Nella mediazione pre Cartabia non vi è per le parti un obbligo di mediare

13 Maggio 2025

Per considerare espletato il procedimento di mediazione obbligatoria quale condizione di procedibilità è sufficiente che una o entrambe le parti comunichino al termine del primo incontro davanti al mediatore la propria indisponibilità a procedere oltre

Massima

Per considerare espletato il procedimento di mediazione obbligatoria disciplinato dal d.lgs. n. 28/2010, quale condizione di procedibilità per le controversie nelle materie indicate dall'art. 5, comma 1-bis, del medesimo decreto (come introdotto dal d.l. n. 69/2013, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 98/2013), è sufficiente che una o entrambe le parti comunichino al termine del primo incontro davanti al mediatore la propria indisponibilità a procedere oltre.

Il caso

Proposta dagli eredi azione di nullità della donazione effettuata dal de cuius alla convenuta per incapacità di intendere e di volere, con obbligo di restituzione dei beni oggetto della donazione e di una somma di denaro, gli attori, poiché la controversia aveva ad oggetto la validità di un contratto di donazione avente ad oggetto un diritto reale immobiliare, esperivano il tentativo di mediazione obbligatoria ex art. 5, comma 1-bis e 2, d.lgs. n. 28/2010, il quale aveva esito negativo poiché le parti, al primo incontro, dichiaravano di non voler dar corso alla mediazione.

Dato atto del fallimento del tentativo di mediazione, il giudice di primo grado istruiva il giudizio, il quale si concludeva con l'accoglimento delle domande attoree; proposto appello avverso la sentenza ad opera della convenuta soccombente, la Corte territoriale confermava la decisione, rigettando peraltro l'eccezione di nullità del procedimento per il mancato esperimento del tentativo di mediazione, in quanto il primo incontro era stato svolto ma non aveva avuto buon esito per il rifiuto, opposto proprio dalla parte appellante, di non voler procedere oltre.

La questione

Avverso la decisione di secondo grado veniva proposto dalla soccombente ricorso per Cassazione, la quale, per quanto qui rileva, si doleva del rigetto dell'eccezione di nullità della sentenza e dell'intero procedimento di primo grado per mancato esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione, essendosi la procedura conclusa, dopo la fase informativa, con la mera dichiarazione delle parti di non voler proseguire nella mediazione. Ad avviso della ricorrente, infatti, dopo l’illustrazione ad opera del mediatore dello scopo e delle modalità di svolgimento del procedimento di mediazione, occorreva dare effettivo corso al procedimento di mediazione, ai fini della procedibilità della domanda.

Le soluzioni giuridiche

La Cassazione ha rigettato il motivo in quanto infondato, sulla scia dell'indirizzo già seguito dal Supremo Consesso (Cass. civ., sez. III, 27 marzo 2019, n. 8473, Cass. civ., sez. II, 14 dicembre 2021, n. 40035 e Cass. civ., sez. III, 8 luglio 2024, n. 18485) secondo cui, per considerare espletato il procedimento di mediazione obbligatoria, quale condizione di procedibilità per le controversie nelle materie indicate dall'art. 5, comma 1-bis, d.lgs. n. 28/2010, è sufficiente che una o entrambe le parti comunichino al termine del primo incontro davanti al mediatore la propria indisponibilità a procedere oltre. Secondo la Corte, «Al riguardo, depongono nel senso che l'onere della parte che intenda agire in giudizio di dar corso alla mediazione obbligatoria possa ritenersi adempiuto con l'avvio della procedura di mediazione e con la comparizione al primo incontro davanti al mediatore, sia l'argomento letterale, ovvero il testo dell'art. 8 d.lgs. n. 28/2010, che l'argomento sistematico, e cioè la necessità di interpretare la presente ipotesi di giurisdizione condizionata in modo non estensivo, ovvero in modo da non rendere eccessivamente complesso o dilazionato l'accesso alla tutela giurisdizionale».

Una volta comparsi innanzi al mediatore, che fornisce le necessarie informazioni in merito alla funzione e alle modalità di svolgimento della mediazione, dunque, la parte può «liberamente manifestare il suo parere negativo sulla possibilità di utilmente proseguire la procedura di mediazione».

Osservazioni

Non vi è bisogno di spendere molte parole per rammentare a chi legge che il primo incontro riveste un ruolo essenziale per la procedura di mediazione, giacché è in quel momento che le parti si ritrovano l'una davanti all'altra dopo aver chiuso tutti i canali di collegamento a causa della controversia tra di loro insorta; sennonché, costituendo la mediazione condizione di procedibilità dell'azione in moltissime controversie, il procedimento è spesso vissuto come un'imposizione non solo dalle parti, ma talvolta anche dai loro avvocati, i quali sono diffidenti non solo nei confronti della controparte, ma anche del mediatore e della procedura alla quale sono stati obbligati a partecipare. Accade perciò sovente che l'attività di mediazione fallisca subito e non si vada oltre il primo incontro.

