (ii) ha sede principale in Italia, o in altro Paese membro dell'Unione europea, o in Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE), purché abbiano una sede produttiva o una filiale in Italia (art. 25, comma 2, lett. c, d.l. n. 179/2012); (iii) presenta (a partire dal secondo anno di attività) un valore annuo della produzione (risultante dall'ultimo bilancio approvato da non più di sei mesi) non superiore a 5 milioni di euro (ar. 25, comma 2 lett. d, d.l. n. 179/2012);(iv) non distribuisce e non ha distribuito utili (articolo 25, comma 2 lett. e, d.l. n. 179/2012); (v) non è costituita da fusione, scissione societaria o a seguito di cessione di azienda o di ramo di azienda (articolo 25, comma 2 lett. g, d.l. n. 179/2012); (vi) ha come oggetto sociale esclusivo o prevalente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico (articolo 25, comma 2 lett. f, d.l. n. 179/2012); (vii) a tal fine, la società deve possedere almeno uno dei tre seguenti indicatori (articolo 25, comma 2 lett. h, d.l. n. 179/2012): (a) le spese in ricerca e sviluppo devono essere pari o superiori al 15% del maggiore valore fra costo e valore totale della produzione della start-up innovativa;(b) la forza lavoro complessiva è costituita per almeno 1/3 da dottorandi, dottori di ricerca o ricercatori in Italia e all'estero presso istituti pubblici o privati (in qualità di collaboratori o dipendenti), oppure per almeno 2/3 da personale in possesso di laurea magistrale; e (c) l'impresa è titolare o depositaria o licenziataria di almeno un brevetto (diritto di privativa industriale relativa a una invenzione industriale, biotecnologica, a topografia di prodotto a semiconduttori o nuova varietà vegetale) oppure titolare dei diritti relativi ad un programma per elaboratore originario registrato, purché tali privative siano riconducibili all'oggetto sociale e all'attività d'impresa. Alcuni requisiti sono stati integrati successivamente dalla legge sulla concorrenza 2023 (come precisato nel paragrafo rubricato “Lo Scale-up Act”).

  1. Nozione di incubatore certificato

Un incubatore certificato è una società di capitali, costituita anche in forma cooperativa, residente in Italia, che offre servizi per sostenere la nascita e lo sviluppo di start-up innovative e deve essere in possesso di una serie di requisiti previsti dalla normativa nazionale (articolo 25, comma 5, d.l. n. 179/2012). Alcuni requisiti sono stati poi integrati dalla legge sulla concorrenza 2023 (come precisato nel paragrafo rubricato “Lo Scale-up Act”).

  1. Nozione di PMI innovativa

Il d.l. 24 gennaio 2015 n. 3 recante “Misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti”, convertito nella legge n. 33 del 2015 ha introdotto la definizione di "piccole e medie imprese innovative", PMI innovative, disponendo che esse beneficino della gran parte delle misure agevolative previste per le start-up innovative. La finalità è stata quella di far rientrare nel campo di intervento tutte le imprese innovative, anche nel loro livello di maturità.

Più precisamente, l'art. 4, comma 1, del Decreto-legge in esame definisce “PMI innovative”, le società di capitali, costituite anche in forma cooperativa, che possiedono i seguenti requisiti:

