Affitto di ramo d’azienda nella composizione negoziata della crisi: no alla autorizzazione del tribunale

La Redazione
20 Maggio 2025

Il tribunale di Terni dichiara il non luogo a provvedere in ordine a un’istanza di autorizzazione alla stipula di un contratto di affitto di ramo d’azienda, escludendo che tale atto rientri nel regime autorizzatorio ex art. 22, comma 1, lett. d), c.c.i.i.

Nell'ambito di un percorso di composizione negoziata, il tribunale ternano si pronuncia su un'istanza della ricorrente volta ad ottenere l'autorizzazione alla stipula di un contratto di affitto di ramo d'azienda «senza il previo esperimento di procedure atte a garantire il principio di competitività nella selezione dell'acquirente come richiesto dalla lettera d) dell'art. 22 c.c.i.i.».

Il tribunale ritiene che non vi sia luogo a provvedere in ordine all'istanza, in quanto deve escludersi l'applicabilità del regime autorizzatorio di cui all'art. 22, comma 1, lett. d), c.c.i.i. all'affitto di ramo d'azienda.  Il giudice afferma infatti che «l'espressione utilizzata dal legislatore nella citata disposizione (“trasferimento”), per quanto da intendere in senso lato (“in qualunque forma”), pare riferibile al solo effetto traslativo tipico dei contratti a effetti reali (sia pur realizzabili mediante forme diverse dalla vendita dell'azienda, come, ad esempio, il conferimento in una newco), tra i quali non rientra certamente l'affitto d'azienda».

Confermano tale impostazione le seguenti argomentazioni:

1. «in materia di concordato preventivo, l'art. 91 CCII estende espressamente la disciplina delle offerte concorrenti anche all'affitto d'azienda, il che non accade nell'art. 22, co. 1, lett. d), CCII in esame»;

2. «parimenti, in materia di liquidazione giudiziale, il curatore che intenda concedere in affitto l'azienda è chiamato a osservare l'apposita disciplina di cui all'art. 212 CCII, distinta da quella prevista in caso di vendita dell'azienda dall'art. 216 CCII».

3. Ancora, in tema di responsabilità solidale ex art. 2560 c.c., il tribunale ricorda che tale disposizione non è espressamente richiamata in materia di affitto d'azienda. Secondo una pronuncia della Corte di cassazione (Cass. 23581/2017), essa può venire in rilievo, ex art. 212 c.c.i.i., dettato in tema di liquidazione giudiziale, «unicamente nelle ipotesi di retrocessione dell'azienda affittata dall'affittuario al proprietario, quale conseguenza della cessazione del contratto, mentre non assume alcun ruolo al momento della stipula del contratto d'affitto». E anche laddove si dovesse ritenere che il regime di solidarietà previsto dall'art. 2560, comma 2, c.c. fosse applicabile all'affitto d'azienda al di là dell'ipotesi di retrocessione sopra indicata, essa rimane «norma inderogabile posta dal legislatore codicistico a tutela del ceto creditorio», con la conseguenza che, in mancanza di una deroga espressa il giudice non potrebbe escluderne gli effetti mediante un provvedimento autorizzativo derivante dall'applicazione analogica dell'art. 22, comma 1, lett. d), c.c.i.i.

In conclusione, l'affitto di ramo d'azienda è atto di straordinaria amministrazione che non rientra in alcuno di quelli previsti dall'art. 22 c.c.i.i., e in particolare non è riconducibile nella fattispecie prevista dalla lett. d).

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