Effetti dell’assoluzione penale nel processo tributario alla luce del nuovo art. 21-bis del d.lgs. n. 74/2000
28 Aprile 2025
Premessa Attraverso tali pronunce - che si pongono in continuità con il filone giurisprudenziale inaugurato a partire dall'anno precedente dalla Sezione tributaria della Suprema Corte - i Giudici di legittimità hanno statuito che la sentenza irrevocabile di assoluzione pronunciata all'esito del dibattimento assume efficacia di giudicato nel processo tributario a condizione che risultino soddisfatte tre condizioni: 1) l'assoluzione sia stata pronunciata con le sole formule di merito previste dall'art. 530 c.p.p. “perché il fatto non sussiste” ovvero “l'imputato non lo ha commesso”; 2) il soggetto del giudizio tributario sia il medesimo del giudizio penale; 3) i fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario siano i medesimi penalmente rilevanti. Come specificato poi dai Giudici di legittimità, l'art. 21-bis del D.lgs. n. 74 del 2000 si applica altresì applicazione quale ius superveniens nei casi in cui il giudizio di cassazione avverso la sentenza tributaria d'appello, che ha condannato il contribuente in relazione ai medesimi fatti penalmente rilevanti, sia ancora pendente. Pertanto, anche la sentenza di assoluzione resa con le formule di legge tassativamente previste passata in giudicato anteriormente all'entrata in vigore dello stesso articolo avrà efficacia di giudicato nel giudizio tributario, facendo stato tra le parti. La fattispecie Ciascuna delle pronunce in esame consente di sciogliere un nodo interpretativo sorto intorno alla corretta individuazione del perimetro applicativo dell'art. 21-bis del D.lgs. n. 74 del 2000. In particolare, i Giudici di legittimità, affrontando tre fattispecie differenti tra loro, hanno chiarito alcuni aspetti rilevanti riguardanti: (i) la tipologia di sentenza penale di assoluzione che acquisisce efficacia di giudicato nel processo tributario ai sensi dell'art. 21-bis, comma 1; (ii) la portata retroattiva dell'art. 21-bis ai giudizi instaurati anteriormente al 29 giugno 2024, data della sua entrata in vigore per effetto del D.lgs. n. 87 del 2024; (iii) il valore probatorio attribuito al deposito della sentenza di assoluzione nel giudizio in Corte di cassazione ai sensi dell'art. 21-bis, comma 2. Con riferimento all'ordinanza n. 1148 del 2025, la questione controversa trae il suo fondamento logico e fattuale nella sentenza di primo grado della C.T.P. di Vercelli, con la quale i giudici hanno accolto il ricorso della Società (OMISSIS) avverso due avvisi di accertamento con cui si recuperavano a tassazione imposte dirette, IVA e sanzioni per operazioni oggettivamente inesistenti relativamente agli anni di imposta 2011 e 2012. Contro tale sentenza, l'Agenzia delle Entrate ha proposto appello. I giudici della C.T.R. del Piemonte hanno rigettato l'appello proposto dall'Agenzia, da un lato non avendo l'Ufficio fornito la prova dell'inesistenza oggettiva delle operazioni contestate, dall'altro valorizzando la sentenza definitiva di assoluzione con formula “perché il fatto non sussiste” del legale rappresentante della Società, emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Vercelli. Avverso tale sentenza, l'Agenzia delle entrate ha interposto ricorso in Cassazione. Investita della questione, la Corte di cassazione, accogliendo il ricorso dell'Ufficio, ha evidenziato che l'art. 21-bis del D.lgs. n. 74 del 2000 “[…] non trova applicazione nel caso in cui le formule "di merito" previste dal codice di rito (perché il fatto non sussiste o perché l'imputato non l'ha commesso) siano state adottate dal giudice non alla conclusione del dibattimento penale, ma alla conclusione dell'udienza preliminare. La sentenza emessa dal Gip, sia pure con la formula "perché il fatto non sussiste", non è adottata a seguito della celebrazione del dibattimento e la ripetizione della prova assunta durante le indagini preliminari connessa a dibattimento. Conseguentemente, non trova applicazione sotto un profilo testuale l'art. 21-bis del D.Lgs. n. 74 del 2000, introdotto dal D.Lgs. n. 87 del 2024 per precisa scelta del legislatore […]”. Ne deriva che la sentenza di assoluzione emessa dal GIP presso il Tribunale di Vercelli, anche se con la formula “perché il fatto non sussiste”, non ha effetto di giudicato nel processo tributario, poiché emessa al di fuori del dibattimento, così come le sentenze di non luogo a procedere del GUP e i decreti di archiviazione del GIP, che continuano ad avere valore di argomenti di prova. Esaminando l'ordinanza n. 