Osservatorio immobiliare: le principali questioni della settimana
La Redazione
28 Aprile 2025
Il presente osservatorio evidenzia le novità normative e giurisprudenziali settimanali. Uno “sguardo” sull'attuale scenario delle dinamiche immobiliari, non solo sul contenzioso (condominio, locazione o compravendita), ma anche sugli aspetti collegati come quelli edilizi e fiscali. Settimana 21-13 aprile 2025.
Gli aspetti normativi
Lo scopo della presente trattazione è quella di fornire agli utenti le principali novità settimanali del settore immobiliare, uno strumento immediato e pensato per l'approfondimento dell'attività professionale.
Tra le questioni di interesse, in àmbito normativo, si osserva che la Regione Lombardia con la deliberazione del 15 aprile 2025, n. XII/4246 (pubblicata nel BUR Lombardia del 22 aprile 2025, n. 17) si è occupata dell'adeguamento della modulistica edilizia regionale concernente la segnalazione certificata di inizio attività, il permesso di costruire, la segnalazione certificata di inizio attività alternativa al permesso di costruire e la comunicazione d'inizio lavori asseverata.
Le questioni della giurisprudenza di legittimità
Di seguito le questioni di interesse affrontate dai giudici di legittimità.
Il furto dell'energia elettrica in condominio
Il contesto del presente giudizio riguarda l'allaccio abusivo alle cassette elettriche dell'edificio. Il tecnico incaricato dal condominio aveva accertato che un lampione condominiale non funzionava a causa della presenza di due cavi che alimentavano il gazebo esterno dell'esercizio commerciale dell'imputato. Il malfunzionamento riguardava non l'intero impianto elettrico condominiale, ma solo un faro ed esso era dovuto ad un corto circuito dovuto ad un surplus di assorbimento di energia. Secondo la Suprema Corte, integra il delitto di furto e non quello di appropriazione indebita la condotta del condomino che, mediante allaccio abusivo a valle del contatore condominiale, si impossessi di energia elettrica destinata all'alimentazione di apparecchi ed impianti di proprietà comune (Cass. pen., sez. V, 23 aprile 2025, n. 15818).
La prova dell'usucapione
Il contesto del presente giudizio riguarda l'usucapione di un immobile in comproprietà. La sentenza impugnata, nel rigettare la domanda di usucapione del bene comune avanzata dal ricorrente, aveva deciso la controversia facendo puntuale applicazione dei princìpi giurisprudenziali. Difatti, in punto di diritto e, quanto al tema sollecitato dal ricorso relativo all'usucapione di un bene comune, la Suprema Corte ha evidenziato che sebbene (nel caso di specie) non sia necessaria l'interversione del titolo del possesso, è sufficiente l'estensione del possesso medesimo in termini di esclusività. Tuttavia, in vista di tale obiettivo, non è sufficiente che gli altri partecipanti si siano astenuti dall'uso della cosa, occorrendo altresì che il comproprietario ne abbia goduto in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale da evidenziare una inequivoca volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus (Cass. civ., sez. II, 22 aprile 2025, n. 10487).
La differenza tra modificazione e innovazione
Il caso sottoposto all'attenzione della Suprema Corte riguardava il rifacimento delle rampe delle scale dell'edificio. La Corte territoriale aveva accertato che l'intervento deliberato consisteva nella sostituzione della scala esistente che era "meno comoda rispetto ad una scala lineare realizzata applicando le attuali norme", dunque, si trattava di un'opera diretta a garantire il miglior godimento della cosa comune e non di "innovazione". Secondo la Suprema Corte, i giudici di merito si erano attenuati alla giurisprudenza di legittimità, la quale ha chiarito che costituisce innovazione ex 1120 c.c. non qualsiasi modificazione della cosa comune. In sostanza, perché possa aversi innovazione è necessaria l'esecuzione di opere che, incidendo sull'essenza della cosa comune, ne alterino l'originaria funzione e destinazione. Inoltre, proprio perché oggetto di una delibera assembleare, l'esecuzione di opere, per integrare una innovazione, deve essere rivolta a consentire una diversa utilizzazione delle cose comuni da parte di tutti i condomini (Cass. civ., sez. II, 22 aprile 2025, n. 10473).