Il primo incontro acquista perciò carattere centrale: se in questa sede il mediatore riesce a mettere a proprio agio le parti e i loro avvocati, a creare un clima di fiducia e a ripristinare le basi di un rapporto che sembrava irrimediabilmente compromesso, allora la procedura decolla verso gli incontri successivi e verso un probabile accordo di conciliazione. Le statistiche dicono, infatti, che, se le parti si presentano al primo incontro e lo superano, la mediazione ha successo in buona parte dei casi.

Il testo originario dell'art. 8, d.lgs. n. 28/2010 non distingueva tra il primo incontro di mediazione e quelli successivi, lasciando così libero il mediatore di decidere le modalità con cui svolgerli; in particolare, il comma 2 della norma stabiliva che il procedimento si svolgeva senza formalità presso la sede dell'organismo di mediazione o nel luogo indicato dal regolamento di procedura dell'organismo, mentre il comma 3 proseguiva affermando che il mediatore si adoperava affinché le parti potessero raggiungere un accordo amichevole di definizione della controversia. Infine, il comma 5 della stessa norma stabiliva in via generale che «dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione giudice p[oteva] desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell'articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile».

A fronte di questo dettato normativo così ampio e generico, la prassi aveva aggirato la sanzione così imposta, in quanto moltissimi organismi di mediazione avevano previsto all'interno dei loro regolamenti di procedura di una previsione secondo la quale, ove il primo incontro di mediazione non avesse avuto luogo perché la parte invitata non avesse tempestivamente espresso la propria adesione ovvero avesse comunicato espressamente di non volere aderire e l'istante avesse dichiarato di non volere comunque dare corso alla mediazione, la segreteria dell'organismo poteva rilasciare una dichiarazione di conclusione del procedimento per mancata adesione della parte invitata. In tal modo, si evitava di dover nominare un mediatore e al contempo si riteneva assolta la condizione di procedibilità imposta dalla legge.

Allo scopo di incentivare il ricorso all'istituto, il d.l. n. 69/2013 è intervenuto modificando l'art. 8, comma 1, terzo, quarto e quinto periodo, d.lgs. n. 28/2010, stabilendo espressamente che «Al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l'assistenza dell'avvocato. Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento».

Dalla lettura della norma così formulata era possibile evincere la volontà del legislatore del 2013, finalizzata da un lato a favorire l'esperimento del tentativo di mediazione, imponendo al mediatore il compito di chiarire alle parti le finalità del procedimento e le sue modalità di svolgimento e dall'altro a non aggravare eccessivamente la posizione delle parti nel caso in cui la mediazione si imponga quale condizione di procedibilità della domanda, prevedendo che la partecipazione al primo incontro non comporta l'automatico vincolo delle parti allo svolgimento del percorso di mediazione per cui è idonea ritenere assolta la condizione di procedibilità anche in caso di mancata di prosecuzione del procedimento di mediazione.

In tal senso si è espressa con la ormai storica sentenza Cass. civ., sez. III, 27 marzo 2019, n. 8473 la Corte di cassazione per la quale, una volta che le parti abbiano attivato il procedimento ed adempiuto l'obbligo di partecipare al primo incontro, personalmente o tramite un procuratore speciale, non occorre che esse entrino effettivamente in mediazione essendo «la condizione di procedibilità, compiutamente realizzata anche qualora una o entrambe le parti, richieste dal mediatore dopo essere state adeguatamente informate sulla mediazione, comunichino la propria indisponibilità di procedere oltre».

Tale principio è stato poi dalla Cassazione ribadito con le già citate sentenze Cass. civ., sez. II, 14 dicembre 2021, n. 40035 e Cass. civ., sez. III, 8 luglio 2024, n. 18485, oltre che con la decisione in commento: avallando la lettura più restrittiva dell'art. 8, la Cassazione ha così negato l'esistenza di un obbligo di mediare, in quanto tale da porre in essere una limitazione eccessiva al diritto di agire in giudizio: sulla base dell'interpretazione testuale, sistematica e costituzionalmente orientata dell'art. 8 fornita dalla Corte, infatti, le parti – pur tenute ad avviare il procedimento – restavano libere di scegliere se proseguire o meno la strada della mediazione in alternativa al processo, alla sola condizione che tale scelta fosse adeguatamente «informata», cioè assunta dopo aver incontrato il mediatore e non semplicemente dopo aver sondato l'altra parte ed escluso «bilateralmente» la possibilità di un accordo.

Sennonché, tale interpretazione, che peraltro non aveva incontrato il favore di buona parte della giurisprudenza di merito (v. tra le molte Trib. Firenze, sez. III, 8 maggio 2019; Trib. Bologna, 28 luglio 2021, n. 1833), può ritenersi applicabile solo alle mediazioni avviate prima dell'entrata in vigore della riforma Cartabia.

A partire dal luglio del 2023, infatti, il primo incontro è divenuto effettivo avendo il legislatore accolto e regolamentato positivamente quella che era la c.d. “prassi fiorentina”, per cui veniva considerata assolta la condizione di procedibilità solo se fosse stato verbalizzato dal mediatore lo svolgimento concreto, serio e approfondito e non solo formale dell'incontro, superando il meccanismo originario della dichiarazione di adesione secondo l'opt-out.

