Piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (CCII)
Stefania Pacchi
Luca Jeantet
29 Aprile 2025
Disciplinato dagli artt. 64-bis e 64-ter c.c.i.i. (Parte I, Titolo IV, Capo I-bis), il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, disegnato sulla base delle linee tracciate dalla Direttiva UE 1023/2019, costituisce un duttile strumento volontario di regolazione della crisi o dell'insolvenza che, idealmente, si posiziona tra gli accordi di ristrutturazione dei debiti e il concordato preventivo alla cui disciplina attinge attraverso frequenti richiami e nel quale, su iniziativa del debitore, può convertirsi, potendosi ritenere che, nel tempo, andrà a sostituirlo per frequenza di applicazione.
Inquadramento
Con l'introduzione del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (di seguito PRO) – censurato dal Consiglio di Stato nel suo parere pervenuto il 13 maggio 2022 – il legislatore avrebbe inteso dare attuazione alle previsioni degli artt. 9, 10 e 11, par. 1, della Direttiva UE 2019/1023 mediante l'introduzione di uno strumento funzionale alla continuità aziendale e al soddisfacimento dei creditori senza il rispetto delle regole distributive proprie delle procedure concorsuali , ma che possa essere omologato se approvato «da tutte le parti interessate in ciascuna classe di voto». Così, negli artt. 64-bis e 64-ter c.c.i.i., viene regolato il contenuto del piano quando il debitore sappia di poter contare sull'unanimità delle classi e non di dover ricorrere, quindi, alla ristrutturazione trasversale.
Profilo distintivo del PRO è che la proposta di accordo può riguardare solo parte del patrimonio del debitore e derogare alle tipiche regole distributive delle procedure concorsuali . L'art. 64-bis c.c.i.i. consente, infatti, di distribuire «il valore generato dal piano» senza rispettare i vincoli di distribuzione previsti dagli artt. 2740 (secondo il quale l'intero patrimonio presente e futuro del debitore deve essere destinato ai creditori) e 2741 c.c. (che prevede l'obbligatorio rispetto delle cause di prelazione, e cioè la par condicio creditorum ), facendo salvi, però, i diritti dei lavoratori, per i quali il pagamento, invece, è sempre assicurato entro trenta giorni dall'omologazione.
Questo strumento, pur presentando alcuni elementi del concordato preventivo – in primis la presentazione di una proposta da sottoporre al consenso dei creditori –, per altri si discosta decisamente così come si differenzia dagli accordi di ristrutturazione e, in particolare, da quelli ad efficacia estesa.
Si differenzia dalla procedura concordataria perché in questa vige la regola del rispetto delle cause di prelazione (nei termini di cui all'art. 84, comma 6, c.c.i.i.) e dagli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa in quanto il PRO non è basato sulla volontà negoziale vera e propria, ma su una volontà comunque raggiunta in base a regole di maggioranza.
Il profilo – di essere, cioè, strumento che può prescindere dalle regole distributive che reggono le procedure concorsuali – pare espungerlo dall'area delle procedure concorsuali. Questa affermazione necessita, al momento, di estrema cautela anche alla luce dell'indirizzo assunto dalle Sezioni Unite (n. 42093 del 2021), teso ad ampliare l'area della concorsualità a strumenti che pur non presentano tutti i profili ritenuti fino ad oggi tipizzanti.
Una volta ammesso nel recinto della concorsualità, dovremmo interrogarci circa la sua natura.
Lo strumento in questione è imperniato sull'accordo tra le parti su una proposta. Ciò induce a considerarlo – come in dottrina è stato affermato – strumento di tipo concordatario anche se – nonostante i frequenti rinvii alla disciplina del concordato preventivo, in quanto compatibile – totalmente distinto e autonomo dalla citata procedura.
Presupposti
Riguardo ai presupposti, l'art. 64-bis c.c.i.i. indica «l'imprenditore commerciale che non dimostra il possesso congiunto dei requisiti di cui all'articolo 2, comma 1, lettera d) e che si trova in stato di crisi o di insolvenza». Deve trattarsi, quindi, di imprenditore assoggettabile alla liquidazione giudiziale, per natura (commerciale) e per dimensioni (non « sotto soglia » con riferimento ai parametri rilevanti). Così, sono escluse sia le imprese minori che quelle agricole, mentre rientrano le grandi imprese. La norma fa riferimento a un onere probatorio a carico dell'imprenditore che dovrebbe, appunto, dimostrare » il possesso congiunto « dei requisiti che configurano la sua attività come impresa minore. Come è stato segnalato, però, tale onere a carico del debitore si registra soltanto quando egli sia soggetto passivo di una domanda di liquidazione giudiziale.
Riguardo ai presupposti (soggettivo ed oggettivo), lo strumento in questione è, quindi, allineato al concordato preventivo, mentre dal raffronto con gli artt. 56 e 57 c.c.i.i. emerge che le altre soluzioni negoziate della crisi hanno uno spettro di applicazione più ampio, atteso che gli accordi di ristrutturazione sono fruibili anche dagli imprenditori agricoli e gli accordi esecutivi di piani attestati di risanamento sono destinati (verosimilmente) anche gli imprenditori minori.
Tale scelta è solo apparentemente distonica rispetto alle discipline adesso ricordate, perché, nel caso del PRO, è prevista una passerella tra il piano e il concordato preventivo e viceversa, così che sarebbe stato illogico ammettervi soggetti che non avrebbero poi potuto avvalersi della facoltà di conversione.
Domanda e proposte preliminari ( regolazione del debito fiscale e previdenziale)
In base al comma 1-bis introdotto dall'art. 17, comma 1, lett. a) d.lgs. 136/2024, l'art. 64-bis prevede ora che «prima della presentazione della domanda di omologazione del piano, il debitore può proporre il pagamento parziale o dilazionato dei tributi e dei relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali, nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza, assistenza e assicurazioni obbligatorie e dei relativi accessori. Alla proposta è allegata la relazione del professionista indipendente che attesta, oltre alla veridicità dei dati aziendali, la sussistenza di un trattamento non deteriore di tali crediti rispetto all'alternativa della liquidazione giudiziale».
Si tratta di una disposizione assai opportuna che consente al debitore di "stralciare" determinate previsioni del piano con specifico riferimento ai creditori istituzionali (Erario e INPS), i quali godono di crediti privilegiati e nei cui confronti può essere utile raggiungere una sorta di accordo separato, prima di presentare la domanda di ristrutturazione in Tribunale.
La disciplina di cui al comma 1-bis sostanzialmente ricalca quella dell'art. 88 c.c.i.i. per il concordato preventivo, come evidenziato dalla stessa Relazione Illustrativa al Correttivo-Ter, dovendosi però escludere una completa assimilazione tra le due fattispecie; ed infatti, diversamente da quanto previsto nel concordato, nel caso di PRO non è richiamata la regola che impone al debitore di assicurare al credito tributario e/o contributivo un trattamento non deteriore rispetto ai crediti con grado di privilegio inferiore ovvero, in caso di degradazione per incapienza, agli altri crediti chirografari.
Sebbene sia consentita al debitore la possibilità di proporre ai creditori pubblici la decurtazione dei crediti vantati, resta esclusa la possibilità di cram down. Tale esclusione sembra comunque trovare giustificazione nella natura di questo strumento che, essendo fondato sull'adesione unanime delle classi di creditori, appare incompatibile con forme di adesione forzosa di creditori rispetto alla proposta formulata dal debitore.