Le questioni della giurisprudenza di merito
Di seguito le questioni di interesse affrontate dai giudici di merito.
L'utilizzo errato delle tabelle di ripartizione delle spese
Il Tribunale di Milano si è occupato di un caso di richiesta di ripartizione errate delle spese generali con l'utilizzo dei millesimi indicati nella tabella “B” in luogo della tabella “A”. Secondo il giudice, alle spese per la pulizia delle scale i condomini sono tenuti a contribuire non già in base ai valori millesimali di comproprietà, ma in relazione all'uso che ciascuno di essi può fare della parte comune, secondo il criterio fissato dal comma 2 dell'art. 1123 del c.c., con la conseguenza che l'assemblea può legittimamente ripartire la spesa in questione, in virtù delle attribuzioni riconosciutele dall'art. 1135 del c.c., anche modificando i precedenti criteri con la maggioranza prescritta dall'articolo 1136 del c.c., trattandosi di criteri aventi natura solo regolamentare. Premesso ciò, nella vicenda, l'assemblea aveva ripartito le spese di manutenzione usando la tabella “B” in luogo della tabella “A” (Trib. Milano 24 aprile 2025, n. 3425).
L'accertamento delle clausole che escludono la presenza di un condominio
Il Tribunale di Vicenza si è occupato di un caso di ripristino a regola d'arte del cortile ritenuto condominiale. Secondo il giudicante, i titoli di acquisto degli immobili in contestazione contenevano una clausola che escludeva la formazione di un condominio fra il soggetto che era l'unico proprietario dell'intero complesso (e poi venditore di singole unità) e coloro che di volta in volta acquistarono le singole unità. In tal contesto, la clausola non aveva l'intento né l'effetto di escludere un soggetto (il venditore) dalla gestione di una cosa comune, lasciando però le spese e gli oneri a suo carico; la clausola, invece, serviva per rendere chiaro che il soggetto venditore non avrebbe partecipato e non sarebbe stato parte del condominio che, con la vendita delle singole unità, si sarebbe formato e si stava formando (solo) fra gli appartamenti ed i garages. Escludendo l'ipotesi del condominio, il giudicante ha condannato i singoli proprietari al ripristino in base all'art. 2051 c.c. (Trib. Vicenza 23 aprile 2025, n. 628).
Il riconoscimento del compenso in favore del tecnico per la pratica Superbonus
Il Tribunale di Ferrara si è occupato di un caso di compenso per le prestazioni professionali svolte da un tecnico (condomino segnalato dall'amministratore) in base al contratto relativo alle opere di efficientamento energetico. Dunque, secondo l'attore, l'amministratore aveva agito al di fuori dei poteri di cui all'art.1130 c.c. conseguendone l'inopponibilità al condominio del contratto concluso con il tecnico. Secondo il Tribunale, invece, dal verbale di assemblea risultava la chiara volontà dei condomini di procedere a dare l'incarico al termotecnico per la pratica relativa al cosiddetto Superbonus. Risultava dal verbale che i condomini erano perfettamente a conoscenza della pratica da svolgere. Queste espressioni, unitamente alla volontà di eseguire i lavori di efficientamento energetico, erano elementi più che sufficienti per affermare che un incarico professionale era stato conferito al fine di procedere con la pratica. Diversamente non era comprensibile la nomina all'unanimità del termotecnico del condominio e perché doveva seguire la pratica da svolgere al fine di ottenere i benefici fiscali. Inoltre, il fatto che non erano stati discussi gli onorari previamente, ciò non toglieva validità all'incarico, non essendo il quantum del compenso un elemento essenziale (Trib. Ferrara 25 aprile 2025, n. 416).