La particolare attenzione che la riforma Cartabia pone nei confronti del primo incontro (e più in generale di tutte le “udienze” del procedimento di mediazione), infatti, impone agli organismi di mediazione particolare attenzione nel controllo circa la sussistenza dei presupposti necessari al corretto svolgimento degli incontri.

Di conseguenza, diventa essenziale rispetto al primo incontro la verifica ad opera del mediatore che le parti che partecipano al procedimento siano gli effettivi titolari della controversia o che gli stessi siano validamente rappresentati (i.e. che i rappresentanti dispongano di poteri necessari sufficiente iniziare la mediazione a definire la controversia).

Inoltre, il legislatore aggiunge (e questo è un elemento di novità rispetto al passato) che le parti e i loro avvocati vi devono partecipare cooperando in buona fede e lealmente per realizzare un effettivo confronto sulle questioni controverse. Così testualmente recita l'art. 8, comma 6, secondo periodo, d.lgs. n. 28/2010, secondo cui «Le parti e gli avvocati che le assistono cooperano in buona fede e lealmente al fine di realizzare un effettivo confronto sulle questioni controverse».

Nella mediazione, in particolare, l'interesse delle parti da salvaguardare è quello ad un effettivo confronto sulle questioni controverse e alla realizzazione di un accordo che sia il frutto di scelte condivise da parte dei contendenti. Se quindi si procede a una disamina più approfondita, ci si accorge che nel procedimento di mediazione la nozione di buona fede si articola in maniera diversa rispetto a quanto accade in relazione alle trattative e alla formazione del contratto: se in generale, ciascuna parte ha il dovere di esporre con verità e chiarezza alla controparte tutti gli elementi che possono determinare l'invalidità o l'inefficacia o l'inadempimento dell'accordo che intendono concludere, quando si passa ad esaminare il ruolo delle parti in sede di mediazione ci si avvede che diviene difficile pretendere nei confronti dei soggetti in lite un analogo comportamento poiché nella maggior parte dei casi non è affatto chiaro quale sarà il contratto da stipulare. Nel procedimento di mediazione, quindi, l'obbligo di cooperazione delle parti riguarda soprattutto gli interessi e i bisogni coinvolti nel contrasto, allo scopo di individuare prima quale tipo di accordo e poi quale contenuto è capace di soddisfare entrambe le parti. È stato efficacemente osservato che «l'obbligo di buona fede e lealtà, quindi, si estrinseca nel partecipare in modo effettivo a un dialogo volto a sviscerare e comprendere tutti gli aspetti della questione: le cause che hanno generato quel conflitto gli effetti che potrebbe produrre; i bisogni e gli interessi che vi sono coinvolti; gli aspetti giuridici dei rapporti fra le parti e così la sostenibilità delle rispettive pretese e gli esiti di un eventuale giudizio e poi il contenuto di quel amichevole accordo capace di riconciliare le parti, assicurando la pacifica continuazione della loro relazione» (M. Buzio, Il primo incontro di mediazione, in Diritto della mediazione civile e commerciale, a cura di M. Marinaro, 2023, 161).

Dunque, al termine del primo incontro possono verificarsi una serie di eventualità: in primo luogo, potrebbe accadere che le parti raggiungano l'accordo, con conseguente cessazione della materia del contendere. In tal caso, il mediatore redige il verbale dell'incontro, al quale allega l'accordo, e lo deposita presso la segreteria dell'organismo. In tal caso le parti dovranno corrispondere all'organismo di mediazione le indennità dovute in relazione al valore dell'accordo con le maggiorazioni previste per il successo della mediazione e le riduzioni previste nel caso che la mediazione sia condizione di procedibilità.

Potrebbe tuttavia accadere che le parti non riescano subito a raggiungere l'accordo. In tal caso, occorre distinguere: se le parti non hanno raggiunto un accordo di conciliazione, ma non intendono proseguire nella mediazione, la condizione di procedibilità si considera avverata. Il mediatore redige il verbale di mancato accordo e lo deposita presso la segreteria dell'organismo. In tal caso le parti non sono tenute a corrispondere importi ulteriori a quelli già pagati per lo svolgimento del primo incontro.

Le parti potrebbero però, alla luce dell'avvio della negoziazione operato nel corso del primo incontro, dichiarare la loro volontà di proseguire nell'attività di mediazione. In tal caso, il mediatore redige un verbale di rinvio, con il quale fissa con le parti e i loro avvocati la data del successivo incontro di mediazione e le parti si impegnano a pagare le indennità previste per lo svolgimento della mediazione.

Riferimenti

  • Aa. VV., Diritto della mediazione civile e commerciale, a cura di M. Marinaro, 2024;
  • C. Giovannucci Orlandi, La Cassazione n. 9473/2019: una rondine che speriamo non faccia primavera, in Questione giustizia.it;
  • D. Dalfino, Mediazione civile e commerciale. Decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, Bologna, 2022;
  • R. Metafora, La mediazione, in La riforma del processo civile, a cura di A. Panzarola e R. Giordano, Milano, 2024.

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