  • la residenza in Italia ai sensi del TUIR (art. 37 D.P.R. n. 917/1986), o in uno degli Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo, purché abbiano una sede produttiva o una filiale in Italia;
  • la certificazione dell'ultimo bilancio e dell'eventuale bilancio consolidato redatto da un revisore contabile o da una società di revisione iscritti nel registro dei revisori contabili;
  • le azioni non sono quotate in un mercato regolamentato;
  • l'assenza di iscrizione al registro speciale delle start-up e incubatori certificati;
  • il possesso di almeno due dei seguenti requisiti indicativi della rilevanza dell'attività di innovazione e ricerca svolta, ovvero: (i) volume di spesa in ricerca, sviluppo e innovazione in misura uguale o superiore al 3% del maggior valore fra costo e fatturato (valore totale della produzione) della PMI innovativa; (ii) impiego come dipendenti o collaboratori a qualsiasi titolo, in percentuale uguale o superiore a 1/5 della forza lavoro complessiva, di dottori di ricerca o dottorandi presso un'università italiana o straniera, oppure di laureati, che, da almeno tre anni, hanno svolto attività di ricerca certificata presso istituti di ricerca pubblici o privati, in Italia o all'estero, ovvero, per almeno 1/3 della forza lavoro complessiva, di personale con laurea magistrale; (iii) titolarità, anche quali depositarie o licenziatarie, di almeno un diritto di privativa industriale (relativa a una invenzione industriale, biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale), o titolarità dei diritti relativi ad un programma per elaboratore originario registrato presso il relativo Registro pubblico speciale, purché tale privativa sia direttamente afferente all'oggetto sociale e all'attività di impresa.

Le modalità di iscrizione delle PMI innovative presso il registro delle imprese sono analoghe a quelle previste per le start-up innovative, prevedendosi infatti l'istituzione presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di una apposita sezione speciale

Lo status speciale di PMI innovativa, introdotto dal Decreto-legge n. 3/2015, cui sono estese buona parte delle misure di supporto per le start-up innovative (cfr. articolo 4 comma 9), si distingue inoltre per alcune differenze nei requisiti d'accesso: l'obbligo di certificazione del bilancio per le PMI innovative, l'ammontare del valore della produzione annuo che non può superare, per le start-up, i 5 milioni mentre per le PMI innovative il tetto è fissato a 50 milioni, ossia il valore massimo previsto dalla definizione europea di piccola e media impresa.

Nel corso degli anni, il quadro giuridico delineato dallo Start-up Act è stato via via sviluppato ed è divenuto più complesso. Ad esempio, sono stati via via introdotti incentivi di natura fiscale, deroghe alla disciplina societaria, sostegno al credito tramite un accesso facilitato al Fondo di garanzia PMI.

Fra le deroghe alla disciplina societaria ricordiamo le seguenti.

Per le start-up innovative costituite sotto forma di S.p.A. e S.r.l., nel caso in cui le perdite d'esercizio comportino una riduzione del capitale sociale di oltre un terzo, in deroga al codice civile (art. 2446, comma 2, c.c. e 2482-bis, comma 4, c.c.), il termine entro il quale la perdita deve risultare diminuita a meno di un terzo viene posticipato al secondo esercizio successivo (invece del primo esercizio successivo). In caso di riduzione del capitale per perdite al di sotto del minimo legale, l'assemblea, in alternativa all'immediata riduzione del capitale e al contemporaneo aumento dello stesso ad una cifra non inferiore al minimo legale, può deliberare il rinvio della decisione alla chiusura dell'esercizio successivo (art. 26, comma 1 d.l. n. 179/2012).

Per le PMI - tutte, sia che siano innovative o meno - costituite in forma di S.r.l:

  1. l'atto costitutivo può creare categorie di quote dotate di diritti diversi e, nei limiti imposti dalla legge, può liberamente determinare il contenuto delle varie categorie anche in deroga all'articolo 2468, commi secondo e terzo c.c.. In virtù di quanto recentemente introdotto dalla cd. "legge capitali" (Legge 5 marzo 2024 n. 21), opera la facoltà di dematerializzare le suddette quote, mediante l'accesso al regime della gestione accentrata previsto dall'art.83-bis e s.s. del D.lgs. n. 58/1998 (“TUF”);
  2. l'atto costitutivo può anche creare categorie di quote che non attribuiscono diritti di voto o che ne attribuiscono in misura non proporzionale alla partecipazione detenuta ovvero diritti di voto limitati a particolari argomenti o subordinati al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative;
  3. in deroga a quanto previsto dall'art. 2468, comma 1, c.c., le quote di partecipazione in tali società possono costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari, anche attraverso i portali online per la raccolta di capitali;
  4. il divieto di operazioni sulle partecipazioni sociali stabilito dall'articolo 2474 cc non trova applicazione se l'operazione è compiuta in attuazione di piani di incentivazione che prevedano l'assegnazione di quote di partecipazione a dipendenti, collaboratori o componenti dell'organo amministrativo, prestatori di opera e servizi anche professionali.

