Diritto all’Ape sociale e necessità di previa fruizione dell’indennità di disoccupazione
23 Maggio 2025
Inquadramento Prima di analizzare la questione scrutinata nella decisione in commento, appare utile soffermarsi, nei limiti del presente scritto, sui due istituti introdotti dal legislatore della legge finanziaria per l'anno 2017, uno dei quali è quello che è denominato Ape sociale dal d.P.C.M. del 23 maggio 2017, n. 88; limitandosi in questa sede a fare menzione anche della Rendita integrativa temporanea anticipata – RITA, istituto riguardante le forme pensionistiche complementari, introdotto con il medesimo testo legislativo e anch'esso, al pari dell'APE, ormai scomparso. Con la legge dell'11 dicembre 2026, n. 232, il legislatore ha istituito, in via sperimentale, l'anticipo finanziario a garanzia pensionistica – APE (art. 1, comma 166 - 178) e un'indennità economica (art. 1, comma 179 e ss.); disciplina legislativa a cui ha fatto seguito con riguardo al secondo istituto il d.P.C.M. n. 88/2017, che ha utilizzato l'espressione Ape sociale. Il primo istituto ha trovato applicazione sino al 31 dicembre 2019 e consisteva, per sommi capi, in un prestito corrisposto in quote mensili per dodici mensilità a un soggetto che aveva un'età anagrafica minima di 63 anni e che maturava il diritto a una pensione di vecchiaia entro tre anni e 7 mesi, purché fosse in possesso del requisito contributivo minimo di vent'anni e la sua pensione al netto della rata di ammortamento corrispondente all'Ape richiesta, fosse pari o superiore, a 1,4 volte il trattamento minimo previsto nell'assicurazione generale obbligatoria – AGO (commi 166 e 167, art. 1, l. cit.). Il legislatore aveva predisposto un modello di anticipazione del riconoscimento del trattamento pensionistico, ponendo a carico del futuro pensionato il costo di tale anticipazione costituito da un prestito ottenuto da un istituto finanziatore e che doveva essere restituito a partire dal momento della maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia. Il secondo istituto, contrariamente al primo, continua ad avere cittadinanza nel nostro ordinamento di sicurezza sociale, ma sempre in via sperimentale e con interventi di proroga annuale affidati alle leggi finanziarie/di stabilità e da ultimo tale proroga per il corrente anno la si ritrova al comma 175, art. 1, l. 30 dicembre 2024, n. 207. Il legislatore riconosce agli iscritti all'AGO o una forma sostitutiva o esonerativa di essa o alla Gestione separata, al compimento di 63 anni e al possesso di un'anzianità contributiva di almeno trent'anni e che versino in una delle condizioni tassativamente individuate dallo stesso legislatore, un'indennità economica per una durata non superiore al periodo intercorrente tra la data di accesso al beneficio e il conseguimento dell'età per accedere alla pensione di vecchiaia prevista e disciplinata dall'art. 24.6 d.l. n. 201/2014, conv.to con modif.ni dalla l. n. 214/2011. Le condizioni di accesso al beneficio, che pare possa essere ricondotto alla categoria delle prestazioni previdenziali in considerazione della constatazione che il legislatore individua fra le condizioni di accesso il possesso da parte del richiedente di un'anzianità contributiva di almeno trent'anni, si deve ritenere siano tassative e si imperniano sulla condizione soggettiva del richiedente, a titolo esemplificativo la condizione psico-fisica dello stesso, le modalità di svolgimento del lavoro, la perdita del lavoro e infine l'assistenza a familiari con handicap. La prestazione è erogata a domanda e a condizione che la stessa sia stata presentata prima dell'esaurimento delle risorse economiche appostate dal legislatore per tale beneficio, pari per l'anno 2025 a 71,5 milioni (si v. il comma 186 e ivi la modalità introdotta per garantire l'erogazione del beneficio anche nell'ipotesi di possibile esaurimento delle risorse economiche attraverso il differimento della prestazione, in ogni caso si rinvia alla lettura della disposizione). Il riconoscimento dell'indennità economica è subordinato alla cessazione dell'attività lavorativa e non spetta a chi è titolare di un trattamento pensionistico diretto. La prestazione non è compatibile con le prestazioni di sostegno al reddito (comma 182) ed è compatibile con la percezione di redditi da lavoro dipendente o parasubordinato nel limite di 8.000 euro annui, mentre la compatibilità con lo svolgimento di lavoro autonomo è limitata a 4.800 euro annui (comma 183). Il beneficiario decade dal diritto all'indennità economica nel caso di raggiungimento dei requisiti per accedere al pensionamento anticipato. L'indennità economica è erogata mensilmente per dodici mensilità ed è pari all'importo della rata mensile della pensione calcolata al momento dell'accesso alla prestazione e in ogni caso la misura di essa non può superare l'importo massimo mensile di euro 1.500 e non è rivalutabile. La fattispecie vagliata dalla Corte di cassazione La Corte, è stata chiamata a pronunciarsi