La tassazione delle vendite di opere d’arte, anche digitali, da parte di persone fisiche non imprenditori
29 Aprile 2025
Massima La Corte di cassazione ha stabilito che la vendita di opere digitali create da un artista e vendute tramite la creazione e la rivendita di NFT, sono tassate in capo all’artista, come nel caso in cui lo stesso avesse venduto il bene fisico. Il caso In particolare, parte contribuente riteneva che non fosse corretto tassare tali transazioni ai fini dell'art. 53, comma secondo, lettera b), del TUIR, in quanto l'oggetto della transazione commerciale non era l'opera d'arte digitale, ma era il suo NFT, cioè un certificato digitale che ne certificava la proprietà e l'autenticità digitale a formare oggetto di trasferimento; esulando, pertanto, l'NFT dal concetto di opera dell'ingegno, il reddito prodotto tramite la sua commercializzazione non sarebbe rientrato fra i redditi tassabili ai sensi della citata disposizione. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell'artista, ritenendo che costituisca un ostacolo alla riconducibilità alla nozione di reddito imponibile, derivante dalla utilizzazione economica dell'opera dell'ingegno ai sensi dell'art. 53 del TUIR, il fatto che oggetto della transazione commerciale sia, non immediatamente l'opera, ma l'NFT in cui la stessa è incorporata; invero la particolare natura meramente "virtuale" (in quanto non riconducibile ad un sopporto materiale sul quale essa insista) dell'opera in questione comporta che la stessa, sebbene ciò possa avvenire per scelta elettiva e non per una necessità cogente ed ineludibile, risulterebbe essere, per usare l'espressione che lo stesso ricorrente ha adoperato, "incorporata" nell'NFT che, appunto, ne costituisce certificato di proprietà e di autenticità. La questione La pronuncia in esame consente di analizzare il regime di tassazione delle opere d'arte ai fini delle imposte dirette. La soluzione giuridica La tassazione in capo all'autore Per quanto riguarda l'autore dell'opera, secondo la sentenza in esame, si dovrebbe applicare 'art. 53, comma 2, lettera b), del TUIR, il quale sancisce che sono redditi da lavoro autonomo, e come tali suscettibili di generare imposte, "i redditi derivanti dalla utilizzazione economica, da parte dell'autore o inventore, di opere dell'ingegno, di brevetti industriali e di processi, formule o informazioni relativi ad esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico, se non sono conseguiti nell'esercizio di imprese commerciali". Pertanto, i compensi derivanti dalla vendita di tali beni dovrebbero essere trattati come redditi in capo all'artista, non rilevando se il pagamento venga effettuato con moneta virtuale o in valuta corrente. Come stabilito dall'Agenzia delle Entrate, con la Circolare Agenzia Entrate 27.10.2023 n. 30, paragrafo 3, la cessione di NFT rappresentanti opere di ingegno da parte dell'autore non determinerebbe un reddito diverso ai sensi della lettera c-sexies) dell'art. 67 del TUIR , che si occupa della tassazione delle cripto-attività; qualora non costituisce un reddito conseguito nell'esercizio di impresa commerciale, il relativo provento costituisce un reddito di lavoro autonomo ai sensi dell'articolo 53, comma 2, lettera b), del TUIR, nel caso in cui sia l'attività sia oggetto dell'esercizio di arti o professioni, ovvero ai sensi dell'articolo 67, comma 1, lettera l), del medesimo testo unico nel caso in cui l'attività non sia esercitata abitualmente. Come sancito da parte della giurisprudenza (cfr. sentenza della C.T. Prov. Bari 12.6.2020 n. 550/8/20),però i proventi da cessione da parte dell'autore non potrebbero essere considerati redditi diversi come sancito dall' articolo 67, e precisamente dalla lettera l) del comma 1, laddove si citano: "i redditi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente o dalla assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere." Infatti, il testo della norma si adatta alle obbligazioni di carattere personale che possono essere assunte solo da chi abbia il diritto di "fare, non fare o permettere"; in altri termini e con riferimento ai beni, materiali o immateriali, solo dal proprietario dei beni che, in quanto tale, possa permetterne l'utilizzo ad altri, o impegnarsi a non utilizzarli egli stesso (non fare). Come chiarito anche dall'Agenzia delle Entrate (cfr. Risposta interpello Agenzia Entrate 28.2.2025 n. 51), in relazione all'utilizzazione economica di opere dell'ingegno, la configurabilità del reddito di lavoro autonomo è subordinata al fatto che l'utilizzazione stessa sia effettuata da parte dell'autore o dell'inventore; pertanto, se l'utilizzazione è effettuata da altri soggetti, si