In particolare, lo Start-up Act ha previsto inoltre l'istituzione del portale per la raccolta di capitali per le start-up innovative (art. 30, commi 1-5 d.l. n. 179/2012). Si tratta di una piattaforma online che ha come finalità esclusiva la facilitazione della raccolta di capitale di rischio da parte delle start-up innovative, comprese le start-up a vocazione sociale (art. 30, commi 1-5 d.l. n. 179/2012 che modifica il d.lgs. n. 58/1998).

L'equity crowdfunding, inizialmente previsto per le sole start-up innovative, è stata gradualmente estesa dapprima alle PMI innovative, agli OICR e alle società di capitali che investono prevalentemente in start-up e PMI innovative e poi, con la legge di bilancio 2017, a tutte le PMI. Lo strumento ricade sotto la responsabilità di Consob, l'Autorità di vigilanza dei mercati finanziari: disposizioni attuative sono date nel regolamento sulla raccolta di capitali di rischio tramite portali online adottato con delibera n. 18592 del 26 giugno 2013, aggiornato con delibera n. 20264 del 17 gennaio 2018. Tale documento è stato, altresì, sostituito integralmente dal nuovo regolamento in materia di servizi di crowdfunding adottato da Consob con delibera n. 22729 del 1° giugno 2023, in attuazione del regolamento (UE) 2020/1503.

Lo Scale-up Act

La legge annuale per il mercato e la concorrenza 2023 (Legge 16 dicembre 2024 n. 193), la legge n. 162 del 28 ottobre 2024 (cd. “Legge Centemero”, dal nome del deputato che la ha promossa, rubricata “Disposizioni per la promozione e lo sviluppo delle start-up e delle piccole e medie imprese innovative mediante agevolazioni fiscali e incentivi agli investimenti”), e la legge 30 dicembre 2024 n. 207 (legge di bilancio 2025) sono i tre provvedimenti che compongono quello che il ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) ha definito “Scale-up Act”.

Lo Scale-up Act è composto da un insieme di norme che vanno a rinforzare la normativa introdotta dal d.l. n. 179/2012 che istituì la start-up innovativa, normativa che necessitava di una revisione.

Prima di passare in rassegna le novità è opportuno identificare che cosa si intende per Scale-up company, sebbene una definizione univoca non esista in quanto occorre individuare i parametri in base alle dimensioni del contesto di riferimento, al tipo di settore in cui operano e al modello di business (se b2c o b2b).

In termini generali, la Scale-up è una società innovativa che ha già sviluppato il suo prodotto o servizio, ha definito il suo business model (scalabile e ripetibile), ed è quindi pronta per una crescita esponenziale, opera sul mercato e presenta alcune caratteristiche di successo che le permettono di ambire a una crescita internazionale in termini di mercato, business, organizzazione, fatturato. Sotto il profilo finanziario, lo scopo della Scale-up e della sua crescita è anche quello di ripagare i suoi investitori, attraverso una forma di exit. Secondo alcune stime, soltanto una piccola percentuale di Start-up riesce a diventare Scale-up.

Le novità dello Scale-up Act riguardano una serie di argomenti: dai nuovi requisiti per potersi qualificare come start-up innovativa a quelli per poter rimanere nel Registro speciale delle imprese, dalle agevolazioni concesse alle persone fisiche che investono in start-up alle nuove norme per incentivare l'investimento in venture capital di casse di previdenza e fondi pensione fino alla nascita degli acceleratori certificati.