Sul piano procedurale, la proposta di definizione a Erario e Inps è depositata presso gli uffici competenti sulla base dell'ultimo domicilio fiscale del debitore (art. 88, comma 5). Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 88, commi 5, terzo e quarto periodo, 6 e 7.
Ne consegue che l'agente della riscossione, non oltre trenta giorni dalla data della presentazione, deve trasmettere al debitore una certificazione attestante l'entità del debito iscritto a ruolo scaduto o sospeso, mentre gli altri uffici tributari e previdenziali devono, nello stesso termine, procedere alla liquidazione dei tributi risultanti dalle dichiarazioni e alla notifica dei relativi avvisi di irregolarità, di accertamento, di liquidazione e di addebito, unitamente a una certificazione attestante l'entità del debito derivante da atti di accertamento, ancorché non definitivi, per la parte non iscritta a ruolo, nonché dai ruoli vistati ma non ancora consegnati all'agente della riscossione.
Per i tributi amministrati dall'Agenzia delle entrate il voto sulla proposta è espresso ai sensi dell'art. 107 dalla competente Direzione, su parere conforme della relativa Direzione regionale, ove competente sia una Direzione provinciale.
Per i tributi amministrati dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli il voto sulla proposta è espresso sempre ai sensi dell'art. 107 dalle competenti Direzioni territoriali, dalla competente Direzione territoriale interprovinciale ovvero da ciascuna Direzione centrale per gli atti impositivi direttamente emessi.
Per i contributi previdenziali amministrati dall'Inps per i premi amministrati dall'Inail il voto sulla proposta è espresso ai sensi dell'art. 107 dalla competente Direzione territoriale su decisione del Direttore regionale. Il voto è espresso dall'agente della riscossione limitatamente agli oneri di riscossione di cui all'art. 17 d.lgs. 112/1999. L'eventuale adesione dei creditori deve intervenire entro novanta giorni dal deposito della proposta.
Nel caso in cui la proposta venga modificata, il termine è aumentato di sessanta giorni decorrenti dal deposito della modifica della proposta e se la modifica si sostanzia in una nuova proposta, il termine di cui al periodo precedente è aumentato a novanta giorni.
Di poi, il debitore instaura il procedimento con il deposito della domanda – veicolata con ricorso ex art. 40 (che apre, con la disciplina della domanda, il procedimento unitario di accesso agli strumenti di regolazione della crisi o dell'insolvenza) – presso il tribunale nel cui circondario ha il centro degli interessi principali. La domanda è trasmessa al pubblico ministero e, entro il giorno successivo al deposito, è comunicata dal cancelliere al registro delle imprese. Con la domanda l'imprenditore può chiedere le misure protettive ai sensi dell'art. 54.
Dalla presentazione della domanda unitamente alla proposta, al piano e alla documentazione prevista dall'articolo 39, comma 3, c.c.i.i. si applicano le disposizioni degli articoli 145 c.c.i.i. e da 154 a 162(art. 64- bis, comma 9, ultimo periodo, introdotto dall'art. 17, comma 1, lett. d) d.lgs. 136/2024), in tema di formalità non opponibili ai creditori in quanto eseguite dopo l'apertura della liquidazione giudiziale, nonché in materia di crediti pecuniari e non, compensazione, crediti infruttiferi, obbligazioni e altri titoli debitorii, rendita perpetua e vitalizia, obbligazioni solidali dal lato passivo (anche parziali), coobbligazioni e fideiussioni con diritto di garanzia.
Insieme alla domanda il debitore deve presentare la proposta e il piano corredato della documentazione prevista nell'art. 39, commi 1 e 2 (richiamato dall'art. 64- bis , comma 2) che disciplina gli obblighi del debitore che chiede l'accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell'insolvenza o a una procedura d'insolvenza.
Deve essere, inoltre, depositata la relazione di un professionista indipendente che ne attesti la fattibilità muovendo dalla veridicità dei dati aziendali.
Al piano (per quanto riguarda il suo contenuto) si applicano le disposizioni fissate per il concordato preventivo (di cui all'art. 87, commi 1 e 2, c.c.i.i. richiamate dall'art. 64-bis , comma 9, c.c.i.i.).
Il debitore, però, può non presentare contestualmente domanda, piano e proposta: l'art. 44, infatti, riconosce al debitore la possibilità di presentare la domanda con la documentazione prevista dall'art. 39, comma 3 (i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi o per le imprese non soggette all'obbligo della redazione del bilancio, le dichiarazione dei redditi e le dichiarazioni Irap concernenti i tre esercizi precedenti, l'elenco nominativo dei creditori con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di relazione), riservandosi di depositare piano e proposta insieme alla restante documentazione, nel termine assegnatogli dal tribunale, non inferiore a trenta e non superiore a sessanta giorni, prorogabile per giustificati motivi e se non sono state presentate domande di liquidazione giudiziaria (in questo caso si parla di domanda «con riserva»).
In tale evenienza il tribunale, nel decreto di concessione del termine, nomina un commissario giudiziale per vigilare sulla gestione dell'impresa, riferendo al tribunale su ogni atto di frode compiuto precedentemente – e non esposto nella domanda – o sulla condotta del debitore che possa pregiudicare la soluzione della crisi.
Alla luce del comma 3 dell'art. 92 (richiamato dall'art. 64- bis , ultimo comma) il commissario, nominato ai sensi dell'art. 44, affianca il debitore e i creditori nella negoziazione del piano formulando, se del caso, suggerimenti per la sua redazione.
Il decreto di fissazione dei termini dispone, inoltre, a carico del debitore, obblighi informativi periodici sulla gestione finanziaria e sull'attività preparatoria per la redazione del piano.
Il tribunale, nei casi in cui accerti il compimento di atti in frode o il mancato adempimento degli obblighi informativi, può revocare il decreto di concessione dei termini.
Piano e proposta
Circa il perimetro funzionale del piano, il legislatore non ha (volutamente) preso una posizione testuale netta. Al cospetto di tale silenzio, l'orientamento - ad oggi - prevalente ritiene che il PRO possa essere sia in continuità (diretta o indiretta) sia in liquidazione (unitaria o atomistica).
A favore della possibilità di utilizzare il PRO anche per liquidare, è stata valorizzata l'espressione utilizzata nel comma 1 dell'art. 64- bis (il valore generato dal piano, quale strumento per soddisfare i creditori), ed anche il richiamo al comma 1 dell'art. 87 c.c.i.i. che, disciplinando il possibile contenuto del piano, alla lett. d) ammette « modalità di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni ».
Non risultano, quindi, preclusive di questa ampia funzionalità del piano (alla continuità e alla liquidazione) le norme del concordato preventivo in continuità richiamate, perché applicabili soltanto in quanto compatibili.
In questa direzione, si è espressa sin da subito la giurisprudenza di merito(cfr. Trib. Vicenza 17 febbraio 2023; Trib. Roma 3 luglio 2024; Trib. Mantova 24 ottobre 2023), riconoscendo al PRO la veste di strumento a “maglie larghe”, che consente di perseguire la finalità ristrutturativa mediante la prosecuzione (anche in via indiretta) dell'attività d'impresa ovvero attraverso un mero programma di liquidazione, anche di durata pluriennale.
