Comodato di immobile e ripartizione delle spese tra comodante e comodatario

17 Aprile 2025

Nel caso di un contratto di comodato, chi deve reggere i costi generati inevitabilmente dall'immobile? Il codice civile stabilisce che si tratta di un contratto a titolo gratuito (per il quale il comodante non può pretendere un corrispettivo dal comodatario), ma disciplina solo in modo sintetico gli aspetti concernenti i costi generati dal bene immobile oggetto di comodato.

Introduzione. Il quadro normativo

Il contratto di comodato è uno dei contratti tipici previsti dal codice civile. Viene definito come “il contratto col quale una parte consegna all'altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l'obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta” (art. 1803 comma 1 c.c.). In questo articolo ci soffermeremo sul comodato di beni immobili.

La legge continua specificando che “il comodato è essenzialmente gratuito” (art. 1803 comma 2 c.c.). La gratuità è la principale differenza rispetto alla locazione. Non vi è dunque corrispettività tra le prestazioni di comodante e comodatario. Per il suo carattere di gratuità, il comodato è pertanto più raro nella prassi delle locazioni: occorre che il comodante sia spinto da particolari ragioni a concedere in comodato il proprio bene, ragioni quasi sempre riconducibili al rapporto familiare sussistente con il comodatario.

Il punto è che, quando il comodato concerne un'unità immobiliare, l'immobile porta con sé – per definizione – dei costi. Basti pensare alle imposte e alle tasse dovute all'erario, come l'IMU e la TARI. Vi è poi la questione delle spese condominiali, se l'immobile si trova all'interno di un edificio condominiale. Infine ci sono i costi di manutenzione dell'unità immobiliare. In questo articolo analizziamo la tematica della ripartizione dei costi tra comodante e comodatario, alla luce di alcuni interventi giurisprudenziali.

Viene stabilito dalla legge che “il comodatario non ha diritto al rimborso delle spese sostenute per servirsi della cosa” (art. 1808, comma 1, c.c.). La soluzione è lineare nel ricercare un equilibrio tra comodante e comodatario: il comodante dà un bene a titolo gratuito, ma almeno “in cambio” il comodatario deve reggere le spese generate dal bene, mantenendo esente il comodante delle conseguenze negative (in termini di costi) derivanti dalla proprietà dell'immobile.

Immediatamente dopo il legislatore fissa però un limite, statuendo che il comodatario “ha diritto di essere rimborsato delle spese straordinarie sostenute per la conservazione della cosa, se queste erano necessarie e urgenti” (art. 1808, comma 2, c.c.). Dalla disposizione emerge che le spese ordinarie sono a carico del comodatario, quale persona che gode del bene. Le spese straordinarie sono invece a carico del comodante, quale proprietario dell'immobile. In via eccezionale, il comodatario può sostenere (o meglio: anticipare) spese straordinarie, se giustificate dal fatto di essere non solo necessarie ma anche urgenti. Trattandosi però di spese che – nell'assetto legislativo - sono a carico del comodante, questi deve rimborsare il comodatario. La Corte di cassazione (Cass. civ., sez. II, 23 agosto 2021, n. 23294) ha stabilito che il comodatario che voglia affrontare spese di manutenzione straordinaria (non riconducibili alla categoria delle spese straordinarie necessarie e urgenti) può provvedervi, ma – se decide di affrontarle – lo fa nel suo esclusivo interesse e non può conseguentemente pretenderne il rimborso dal comodante.

L'art. 1808 c.c. è una disposizione derogabile. La derogabilità può operare in due direzioni: a vantaggio del comodante oppure del comodatario. Una deroga contrattuale a vantaggio del comodante mette a carico del comodatario anche le spese straordinarie. Viceversa, una deroga contrattuale a vantaggio del comodatario mette a carico del comodante anche le spese ordinarie. Quest'ultima opzione è estremamente vantaggiosa per il comodatario, il quale si trova a godere dell'immobile senza reggere alcun costo. Per certi versi, soprattutto se la durata del comodato è particolarmente lunga, si tratta di un'opzione perfino più vantaggiosa della donazione. In caso di donazione difatti il donatario, divenuto proprietario, deve reggere i costi dell'immobile, cosa che invece non succede al comodatario dispensato da qualsiasi costo. È improbabile che il comodante sia generoso a tal punto da farsi espressamente carico di tutti gli oneri generati dall'unità immobiliare, ma di per sé questa scelta non è illegittima.

Oneri condominiali e costi delle utenze

Tra gli oneri “necessari” generati da un immobile ci sono quelli condominiali, se l'immobile fa parte di un condominio. Anche con riguardo agli oneri condominiali, bisogna però distinguere tra spese ordinarie e straordinarie.