è in presenza di reddito diverso, ai sensi dell'articolo 67, comma 1, lettera g), del TUIR. La tassazione in capo a soggetti terzi Al contrario della precedente disciplina, nel TUIR attualmente non vi sono norme che regolino la tassazione delle plusvalenze derivanti da compravendita di opere d'arte effettuate da privati. Precedentemente, l'articolo 76 del d.P.R. n. 597/1973 considerava tassate “senza possibilità di prova contraria (…) l'acquisto e la vendita di oggetti d'arte, di antiquariato e in genere da collezione, se il periodo di tempo intercorrente tra l'acquisto e la vendita non è superiore a due anni” prevedendo che “le plusvalenze conseguite mediante operazioni poste in essere con fini speculativi e non rientranti fra i redditi d'impresa concorrono alla formazione del reddito complessivo per il periodo d'imposta in cui le operazioni si sono concluse”. In altre parole, veniva previsto tassativamente che non vi era alcuna tassazione se l'opera d'arte veniva venduta trascorsi due anni dall'acquisto. Conseguentemente, per determinare la corretta tassazione, è necessario operare una differenziazione tra le diverse figure che possono agire in tali attività che si possono così riassumere: il mercante d'arte, lo speculatore occasionale e il puro collezionista. Infatti, come stabilito dalla stessa Corte di cassazione (Cfr. ordinanza della Cass. 8.3.2023 n. 6874), le differenti figure hanno un regime fiscale diverso:
Al fine della suddetta verifica, la Suprema Corte ha rinvenuto un'attività commerciale in presenza simultaneamente della rilevanza dell'investimento e dell'esclusione dell'utilizzo nella sfera personale dei beni oggetto di compravendita (Cfr. sentenza della Cass. 20.12.2006 n. 27211). Inoltre, i giudici di legittimità hanno sancito che l'intento speculativo implica necessariamente il riscontro, in concreto, di una serie di atti “intermedi” tra l'acquisto e la vendita, “preordinati” a incrementare il profitto all'atto della cessione (Cfr. sentenza della Cass. 20.10.2011 n. 21776). Si ricorda, infine, che. con ordinanza del 16 gennaio 2024, n. 1603, la Suprema Corte si è occupata del caso di un soggetto che era stato qualificato dall'Agenzia delle Entrate come mercante di opere d'arte, in quanto aveva professionalmente e abitualmente esercitato il commercio, anche se in maniera non organizzata imprenditorialmente, col fine ultimo di trarre un profitto dall'incremento del valore delle medesime opere. Al contrario, parte contribuente si era difesa, sostenendo che non aveva mai svolto l'attività di compravendita di opere d'arte, avendo sempre agito quale collezionista privato, e che le vendite erano state solo il frutto della dismissione del suo patrimonio. I giudici di legittimità hanno accolto la tesi erariale, sostenendo che, sia ai fini delle imposte dirette che ai fini IVA, un soggetto viene qualificato come imprenditore commerciale se esercita per professione abituale, ancorché non esclusiva", le attività indicate dall'art. 2195, c.c., anche se non organizzate in forma di impresa; e questo prescinde dal requisito organizzativo, che costituisce invece elemento qualificante e imprescindibile per la configurazione dell'impresa commerciale agli effetti civilistici, esigendo soltanto che l'attività svolta sia caratterizzata dalla professionalità abituale, anche se non esclusiva (Cfr. sentenza della Corte di Cassazione del 13 dicembre 2022 n. 36502). Al fine della suddetta verifica, la Suprema Corte ha rinvenuto un'attività commerciale in presenza simultaneamente della rilevanza dell'investimento e dell'esclusione dell'utilizzo nella sfera personale dei beni oggetto di compravendita (Cfr. sentenza della Corte di cassazione del 20 dicembre 2006 n. 27211.). Inoltre, i giudici di legittimità hanno sancito che l'intento speculativo implica necessariamente il riscontro, in concreto, di una serie di atti “intermedi” tra l'acquisto e la vendita, “preordinati” a incrementare il profitto all'atto della cessione (Cfr. sentenza della Corte di cassazione del 20 ottobre 2011, n. 21776). Dello stesso tenore la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Piemonte, con sentenza del 10 giugno 2024, n. 291, che si è occupata del caso di alcune persone fisiche che hanno ereditato alcuni beni di antiquariato e per tre anni hanno proceduto a cederli a terzi a titolo oneroso, utilizzando anche il canale di vendita on line È evidente che in mancanza di una normativa specifica ha comportato una situazione di incertezza sulla corretta tassazione. Per provi rimedio, e con lo scopo di escludere da imposizione le cessioni nelle quali risulti assente un “intento speculativo”, compresi i casi di plusvalenze