Misure cautelari e protettive nella composizione negoziata della crisi d’impresa: l’inibitoria a carico di AdE e AdER
09 Maggio 2025
Massima Le misure protettive possono essere concesse con efficacia erga omnes per la funzione loro insita volta a preservare il patrimonio dell’impresa debitrice da possibili aggressioni di terzi, mentre le misure cautelari, in sostituzione di quelle protettive dopo la scadenza del termine massimo di durata delle medesime, vanno richieste indicando puntualmente la specifica ragione della cautela richiesta e il soggetto destinatario della medesima, per consentire al Tribunale di verificare l’effettività del periculum in mora paventato dalla ricorrente. Il caso La società ricorrente, attiva nel commercio e nella lavorazione dei metalli, durante le trattative volte alla composizione negoziata della propria crisi, e con le misure protettive scadute, ha presentato istanza per la concessione di un provvedimento cautelare ex art. 19 C.C.I.I. nei confronti dell’Agenzia delle Entrate e dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione, volta ad impedire al creditore pubblico l’avvio o la prosecuzione della azioni esecutive o cautelari contro il patrimonio della società e contro quello del suo legale rappresentante pro tempore, nonché sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività di impresa, per il periodo di novanta giorni, o, comunque, nel termine ritenuto opportuno dal giudice. La questione Il tema affrontato e positivamente risolto dal Tribunale di Bergamo ha ad oggetto l’emissione di una misura cautelare ad hoc nei confronti di singoli creditori, nella fattispecie Agenzia Entrate e Agenzia Entrate Riscossione, consistente nell’imposizione ai suddetti creditori pubblici del divieto di iniziare e/o proseguire azioni esecutive sul patrimonio della società, su beni strumentali all’attività d’impresa o su quello del suo legale rappresentante, avendo la società istante proposto all’interno della composizione negoziata, ed in funzione del proprio piano, domanda di transazione fiscale all’Agenzia delle Entrate. Le soluzioni giuridiche La decisione del Tribunale di Bergamo si fonda sulla diversità di ratio tra le misure protettive e le misure cautelari previste nella composizione negoziata della crisi d’impresa, come disciplinate dal codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Il Tribunale ha osservato, in primo luogo, che l’intervenuta scadenza del termine massimo di durata delle misure protettive non osta alla concessione della richiesta misura cautelare: il giudice ha ritenuto che mentre le misure protettive possano essere concesse con efficacia erga omnes per la funzione loro insita volta a preservare il patrimonio della società da possibili aggressioni di terzi, le misure cautelari vadano invece richieste indicando specificamente la specifica ragione della cautela richiesta e il soggetto destinatario della medesima, per consentire al Tribunale di verificare l’effettività del periculum in mora paventato dalla ricorrente. Nel caso di specie, il Tribunale di Bergamo ha correttamente verificato che l’istante aveva chiesto l’applicazione di una misura specifica (divieto di disporre l’avvio o la prosecuzione della azioni esecutive o cautelari contro il patrimonio della società nonché quello del suo legale rappresentante pro tempore, nonché sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività di impresa), nei confronti di un creditore individuato con precisione, cosicché ha ritenuto integrato il requisito sopra indicato. Concludendo, è possibile affermare che il Tribunale di Bergamo abbia ritenuto sussistenti sia la funzionalità della misura richiesta a consentire il perfezionamento delle trattative sia la necessarietà della misura stessa a non pregiudicare l’attuazione del piano di risanamento, tenuto altresì conto del parere favorevole depositato dall’Esperto. Osservazioni Ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. q) c.c.i.i., oggetto di recenti interventi legislativi, per misure cautelari si intendono «i provvedimenti cautelari emessi dal giudice competente a tutela del patrimonio o dell'impresa del debitore, che appaiono secondo le circostanze più idonei ad assicurare provvisoriamente il buon esito delle trattative, gli effetti degli strumenti di regolazione della crisi e delle procedure di insolvenza e l'attuazione delle relative decisioni». I provvedimenti cautelari, a differenza delle misure protettive, non hanno – e non possono avere - efficacia erga omnes, ma devono essere richiesti nei confronti di specifici soggetti e, ancor di più, per specifiche finalità. Tali