Con il Correttivo-ter il legislatore è intervenuto sulla disciplina del concordato preventivo applicabile al PRO, sostituendo nel comma 9 dell'art. 64-bis c.c.i.i. l'inciso «ad eccezione delle disposizioni di cui agli articoli 112 e 114» con il seguente «ad eccezione delle disposizioni di cui agli articoli 112 e 114-bis e di cui al capo I del titolo VI del presente codice». Sul punto la Relazione Illustrativa al Correttivo-ter ha evidenziato che le «Il richiamo all'articolo 114 quindi – che ha fatto dubitare della natura dello strumento e della possibilità di utilizzarlo anche con finalità meramente liquidatorie - è stato sostituito dal richiamo all'articolo 114-bis, introdotto dallo stesso schema di decreto legislativo, contenente disposizioni applicabili alla liquidazione di beni nell'ambito del concordato in continuità aziendale». Così facendo però, si arriva al paradosso di escludere dal PRO le operazioni di liquidazione di beni non strategici, da porre in essere in esecuzione del piano o per il buon esito della ristrutturazione; operazioni che la stessa Relazione Illustrative definisce come «compatibili con la natura dello strumento il cui piano, pur se finalizzato alla continuità aziendale, potrebbe prevedere la liquidazione di beni non necessari per lo svolgimento dell'attività caratteristica del debitore o della stessa azienda, o di un ramo d'azienda, purché in esercizio».
La compatibilità del PRO con un piano meramente liquidatorio è stata confermata, anche successivamente all'entrata in vigore del Correttivo-ter, dal Tribunale di Milano (cfr. sent. del 24 ottobre 2024) che ha omologato una proposta di piano di ristrutturazione elaborata su di un piano liquidatorio(nella fattispecie richiamata, la proposta presentata dal debitore si basava su un piano che prevedeva la cessione ordinata del cospicuo patrimonio immobiliare ancora in capo alla società debitrice, mediante un meccanismo che assumeva, per il primo biennio dall'omologa, le vendite al valore di c.d. pronto realizzo e, per il successivo triennio, una progressiva riduzione del prezzo). In tale occasione, i giudici milanesi hanno precisato come l'attivo immobiliare avrebbe dovuto essere liquidato «con modalità conformi al nuovo testo dell'art. 114 CCII, così come richiamato, a seguito della novella del 2024, dall'art. 64-bis, co. 9, CCII», ravvisando nel richiamo all'art. 114 c.c.i.i. il «superamento di tutti quei dubbi che, invece, parte della dottrina aveva sollevato circa l'ammissibilità di un piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione di natura eminentemente liquidatoria nel vigore della precedente formulazione dell'art. 64-bis CCII».
Con riguardo alla cessione d'azienda, il nuovo comma 9-bis dell'art. 64-bis, introdotto dal Correttivo-ter, prevede che il tribunale, anche prima dell'omologazione, possa autorizzare l'imprenditore a trasferire in qualunque forma e a qualunque titolo l'azienda o uno dei suoi rami, senza che si producano per l'acquirente gli effetti previsti dall'art. 2560 c.c.; e quindi senza che questi risponda per le obbligazioni pregresse, ferma l'applicazione dell'art. 2112 c.c.
L'autorizzazione al trasferimento è subordinata alla verifica da parte del tribunale della funzionalità degli atti rispetto alla continuità aziendale ed al miglior soddisfacimento dei creditori. Inoltre, il tribunale dovrà dettare tutte le misure ritenute opportune per tutelare gli interessi coinvolti, tenuto conto delle istanze delle parti interessate, e, non da ultimo, verificare il rispetto del principio di competitività nella selezione dell'acquirente.
Così come formulato, il comma 9-bis presenta evidenti analogie (a partire dal richiamo al principio di competitività e alle misure per la tutela degli interessi coinvolti) con l'art. 22, comma 1, c.c.i.i. che regola la cessione d'azienda nella composizione negoziata della crisi; alcun richiamo è, invece, fatto agli artt. 2919-2929 c.c. in tema di vendita forzata e principi di efficienza e pubblicità, diversamente da quanto previsto in caso di cessione d'azienda nell'ambito del concordato preventivo.
Il rispetto della competitività appare doveroso in tutti casi di vendita nell'ambito del PRO, anche qualora la cessione si realizzi nella fase anteriore all'omologazione .
La tesi della “doverosità” è stata avallata anche dalla giurisprudenza di merito (cfr. Trib. Modena 24 ottobre 2023) sulla base di un rilievo di carattere principalmente sistematico: nel periodo anteriore alla omologa, non vi può essere certezza di un “esito fausto” del PRO; in tal caso (ma non solo), rimarrebbe infatti aperta la possibilità di “switch” alla procedura di concordato preventivo, puntualmente disciplinata dall'art. 64-quater; e se tale conversione dovesse verificarsi, sarebbe giocoforza ritenere una riviviscenza, post omologa, dell'art. 114 e della necessaria competitività delle vendite.
A ciò si aggiunge anche l'esigenza di prevenire eventuali abusi: si pensi al caso, pur remoto, del debitore che, conscio di non poter ottenere la omologa del PRO, e sapendo di dover, al più, accedere al concordato, intenda dismettere alcuni beni “a trattativa privata”.
La proposta – anche quando il piano prevede la liquidazione – non ha né vincoli per il trattamento dei creditori (percentuale minima o apporto di risorse esterne), né un contenuto predeterminato dalla legge. L'art. 64- bis non dice, infatti, cosa la proposta deve prevedere, bensì fin dove può spingersi. E, come già detto, la proposta può spingersi a derogare alla par condicio e al principio dell'inalterabilità dell'ordine delle cause di prelazione.
Il limite all'arbitrio del debitore è costituito, nel pensiero del legislatore, dall'obbligo della suddivisione dei creditori in classi, perché ciò permette ai creditori di esprimere il voto all'interno di una comunità nella quale i partecipanti sono aggregati secondo i criteri della omogeneità della posizione giuridica e degli interessi economici. A ciascuna classe può essere proposto un trattamento differente restando, però, invalicabile l'obbligo di assicurare il trattamento paritario ai creditori di una medesima classe. Sulla conformazione del classamento, il controllo del tribunale deve puntualmente soffermarsi per evitare che il debitore differenzi i trattamenti tra creditori di classi diverse, esclusivamente per esasperare la propria libertà distributiva.
Riguardo ai creditori muniti di privilegio, pegno od ipoteca , il piano non incontra alcun limite alla loro falcidiabilità.
Al PRO non si applica, infatti, la regola del trattamento minimo garantito – prevista, invece, per il concordato preventivo (art. 84, comma 5) – secondo cui i privilegiati possono essere soddisfatti non integralmente, purché in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione dei beni o dei diritti sui quali sussiste la causa di prelazione (al netto del presumibile ammontare delle spese di procedura inerenti al bene o diritto e della quota-parte delle spese generali, attestato da un professionista indipendente), con inserimento della quota residua del credito tra le pretese chirografarie. Neppure rispetto ai crediti fiscali e previdenziali – come anzidetto – sono previsti vincoli di soddisfacimento, non essendo richiamata la disciplina ad hoc fissata per il concordato preventivo; per essi, tuttavia, e soltanto per essi, come visto, è prevista la possibilità di una transazione precedente al deposito del piano di ristrutturazione.
In ogni caso, però, – nel solco di una rinnovata attenzione per i diritti dei lavoratori , di cui la Direttiva Insolvency è stata portatrice, – i crediti assistiti dal privilegio di cui all'art. 2751-bis , n. 1, c.c., sono soddisfatti in denaro integralmente entro trenta giorni dall'omologazione.
La posizione del garante pubblico (MCC) nel Piano
Meritevole di approfondimento appare l'ipotesi (assai ricorrente nella prassi) in cui l'impresa debitrice si trovi a dover elaborare un piano che tenga conto della posizione del garante pubblico (MCC), in qualità di prestatore di garanzie statali in favore di uno o più creditori (finanziari), coinvolti nella ristrutturazione.