sull'applicazione della disciplina legislativa che condiziona l'accesso al riconoscimento dell'indennità economica e specificamente quella che, nel testo applicabile ratione temporis, prevedeva che il lavoratore che ha perso il lavoro doveva aver concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione da almeno tre mesi (lasso temporale che è venuto meno in seguito all'abrogazione espressa operata dal comma 91 dell'art. 1 della l. n. 234/2021). Nel caso vagliato dalla Corte, il collegio di merito aveva ritenuto che la fruizione dell'indennità di disoccupazione nei tre mesi precedenti alla domanda amministrativa di concessione dell'Ape sociale costituisse presupposto necessario per il riconoscimento di questa indennità mentre non era sufficiente il solo stato di disoccupazione. La Suprema Corte, andando di contrario avviso e confermando l'approdo al quale era pervenuta con la precedente decisione, la n. 24950/2024, ha ritenuto l'irrilevanza della fruizione dell'indennità di disoccupazione al fine del riconoscimento dell'indennità, osservando che il riferimento alla cessazione da almeno tre mesi della fruizione dell'indennità di disoccupazione valga semplicemente a evidenziare un particolare stato di bisogno della persona che il legislatore ha ritenuto meritevole di tutela e protezione e che, ovviamente, è tanto più rilevante allorché non si sia nemmeno fruito dell'indennità di disoccupazione. E a tale considerazione aggiunge, in sede di confutazione dell'eccezione connessa alla soppressione della forbice temporale di tre mesi che doveva intercorrere fra fruizione dell'indennità di disoccupazione e riconoscimento dell'Ape sociale, che la modifica legislativa pone rimedio a un vulnus di cui potevano dolersi coloro che avessero cessato di fruire delle prestazioni per la disoccupazione che dovevano irragionevolmente attendere almeno tre mesi, senza alcun tipo di sostegno al reddito, prima di poter richiedere l'Ape sociale. Il modulo interpretativo utilizzato dalla Corte di cassazione con riferimento alla lett. a), del comma 179 fa prevalere l'incipit della disposizione che parla, per quel che rileva in questa sede, di assicurati che si trovano in stato di disoccupazione, sulla successiva regola, anch'essa rinvenientesi nella stessa lett. a), che prevede per questi soggetti anche la consumazione del diritto alla prestazione di disoccupazione. Accedere all'opzione interpretativa accolta dalla Corte comporta l'ampliamento del bacino dei beneficiari dell'indennità individuati nella cit. lett. a), rispetto al modulo interpretativo fatto proprio dalla corte napoletana. Tale ampliamento trova una sua razionale giustificazione nella circostanza sottolineata dalla Corte che, opinando diversamente, si potrebbe dare la stura a sospetti di illegittimità costituzionale della disposizione non potendo logicamente giustificarsi la disparità di trattamento degli assicurati a fronte di una situazione di bisogno che, per coloro che non hanno potuto accedere alla tutela per la disoccupazione, in relazione all'attività lavorativa svolta o per inesistenza del requisito contributivo, è più grave di coloro che, invece, ne hanno potuto beneficiare. Conclusioni In breve, la Corte, con interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione, funzionale alla tutela della situazione di bisogno da tutelare delineata dal legislatore, omogenea all'interpretazione che la medesima Corte e la Corte costituzionale danno dell'art. 38 Costituzionale, ha ritenuto che non possa precludersi l'accesso all'indennità a soggetto che, pur in conclamato e accertato stato di disoccupazione (si v. per la definizione di stato di disoccupazione l'art. 19, d. lgs. n. 150/2015 e il comma 15-quater dell'art. 4, l. n. 26/2019, di conv.ne con modif.ni del d.l. n. 4/2019) non abbia potuto fruire dell'indennità di disoccupazione per cause indipendenti dalla propria volontà. Interpretazione questa che garantisce altresì una parità di trattamento all'interno della stessa categoria di soggetti, così come individuata nella più volte cit. lett. a) del comma 179. Tale interpretazione ampliativa dell'ambito di applicazione soggettiva della disposizione della lett. a), in considerazione di quanto previsto dal successivo comma 186 che individua le risorse anno per anno destinate alla prestazione, un più elevato grado di probabilità che le risorse non siano sufficienti a soddisfare integralmente le domande di accesso al beneficio e in sede di riconoscimento ed erogazione si debba operare il differimento della decorrenza dell'indennità, con criteri di priorità in ragione della maturazione dei requisiti di cui al comma 18, ovverosia la cessazione dell'attività lavorativa e il lasso temporale necessario per il riconoscimento del trattamento pensionistico diretto; e, a parità di questi, in ragione della data di presentazione della domanda. Il tutto con l'esplicitato fine di garantire un numero di accessi all'indennità non superiore al numero programmato in relazione alle risorse