Il contributo al mantenimento dei figli deve essere valutato concretamente e attualmente, nel rispetto del principio di proporzionalità della contribuzione genitoriale

22 Aprile 2025

Sui tempi di permanenza dei figli presso ciascun genitore e sulla natura bidimensionale della natura del contributo al mantenimento della prole minorenne, o maggiorenne ma non economicamente autosufficiente

Massima

Premessa la discrezionalità del Giudice di merito nel declinare il criterio del the best interest of the Child - anche operando un giudizio prognostico - rispetto al titolo di affidamento di prole di età minore ed alle modalità di frequentazione, con riguardo alle statuizioni economiche si deve osservare il principio di proporzionalità il quale opera sia nella determinazione del contributo periodico al mantenimento dei figli sia nella partecipazione solo in termini percentuali alle spese straordinarie ad essi relative ed impone - e prevede - la attenta disamina delle condizioni reddituali e patrimoniali del genitore obbligato, considerate all’attualità, anche parametrate agli oneri di cui quest’ultimo sia gravato (quali, ad esempio, le spese locative) e della partecipazione del genitore obbligato alla vita quotidiana e all’accudimento dei figli.

Il caso

Tizio ha proposto appello - chiedendo la parziale riforma in punto addebito e collocazione dei minori - avverso la sentenza del Tribunale di primo grado che ha recepito le condizioni di cui all’ordinanza presidenziale: assegnazione della casa familiare alla madre con collocazione dei minori (di anni 12 e 9) e regolamentazione delle visite paterne; fissazione di un assegno per i minori a carico del padre di euro 200,00 mensili ciascuno, oltre il 60% delle spese straordinarie.

La Corte d’Appello ha accolto la domanda di revisione in punto addebito, confermando, nel resto, la sentenza impugnata, poiché ha ritenuto la richiesta paterna - collocamento alternato e tempi paritari - contraria al best interest dei due ragazzi che, in considerazione dell’età, “ necessitano per il loro sereno equilibrio della sicurezza di una routine consolidata oltre che di spazi e punti di riferimento. È stato ritenuto equo, sia rispetto al reddito delle parti sia rispetto alle esigenze dei figli, anche il quantum dell’assegno di mantenimento nonché la ripartizione pro quota delle spese extra-assegno leggermente maggiore per il padre in considerazione della sua maggiore stabilità lavorativa e reddituale.

Avverso tale pronuncia, Tizio ha proposto ricorso per cassazione.

La questione

Le questioni in esame sono le seguenti: in che modo incide la discrezionalità del giudice nella deroga al principio della tendenziale parità dei tempi di permanenza di un figlio presso ciascun genitore? Come e quanto rileva, in concreto, la bidimensionalità della natura del contributo al mantenimento che vede da un lato il rapporto tra genitori e figli e dall’altro il rapporto tra genitori obbligati?

Le soluzioni giuridiche

Rispetto al titolo di affidamento della prole, il giudice deve attenersi al criterio fondamentale rappresentato dall'esclusivo interesse morale e materiale della prole.

Il diritto del bambino alla bigenitorialità, a partire dalla prima revisione operata dal legislatore con legge n. 54/2006, anche valorizzando i principi ricavabili vuoi dagli articoli 3 e 9 della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata dall'Italia con legge n. 176/1991, vuoi dai principi ricavabili dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo relativa all'articolo 8 CEDU, da leggersi anche in combinato disposto con gli artt. 6 e 14 CEDU, ha condotto anche la giurisprudenza a considerare che corrisponda all'interesse del minore - in mancanza di gravi ragioni ostative - garantire una frequentazione dei genitori tendenzialmente paritaria con il figlio (si veda, Cass. Civ. - sez. I, n. 19323 del 17 settembre 2020).

Tuttavia, nell'interesse del minore, il giudice può individuare un assetto che si discosti da questo principio tendenziale, al fine di assicurare al minore la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena.