Ai fini del corretto inquadramento della posizione di MCC, quale gestore del Fondo di garanzie per le PMI, nell'ambito del PRO è necessario svolgere alcune considerazioni preliminari.
Le Disposizioni Operative del Fondo di garanzia per le PMI [Legge 662/1996, art. 2, comma 100, lett. a)], come aggiornate a seguito dell'introduzione del c.c.i.i., disciplinano il procedimento di escussione della garanzia pubblica, indicando una serie di c.d. «Eventi di Rischio», che - a pena di inefficacia della garanzia pubblica - devono essere comunicati al Gestore del Fondo, mediante apposito portale telematico (c.d. «Portale FdG»). Tra questi, le Disposizioni Operative menzionano «f) l'ammissione del soggetto beneficiario finale alle procedure concorsuali (data dell'iscrizione nel Registro delle imprese: della sentenza del Tribunale di dichiarazione di fallimento; del decreto del Tribunale di ammissione alla procedura di concordato preventivo; dell'ammissione alle altre procedure concorsuali)» (cfr. Parte IV delle Disposizioni - Gestione delle operazioni finanziarie garantite). In riferimento a tale evento di rischio, il termine per la sua comunicazione è di 6 mesi dalla data di ammissione alla procedura concorsuale, ovvero 7 mesi in caso di operazioni finanziarie ammesse alla riassicurazione e/o controgaranzia.
La procedura di escussione, regolata dalle Disposizioni Operative, interessa, oltre al garante pubblico, i «soggetti richiedenti» (vale a dire i soggetti finanziatori o i soggetti garanti che richiedono la garanzia), ed i «soggetti finanziatori» (vale a dire le banche, gli intermediari, le imprese di assicurazione, gli operatori di microcredito, i gestori e le SFIS).
In caso di ammissione del soggetto beneficiario finale ad una procedura concorsuale, a pena di inefficacia della garanzia, le Disposizioni Operative prescrivono che «il soggetto finanziatore deve avviare le procedure di recupero di cui al paragrafo B.1.2.f.ii, entro 6 mesi dalla data della stessa ovvero entro 7 mesi dalla data della stessa in caso di operazioni finanziarie ammesse alla riassicurazione e/o controgaranzia (data dell'iscrizione nel Registro delle imprese: della sentenza del Tribunale di dichiarazione di fallimento; del decreto del Tribunale di ammissione alla procedura di concordato preventivo; dell'ammissione alle altre procedure concorsuali)» (Cfr. Parte VI – Procedura per l'escussione della garanzia; Paragrafo B - Invio e istruttoria delle richieste di escussione della garanzia).
In sintesi, dunque, l'escussione della garanzia pubblica avviene esclusivamente mediante un'apposita procedura telematica avviata su impulso del creditore finanziario garantito, che si attiva a fronte del verificarsi di un «evento di rischio» che può essere riconducibile alla notizia di ammissione alla procedura concorsuale.
Chiariti tali aspetti procedurali, occorre investigare l'interesse sotteso alla posizione del garante pubblico (MCC), in caso di avvio di una procedura di ristrutturazione. Pacifico che obiettivo di ogni ristrutturazione è consentire ai creditori un ripagamento maggiore o, comunque, migliore rispetto all'alternativa liquidatoria, guardando al garante pubblico (MCC), questo obiettivo si tradurrà nel limitare il suo intervento in garanzia nella minor misura possibile, al fine di preservare la finanza pubblica (che sarebbe altrimenti utilizzata a soddisfacimento dell'esposizione garantita non soddisfatta dal debitore principale) e scongiurare un “danno erariale”. Ove poi la garanzia pubblica fosse escussa, l'interesse del garante pubblico sarebbe necessariamente quello di vedere soddisfatto il proprio credito da regresso e ricevere un importo non inferiore a quanto riceverebbe nell'alternativo scenario liquidatorio [Volendo fornire un esempio pratico degli effetti di tali considerazioni, si potrebbe ipotizzare che, in presenza di una garanzia pubblica concessa nella misura dell'80% su un credito complessivo di Euro 100,00: (1) ove la ristrutturazione pagasse integralmente il creditore garantito dal garante pubblico, allora quest'ultimo non verrebbe escusso; (2) se la ristrutturazione non pagasse alcunché al creditore garantito dal garante pubblico, allora quest'ultimo pagherebbe al medesimo creditore garantito la percentuale di garanzia a valere sull'esposizione complessiva (nel nostro esempio, l'80% di Euro 100,00 e, dunque, Euro 80,00); (3) se la ristrutturazione pagasse il 30% dell'esposizione del creditore chirografario garantito dal garante pubblico (il 30% di Euro 100,00 e, dunque, Euro 30,00), allora quest'ultimo pagherebbe al medesimo creditore la percentuale di garanzia a valere sull'esposizione complessiva residua (l'80% del residuo pari ad Euro 70,00 e, dunque, Euro 56,00); (4) se infine la ristrutturazione prevedesse un rimborso a favore del garante pubblico, una volta escusso e surrogatosi a seguito di pagamento (a titolo esemplificativo, il 20% di Euro 56,00 e, dunque, Euro 11,20), allora quest'ultimo risparmierebbe denaro pubblico perché dovrebbe eseguire un esborso finale di Euro 44,8 a fronte di un esborso di Euro 80,00 in caso di escussione sul nominale totale del credito garantito].
In tale prospettiva, la convenienza per il garante pubblico dell'operazione di ristrutturazione rispetto all'alternativo scenario liquidatorio si riscontrerà ogni qualvolta (i) la recovery a beneficio dei creditori garantiti sia “maggiore”, con l'effetto di consentire una escussione e liquidazione della garanzia pubblica per un minore importo, e (ii) la proposta di ristrutturazione assicuri al credito (di regresso) del garante pubblico, sorto per effetto dell'escussione e liquidazione degli importi garantiti, un rimborso migliore di quello conseguibile nell'alternativo scenario liquidatorio.
Su tali premesse, sarà quindi necessario per l'impresa debitrice verificare se, all'atto di predisposizione della proposta, la garanzia pubblica sia stata, in tutto o in parte, escussa dai creditori garantiti e se, per l'effetto di tale escussione, il garante pubblico abbia già liquidato i relativi importi garantiti in favore dei suddetti creditori.
In caso di escussione e liquidazione della garanzia pubblica, il garante pubblico (MCC) dovrà considerarsi “surrogato” nella posizione degli istituti di credito garantiti e al credito (di regresso) del garante pubblico (MCC) dovrà essere riconosciuta (pacificamente) la natura privilegiata ex art. 8-bis l. n. 33/2015.
Più complesso è invece il caso in cui, all'atto di redazione della proposta di PRO, la garanzia pubblica risulti ancora non escussa e liquidata in favore degli istituti di credito garantiti. In tale ipotesi, la proposta di PRO non potrà, tuttavia, trascurare la possibilità che tale garanzia sia escussa in un momento successivo alla presentazione della proposta. Allo stesso tempo, il garante pubblico non potrà però essere qualificato come “creditore”, atteso che la relativa pretesa creditoria dipenderà esclusivamente dall'avvenuta escussione (rectius, liquidazione) della garanzia pubblica. Pertanto, non essendo “creditore”, il garante pubblico non potrà neppure essere titolare del diritto di voto sulla proposta di PRO (si noti altresì che, in un tale scenario, in assenza di contestazioni da parte della debitrice proponente il PRO, il garante pubblico non potrebbe essere automaticamente trattato alla stregua di un creditore “contestato” ex art. 108 c.c.i.i., con possibile riconoscimento di un diritto di voto ex art. 107 e 108 c.c.i.i.) .