La richiesta di rifacimento del balcone dei condomini
Il Tribunale di Torino si è occupato di un caso di richiesta del condominio, nei confronti di alcuni condomini, per l'esecuzione di lavori manutenzione delle facciate. Con il ricorso d'urgenza, in particolare, il condominio deduceva il rischio di subire danni determinati da un lato dalla mancata esecuzione a regola d'arte delle opere in appalto, dall'altra dalla mancata prestazione della garanzia contrattuale da parte dell'impresa. Secondo il giudice, le condizioni della pavimentazione del balcone esponevano le parti condominiali ad un pericolo incombente di deterioramento: pericolo che, se esistente, avrebbe dovuto indurre il condominio ad esperire l'azione di danno temuto anziché quella residuale ex art. 700 c.p.c. La stessa prospettazione del condominio escludeva, per contro, che dall'omesso rifacimento della pavimentazione potevano derivare pregiudizi irreparabili secondo la nozione sottesa al disposto dell'art. 700 c.p.c., cioè non emendabili ex post (Trib. Torino 23 aprile 2025).
La natura pertinenziale della torre-pozzo dell'edificio
Il Tribunale di Termini Imerese si è occupato di un caso di lavori di messa in sicurezza della torre-pozzo. A seguito della CTU, era emerso che detto manufatto, preesistente agli atti di acquisto prodotti dalle parti in causa, era stato costruito quale bene accessorio complementare all'edificio, al fine di asservire lo stesso per la fornitura dell'acqua e, dopo che il pozzo si era prosciugato, era rimasto annesso alle tre unità immobiliari costituenti l'edificio in mancanza di una espressa volontà dei proprietari di escludere la pertinenza. Secondo il giudice, la relazione pertinenziale fra due cose determinava automaticamente l'estensione alla pertinenza degli effetti degli atti o rapporti giuridici aventi ad oggetto la cosa principale.
Accertata la natura pertinenziale della torre-pozzo all'intero edificio e, quindi, di bene comune tra i proprietari delle tre unità immobiliari facenti parte, le spese di manutenzione e conservazione devono essere disciplinate dalle norme sul condominio. Invece, nell'ipotesi di lavori realizzati dalla sola parte attrice, stante l'urgenza e l'indifferibilità delle opere di risanamento, ai sensi dell'art. 1134 c.c., a parere del giudicante, potevano sussistere i presupposti per l'ottenimento del rimborso delle spese sostenute (Trib. Termini Imerese 23 aprile 2025, n. 577).
L'esclusione del rinnovo del contratto di locazione
Il Tribunale di Firenze si è occupato di un caso di sfratto per morosità. Parte convenuta eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva dopo una determinata data, da considerare quale scadenza naturale del contratto, in quanto dopo tale data doveva intendersi instaurato un diverso rapporto contrattuale rispetto a quello originario. Il giudicante rigetta l'opposizione, evidenziando che in base all'art. 36, comma 1, della l. n. 392/1978, il conduttore può sublocare l'immobile o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore, purché venga insieme ceduta o locata l'azienda, dandone comunicazione al locatore. Alla luce del dato normativo e della ratio della norma era quindi irrilevante nei rapporti tra conduttore cedente e locatore la rinnovazione tacita del contratto che non comporta la nascita di un nuovo contratto ma solo la prosecuzione del precedente, che certamente non fa venire meno la responsabilità del cedente per l'inadempimento delle obbligazioni contrattuali da parte del cessionario. Né poteva avere fondamento il timore dedotto dall'opponente di una responsabilità di durata illimitata nel tempo per il cedente: infatti, vige comunque per i contratti di locazione il limite della durata trentennale di cui all'art. 1573 c.c. (Trib. Firenze 23 aprile 2025, n. 1091).