2388 del 2025, originata dall'impugnazione da parte della Società (OMISSIS) di nove avvisi di accertamento mediante i quali l'Agenzia delle entrate di Prato recuperava a tassazione quasi cinque milioni di euro, oltre sanzioni per quattro milioni relativamente ai periodi di imposta dal 2003 al 2007. Riuniti i ricorsi contro gli avvisi di accertamento, la C.T.P. di Prato ha accolto parzialmente il ricorso della contribuente. Avverso tale sentenza, l'Ufficio ha proposto appello principale, mentre la Società ha impugnato in via incidentale. La C.T.R. della Toscana ha accolto in parte l'appello dell'Ufficio, accertando la legittimità degli accertamenti, salvo per due annualità, in relazione alle quali ha accolto parzialmente l'appello incidentale della Società. Avverso la sentenza emessa dalla C.T.R. della Toscana, la Società ha proposto ricorso in cassazione. La Suprema Corte, accogliendo il solo motivo di ricorso della contribuente relativo alla presunta indeducibilità dei costi riconducibili ad alcune fatture emesse per lavori eseguiti su immobili di proprietà della società medesima, ha chiarito l'efficacia temporale dell'art. 21-bis del D.lgs. n. 74 del 2000, ribadendo l'orientamento già espresso dalla Sezione tributaria, secondo cui “Questa Corte ha già avuto modo di precisare che la novella si applica anche nel caso in cui la sentenza penale dibattimentale di assoluzione sia stata pronunciata prima dell'entrata in vigore della novella (Cass., sez. T, n. 23570/2024)”. Nella motivazione, i Giudici di legittimità hanno sottolineato che la sentenza penale irrevocabile del Tribunale di Prato, allegata alla relazione del C.T.U. nominato dalla C.T.R. della Toscana, ha ritenuto insussistenti i fatti posti a fondamento della ripresa fiscale dei costi, concludendo che “Spetterà, pertanto, al giudice del rinvio riesaminare la fondatezza della ripresa fiscale in questione all'esito di una accurata analisi della sentenza penale invocata, in relazione alla citata novella legislativa”. Da ultimo, con la sentenza n. 2686 del 2025 la Corte di cassazione si è pronunciata in relazione ad una controversia instaurata dinanzi la C.T.P. di Bari da una Società (OMISSIS) che ha impugnato una pluralità di avvisi di accertamento, relativi alle annualità dal 2004 al 2008, in cui erano contestate operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti da parte dell'Ufficio, che procedeva per l'effetto al recupero delle maggiori imposte dirette e dell'IVA, oltre sanzioni. Nonostante il rigetto del ricorso e l'intervenuto fallimento, la Curatela, autorizzata dal Giudice delegato, ha proposto appello e la C.T.R. della Puglia ha accolto il gravame. La sentenza pronunciata dalla C.T.R. della Puglia è stata quindi impugnata dall'Ufficio, il quale lamentava, tra le diverse doglianze, l'error in iudicando nella parte della sentenza impugnata in cui la C.T.R. della Puglia aveva ritenuto rilevante l'assoluzione dell'ex amministratore della società, imputato del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, non riconoscendo l'autonomia del processo tributario da quello penale. La Suprema Corte, tuttavia, ha rigettato il ricorso in quanto riconosciuto come corretto l'iter logico seguito dalla C.T.R. che, nel caso di specie, non ha ritenuto rilevante l'assoluzione dell'ex amministratore della Società. I Giudici, comunque, hanno colto l'occasione per richiamare l'art. 21-bis del D.lgs. n. 74 del 2000 ed in particolare, il comma 2 che prescrive che “La sentenza penale irrevocabile di cui al comma 1 [i.e. di assoluzione secondo le formule “perché il fatto non sussiste” ovvero “l'imputato non lo ha commesso”] può essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell'udienza o dell'adunanza in camera di consiglio”. Ebbene, nella fattispecie in esame la Suprema Corte ha rilevato che “la sentenza di assoluzione, peraltro irrilevante per le considerazioni svolte atteso che la C.t.r. ha basato la sua decisione su altri elementi, non è presente in atti”. Ad avviso dei Giudici di legittimità, l'Ufficio non ha osservato in ogni caso la disposizione di cui all'art. 21-bis, comma 2 del D.lgs. n. 74 del 2000, omettendo di depositare fino a quindici giorni prima dell'udienza o dell'adunanza in camera di consiglio la sentenza di assoluzione per poter dimostrare il presunto error in iudicando lamentato, in cui sarebbe incorsa la C.T.R. della Puglia. In definitiva, dall'analisi delle rispettive pronunce della Sezione tributaria della Corte di cassazione emerge che: (i) per espressa volontà del legislatore, l'art. 21-bis del D.lgs. n. 