A fronte di tale situazione di incertezza, la giurisprudenza di merito (cfr. S. Rossetti, Appunti sul classamento dei creditori nel concordato in continuità, in dirittodellacrisi.it; in senso analogo, Trib. di Verona 13 dicembre 2024), già prima dell'entrata in vigore del Correttivo-ter, si è espressa nel senso di ritenere essenziale l'appostazione di adeguatifondi rischia copertura dell'eventualità di una successiva escussione e liquidazione della garanzia pubblica. In tale senso, è stata evidenziata la necessità che la proposta preveda l'appostamento di fondi rischi per un importo almeno pari a quanto offerto al garante pubblico in caso di applicazione della relative priority rule; e siccome tali fondi rischi potrebbero risultare non sufficienti a coprire l'intera ipotetica debitoria, dovrà essere riconosciuta al garante pubblico la facoltà di interloquire sulla proposta, quantomeno come interessato all'omologa; di conseguenza il decreto di ammissione dovrà essere notificato anche al garante pubblico per consentirgli, ove ritenuto, di svolgere un'opposizione all'omologazione (cfr. ancora S. Rossetti, op. cit.).
Tale impostazione è oggi recepita nel c.c.i.i. e precisamente, nel nuovo art. 87, comma 1, lett. p-bis), come riformato a fronte dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 136/2024. La norma prevede, infatti, che il piano di ristrutturazione debba contenere « l'indicazione, laddove necessario, di fondi rischi, con specifico riferimento, per il caso di finanziamenti garantiti da misure di sostegno pubblico, a quanto necessario al pagamento dei relativi crediti nell'ipotesi di escussione della garanzia e nei limiti delle previsioni di soddisfacimento del credito».
Sul piano del voto, qualora prima dello svolgimento delle operazioni di voto, la garanzia pubblica sia escussa, con la liquidazione degli importi garantiti in favore degli istituti di credito garantiti, il garante pubblico si surrogherà nella posizione degli istituti di credito garantiti, con conseguente sua ammissione al voto sulla proposta.
Effetti nei confronti del debitore, dei creditori e dei contratti in corso
Una serie di rilevanti effetti - nei confronti del debitore, dei creditori, dei contratti e delle regole che presiedono alla tutela del capitale – si producono fin dalla data del deposito della domanda.
Il PRO non produce lo spossessamento del debitore . Così, dalla data della presentazione della domanda e fino all'omologazione, il debitore (art. 64-bis, comma 5. c.c.i.i.) prosegue – sotto la vigilanza del commissario giudiziale – nella gestione ordinaria e straordinaria dell'impresa che deve comunque essere orientata a realizzare il prevalente interesse dei creditori. In tale ottica gli atti di straordinaria amministrazione nonché l'esecuzione di pagamenti non coerenti con il piano dovranno, però, essere preventivamente comunicati al commissario giudiziale, il quale potrà inoltrare una segnalazione al debitore e all'organo di controllo, se presente, ove ritenga l'atto pregiudizievole alle ragioni dei creditori o all'attuazione del piano (perché non coerente con questo).
Se, nonostante la segnalazione, l'atto viene egualmente compiuto, il commissario giudiziale, ravvisando una fattispecie di compimento di atti di frode nel corso della procedura, informa il tribunale ai fini dell'art. 106, vale a dire ai fini della revoca del decreto di ammissione.
Su questi atti posti in essere dal debitore conviene fermare l'attenzione perché, nonostante il dissenso del commissario giudiziale, il procedimento potrebbe non interrompersi e giungere all'omologa.
In primo luogo, questi atti dell'imprenditore conservano validità ed opponibilità nei confronti dei terzi, siano essi pagamenti – compresi quelli per crediti anteriori – o atti costitutivi di prelazioni di carattere «preferenziale» (il richiamo del principio dettato dall'art. 46, comma 5, interdice la costituzione di ipoteche «giudiziali», non già di ipoteche volontarie ovvero di altre garanzie condivise dall'imprenditore).
I creditori non possono acquisire diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti – salvo che il tribunale o il giudice delegato abbiano concesso l'autorizzazione - e le ipoteche giudiziali, iscritte nei novanta giorni che precedono la pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese, sono inefficaci nei confronti dei creditori anteriori (sulla base del combinato disposto degli artt. 64- bis , comma 2, e 46, comma 5).
Per effetto del rinvio all'art. 46, comma 4, contenuto nel medesimo art. 64-bis, comma 2, c.c.i.i. – creando, così, un incentivo per chi «sostiene» l'operazione – i crediti di terzi, sorti sulla base di atti legalmente compiuti ( id est quando sono stati condivisi dal commissario giudiziale) saranno assistiti dalla prededuzione sia durante la procedura – per cui saranno soddisfatti alla scadenza prevista dalla legge o dal contratto (art. 98 c.c.i.i., reso applicabile dall'art. 64-bis , comma 9) – sia nell'ambito delle successive procedure esecutive o concorsuali .
Ancora, si applicano, dalla presentazione della domanda di accesso al PRO, le disposizioni (fissate per il concordato preventivo) in tema di finanziamenti prededucibili in funzione ed in esecuzione della procedura.
È sorto il dubbio se possa essere prededucibile il credito relativo ad un atto di straordinaria amministrazione, non preventivamente segnalato o non coerente rispetto al piano, che tuttavia non abbia determinato, perché ritenuto non significativo, la revoca del decreto di ammissione. Sembra ragionevole ritenere che tale atto, rimasto ininfluente rispetto allo svolgimento del PRO, possa essere censurato dal tribunale nella successiva procedura privando il relativo credito della prededuzione.
Rispetto ai contratti in corso , nel quadro di un favor per la continuità, i creditori non possono, unilateralmente, rifiutare l'adempimento dei contratti in corso di esecuzione o provocarne la risoluzione, né possono anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell'imprenditore per il solo fatto del deposito della domanda di accesso alla procedura.
Inoltre, i creditori interessati dalle misure protettive concesse ai sensi dell'art. 54, comma 2, c.c.i.i. non possono, unilateralmente, – in proposito è richiamato l'art. 94-bis c.c.i.i. – rifiutare l'adempimento dei contratti essenziali ( contratti cioè necessari per la gestione corrente dell'impresa, la cui interruzione precluderebbe la prosecuzione dell'impresa) in corso di esecuzione o provocarne la risoluzione , né possono anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell'imprenditore per il solo fatto del mancato pagamento di crediti anteriori rispetto alla presentazione della domanda di accesso alla procedura.
Infine, per quanto riguarda la stringente disciplina a tutela dell'integrità del capitale sociale , in virtù del richiamo dell'art. 89 c.c.i.i., dal deposito della domanda e sino all'omologazione non trovano le norme del codice civile che impongono la riduzione del capitale per perdite.
L'attestazione del PRO e il giudizio di convenienza
Riguardo all'attestazione che dovrà accompagnare la domanda di omologazione, l'art. 64-bis, comma 3, c.c.i.i. stabilisce che «un professionista indipendente deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano».
