Sull’eccesso di potere giurisdizionale del giudice amministrativo in sede di ottemperanza ad un giudicato del giudice ordinario

Redazione Scientifica Processo amministrativo
15 Aprile 2025

Sussiste l'eccesso di potere denunciabile con ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, nella forma del difetto relativo di giurisdizione, qualora il giudice amministrativo respinga un ricorso in ottemperanza ad un giudicato del giudice ordinario, attribuendo rilevanza ad una transazione tra le parti, stipulata prima della formazione del giudicato ma non presa in considerazione dal giudicato stesso; in tal modo, infatti, il giudice amministrativo integra il giudicato del giudice ordinario e viola i limiti esterni della propria giurisdizione.

Una società di factoring, cessionaria dei crediti vantati da una Casa di Cura nei confronti di una Azienda Sanitaria Locale (ASL), otteneva l'emissione, da parte del Tribunale ordinario, di un decreto ingiuntivo.

L'ingiunzione veniva opposta dalla ASL innanzi allo stesso Tribunale che, con sentenza, poi passata in giudicato, rigettava l'opposizione.

La Casa di Cura rientrata, in seguito ad atto di retrocessione, nella titolarità dei crediti già ceduti, promuoveva innanzi al TAR giudizio di ottemperanza del decreto ingiuntivo, divenuto definitivo per il passaggio in giudicato della sentenza che aveva rigettato l'opposizione.

Il TAR accoglieva il ricorso in ottemperanza e, per l'effetto, in esecuzione dell'azionato titolo esecutivo, ordinava alla ASL di provvedere alla corresponsione in favore di parte ricorrente delle somme indicate nel provvedimento giudiziale di cui era chiesta l'ottemperanza.

La ASL avverso tale decisione proponeva appello innanzi al Consiglio di Stato, sostenendo che, a fronte del decreto ingiuntivo ed in pendenza del giudizio di opposizione, le parti avevano stipulato una transazione in base alla quale la Casa di cura aveva accettato il pagamento di una parte del credito complessivo, rinunciando agli interessi, come da accordi transattivi intercorsi.

Il Consiglio di Stato accoglieva l'appello e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, respingeva il ricorso di primo grado introduttivo del giudizio di ottemperanza.

La Casa di cura avverso tale sentenza ha, quindi, proposto ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, ex art. 362, co.1, c.p.c., lamentando che, con il rigetto del ricorso per l'ottemperanza, il giudice amministrativo avrebbe deciso e fatto valere una questione di merito, quale l'esistenza di una transazione tra le parti, antecedente alla pronuncia passata in giudicato, rientrante nella sfera della giurisdizione riservata al G.O.

Tanto esposto, la Suprema Corte ha statuito che il giudizio di ottemperanza, quando ha ad oggetto una sentenza del giudice ordinario al pagamento di una somma di danaro, assume natura e caratteristiche di giudizio prevalentemente esecutivo, sicché il giudice dell'ottemperanza svolge una funzione attuativa della concreta statuizione giudiziale adottata dal giudice ordinario e non può alterare il suo precetto, limitandone o ampliandone la portata effettuale in violazione dell'art. 2909 c.c.

Invero, il giudice amministrativo, investito della giurisdizione in materia di ottemperanza, ne è privo riguardo alla materia controversa nel merito e decisa dal provvedimento irrevocabile di altro giudice. Pertanto, l'interpretazione del giudicato può esercitarsi solo sulla base di elementi interni al giudicato da ottemperare e non su elementi esterni ed addirittura antecedenti al passaggio in giudicato la cui valutazione rientri in ogni caso nella giurisdizione propria del giudice che ha emesso la sentenza da attuare.

Di conseguenza, ove il giudice amministrativo, in sede di ottemperanza di una sentenza definitiva del giudice ordinario, effettui un sindacato integrativo, con una pronuncia sostanzialmente auto esecutiva, integrerà un eccesso di potere giurisdizionale sindacabile ai sensi dell'art. 111, ottavo comma, Cost., inteso quale esorbitanza dai limiti esterni che segnano l'ambito della sua giurisdizione.

Per quanto innanzi e con riferimento alla fattispecie in esame, la Suprema Corte ha affermato che il giudice dell'ottemperanza, accertando la transazione ed i suoi effetti, non ha semplicemente interpretato il giudicato civile, ma ha dato rilievo ad un “fatto” (il contratto di transazione) modificativo/estintivo del credito ingiunto che lo stesso giudicato civile non contemplava, benché fosse anteriore ad esso, essendo pacificamente intervenuto nel corso del giudizio civile, sicché avrebbe potuto e dovuto essere eccepito ed accertato in quella sede di cognizione ordinaria.

La sentenza impugnata ha, dunque, attribuito al giudicato un contenuto precettivo differente da quello risultante dal titolo, con accertamento di un diritto da attuare oltre il decisum (ed in contrasto con lo stesso), per cui il giudice amministrativo ha conosciuto e regolato un diverso rapporto (quello fondato sulla transazione) tra le parti, la cui cognizione è comunque assegnata ad altra giurisdizione, ovvero a quella ordinaria.

Il collegio ha, quindi, ritenuto sussistente l'eccesso di potere denunciabile con ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, nella forma del difetto relativo di giurisdizione, per avere il giudice amministrativo violato i limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria.

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