La questione della ripartizione degli oneri condominiali nell'ambito del contratto di comodato è stata oggetto di una recentissima sentenza del Tribunale di Rimini (Trib. Rimini, 9 gennaio 2025). Si tratta di una lite tra madre e figlia, avendo la prima dato in comodato gratuito un appartamento alla figlia. Viene concluso un contratto scritto nel gennaio 2014, ma nel settembre 2021 la comodante dà disdetta alla comodataria, chiedendo la restituzione dell'immobile. Il contratto prevedeva che la durata del vincolo contrattuale fosse temporalmente ancorato alla vita della comodataria, senza possibilità di risolverlo se non per grave inadempimento delle obbligazioni della comodataria. Il giudice riminese rigetta dunque la richiesta di rilascio dell'unità immobiliare, in quanto la figlia è ancora in vita. La madre chiede però in subordine la dichiarazione di risoluzione del contratto per inadempimento grave della comodataria. La madre contesta alla figlia di averle consegnato oltre € 6.000 per il pagamento di oneri condominiali straordinari, che la figlia non avrebbe versato all'amministratore. Il contratto di comodato concluso tra le parti prevedeva peraltro che la comodataria dovesse corrispondere unicamente le spese ordinarie, mentre le spese di natura straordinaria sono a carico della comodante. Non vi è dunque alcun inadempimento da parte della comodataria, che non era tenuta a pagare gli oneri straordinari. In conclusione, il Tribunale di Rimini rigetta il ricorso presentato dalla madre comodante. Questo caso riflette la previsione legislativa di ripartizione degli oneri tra comodante (spese straordinarie) e comodatario (spese ordinarie). Il contratto tra le parti conteneva una clausola sostanzialmente ripetitiva della previsione legislativa. Come detto, però, l'art. 1808 c.c. non è una disposizione imperativa. Le parti potrebbero insomma pattuire che anche gli oneri straordinari sono a carico del comodatario. Infine, al contrario, il contratto potrebbe prevedere che tutti gli oneri (ordinari e straordinari) sono a carico del comodante.

L'uso di un immobile implica poi necessariamente il pagamento di alcune utenze, riconducibili a quattro categorie: energia elettrica, gas, acqua e internet. Questi oneri sono a carico del comodatario, rientrando nella nozione di spese sostenute per servirsi della cosa (ai sensi del comma 1 dell'art. 1808 c.c.). In un caso deciso dal Tribunale di Ascoli Piceno (Trib. Ascoli Piceno, 28 maggio 2018), il giudice ha tuttavia ritenuto che i costi del condominio e delle utenze dovessero rimanere a carico del comodante. La vicenda è particolare in quanto non era stato concluso un contratto di comodato per iscritto. Non ci sono dunque particolari pattuizioni tra le parti sulle caratteristiche del rapporto, trovando applicazione solo il testo della legge. Il giudice ascolano afferma che la comodataria nulla deve per spese sostenute dal proprietario per bollette e oneri condominiali data la gratuità del comodato. Questa soluzione non appare a chi scrive corretta, in quanto un conto è la gratuità del comodato (non c'è corrispettivo per il godimento dell'immobile in sé considerato), un altro conto sono i costi generati dall'immobile. Questi costi – se ordinari - sono posti dal comma 1 dell'art. 1808 c.c. a carico del comodatario.

Le spese straordinarie

Abbiamo visto che la legge prevede una ripartizione dei costi tra comodante e comodatario come segue: comodante spese straordinarie, comodatario spese ordinarie. Abbiamo altresì osservato come l'art. 1808 c.c. sia derogabile sia a vantaggio che a svantaggio del comodatario.

Il Tribunale di Latina si è occupato di un caso in cui le spese (anche per opere straordinarie) erano poste per contratto a carico del comodatario (Trib. Latina, 7 marzo 2024). Più precisamente il contratto di comodato stabiliva che “ogni aggiunta o modifica che non possa essere tolta senza danneggiare l'immobile non potrà essere effettuata dalla parte comodataria senza la preventiva autorizzazione scritta della parte comodante e comunque resterà a beneficio dell'immobile senza che nulla sia dovuto alla parte comodataria, neanche a titolo di rimborso spese”. Nonostante questa clausola contrattuale, il comodatario realizza delle opere senza il consenso dei comodanti. Si tratta di opere straordinarie: un muro perimetrale in sostituzione del precedente, un nuovo cancello, livellamento del terreno, innalzamento del piano di calpestio. Inoltre sono opere abusive, cosicché i proprietari subiscono un procedimento penale. I comodanti chiedono il recesso dal contratto di comodato (oppure in subordine la risoluzione) e il risarcimento del danno. La domanda di recesso viene accolta, in quanto il contratto prevedeva il recesso ad nutum, ovvero con preavviso al comodatario di tre mesi. I comodanti danno preavviso rispettando il termine, cosicché il comodatario deve rilasciare l'immobile. In ogni caso la restituzione del bene si giustifica per i gravi inadempimenti del comodatario. Il giudice latinense constata che il comodatario ha violato l'obbligazione di non eseguire i lavori di manutenzione straordinaria senza il consenso scritto del comodante. I comodanti chiedono inoltre l'indennità per occupazione abusiva, in relazione ai ritardi nella restituzione dell'immobile. Questa domanda viene però rigettata sulla base di due argomentazioni. Da un lato il comodatario non corrispondeva alcun canone, cosicché il prolungamento dell'occupazione dell'immobile non è di per sé foriero di danno. Da un altro lato manca la prova che i comodanti, in caso di tempestiva risoluzione, sarebbero stati in grado di locare l'immobile. Il comodatario esperisce una domanda riconvenzionale: chiede di essere ristorato del controvalore dei lavori effettuati a beneficio dei comodanti. La domanda riconvenzionale viene però rigettata, in quanto non vi è prova della loro autorizzazione scritta (come previsto dal contratto). Inoltre non vi è prova dell'effettiva entità degli esborsi economici sostenuti dal comodatario, in assenza di fatture. In conclusione, la domanda di rimborso delle spese (illegittimamente) affrontate dal comodatario viene rigettata.