74 del 2000 prevede l'estensione del giudicato penale nel processo tributario solo alla sentenza irrevocabile di assoluzione, pronunciata con le formule “perché il fatto non sussiste” ovvero “l'imputato non lo ha commesso” ex art. 530 c.p.p, all'esito del giudizio dibattimentale; (ii) la sentenza di assoluzione pronunciata “perché il fatto non sussiste” ovvero “l'imputato non lo ha commesso” divenuta irrevocabile prima dell'entrata in vigore dell'art. 21-bis del D.lgs. n. 74 del 2000, ossia prima del 29 giugno 2024, ha comunque efficacia di giudicato nel processo tributario, purché il relativo giudizio di cassazione contro la sentenza tributaria di appello che ha condannato il contribuente in relazione ai medesimi fatti, rilevanti penalmente, dai quali egli sia stato irrevocabilmente assolto, sia ancora pendente in Cassazione; (iii) la sentenza di assoluzione pronunciata a seguito del giudizio dibattimentale con le formule “perché il fatto non sussiste” ovvero “l'imputato non lo ha commesso”, ormai divenuta irrevocabile, deve essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell'udienza o dell'adunanza in camera di consiglio, in ossequio all'art. 21-bis, comma 2 del D.lgs. n. 74 del 2000. La normativa di riferimento L'art. 21-bis del D.lgs. n. 74 del 2000, rubricato “Efficacia delle sentenze penali nel processo tributario e nel processo di Cassazione” prevede che “1. La sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi. 2. La sentenza penale irrevocabile di cui al comma 1 può essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell'udienza o dell'adunanza in camera di consiglio. 3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano, limitatamente alle ipotesi di sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, anche nei confronti della persona fisica nell'interesse della quale ha agito il dipendente, il rappresentante legale o negoziale, ovvero nei confronti dell'ente e società, con o senza personalità giuridica, nell'interesse dei quali ha agito il rappresentante o l'amministratore anche di fatto, nonché nei confronti dei loro soci o associati”. Tale articolo, in vigore dal 29 giugno 2024, è stato inserito nel D.lgs. n. 74 del 2000 dall'art. 1, comma 1, lett. m) del D.lgs. n. 87 del 2024, concernente la riforma del sistema sanzionatorio tributario sulla base dei principi contenuti nella delega fiscale di cui alla L. n. 111 del 2023. Le disposizioni di cui all'art. 21-bis del D.lgs. n. 74 del 2000 sono applicabili retroattivamente nei limiti di quanto puntualmente stabilito dalla giurisprudenza di legittimità. In conclusione L'introduzione dell'art. 21-bis nel D.lgs. n. 74 del 2000 ad opera del D.lgs. n. 87 del 2024 ha consentito di attenuare la rigidità del sistema del doppio binario, in virtù del quale il giudizio penale e il giudizio tributario sono concepiti come ambiti autonomi e tra loro indipendenti, escludendo qualsiasi rapporto di pregiudizialità reciproco. Dall'analisi testuale della norma, emerge con ogni evidenza la funzione derogatoria rispetto a tela sistema: la ratio della novella è impedire che gli esiti dei due giudizi siano contrastanti, determinando, da un lato, la responsabilità penale per il reato tributario e, dall'altro, annullando la pretesa erariale (o viceversa). In questo solco si collocano le pronunce della Sezione tributaria della Corte di Cassazione che, valorizzando il carattere innovativo dell'art. 21-bis del D.lgs. n. 74 del 2000, hanno riconosciuto l'efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, alle sole sentenze penali irrevocabili di assoluzione - pronunciate con le formule “perché il fatto non sussiste” ovvero “l'imputato non lo ha commesso” al termine del dibattimento - rese nei confronti del medesimo soggetto e sui medesimi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario. In particolare, poi, con l'ordinanza n. 2388 del 2025 i Giudici di legittimità, ricollegandosi alla linea interpretativa già seguita dalla Sezione tributaria (in particolare dall'ordinanza n. 23570 del 2024), hanno chiarito che il nuovo art. 21-bis del D. Lgs. n. 74 del 2000, pur essendo entrato in vigore il 29 giugno 2024, si applica anche nei casi in cui la sentenza penale dibattimentale di assoluzione sia divenuta irrevocabile anteriormente, purché, a tale data, fosse ancora pendente il correlato giudizio tributario in Cassazione e, come specificato dalla successiva sentenza n. 2686 del 2025, la relativa pronuncia di assoluzione venisse depositata entro i quindici giorni precedenti l'udienza o l'adunanza in camera di consiglio. |