provvedimenti non hanno, quindi, un contenuto predeterminato, come invece avviene per le misure protettive (che determinano il prodursi degli effetti tipici meglio descritti dall'art. 18 c.c.i.i., con riferimento, ad esempio, alle azioni esecutive e cautelari), ma, spesso, la necessità di procedere alla loro richiesta emerge in base alle esigenze sorte in sede di trattative, come avvenuto nel caso di specie, in cui si rendevano necessarie al fine di inibire qualsivoglia iniziativa ostile da parte dell'Agenzia delle Entrate. Invero, se i provvedimenti cautelari non potessero essere concessi e applicati anche, e soprattutto, successivamente alla scadenza della durata massima prevista ex lege delle misure protettive si rischierebbe di ledere il buon andamento della composizione negoziata, e di non rispettare la ratio dell'istituto stesso, soprattutto laddove si consideri che il percorso negoziale privatistico, nel caso deciso dal Tribunale di Bergamo, era non solo in corso ma, anzi, era entrato nella sua fase cruciale rappresentata, in particolare, dal tentativo di definizione dell'esposizione erariale della società, rispetto alla quale si era peraltro registrato un atteggiamento passivo dell'ente medesimo. Non solo. Se non fosse consentito al debitore tutelarsi tramite l'ottenimento di un provvedimento cautelare a seguito dello spirare delle misure protettive precedentemente concesse dal giudice (e prorogate), dovrebbe darsi atto di una lacuna legislativa difficilmente colmabile tramite qualsivoglia interpretazione estensiva dell'organo giudicante. Pertanto, reputa chi scrive che fosse legittima la richiesta della ricorrente e anche meritevole di accoglimento, in virtù dell'immutato scenario che all'epoca aveva consentito la concessione e poi la proroga delle misure protettive. In un simile scenario, la società si è rivolta al giudice affinché concedesse una misura cautelare che inibisse ad AdE e AdER l'attivazione (ad es. sui conti correnti con i quali la società quotidianamente operava per adempiere alle proprie obbligazioni correnti, quali il pagamento dei dipendenti) e la prosecuzione di qualsivoglia iniziativa aggressiva (sia essa di natura esecutiva che cautelare) nei confronti sia del patrimonio dell'amministratore che della sua impresa, come appunto stabilito dal medesimo art. 2, comma 1, lett. q) c.c.i.i. Invero, ragionando diversamente, si arriverebbe al paradosso per cui la prosecuzione delle trattative – e quindi l'individuazione di una soluzione della crisi – verrebbe compromessa dall'azione ostile dello stesso creditore direttamente coinvolto dalle trattative in corso: l'impossibilità di tutelare, comunque e al di là delle misure protettive vere e proprie, il patrimonio del debitore, pur in pendenza di trattative, sarebbe assolutamente contro la ratio della composizione negoziata. Tale richiesta, secondo il Tribunale di Bergamo, è risultata coerente, proporzionata – in quanto affatto pregiudizievole per l'AdE – e necessaria all'adozione delle iniziative propedeutiche al superamento dello stato di tensione finanziaria e al risanamento della società, obiettivo che, sulla base di quanto esposto sia nel progetto di piano sia nel parere dell'esperto, favorevole alla concessione della misura cautelare – risultava concretamente conseguibile, ma rischiava di essere compromesso dal prosieguo e/o dall'imminente avvio di azioni dell'ente pubblico in danno della società le quali, inevitabilmente, avrebbero implicato lesioni all'integrità patrimoniale, con danno per l'intero ceto creditorio. La diversa natura delle misure cautelari rispetto alle misure protettive, riconosciuta e confermata dal Tribunale di Bergamo, è stata puntualizzata anche di recente da altra giurisprudenza di merito, che, nel riconoscere l'applicabilità di misure cautelari in sostituzione di quelle protettive dopo la scadenza del termine massimo di durata delle medesime, ha peraltro precisato che le stesse dovevano essere richieste specificamente nei confronti dei soli soggetti per i quali la cautela era rimasta necessaria: «Qualora nel corso della composizione negoziata si determini una esigenza cautelare per l'imminente sopraggiungere della scadenza ultima delle misure protettive del patrimonio confermate erga omnes, il presidio può essere riconosciuto se è richiesto un provvedimento specifico nei confronti di destinatari determinati, finalizzato ad assicurare provvisoriamente l'esito delle trattative. Trattasi di tutela interinale personalizzata per lo specifico debitore e per le peculiari esigenze delle trattative in corso con i creditori» (Trib Milano 7 luglio 2024). |