Più precisamente, queste, in sintesi, le novità più rilevanti:

Cambiamento dei requisiti per qualificare una società di capitali come Start Up innovativa

Ai requisiti elencati nel Decreto Crescita 2.0 ne sono stati aggiunti altri due, e precisamente: (i) la precisazione che la società debba essere una micro, piccola o media impresa, secondo la raccomandazione della Commissione europea 2003/361/CE e (ii) nell'ambito del requisito secondo cui la start-up innovativa debba avere come oggetto sociale esclusivo o prevalente lo sviluppo di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico, viene aggiunta la precisazione che “non deve svolgere attività prevalente di agenzia e di consulenza”.

Una delle novità della nuova normativa è che dopo i primi tre anni viene effettuata una nuova verifica dei requisiti perché la start up possa rimanere nella sezione speciale del Registro delle imprese per ulteriori due anni: verrà cioè richiesto almeno un altro requisito tra i sei indicati dalla norma.  Allo scadere degli ulteriori due anni, ci sarà un'altra verifica dei requisiti: sarà richiesto che la start-up abbia almeno uno tra due requisiti indicati dalla norma. Successivamente a questi ulteriori due anni vi sarà un'ultima verifica per rimanere nel registro per ulteriori due anni. In sostanza la cadenza sarà 3+2+2+2.

Disciplina della start-up già iscritta nel registro speciale

Il legislatore distingue fra start-up iscritte al registro da più di 18 mesi al momento di entrata in vigore della normativa e start-up iscritte da meno di 18 mesi. Nel primo caso le start-up hanno 12 mesi di tempo dal termine del 3° anno di iscrizione per la verifica dei nuovi requisiti. Nel secondo caso ne hanno sei. Si segnala che non è stata tuttavia modificata la norma originaria nella sua prima parte, all'articolo 25, dove viene precisato che una società di capitali può essere considerata start-up innovativa fino a 60 mesi (5 anni) dalla sua costituzione e non dall'iscrizione nella sezione speciale del registro, azione che spesso avviene successivamente.

Acceleratori, start-up studio e venture builder potranno essere certificati

La nuova normativa ha ampliato la platea dei soggetti che possono essere certificati: dai soli incubatori a tutti coloro che svolgono attività di supporto e accelerazione di start-up innovative. Il legislatore non ha specificato la denominazione di questi operatori, ha detto che tra i possibili requisiti ai fini della definizione di incubatore certificato vengono incluse anche le attività di supporto e accelerazione in favore di start-up innovative. Per gli acceleratori certificati ci sarà un registro ad hoc parallelo a quello degli incubatori certificati.

Start -up, Scale-up e Scaler

Delineato il quadro normativo è opportuno spendere due parole sulle differenze fra start-up, scale-up e, da ultimo, i cd. scaler.

In base agli indici economici e di studio, in base alla relativa evoluzione si può distinguere fra le seguenti tipologie:

  • Start-up: ha prodotto tra i 500 mila e un milione di euro di investimenti o di fatturato;
  • Scale-up: ha raccolto tra 1 e100 milioni di euro di fatturato o di investimenti;
  • Scaler: ha un fatturato di oltre 100 milioni di euro. In pratica, uno degli obiettivi della scale-up è diventare una scaler, ovvero una società che ha superato tutte le fasi, è cresciuta al massimo delle sue possibilità e si occupa di mantenere la sua posizione.

Certamente il passaggio da start-up a scale-up è complesso e a volte non va a buon fine, come dimostrato da alcuni studi e relativi fatti. In particolare, necessita di un mix equilibrato di innovazione, visione strategica e una gestione ottimale delle risorse.

Con riferimento alla ricerca del sostegno finanziario, mentre le start-up si affidano a figure come business angels o venture capitalist, che investono credendo nel potenziale dell'idea, le scale-up, invece, attraggono grandi investitori o aziende, interessati non solo al prodotto, ma anche alla solidità dell'impresa e alla sua capacità di operare efficacemente sul mercato.

