Opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c.: riflessi sul giudizio di ottemperanza e sospensione ex art. 337, comma 2, c.p.c.
09 Maggio 2025
Un istituto bancario aveva impugnato l'ordinanza collegiale del T.a.r. per la Lombardia che aveva disposto la sospensione, ex art. 337, comma 2, c.p.c. del giudizio di ottemperanza di un decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale ordinario di condanna di un Azienda Socio Sanitaria Territoriale (A.S.S.T.) intimata al pagamento, in favore della banca ricorrente, al pagamento di una somma di denaro, in pendenza del giudizio di opposizione tardiva (ex art. 650 c.p.c.). La ricorrente sosteneva che l'art. 79 c.p.a. in combinato disposto con l'art. 337, comma 2, c.p.c., non poteva applicarsi in quanto tale rimedio è esercitabile dal giudice solo quando l'autorità di una sentenza è invocata in altro e “diverso” processo, ma non quando, come nel caso di specie, si tratta di due fasi della medesima causa (il giudizio di cognizione ed il giudizio di ottemperanza - che tiene luogo al processo esecutivo). In primo luogo, il Collegio ha osservato che l'art. 337, secondo comma, c.p.c., è applicabile anche al processo amministrativo, trattandosi di norma generale che la rende valida anche ai rapporti tra sentenze di diverse giurisdizioni (cfr. Cass. civ., sez. un., 30 novembre 2012, n. 21348). Quindi, il Collegio (Consiglio di Stato, sez. III, 9 aprile 2025, n. 3017, ord.) ha esaminato la doglianza presentata dalla banca appellante per cui la sospensione facoltativa ex art. 79 c.p.a. in combinato disposto con l'art. 337, comma 2, c.p.c., non poteva essere applicata al caso di specie, in quanto il giudice dispone la sospensione solo quando l'autorità di una sentenza è invocata in altro e diverso processo, ma non nell'ambito di uno stesso giudizio, non sussistendo alcun rapporto di pregiudizialità tra il giudizio di cognizione e quello di ottemperanza. Al riguardo, il Collegio ha osservato che l'oggetto della questione attiene alla possibilità di qualificare come “diverso processo”, ex articolo 337, comma 2, c.p.c il giudizio di cognizione pendente dinanzi al giudice civile a seguito di opposizione tardiva, rispetto al giudizio di ottemperanza instauratosi avanti il g.a. ex art.112, comma 2, lettera c), c.p.a. In ogni caso, l'affermazione secondo la quale il giudizio di ottemperanza nei casi di cui all'articolo 112, comma 2, lettera c), c.p.a. non sia un processo “diverso” rispetto al precedente giudizio dinanzi al giudice ordinario, ma un'ulteriore fase del medesimo processo, non è fondata sul piano normativo né giurisprudenziale (salvo i richiami alla giurisprudenza della S.C. che attiene ai rapporti tra giudizio di cognizione e giudizio di esecuzione, nell'ambito di un processo civile). In ogni caso il Collegio ha ritenuto che i due giudizi nella specie appartengano a giurisdizioni diverse. Inoltre, il giudizio di ottemperanza sostituisce il giudizio di esecuzione civile solo per provvedimenti specificamente previsti dalla legge e con condizioni e limiti – innanzitutto quanto ai poteri del giudice – tali da differenziarlo dal giudizio civile di esecuzione. Risulta poi dirimente il rilievo che per pacifica giurisprudenza i due rimedi (giudizio di esecuzione dinanzi al g.o. e azione di ottemperanza dinanzi al g.a.) sono esperibili anche in modo contestuale e parallelo, salva l'impossibilità per la parte attrice di conseguire la medesima utilità due volte. Ciò comporterebbe che il processo che si assume essere un unico processo possa avere due fasi esecutive contemporanee e parallele, che però appartengono sempre al medesimo processo. Il Collegio, pertanto, ha ritenuto che, visto che i due giudizi sono soggetti a poteri diversi, hanno oggetti e presupposti diversi, il caso di specie rientra nell'ambito di applicazione ex art. 337, comma 2, c.p.c. Con riguardo alla legittimità dell'esercizio del potere di sospensione contestata dall'appellante, il Collegio ha chiarito che ciò che rende il decreto ingiuntivo idoneo all'esecuzione in sede di ottemperanza è la formula esecutiva, quindi in presenza di questa, e in assenza di sospensione nel giudizio di opposizione, non vi sarebbe motivo per sospendere l'esecuzione del decreto nella sede dell'ottemperanza, sebbene l'opposizione tardiva di cui all'art. 650, comma 3, c.p.c. non consente l'ottemperanza (Cons. Stato, Sez. III, sent. 18 aprile 2020, n. 2482). Nello specifico il Collegio ha precisato che la tesi dell'appellante non può ritenersi sostenuta dalla recente sentenza del Consiglio di Stato, n. 5657/2024 per cui l'art. 337, comma 2, c.p.c. consente al giudice, in caso di impugnazione ordinaria, di sospendere o meno il processo in attesa della definizione del giudizio pregiudicante, se la decisione dell'altro giudizio pregiudica la decisione nel processo in corso di svolgimento; tale opzione non sussiste se la sentenza pregiudicante sia impugnata con rimedi straordinari (opposizione di terzo o revocazione) che non escludono la formazione del giudicato in senso tecnico. Infatti, il Collegio ha ritenuto che l'opposizione tardiva a decreto ingiuntivo sia difficilmente classificabile nella dicotomia impugnazione ordinaria/straordinaria, perché sul decreto ingiuntivo non si forma il giudicato in senso tecnico. L'art. 112, comma 2, lett. c), c.p.a. prevede che “l'azione di ottemperanza può essere proposta per conseguire l'attuazione (…) delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati del giudice ordinario” e il decreto ingiuntivo rientra nella seconda categoria. Quindi, ad avviso del Collegio anche sotto questo profilo è applicabile il rimedio ex art. 337, comma 2, c.p.c., nel senso ritenuto dal primo giudice. Il Consiglio di Stato ha respinto l'appello. |