Il Tribunale di Torino (Trib. Torino, 6 giugno 2019) si è invece occupato di un caso in cui le spese affrontate dal comodatario sono state ritenute necessarie e urgenti, con condanna del comodante al rimborso. Viene concluso un contratto di comodato nel 2002 e il comodatario entra nell'unità immobiliare. Inizialmente paga la spese ordinarie, ma nel periodo dal 2011 al 2014 smette di pagare le spese condominiali a suo carico. I comodanti agiscono dunque in giudizio affinché il comodatario sia condannato a pagare gli oneri ordinari a suo carico. Dal canto suo il comodatario eccepisce di avere cambiato gli infissi e chiede il rimborso delle relative spese ai comodanti. Si contrappongono dunque due distinte pretese delle parti, richieste che il giudice torinese esamina separatamente. Viene nominato un consulente tecnico d'ufficio, il quale quantifica le spese di riscaldamento e di gestione a carico del comodatario nell'importo di € 5.686. Per quanto concerne le spese per gli infissi, essa ammonta a € 4.800. Il Tribunale di Torino accerta che i vecchi infissi versavano in gravi condizioni di degrado, tali da comportare infiltrazioni di acqua e aria all'interno dell'alloggio e da renderlo insalubre. Si trattava dunque di una spesa necessaria e urgente, perché le condizioni delle finestre erano tali da rendere insalubri le condizioni dell'appartamento. La sostituzione degli infissi era nel caso concreto una spesa non solo di manutenzione straordinaria, ma anche urgente, nella misura in cui la permanenza in un alloggio interessato da infiltrazioni piovane e spifferi d'aria metteva a repentaglio la salute del comodatario e della sua famiglia. Le spese sostenute dal comodatario per la conservazione (cambio infissi) rientrano tra quelle previste dal comma 2 dell'art. 1808 c.c. per le quali il comodatario ha diritto di essere rimborsato dal comodante. Il giudice opera la compensazione tra credito e controcredito delle parti.

L'indennità per limitato accesso al fondo

Il Tribunale di Napoli si è occupato di un caso particolare concernente l'indennità dovuta per le limitazioni all'accesso al fondo (Trib. Napoli, 28 aprile 2023). Viene concluso un contratto di comodato, in forza del quale la comodante mette a disposizione del comodatario due spazi: un garage posto al piano seminterrato della superficie di 313 mq e un locale commerciale posto al piano terra della superficie di 194 mq. Nei locali viene iniziata un'attività di officina e ricambistica (piano seminterrato) e di vendita e noleggio di autoveicoli (al piano terra). Le unità immobiliari si trovano all'interno di un condominio, il quale delibera l'esecuzione di lavori alle facciate. Vengono così collocati i ponteggi, che rimangono apposti per circa diciassette mesi. Conseguentemente, il comodatario non può usare gli spazi aperti antistanti l'attività commerciale svolta. Inoltre i ponteggi riducono sensibilmente la visibilità dall'esterno dell'attività commerciale. Il comodatario pretende allora un'indennità ai sensi dell'art. 843 c.c. La domanda viene azionata sia dal proprietario comodante che dal comodatario contro il condominio, ma viene chiesto il riconoscimento di un'indennità a favore del solo comodatario. L'art. 843 c.c. prevede che il proprietario debba consentire l'accesso al fondo e che “se l'accesso cagiona danno, è dovuta una adeguata indennità” (comma 2). Il giudice napoletano rigetta la domanda, sulla base della considerazione che l'indennità spetta al proprietario, limitato nell'accesso al fondo, non al comodatario. La domanda tesa a riconoscere il pagamento dell'indennità di cui all'art. 843 c.c. in favore di un soggetto diverso dal proprietario va dichiarata inammissibile per difetto di legittimazione attiva.

In conclusione

Il comodante compie un atto di generosità mettendo a disposizione del comodatario un immobile a titolo gratuito. Per evitare discussioni tra le parti, è opportuno che il contratto di comodato regoli esattamente come ripartire tra le parti gli oneri generati dall'unità immobiliare. In assenza di apposite pattuizioni, la regola è quella dell'ordinario a carico del comodatario e dello straordinario a carico del comodante.

Riferimenti

Berruti , L a risoluzione del contratto di comodato modale per mancato adempimento del “modus”, in Contratti, 2022, 310

D'Auria , Concessione gratuita di bene inagibile e comodato: profili problematici, in Giur. it., 2014, 551.

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