La Call for Evidence lanciata dalla Commissione europea per la definizione della nuova strategia a sostegno di Start-up e Scale-up europee

In data 17 febbraio 2025 la Commissione europea ha pubblicato un invito a presentare contributi sollecitando tutti i portatori di interessi a contribuire alla futura strategia dell'UE per le Start-up e le Scale-up. L'obiettivo è migliorare le condizioni per le Start-up e le Scale-up innovative, consentendo una crescita più rapida e con procedure più semplici all'interno del mercato unico, migliorando l'accesso ai finanziamenti, ai mercati e ai talenti, e semplificando gli steps burocratici e la normativa.

La consultazione si è chiusa il 17 marzo 2025. I contributi saranno raccolti, analizzati ed elaborati per alimentare la Strategia e gli strumenti che la Commissione proporrà nel secondo trimestre del 2025. Inoltre, saranno organizzati diversi eventi per ascoltare le parti interessate. Il primo incontro si è svolto il 17 febbraio scorso a Bruxelles e ha riunito 30 esperti del settore, tra imprenditori, investitori e rappresentanti di incubatori e acceleratori, selezionati per garantire un equilibrio geografico, settoriale e di genere. Sono previsti anche altri appuntamenti con altri founders, CEO e altre parti interessate.

Nel corso delle quattro settimane di apertura sul portale della Commissione europea “Have Your Say”, la consultazione ha raccolto circa 589 contributi da parte di stakeholders provenienti da 36 Paesi, fra i quali anche l'Italia, con una forte partecipazione da Belgio (115 risposte), Paesi Bassi (64) e Germania (64).

Cinque le aree di priorità segnalate dai partecipanti:

  1. accesso ai finanziamenti: forte richiesta di semplificare l'accesso al capitale, ridurre la complessità dei bandi e rafforzare gli strumenti di investimento europei;
  2. snellimento normativo: numerose proposte mirano a ridurre gli oneri burocratici e ad agevolare le attività transfrontaliere, ancora oggi ostacolate da barriere regolatorie;
  3. accesso al mercato: gli stakeholder chiedono un maggior coinvolgimento delle start-up negli appalti pubblici, una più efficiente trasferibilità della proprietà intellettuale e un miglior dialogo tra pubblico e privato;
  4. accesso al talento: è emersa l'esigenza di favorire il reclutamento di profili qualificati, migliorare le condizioni per l'assunzione e promuovere l'inclusione di imprenditori da background diversi;
  5. infrastrutture e servizi: le start-up chiedono un miglior accesso a centri di ricerca, poli di innovazione, incubatori e acceleratori, in particolare nelle regioni meno sviluppate.

Dall'Italia, si riscontrano i contributi di Associazione Gamma Donna, Meta Group Italia, Assolombarda, Federcasse, AIFI, Anitec-Assinform, Confcommercio, Italian Fintech, Innovup, Associazione Netval, Anpit, Geocommunity, Federazione Industrie, Prodotti, Impianti, Servizi ed opere specialistiche per le costruzioni, aiGot S.r.l, SQUP.

Utile a questa disamina è riportare alcuni interventi di taglio pratico da parte di fondatori di start-up italiane i quali osservano che “il percorso per avviare e far crescere una start-up risulta estremamente complesso. Le difficoltà non riguardano solo l'elevato peso burocratico e normativo, ma anche l'assenza di un ecosistema di venture capital strutturato”.

