PMA: incostituzionale impedire al nascituro di ottenere lo stato di figlio di entrambi i genitori
22 Maggio 2025
Con ordinanza del 26 giugno 2024, iscritta al n. 148 del registro ordinanze 2024, il Tribunale ordinario di Lucca ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli artt. 8 e 9 della l. n. 40/2004 e dell'art. 250 del c.c., in riferimento agli artt. 2,3,30,31 e 117, primo comma, della Cost., quest'ultimo in relazione: agli artt. 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, all'art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea; agli artt. 2, 3, 4, 5, 7, 8, 9 e 18 della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo, ratificata e resa esecutiva con l. n. 176/1991, e agli artt. 1 e 6 della Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, ratificata e resa esecutiva con l. n. 77/2003. Il complesso delle disposizioni è censurato nella misura in cui «impediscono al nato nell'ambito di un progetto di procreazione medicalmente assistita (PMA) eterologa praticata da una coppia di donne, l'attribuzione dello status di figlio riconosciuto anche dalla cosiddetta madre intenzionale che, insieme alla madre biologica (per tale dovendosi intendere la donna che ha partorito), abbia prestato il consenso alla pratica fecondativa e, comunque, laddove impongono la cancellazione dall'atto di nascita del riconoscimento compiuto dalla madre intenzionale». La Corte Costituzionale ritenendo fondate le questioni di legittimità sollevate dal Tribunale di Lucca, con sentenza n. 68 depositata oggi, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 8 della l. n. 40/2004 nella parte in cui «non prevede che pure il nato in Italia da donna che ha fatto ricorso all'estero, in osservanza delle norme ivi vigenti, a tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) ha lo stato di figlio riconosciuto anche della donna che, del pari, ha espresso il preventivo consenso al ricorso alle tecniche medesime e alla correlata assunzione di responsabilità genitoriale». La Corte Costituzionale, previa precisazione che la questione non attiene alle condizioni che legittimano l'accesso alla PMA in Italia, ha motivato la decisione sottolineando che «l'attuale impedimento non garantisca il miglior interesse del minore e costituisca violazione: dell'articolo 2 della Costituzione, per la lesione dell'identità personale del nato e del suo diritto a vedersi riconosciuto sin dalla nascita uno stato giuridico certo e stabile; dell'articolo 3 della Costituzione, per la irragionevolezza dell'attuale disciplina che non trova giustificazione in assenza di un controinteresse di rango costituzionale; dell'articolo 30 della Costituzione, perché lede i diritti del minore a vedersi riconosciuti, sin dalla nascita e nei confronti di entrambi i genitori, i diritti connessi alla responsabilità genitoriale e ai conseguenti obblighi nei confronti dei figli». La lesione dunque, di diritti costituzionalmente garantiti impone la dichiarazione di illegittimità costituzionale, la quale, spiegano i Giudici, si fonda su due rilievi: «la responsabilità che deriva dall'impegno comune che una coppia si assume nel momento in cui decide di ricorrere alla PMA per generare un figlio, impegno dal quale, una volta assunto, nessuno dei due genitori, e in particolare la cosiddetta madre intenzionale, può sottrarsi; la centralità dell'interesse del minore a che l'insieme dei diritti che egli vanta nei confronti dei genitori valga, oltre che nei confronti della madre biologica, nei confronti della madre intenzionale». Ciò posto, per la Corte Costituzionale il mancato riconoscimento, fin dalla nascita, dello stato di figlio per entrambi i genitori lede il diritto all'identità personale del minore e pregiudica sia l'effettività del suo «diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni» sia il suo «diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale». *Corte cost., sent., 22 maggio 2025, n. 68 (testo disponibile a breve). Fonte: Diritto e Giustizia |