A differenza di quanto previsto dall'art. 87, comma 3, c.c.i.i. in caso di concordato preventivo, l'art. 64-bis, comma 3 non prevede espressamente che il professionista indipendente si esprima anche sulla convenienza della proposta di PRO, certificando che la stessa assicuri ai creditori un trattamento non inferiore a quello che gli stessi riceverebbero in caso di apertura della liquidazione giudiziale.
Attenendosi quindi al dato letterale, sembrerebbe doversi concludere nel senso di escludere, dall'ambito del PRO, una “valutazione terza” in tema di convenienza della proposta rispetto all'alternativa liquidatoria. Cionondimeno, una attestazione che formuli considerazioni anche in tema di convenienza della proposta rispetto allo scenario alternativo liquidatorio è, nella prassi, un elemento di indubbia utilità sia per gli organi della procedura (in primis, il tribunale in sede di opposizione all'omologazione; come appresso si dirà), sia, e soprattutto, per i creditori chiamati a votare la proposta presentata dal debitore.
Rispetto ai creditori, difatti, l'espressione del consenso (o del diniego) sulla proposta del debitore passa necessariamente attraverso lo svolgimento di valutazioni circa la convenienza della proposta rispetto allo scenario di liquidazione giudiziale; considerazioni che gli stessi creditori potranno svolgere solo a fronte di informazioni e documenti che il debitore dovrà mettere a disposizione della procedura e che dovranno consentire, a ciascun creditore, di valutare adeguatamente se la proposta assicuri, in concreto, un trattamento migliorativo rispetto a quello prospettabile in caso di apertura di una liquidazione giudiziale. In tal senso, una relazione del professionista indipendente che incorpori anche una analisi rispetto all'alternativa liquidatoria, seppur non espressamente richiamata dalla disciplina normativa, non potrà che agevolare tali valutazioni da parte dei creditori.
Resta, invece, esclusa dal campo di indagine dell'attestazione nel PRO il degrado dei creditori muniti di privilegio pegno e ipoteca ai sensi dell'art. 84, comma 5, c.c.i.i. non essendo tale norma richiamata espressamente dall'art. 64-bis, comma 9.
In dottrina (cfr. I. Pellecchia, La valutazione di convenienza nel giudizio di omologa del PRO, in ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it), il mancato richiamo all'attestazione per il degrado è stato positivamente accolto, dal momento che una contraria previsione potrebbe porsi come una potenziale contrazione della libertà con cui soddisfare i creditori attraverso il valore generato dal piano e, quindi, distonica rispetto ai principi ispiratori dell'istituto.
A rafforzamento della non obbligatorietà dell'attestazione per il degrado è stata rilevata, peraltro, la possibilità per il creditore, sia pur privilegiato, di accettare un trattamento in misura inferiore al valore di liquidazione. Tale manifestazione di volontà rende, così, priva di ogni senso e utilità l'attestazione circa il rispetto del limite alla falcidia, proprio in ragione della natura negoziale del PRO (cfr. ancora I. Pellecchia, op. cit.).
Verifica del tribunale
Al tribunale spetta la verifica della ritualità della proposta e della corretta suddivisione dei creditori in classi.
Riguardo al primo profilo, il tribunale adìto deve effettuare un controllo di legittimità per individuare gli eventuali vizi del procedimento relativi alla sua competenza per territorio, all’esistenza dei presupposti (soggettivo ed oggettivo), ai requisiti formali della domanda e al bagaglio documentale richiesto, nonché il rispetto dei limiti posti per il contenuto della proposta (relativi ai crediti assistiti dal privilegio exart. 2751-bis n. 1 c.c.).
Rispetto al secondo profilo – la corretta formazione delle classi – il tribunale deve verificare che siano rispettati i criteri vuoi della omogeneità della posizione giuridica e degli interessi economici, vuoi di trattamento che deve essere inderogabilmente paritario per tutti i creditori inseriti in una stessa classe. Pare, invece, esclusa in questa fase un’indagine del tribunale sulla convenienza della proposta per i creditori e sulla fattibilità del piano. Ciò si desume, da una parte, dalla lettera della disposizione [art. 64-bis, comma 4, lett. a)], che parla di valutazione della ritualità della proposta e, dall’altra, dal mancato richiamo alla norma [art. 47, comma 1, lett. b), c.c.i.i.], fissata per il concordato preventivo in continuità, nel quale è prevista, oltre alla verifica della ritualità, anche quella della non manifesta inidoneità del piano al soddisfacimento dei creditori e alla conservazione dei valori aziendali,
Se le verifiche danno esito negativo, il tribunale emana un decreto con cui dichiara inammissibile la proposta, cessando, così, gli effetti prodotti dalla domanda.
Se le suddette verifiche, invece, danno esito positivo, il tribunale pronuncia il decreto di apertura della procedura (art. 64-bis, comma 4, c.c.i.i.) con il quale designa il giudice delegato e nomina il commissario giudiziale o lo conferma (poiché nel caso in cui il debitore si sia avvalso dei termini di cui all’art. 44 era già stato nominato) stabilendo, inoltre, le modalità di svolgimento delle operazioni di voto e la costituzione del fondo per le spese della procedura.
Il decreto di apertura deve essere registrato, a cura del commissario giudiziale, nei pubblici registri se il debitore possiede beni immobili o beni soggetti a registrazione (dal combinato disposto degli artt. 64-bis, comma 9, e 93 c.c.i.i.).
Organi del PRO sono il tribunale, il giudice delegato e il commissario giudiziale al quale si applica l’art. 92 c.c.i.i. richiamato dal comma 9 dell’art. 64-bis. Non è previsto il comitato dei creditori.
Votazione
La disciplina della votazione è dettata, in parte, richiamando quella del concordato preventivo, in parte munendola di norme del tutto peculiari, funzionali al raggiungimento dell'unanimità delle classi.
Come nel concordato preventivo, il momento del voto deve essere preceduto da una fase caratterizzata da un flusso informativo completo e dal confronto tra le parti.
Questa fase, disciplinata attraverso il richiamo all'art. 107 c.c.i.i., è scandita in tappe temporalmente precise e cosparsa di adempimenti posti a carico del commissario giudiziale.
Almeno quindici giorni prima della data iniziale stabilita per il voto il commissario giudiziale illustra la sua relazione e le proposte definitive del debitore e quelle eventualmente presentate dai creditori con comunicazione inviata ai creditori, al debitore e a tutti gli altri interessati e depositata nella cancelleria del giudice delegato. Questa relazione è accompagnata, ai soli fini della votazione, dall'elenco dei creditori legittimati al voto con indicazione dell'ammontare per cui sono ammessi.
Almeno dieci giorni prima della data iniziale stabilita per il voto, si apre un contraddittorio: il debitore, coloro che hanno formulato proposte alternative, i coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso, nonché i creditori possono formulare osservazioni e contestazioni indirizzate al commissario giudiziale. Ciascun creditore può esporre le ragioni per le quali non ritiene ammissibile o conveniente la proposta di piano presentata e sollevare contestazioni sui crediti concorrenti.
Il debitore ha facoltà di rispondere e contestare a sua volta i crediti, e ha il dovere di fornire al giudice gli opportuni chiarimenti. Il debitore, inoltre, può esporre le ragioni per le quali ritiene non ammissibili o non fattibili le eventuali proposte concorrenti. Il commissario giudiziale dà comunicazione ai creditori, al debitore e a tutti gli altri interessati delle osservazioni e contestazioni pervenute e ne informa il giudice delegato.
Terminato questo contraddittorio tra i vari soggetti interessati, il commissario giudiziale deposita la propria relazione definitiva e la comunica ai creditori, al debitore ed agli altri interessati almeno sette giorni prima della data iniziale stabilita per l'inizio delle operazioni di voto.
L'espressione del voto – coerentemente a quanto previsto per il concordato preventivo – non avviene in un'adunanza bensì è espresso con modalità telematiche nelle forme e nei termini fissati dall'art. 107 c.c.i.i. richiamato integralmente dall'art. 64- bis , comma 7. Il tribunale fissa con decreto una data iniziale e una finale per l'espressione del voto dei creditori.
Legittimati al voto – e per l'intero credito – sono i chirografari e i postergati.
I creditori muniti di diritto di prelazione non votano, se la proposta ne prevede il soddisfacimento in danaro, integrale, entro centottanta giorni dall'omologazione e purché la garanzia reale che assiste il credito ipotecario pignoratizio permanga fino alla liquidazione dei beni e diritti sui quali insiste la prelazione.
Diversamente i creditori privilegiati – e tra questi i lavoratori – votano per l'intero valore nominale del loro credito, suddivisi in due classi distinte. In una classe è inserita la parte coperta dalla prelazione e nell'altra la parte incapiente.
La regola prevista per i creditori privilegiati si applica anche ai prededucibili che non votano se soddisfatti in denaro, integralmente e nei termini temporali previsti dalla legge mentre, se queste condizioni non possono essere rispettate, voteranno per l'intero credito sempre suddividendo in due diverse classi la parte capiente e quella incapiente.
Sulla base del richiamo – operato dall'art. 64-bis, comma 7 – all'art. 109, commi 6 e 7, c.c.i.i. sono esclusi dal voto : il coniuge o il convivente di fatto del debitore, ovvero la parte dell'unione civile con il debitore, i parenti e affini del debitore fino al quarto grado, la società che controlla la società debitrice, le società da questa controllate e quelle sottoposte a comune controllo, nonché i cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di un anno prima della domanda di concordato. Sono, inoltre, esclusi dal voto e dal computo delle maggioranze i creditori in conflitto d'interessi.
La proposta, come già è stato segnalato, deve essere approvata dalla unanimità delle classi: tutte le classi votano e tutte devono risultare favorevoli. La regola viene enunciata in apertura dell'art. 64- bis e riaffermata tra le condizioni per l'omologazione nel comma 8 dello stesso articolo.
Ciò detto, occorre vedere come tale condizione possa essere raggiunta.
La legge contempla due diversi criteri di raggiungimento della maggioranza . Il PRO è approvato se tutte le classi votano a favore (che non equivale al consenso unanime dei creditori!) e tale condizione può essere raggiunta con due diversi criteri, l'uno principale e il secondo sussidiario.
Secondo il criterio principale, si considera approvata la proposta se viene raggiunta in ciascuna classe la maggioranza dei crediti ammessi al voto.
Altrimenti, si applica il criterio sussidiario , sulla base del quale si considera raggiunta la maggioranza se hanno votato favorevolmente due terzi dei crediti dei creditori votanti e questi rappresentino almeno la metà del totale dei crediti della medesima classe.
Può, pertanto, accadere che l'unanimità sia raggiunta nonostante che in alcune classi la maggioranza sia stata raggiunta con il criterio principale e in altre con il sussidiario.
L'indubbia facilitazione costituita da due diversi e alternativi criteri per raggiungere la maggioranza in tutte le classi, – per cui una proposta potrebbe essere approvata con il 34% circa dei voti di ciascuna classe in tutte le classi; vale a dire il 34% circa di tutti creditori – si scontra, però, con l'assenza di un meccanismo per "coartare" la volontà contraria dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie. Si registra, infatti, l'assenza del c.d. cram down fiscale e previdenziale, previsto, invece, per il concordato preventivo all'art. 88, comma 2-bis, c.c.i.i. Quest'ultima norma – probabilmente incompatibile con la richiesta unanimità delle classi – non è oggetto di richiamo da parte dell'art. 64- bis.
All' esito della votazione, il commissario giudiziale redige una relazione (art. 110 c.c.i.i.) che sottopone al giudice delegato e deposita in cancelleria il giorno successivo alla chiusura delle operazioni di voto. In questa relazione, il commissario riporta i voti favorevoli e i contrari con l'indicazione nominativa dei votanti e dell'ammontare dei rispettivi crediti e l'elencazione nominativa dei non votanti con l'indicazione dei loro crediti.
Omologazione
Qualora il PRO sia stato approvato da tutte le classi o se il debitore abbia chiesto, con successo, la verifica dell'esito della votazione, si apre la fase dell'omologazione (art. 64-bis , comma 8, c.c.i.i.) il cui iter procedimentale è regolato dall'art. 48, commi 1, 2 e 3, c.c.i.i. – in tema di concordato preventivo – richiamato dall'art. 64- bis , comma 9.
Approvato il piano da parte di tutte le classi, il tribunale fissa l'udienza in camera di consiglio per la comparizione delle parti e del commissario giudiziale, disponendo che il provvedimento sia iscritto presso l'ufficio del registro delle imprese dove l'imprenditore ha la sede legale e se questa differisce dalla sede effettiva anche presso l'ufficio del luogo in cui la procedura è stata aperta. Il provvedimento deve essere notificato, a cura del debitore, al commissario giudiziale e agli eventuali creditori che hanno espresso il loro dissenso.
I creditori dissenzienti e qualsiasi interessato devono proporre le opposizioni con memoria depositata nel termine perentorio di almeno dieci giorni prima dell'udienza. Deve anche essere depositato, almeno cinque giorni prima dell'udienza, il parere motivato del commissario giudiziale. Fino a due giorni prima dell'udienza il debitore può depositare memorie.
La disciplina dell'omologazione del pro, a differenza di quella del concordato preventivo - per il quale è stato specificato il sindacato attribuito al tribunale in sede di omologazione (art. 112, comma 1) - non si esprime circa il perimetro valutativo affidato all'autorità giudiziaria.
In questa fase, il controllo del tribunale deve, quindi, ritenersi circoscritto – anche per l'espressa esclusione tra le norme richiamabili dell'art. 112 che sigla una serie di puntuali verifiche in fase di omologazione del concordato preventivo – alla votazione, in quanto deve risultare l'approvazione da parte di tutte le classi, condizione indefettibile per l'emanazione del relativo provvedimento.
Nonostante l'unanimità delle classi, il creditore dissenziente può, però, eccepire il difetto di convenienza della proposta ai sensi dell'art. 64-bis, comma 8.
In questa prospettiva, il legislatore affida all'opposizione per “difetto di convenienza”la tutela del singolo creditore.
In tal caso, il tribunale omologa il piano quando dalla proposta il credito risulta soddisfatto in misura non inferiore rispetto a quanto potrebbe ricevere nel caso di apertura della liquidazione giudiziale alla data della domanda di omologazione [art. 64-bis, comma 8, come modificato dall'art. 17, comma 1, lett. c), d.lgs. 136/2024]: è il cd. giudizio di cram down.
Tale giudizio viene formato all'esito di un percorso valutativo che il tribunale è chiamato a compiere, che presuppone anche la verifica della fattibilità del piano.
Il tribunale, anche sulla base delle risultanze dell'attestazione e della relazione del commissario giudiziale, svolge il giudizio di convenienza, comparando – in una sorta di simulazione – la proposta con l'alternativa possibilità di soddisfacimento che il credito potrebbe ricevere nel caso di apertura della liquidazione giudiziale alla data della domanda di omologazione, inclusa una valutazione delle azioni revocatorie e di responsabilità esercitabili con successo. Quindi, il tribunale raffronta le diverse opzioni satisfattive del credito sulla base dell'assenza del pregiudizio.
Ai fini del giudizio di non deteriorità due solo le novità più rilevanti introdotte dal d.lgs. 136/2024.
La prima è quella del comma 8 dell'art. 64-bis con cui il legislatore ha chiarito che la verifica sul trattamento prospettabile in caso di liquidazione dovrà essere condotta prendendo a riferimento la situazione alladata della domanda di omologazione. Il confronto con l'alternativa liquidatoria va quindi svolto adottando un c.d. criterio “statico” necessariamente riferito al momento del deposito della domanda di omologazione.
La seconda è quella relativaall'articolo 87, comma 1, lettera c) c.c.i.i., che definisce il valore di liquidazione come «il valore realizzabile in sede di liquidazione giudiziale, dalla liquidazione dei beni e dei diritti, comprensiva dell'eventuale maggior valor economico realizzabile nella medesima sede dalla cessione dell'azienda in esercizio nonché delle ragionevoli prospettive di realizzo delle azioni esperibili, al netto delle spese». Si tratta quindi di una grandezza controfattuale, che richiede una stima dell'intero attivo ricavabile dalla liquidazione, sia in chiave atomistica sia “in blocco”, del patrimonio del debitore, in cui dovranno essere ricomprese le azioni revocatorie, risarcitorie e recuperatorie, nonché la vendita dell'azienda in esercizio provvisorio (sempre se percorribile), nel caso in cui si aprisse la liquidazione giudiziale alla data di deposito della domanda di omologa del PRO.
Ferma la determinazione del valore di liquidazione nei termini anzidetti, la valutazione sottesa al giudizio di convenienza che il tribunale dovrà svolgere non potrà però limitarsi alla sfera “quantitativa”, ovvero ad un raffronto algebrico tra le diverse percentuali di rimborso prospettabile nel caso di PRO e nell'alternativa liquidatoria, ma dovrà considerare ogni ulteriore aspetto che possa determinare un surplus per il rimborso del creditore, concorrendo quindi a delineare un trattamento “migliorativo” rispetto all'alternativa liquidatoria. Si pensi, ad esempio, al caso in cui la proposta di PRO preveda per il creditore (dissenziente) un ristoro sulla base di un incasso certo, ovvero un rientro del credito secondo tempistiche notevolmente ridotte rispetto a quelle ipotizzabili nella liquidazione giudiziale, ovvero ancora riconosca la concessione di garanzie ulteriori, che non troverebbe altrettanta realizzazione nel caso di apertura della liquidazione giudiziale. Anche di tale aspetto, di natura prettamente qualitativa, il tribunale dovrà tener conto nel valutare la convenienza della proposta, senza limitarsi ad una comparazione algebrica tra percentuali di rimborso.
Quando venga rilevato il pregiudizio per l'opponente, il tribunale rigetta l'omologazione. In questa ipotesi, sussistendo il ricorso di uno dei soggetti legittimati e accertati i presupposti soggettivo e oggettivo, il tribunale dichiara con sentenza l'apertura della liquidazione giudiziale.
Entro quindici giorni dal deposito della relazione del commissario giudiziale che riporta il mancato raggiungimento dell'unanimità delle classi (art. 64-ter, c.c.i.i.), il debitore, se ritiene di avere ottenuto l'approvazione di tutte le classi (ad esempio, contestando il computo dei voti o l'espressione del voto da parte di qualche creditore), può chiedere, però, al tribunale di accertare l'esito della votazione attraverso il ricalcolo dei voti che, se a lui favorevole, condurrebbe all'omologazione. Altrimenti, il debitore può modificare la domanda (come diremo tra breve più in dettaglio).
Se debitore non sfrutta alcuna delle possibilità (sopra esposte) che gli sono concesse, il giudice delegato riferisce circa la mancata approvazione del PRO al tribunale il quale, ove sia stato presentato ricorso da parte di uno dei soggetti legittimati, accertati i presupposti, dichiara con sentenza l'apertura della liquidazione giudiziale.
Ove invece il tribunale verifichi la presenza delle condizioni per l'omologazione del PRO, pronuncia sentenza contro la quale è ammesso reclamo alla corte d'appello. Contro la decisione della corte d'appello è proponibile ricorso per cassazione.
Con l'omologazione ha inizio la fase esecutiva. Gli atti, i pagamenti e le garanzie su beni del debitore, posti in essere in esecuzione del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione e in esso indicati, sono esenti dalla revocatoria della liquidazione giudiziale e da quella ordinaria art. 166, comma 3, lett. d) c.c.i.i..
Conversione del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione in concordato preventivo e viceversa
Come già anticipato, se il piano di ristrutturazione non è approvato da tutte le classi, l'art 64-quater c.c.i.i. , al comma 1, accorda al debitore, che non voglia contestare l'esito della votazione chiedendo il ricalcolo dei voti, la possibilità di modificare – prima della chiusura dell'udienza di omologazione – la domanda in una proposta di concordato preventivo e, al comma 5, l'ipotesi inversa. Questa transizione, come chiarisce la Relazione Illustrativa al d.lgs. n. 83/2022, è stata prevista per il caso in cui «il debitore, inizialmente convinto di poter ottenere l'unanimità, ci ripensi e voglia, più prudentemente, costruire un piano più tradizionale».
La transizione, su richiesta del debitore, è possibile:
1. quando risulta che il piano non è stato approvato da tutte le classi ;
2. quando un creditore ha contestato il difetto di convenienza dieci giorni prima della data iniziale stabilita per il voto (art. 107, comma 4);
3. in ogni momento, anche al di fuori di queste due ipotesi, quando evidentemente il debitore preferisca accedere allo strumento più strutturato del concordato preventivo.
La memoria contenente la modifica della domanda è pubblicata nel registro delle imprese e dal giorno della pubblicazione si applicano le disposizioni richiamate nel comma 4 dell'art 64-quater .
Il legislatore intende, oltre che favorire il ricorso al PRO, velocizzare ogni passaggio. Per rendere più rapidi i tempi di conclusione del procedimento – anche in ragione della durata massima di dodici mesi delle misure protettive – e favorire il risanamento, l'art. 64- ter concede al debitore di richiedere tale modifica ancor prima della votazione, là dove un creditore abbia contestato il difetto di convenienza già nelle osservazioni formulate ai sensi dell'art. 107, co. 4.
Nella medesima ottica, ai sensi del comma 3 dell'art. 64- ter , i termini per l'approvazione del concordato sono ridotti alla metà. Inoltre, ai sensi del comma 4, la memoria contenente la domanda deve essere pubblicata nel registro delle imprese e da quel momento si verificano gli effetti derivanti dal deposito della domanda di concordato preventivo in materia di autorizzazione al compimento di atti straordinari.
Con la domanda di conversione, si chiude la procedura di PRO e si apre quella di concordato preventivo.
Come anticipato, l'art. 64- ter , al comma 5, disciplina anche il passaggio inverso, consentendo al debitore di abbandonare la procedura di concordato preventivo per proporre una domanda di omologazione del piano di ristrutturazione. Ciò è consentito fino all'inizio delle operazioni di voto disposte al momento dell'apertura della procedura di concordato.
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Sommario
Domanda e proposte preliminari ( regolazione del debito fiscale e previdenziale)
La posizione del garante pubblico (MCC) nel Piano
Effetti nei confronti del debitore, dei creditori e dei contratti in corso
L'attestazione del PRO e il giudizio di convenienza