Si auspica in particolare, (a) uno statuto comune per le Start-up nell' UE, ovvero “un quadro normativo armonizzato che preveda forti esenzioni e semplificazioni per la nascita e la gestione delle start-up”; (b)  Fondi VC Europei Unificati, ovvero  fondi di venture capital europei, “corredati da incentivi e semplificazioni regolatorie, per attrarre investimenti e sostenere il finanziamento delle start-up in ogni fase di crescita” (c) Accesso iper-semplificato al mercato, ovvero in particolare  “l'adozione di procedure semplificate per l'ingresso nel mercato unico, eliminando le barriere che ostacolano l'espansione transnazionale” (d) Acceleratori europei per le Start-up, ovvero “l'istituzione di acceleratori europei che offrano supporto tecnico, mentoring e networking, strumenti fondamentali per il successo delle imprese innovative”, (e) Maggiori investimenti in formazione obbligatoria e infrastrutture, ovvero imprenditori e investitori per quanto concerne la formazione e talent hub, incubatori e acceleratori per quanto riguarda le infrastrutture che si ritengono “elementi fondamentali per creare una cultura solida e consapevole”.

I risultati della consultazione alimenteranno la redazione della nuova Start-up and Scale-up Strategy, che sarà presentata nei prossimi mesi come parte dell'agenda della Commissione per l'innovazione e la competitività.

L'obiettivo della Commissione è quello di colmare il divario esistente fra l'UE e i suoi concorrenti globali potenziando la competitività. In particolare, si cerca di affrontare e risolvere con misure concrete le difficoltà che le start-up e scale-up europee incontrano nell'accesso ai capitali, ai mercati, ai servizi e alle infrastrutture.

Già nel 2016 era stata introdotta la Start-up e Scale-up Initiative, successivamente nel 2018 è stato lanciato lo European Innovation Council, programma teso a identificare, sviluppare e scalare le tecnologie rivoluzionarie e le innovazioni “game changing”. Il contesto normativo e imprenditoriale non consente ancora di portare prodotti, servizi e soluzioni innovative agli utenti nella misura necessaria e molte aziende finiscono per rivolgersi al di fuori dell'Europa per cercare capitali di rischio e opportunità di espansione.

Il piano venture capital del governo e i dubbi applicativi della legge sulla concorrenza

Con l'emanazione della legge sulla concorrenza, tuttavia, il piano del governo agli investimenti in start-up innovative ha segnato una battuta di arresto.

Fondi pensione e casse di previdenza private che, in base al Mimit (Ministero delle Imprese e del Made in Italy) rappresenterebbero i protagonisti della fase di sviluppo delle start-up verso la dimensione scale-up, stanno sollevando dubbi applicativi sulle norme inserite nella legge che molto probabilmente porterà il governo a correggere od integrare la normativa.

Uno degli aspetti sui quali sono sorti dubbi interpretativi riguarda l'art. 33 della legge sulla concorrenza. Il dossier che accompagna la legge annuale della concorrenza stima un ritardo italiano negli investimenti "venture capital" nella innovazione tecnologica. Per stimolarli, il Mimit ha deciso di vincolare una quota degli investimenti delle casse di previdenza professionali, in cambio dell'attuale esenzione fiscale sui redditi finanziari di cui beneficiano le casse. Si tratta di disposizioni rivolte specificamente agli enti di previdenza obbligatori- inclusi gli enti privatizzati dei liberi professionisti- consistenti nell'esentare da imposta i redditi derivanti da investimenti in "start-up innovative". La novità, prevista dall'articolo 33 della legge annuale per la concorrenza, modifica la disciplina degli investimenti "qualificati" effettuati dagli enti di previdenza, aggiungendo nel novero gli investimenti in "imprese giovani ad alto contenuto tecnologico e con potenziale di crescita elevato".

