Patteggiamento e azione penale della procura europea: i limiti al diritto di difesa

La Redazione
17 Aprile 2025

Il consenso della parte alla pattuizione della pena (“patteggiamento”) implica la compromissione di alcune facoltà derivanti dal pieno esercizio del diritto di difesa e ciò vale anche nel caso in cui la richiesta di rinvio a giudizio promani dalla procura europea (EPPO), invece che dal PM nazionale.

Un ente no profit italiano era chiamato a rispondere, ai sensi degli artt. 5 e 24 d.lgs. n. 231/2001, per aver commesso una truffa aggravata dal conseguimento di erogazioni pubbliche europee (artt. 110 e 640-bis c.p.) e, dopo aver aderito al patteggiamento, si rivolgeva alla Corte di Cassazione, contestando tanto la consumazione della truffa quanto la violazione della normativa sovranazionale (unionale e CEDU) che garantisce il diritto dell'imputato a essere sentito, in quanto la Camera permanente della procura europea aveva dato parere favorevole alla richiesta del procuratore europeo delegato in Italia di procedere all'esercizio dell'azione penale, senza che fosse data possibilità all'ente di interloquire con le autorità.

Tuttavia, la Cassazione ha respinto il ricorso, alla luce del fatto che la ricorrente aveva scelto di procedere alla definizione del processo tramite patteggiamento, procedimento semplificato e più celere, ma che implica la rinuncia a contestare le accuse e a esercitare tutte le prerogative di un pieno diritto di difesa, incluso il diritto a essere sentiti dal procuratore.  

La disciplina del patteggiamento italiana si basa proprio su precise scelte normative europee, derivanti dall'avvertita necessità di accelerare la definizione dei processi, cui si accompagna una riduzione dell'entità della pena, a fronte di una parziale compromissione del diritto di difesa.

L'imputato non può, quindi, lamentare la violazione del proprio diritto di essere sentito dopo aver aderito al patteggiamento della pena, né può ricorrere in cassazione contro il provvedimento che traduce l'accordo in decisione se non per motivi quali la violazione dell'accordo o l'illegalità della pena stabilita. Ciò vale anche nel caso in cui l'interlocutore non sia il PM nazionale, ma la procura europea, in quanto la disciplina del patteggiamento e i principi su cui si fonda non cambiano.