finanziarie appostate anno per anno. Quest'ultima considerazione consente di ritornare alla decisione in commento e alla parte di essa ove la Suprema Corte, a fronte dell'eccezione imperniata sull'art. 81 Costituzione, la confuta rilevando che l'art. 38, secondo comma, Costituzione, rimette alla discrezionalità del legislatore la determinazione dei tempi. dei modi e della misura delle prestazioni sociali sulla base di un razionale contemperamento con la soddisfazione di altri diritti, anch'essi costituzionalmente garantiti, e nei limiti delle compatibilità finanziarie, ma non è meno vero che il valore dell'equilibrio finanziario non può occupare una posizione privilegiata nel bilanciamento con gli altri valori costituzionali e che, in ultima analisi, non sono certo l'eguaglianza e la solidarietà a poter essere sacrificate alle esigenze di bilancio a dover esser perseguito in modo tale da rispettare i principi di eguaglianza e solidarietà. La Corte riconosce espressamente, nella scala di valori costituzionali, una prevalenza, del tutto condivisibile e giuridicamente fondata, se si vuole garantire in uno Stato sociale sia la garanzia dei più deboli sia la parità delle posizioni di partenza, all'eguaglianza e alla solidarietà in seno alla stessa categoria e alla stessa generazione e fra diverse categorie e generazioni, rinsaldando con tale interpretazione il patto fra generazioni e l'omogeneità sociale. Modulo applicativo delle disposizioni di sicurezza sociale che comprende anche l'assistenza e il servizio sanitario nazionale e che da ultimo si ritrova ancora in una recente decisione sempre della Corte di cassazione, Cass. n. 24712/2024. Sentenza questa ove si afferma che la necessità che le scelte del legislatore si conformino ai principi espressi dall'art. 3 Costituzione comporta che anche le scelte di contenimento della spesa previdenziale non possono sacrificare il nucleo intangibile dei diritti tutelati dall'art. 38 Cost. e devono essere rispettosi dei principi di eguaglianza e ragionevolezza (prg. 45). Principio di ragionevolezza, continua la Cassazione richiamando la Corte costituzionale, che ha più funzioni: limitare l'arbitrio del legislatore; prescegliere tra più soluzioni possibili, quella meno costosa (non tanto in termini monetari, quanto in termini di bilanciamento degli interessi contrapposti e, quindi, di sacrifici); garantire l'intangibilità di quanto risulti misura di sostegno indispensabile per una vita dignitosa (prg. 48, sent. ult. cit.; volendo si v. per le modalità di applicazione di tale principio da parte della Corte costituzionale: M. Cartabia, I principi di ragionevolezza e proporzionalità nella giurisprudenza costituzionale italiana, relazione tenuta a Conferenza trilaterale delle Corte costituzionali italiana, portoghese e spagnola, Roma,24-26 ottobre 2013). Ragioni di equilibrio di bilancio che pertanto nella fattispecie scrutinata nella sentenza in commento e come individuate nel comma 186, non possono condurre ad escludere dalla tutela i lavoratori più bisognosi, ovverosia quelli senza lavoro e in stato di disoccupazione che non hanno potuto nemmeno fruire dell'indennità di disoccupazione. La prevalenza dell'eguaglianza e della solidarietà intesa come stella polare indefettibile allorché il legislatore attua sul piano contabile la regola anch'essa costituzionale dell'equilibrio tra spese ed entrate, tenendo conto delle fasi avverse e di quelle favorevoli del ciclo economico, la si rinviene infine nella sentenza della Corte costituzionale n. 275/2016 (si v. note di L. Carlassare, Bilancio e diritti fondamentali: i limiti “invalicabili” alla discrezionalità del legislatore, in Giur. cost., 2016, n. 6, p. 2339 e ss.; A. Lucarelli, Il diritto all'istruzione del disabile: oltre i diritti finanziariamente condizionati. in riv. ult. cit., n. 6, p. 2343 e ss.). Sentenza ove il Giudice delle Leggi, nel tutelare il diritto all'istruzione del disabile, afferma che la natura fondamentale del diritto, che è tutelato anche a livello internazionale dall'art. 24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, ratificata e resa esecutiva con legge 3 marzo 2009, n. 18, impone alla discrezionalità del legislatore un limite invalicabile nel «rispetto di un nucleo indefettibile di garanzie per gli interessati» (sentenza n. 80 del 2010), tra le quali rientra il servizio di trasporto scolastico e di assistenza poiché, per lo studente disabile, esso costituisce una componente essenziale ad assicurare l'effettività del medesimo diritto. E con riferimento all'art. 81 Costituzione la Corte costituzionale afferma che è la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l'equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione (su questo articolo, si v. volendo: M. Luciani, L'equilibrio di bilancio e i principi fondamentali: la prospettiva del controllo di costituzionalità, relazione al Convegno “Il principio dell'equilibrio di bilancio secondo la riforma costituzionale del 2012”, 22.11.2013). |