Secondo un articolo de IlSole24 Ore del 2 aprile 2025 la lettera inviata al Mimit da Italian Tech Alliance e InnovUp sottolinea diversi punti critici, fra i quali i seguenti:

  1. la legge concorrenza entrata in vigore lo scorso 18 dicembre (Legge n. 193/2024) prevede che l'attuale esenzione fiscale sui redditi finanziari da investimenti qualificati a favore di casse e fondi pensione è condizionata all'obbligo per questi soggetti di investire in fondi per il venture capital almeno il 5% dell'ammontare dell'anno precedente, quota destinata a salire al 10% dal 2026. Non essendo stati previsti decreti attuativi le norme sono diventate da subito applicabili, ma il principale dubbio riguarda i meccanismi di calcolo degli investimenti in fondi di venture capital, ovvero se si debbano considerare gli importi effettivamente richiamati e versati oppure quelli sottoscritti. Sul punto pare che il ministero stia studiando una correzione, al fine di chiarire che l'investimento qualificato può essere calcolato sulla base degli impegni vincolanti a realizzare investimenti qualificati e non sugli investimenti effettivamente già effettuati. Senza una modifica, per fondi pensione e casse sarebbe infatti molto difficile selezionare, secondo le strette tempistiche previste dalla legge, la platea di fondi di venture capital con i quali si possono raggiungere le soglie previste.
  2.  la stessa definizione di fondo di venture capital, e quindi quella di Pmi ammissibile, dovrebbero essere aggiornate facendo riferimento agli ultimi cambiamenti della normativa Ue.
  3. vengono evidenziati dubbi sul divieto di iscrizione al registro delle start-up innovative per le imprese con “attività prevalente di agenzia e di consulenza”, non trovando questa definizione una corrispondenza univoca in un codice Ateco.

Sono poi stati sollevati ulteriori dubbi applicativi sui quali il Ministero ritiene di poter fornire gli opportuni chiarimenti attraverso le Faq (frequently asked questions) senza dover modificare la normativa. Più precisamente, non risultano chiari (a) i nuovi riferimenti temporali per la permanenza nel Registro, (b) la normativa transitoria per chi è già iscritto da più di quattro anni, (c) il requisito dell'“ottenimento di un brevetto”, (d) i limiti di accesso alle agevolazioni fiscali nei casi di investimenti che generano una partecipazione qualificata superiore al 25% del capitale sociale, (e) la disciplina delle detrazioni per il “work for equity”. Si ritiene mancante la documentazione aggiornata per la certificazione a carico di incubatori e acceleratori.

Considerazioni conclusive

Gli obiettivi di una scale-up company sono molteplici: scalare il business, automatizzando i processi, accelerare la crescita, aumentando gli utili e contenendo i costi, espandersi all'estero o in nuovi mercati affini. Ciò che la differenzia dalla start-up (che, come tale, è alla ricerca di un business scalabile e ripetibile) è appunto l'obiettivo di esplorare nuovi mercati e scalare i processi.

È chiaro che lo Scale-up Act rappresenta un passo in avanti nella regolamentazione delle start-up italiane che aveva necessità di essere modernizzata anche per incentivare i fondi pensione nel venture capital ad investire. Tuttavia, occorrerà verificare nel lungo periodo come le misure apportate possano veramente trasformare l'Italia in un hub dell'innovazione competitivo a livello europeo.

Sul piano europeo, è peraltro da segnalare il primo incontro dell'“European Start-up and Scaleup Forum”, tenutosi a Bruxelles in febbraio nell'intento della Commissione europea di delineare una strategia unitaria a supporto delle start-up e scale-up europee. L'incontro ha visto riunirsi almeno trenta esperti del settore, fra imprenditori, investitori e rappresentanti di incubatori e acceleratori, di diversa provenienza geografica e settoriale. L'obiettivo resta quello di colmare il divario innovativo tra l'Unione Europea e i suoi competitor globali, rafforzando la competitività del continente.

Di certo, la post-globalizzazione innescata dalla politica sui dazi di Trump ha destabilizzato il mercato e, pertanto, anche il mondo delle start-up nel quale diversi sono gli attori in gioco e, ciascuno, con ruoli e rischi differenti: angel investor, venture capital, corporate venture. La sfida è riconsiderare le strategie di crescita, le fonti di finanziamento e i modelli di business in un contesto sempre più frammentato e imprevedibile.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario