La domanda di reintegrazione e la legittimazione del detentore
07 Maggio 2025
Per rispondere al quesito è necessario, innanzitutto, definire il concetto di detentore non qualificato. Con questo termine si indica colui che esercita un potere di fatto sulla cosa riconoscendo l'altruità del bene, non essendo, però, dotato di un titolo negoziale specifico che legittimi la sua detenzione che esercita, infatti, in virtù di una relazione di fatto con il possessore: ad esempio, colui che occupi un'abitazione per le vacanze di un conoscente che gliela abbia gentilmente “prestata” per un breve periodo. A differenza, il detentore qualificato, pur riconoscendo l'altruità del bene, esercita il potere di fatto sul bene in virtù di un titolo come, ad esempio, il locatario, il comodatario, il depositario. Pertanto, si può affermare che l'azione di reintegrazione spetti certamente al detentore qualificato ma, in virtù del richiamo previsto al secondo comma dell'art. 1168 c.c., non spetti anche al detentore non qualificato. Quanto, poi, alla identificazione del titolo che identifichi una detenzione come qualificata, la giurisprudenza sembra adottare un'interpretazione estensiva, soprattutto con riferimento ai rapporti familiari in senso ampio, come si evince da Cass. civ., sez. II, 21 marzo 2013, n. 7214: «La convivenza more uxorio, quale formazione sociale che dà vita ad un autentico consorzio familiare, determina, sulla casa di abitazione ove si svolge e si attua il programma di vita in comune, un potere di fatto basato su di un interesse proprio del convivente ben diverso da quello derivante da ragioni di mera ospitalità, tale da assumere i connotati tipici di una detenzione qualificata, che ha titolo in un negozio giuridico di tipo familiare. Ne consegue che l'estromissione violenta o clandestina dall'unità abitativa, compiuta dal convivente proprietario in danno del convivente non proprietario, legittima quest'ultimo alla tutela possessoria, consentendogli di esperire l'azione di spoglio». |