Le condizioni del rimborso delle spese sostenute dal conduttore
La Corte territoriale di Roma si è occupata di un caso di rimborso di spese di ristrutturazione. Nel giudizio è stato ribadito che il conduttore che agisca in giudizio per il rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione di opere eccedenti l'ordinaria manutenzione è tenuto a provare l'avvenuta esecuzione dei lavori, la necessità degli stessi per assicurare che la cosa locata possa essere utilizzata per l'uso pattuito e la relativa quantificazione, nonché di aver avvisato il locatore ovvero che questi sia rimasto inerte rispetto alla sollecitazione all'adempimento dell'obbligo di fare su di lui gravante; compete, invece, al locatore che eccepisca l'avvenuta conclusione di un patto per la corrispondente riduzione del canone l'onere di dimostrare che l'obbligazione restitutoria risulti già estinta mediante la concessione di tale riduzione (App. Roma 23 aprile 2025, n. 2498).
La restituzione dell'assegno di compravendita immobiliare
Il Tribunale di Lanciano si è occupato di un caso di mancato pagamento del prezzo del contratto di compravendita della nuda proprietà. Secondo il giudice, la riconsegna dell'assegno ricevuto in pagamento del residuo del prezzo nella compravendita aveva avuto a titolo ulteriori rapporti (contratti) tra le parti, che non erano oggetto di alcuna domanda nel presente giudizio. Pertanto, la riconsegna dell'assegno non può essere qualificata come fatto di inadempimento del contratto di compravendita e, pertanto, non può fondare le domande proposte nel presente giudizio. Difatti, secondo il giudicante, nel caso di specie, non era predicabile quella “imputabilità” al debitore che è il presupposto della responsabilità contrattuale e, in particolare, dei rimedi della risoluzione giudiziale e del risarcimento del danno (Trib. Lanciano 22 aprile 2025, n. 125).
Le questioni della giurisprudenza amministrativa
Di seguito le questioni di interesse affrontate dai giudici amministrativi.
L'installazione della pergotenda
Il giudice amministrativo romano si è occupato di un caso di rimozione d'ufficio dell'installazione di una pergotenda. A parere del giudicante, la qualificabilità dell'intervento in termini di “pergotenda”, ovvero un'opera precaria sia dal punto di vista costruttivo sia da un punto di vista strettamente funzionale esclude la necessità di titolo edilizio e quindi non necessita di titolo abilitativo. È un'opera costituita non dalla struttura in sé, ma dalla tenda, quale elemento di protezione dal sole o dagli agenti atmosferici, con la conseguenza che la struttura deve qualificarsi in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all'estensione della tenda. Anche nel caso oggetto di questo giudizio, l'opera principale non era, infatti, l'intelaiatura in sé, ma la tenda, quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata ad una migliore fruizione dello spazio esterno dell'unità abitativa, con la conseguenza che l'intelaiatura medesima era qualificabile in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all'estensione della tenda. In conclusione, i giudici amministrativi hanno accolto il ricorso e, per l'effetto, hanno annullato il provvedimento amministrativo (TAR Lazio 22 aprile 2025, n. 7877).
Il recupero del sottotetto
Il Tribunale amministrativo si è occupato di un caso avente ad oggetto l'inefficacia in autotutela della SCIA alternativa al permesso di costruire per il recupero ai fini residenziali del sottotetto. Nel caso in esame, secondo il giudicante, l'interesse pubblico alla caducazione degli effetti della SCIA e la prevalenza dei profili pubblicistici sugli interessi privati contrapposti possono dirsi, nella presente ipotesi, in re ipsa, in considerazione dell'inesistenza, nel caso di specie, dei presupposti stessi stabiliti dalla legge per poter porre in essere il recupero del sottotetto a fini abitativi (titolarità di un'unità immobiliare non meramente accessoria nel medesimo stabile). Premesso ciò, da quanto fin qui evidenziato, il box non costituisce unità immobiliare autonoma che possa legittimare il recupero a fini abitatividel sottotetto e che tale circostanza, di per sé sola, giustifica la portata dispositiva del provvedimento. Ricorso respinto (TAR Roma 22 aprile 2025, n. 7860).
Riferimenti
Modulistica unificata e standardizzata in materia edilizia, in Bollettino.Regione.Lombardia.it, 22 aprile 2025.
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