relative a beni acquisiti per successione o donazione, l'art. 5 comma 1 lett. h) della L. 111/2023 (legge delega di riforma fiscale) prevede l'introduzione di una specifica disciplina riguardante le plusvalenze conseguite, al di fuori dell'esercizio di attività d'impresa, dai collezionisti di oggetti d'arte, di antiquariato o da collezione. In particolare, tale articolo, rubricato in “Principi e criteri direttivi per la revisione del sistema di imposizione sui redditi delle persone fisiche”, prevede l'introduzione tra i redditi diversi“ della disciplina sulle plusvalenze conseguite dai collezionisti, al di fuori dell'esercizio dell'attività d'impresa, di oggetti d'arte, di antiquariato o da collezione, nonché, più in generale, di opere dell'ingegno di carattere creativo appartenenti alle arti figurative escludendo i casi in cui è assente l'intento speculativo compresi quelli delle plusvalenze relative ai beni acquisiti per successione e donazione, nonché esonerando i medesimi da ogni forma dichiarativa di carattere patrimoniale”. In merito alla riforma, si ricorda che Assonime, con la “position papers” n. 5/2024, ha avanzato delle proposte di modifica normativa per restituire certezza a contribuenti e Amministrazione finanziaria. In particolare, sull'eventuale rilevanza reddituale delle plusvalenze realizzate dal collezionista privato tramite la cessione di opere d'arte, viene sottolineato che sarebbe opportuno, in sede di attuazione della delega recata dalla legge n. 111 del 2023, fare nuovamente riferimento a dati oggettivi, come avviene peraltro in altri Paesi europei A tal fine, si potrebbe prevedere che , al di fuori delle attività che configurano reddito di impresa e come già avviene per la tassazione delle plusvalenze da cessione di immobili (art. 67, comma 1, lett. b), del TUIR), il tempo decorso dall'acquisto – ad esempio, un holding periodo compreso tra cinque e sette anni – determini tout court l'irrilevanza fiscale della plusvalenza realizzata per effetto della cessione, presumendosi l'assenza di intento speculativo. Oltre a ciò, sempre per ragioni di semplificazione, si potrebbe prevedere l'irrilevanza fiscale delle plusvalenze realizzate per importi inferiori, per periodo d'imposta, a un determinato ammontare minimo: in tal caso, sarebbe l'esiguità dell'importo ad escludere implicitamente l'esistenza di un intento speculativo. Per analoga assenza di intento speculativo dovrebbe essere esclusa, come da espressa previsione della legge delega, la tassazione della plusvalenza da cessione per i beni pervenuti al cedente a titolo gratuito, per successione o donazione. Come sopra precisato, la cessione di NFT rappresentanti opere di ingegno da parte di un soggetto diverso dell'autore determinerebbe un reddito diverso ai sensi della lettera c-sexies) dell'art. 67 del TUIR. Dal momento che nella normativa non vi è alcuna distinzione tra soggetto speculatore e no, sarebbe auspicabile che anche in caso di cessione di NFT rappresentanti opere d'arte non ci sia tassazione se effettuata senza intento speculativo e, ovviamente, se non rientrante, nel regime di impresa. In conclusione Come precisato nella relazione alla legge delega, si vorrebbe introdurre, in materia di redditi diversi, una disciplina sulle plusvalenze conseguite dai collezionisti per la cessione, al di fuori dell'esercizio dell'attività d'impresa, di oggetti d'arte, di antiquariato o da collezione, nonché, più in generale, di opere dell'ingegno di carattere creativo appartenenti alle arti figurative, escludendo dalla tassazione i casi in cui è assente l'intento speculativo perché, ad esempio, le plusvalenze realizzate sono relative a beni acquisiti a seguito di successione e donazione, è stata effettuata una permuta con altri oggetti o opere o il corrispettivo conseguito sia reinvestito entro un congruo lasso temporale in altri beni rientranti nella disciplina in esame. Al di fuori di questi ultimi casi, la plusvalenza ottenuta rientrerebbe tra i redditi derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente di cui all'articolo 67, comma 1, lettera i), del TUIR. Pertanto, tale conclusione confermerebbe che attualmente non vi sarebbe alcuna tassazione in caso di cessione dell'opera d'arte da parte del collezionista che effettui l'operazione senza un intento speculativo, tranne nel caso in cui la cessione avvenga a mezzo NFT. Per completezza di esposizione, si ricorda che non realizza alcuna plusvalenza tassata neppure il professionista che vende opere d'arte, considerate spese di rappresentanza e dedotte per un importo pari all'1% dei compensi percepiti, ai sensi dell'art. 54-bis, comma 1, e art 54-septies, comma 2, del TUIR. |