Il criterio del best interest of the child deve infatti essere declinato dalla giurisprudenza, essendo in astratto non suscettibile di definizione se non rapportato al caso concreto e, specificamente, alla disamina delle evidenze - anche sulla base di un giudizio prognostico - che possano consentire al Giudice di valutare quale sia il genitore che appaia il più idoneo a garantire l'altro genitore e a ridurre al massimo il pregiudizio derivante dalla disgregazione del nucleo familiare, oltre che assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore.

Il Giudice può anche basarsi sulle modalità con cui il genitore ha svolto in passato il proprio ruolo, con particolare riguardo alla sua capacità di relazione affettiva, di attenzione, di comprensione, di educazione, di disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché sull'apprezzamento della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell'ambiente che è in grado di offrire al minore.

La valutazione discrezionale del Giudice di merito esprime un apprezzamento di fatto non suscettibile di censura in sede di legittimità (sul punto, Cass n. 28244/2019).

È in questo quadro che, nel caso in esame, la Corte territoriale ha ritenuto corrispondente al preminente interesse dei minori il regime del collocamento prevalente presso la madre, vista l'età dei due ragazzi e la necessità di assicurare ad essi una continuità abitativa per mantenere il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si articola la vita familiare e contribuire quindi in misura fondamentale alla formazione armonica della personalità psico-fisica della prole.

Rispetto alle determinazioni economiche, avuto riguardo alla bidimensionalità della natura del contributo al mantenimento, si osserva quanto segue.

Quanto alla dimensione del rapporto tra genitori e figli, occorre attenersi all'art. 337-ter, comma 4, nn. 1) e 2) c.c., mentre per quanto attiene alla dimensione del rapporto tra genitori obbligati, i parametri sono indicati nell'art. 337-ter, comma 4, n. 3), 4) e 5) c.c. e, per le coppie coniugate, anche nell'art. 143, comma 3, c.c.

È evidente che - quanto agli adulti obbligati al mantenimento - entra in gioco il principio di proporzionalità delle risorse reddituali e patrimoniali che va declinato alla luce delle esigenze del figlio e del tenore tenuto durante la convivenza dei genitori, indirizzano il contributo che ciascuno dei genitori è chiamato a dare, oltre che la misura dell'assegno periodico da porre eventualmente a carico di uno di essi.

La giurisprudenza di legittimità, rispetto alla quantificazione del contributo al mantenimento per il figlio, anche se maggiorenne e non autosufficiente, ha previsto che debba osservarsi il principio di proporzionalità che, nei rapporti interni, richiede una valutazione comparata dei redditi di entrambi i genitori (Cass., sez. I, ord. 10 febbraio 2023, n. 4145; Cass., sez. VI-1, ord., 16 settembre 2020, n. 19299).

L'applicazione di tale principio opera sia nella determinazione del contributo periodico al mantenimento dei figli sia nella partecipazione solo in termini percentuali alle spese straordinarie ad essi relative ed impone - e prevede - tuttavia che vi sia una attenta disamina delle condizioni reddituali e patrimoniali del genitore obbligato che vanno considerate all'attualità, anche parametrate agli oneri di cui quest'ultimo sia gravato (quali, ad esempio, le spese locative). Vanno, più in chiaro, comparate le condizioni economico patrimoniali delle parti da cui poter comprendere come è stato applicato il criterio di proporzionalità, tenuto anche conto della partecipazione del genitore obbligato alla vita quotidiana e all'accudimento dei figli.

Osservazioni

In tema di mantenimento dei figli minorenni o maggiorenni non economicamente autosufficienti, la valutazione - anche per la percentuale di spese straordinarie a carico di ciascun genitore - va effettuata in concreto e nell'attualità di tutti i parametri indicati nell'art. 337-ter, comma 4, c.c., poiché in difetto di produrrebbe l'effetto violativo del principio di proporzionalità della contribuzione genitoriale, laddove sopraggiungano elementi che – anche per il carattere di straordinarietà – non possano essere ragionevolmente determinabili al tempo della quantificazione giudiziale o convenzionale dell'assegno (sul punto, Cass. civ., sez. I, 18 marzo 2024, n. 7169).

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