Il Consiglio di Stato non riconosce valenza retroattiva alla decisione dell’Adunanza plenaria n. 16/2024 sull’interpretazione dell’art. 105 c.p.a.
28 Maggio 2025
Massima La pronuncia dell'Adunanza plenaria n. 16 del 20 novembre 2024, con la quale si è stabilito che “L'art. 105, comma 1, c.p.a., nella parte in cui prevede che il Consiglio di Stato rimette la causa al giudice di primo grado se dichiara la nullità della sentenza, si applica anche quando la sentenza appellata abbia dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado, errando palesemente nell'escludere la legittimazione o l'interesse del ricorrente”, non è suscettibile di applicazione nel caso di un giudizio in primo grado già consolidato al momento del suo intervento. Il caso Il ricorrente aveva impugnato innanzi al Giudice di primo grado un parere del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, Soprintendenza speciale archeologia belle arti e paesaggio. Il Tribunale Amministrativo Regionale ha dichiarato il ricorso inammissibile per carenza di interesse, ritenendo la natura di atto endoprocedimentale meramente consultivo del parere reso dalla Soprintendenza nel caso di specie, in quanto tale non vincolante e quindi non lesivo degli interessi azionati. Il ricorrente ha appellato la sentenza, contestando, con il primo motivo di ricorso, l'erroneità della declaratoria del difetto di interesse, e riproponendo, con il secondo, i motivi di merito non vagliati dal TAR. L'appellante ha sostenuto l'immediata lesività, e dunque l'immediata impugnabilità, del parere negativo della Soprintendenza, alla luce della sua attitudine ad arrestare il procedimento. Il Consiglio di Stato, condividendo la predetta impostazione, ha ritenuto la natura vincolante del parere ed ha pertanto riformato la statuizione in rito del Giudice di primo grado. La questione L'immediata lesività del parere vincolante e l'interesse all'autonoma impugnazione. IL TAR aveva qualificato il parere come (obbligatorio ma) meramente consultivo, prendendo le mosse dal tenore letterale della disciplina urbanistica di riferimento, la quale non lasciava intendere con immediatezza trattarsi di un parere vincolante idoneo (se sfavorevole) a decretare l'esito negativo del procedimento. In base ad una lettura maggiormente sostanzialistica e frutto della combinazione delle varie disposizioni applicabili, tuttavia, il Consiglio di Stato, ha, al contrario, ritenuto l'atto suscettibile di autonoma e immediata impugnativa in base all'orientamento giurisprudenziale secondo cui è passibile di gravame, in quanto lesivo della posizione giuridica soggettiva dedotta in giudizio, ogni atto amministrativo che provochi l'arresto del procedimento “a prescindere dalla forma assunta” (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 8 maggio 2019, n. 2982; Cons. Stato, sez. IV, 12 febbraio 2015 n. 738). Il Giudice di secondo grado ha quindi ritenuto il parere negativo impugnato ostativo all'esercizio del potere comunale di verifica sulla conformità del progetto alle norme urbanistico-edilizie vigenti, e, in quanto tale, idoneo a provocare l'arresto definitivo del procedimento promosso su istanza di parte e a ledere l'interesse pretensivo all'adozione dell'atto favorevole. Da qui, la ritenuta legittimazione del ricorrente all'azione esperita. Le soluzioni giuridiche Le conseguenze della riforma della sentenza in rito di primo grado. Come sopra accertata la natura vincolante del parere oggetto di giudizio e, dunque, la sussistenza dell'interesse del ricorrente alla sua immediata impugnazione, il Consiglio di Stato si è determinato a riformare la sentenza di inammissibilità adottata dal Giudice di primo grado. Con riferimento alla necessità o meno, conseguentemente, di esaminare, in sede di appello, il merito delle deduzioni sollevate in prime cure, il Consiglio di Stato ha precisato che la pronuncia dell'Adunanza plenaria n. 16 del 20 novembre 2024, ai sensi della quale il giudizio avrebbe dovuto essere rimesso al Tribunale Amministrativo Regionale, non è suscettibile di applicazione nel caso di specie trattandosi di un giudizio che in primo grado si è già consolidato al momento del suo intervento. Il Consiglio di Stato è quindi entrato nel merito del gravame disaminando i motivi formulati in primo grado e riproposti nel secondo grado di giudizio. Nel merito, l'appello è risultato fondato con conseguente annullamento dell'atto impugnato per difetto di motivazione. Osservazioni Adunanza plenaria n. 16/2024 e prospective overruling La decisione dell'Adunanza plenaria n. 16/2024 è scaturita dal seguente quesito sottoposto dal CGARS: “se l'annullamento della sentenza di inammissibilità (o di improcedibilità) del ricorso, disvelando che l'omessa trattazione del merito della causa in primo grado ha determinato una ingiusta compressione e dunque una ‘lesione del diritto di difesa' del ricorrente – lesione che verrebbe ulteriormente perpetrata, per la sottrazione alla sua disponibilità di un grado di giudizio, ove la causa fosse trattata (nel merito) direttamente dal giudice d'appello – non determini la necessità di rimettere la causa, ai sensi dell'art. 105, comma 1, c.p.a., al giudice di primo grado: e ciò, quantomeno, allorché la declaratoria di inammissibilità (o di improcedibilità) del ricorso, nella sua interezza, sia avvenuta ex ante e a prescindere dall'esame, seppur parziale, dei motivi dedotti dalla parte”. L'Adunanza plenaria ha enunciato, solo con riferimento al caso di erronea declaratoria di inammissibilità del ricorso, il seguente principio di diritto in ordine alle ipotesi di “nullità della sentenza”: “l'art. 105, comma 1, c.p.a., nella parte in cui prevede che il Consiglio di Stato rimette la causa al giudice di primo grado se dichiara la nullità della sentenza, si applica anche quando la sentenza appellata abbia dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado, errando palesemente nell'escludere la legittimazione o l'interesse del ricorrente”. Nel caso di specie, il Consiglio di Stato, pur avendo ritenuto errata la decisione di primo grado nella parte in cui ha escluso l'interesse ad agire del ricorrente, ha comunque disaminato i motivi di merito riproposti in appello e non delibati dal Giudice di prime cure, postulando la non applicabilità del principio di diritto enunciato dall'Adunanza plenaria in quanto il giudizio innanzi al TAR era già stato definito al momento della sua pubblicazione. Quanto sopra risulta conforme al principio in base al quale affinché l'overruling possa avere valenza retroattiva è necessario che l'interpretazione fornita dal precedente in materia risulti manifestamente arbitraria e pretestuosa, tale da produrre risultati irrazionali o ingiusti (Cass. civ., Sez. Un., 3 maggio 2019, n. 11747) e che preesistano contrasti interpretativi tali da escludere che si possa essere ingenerato un legittimo affidamento (Cass. civ., Sez. Un., 12 febbraio 2019, n. 4135). L'overruling ha quindi valenza irretroattiva quando esso, fondato unicamente sulla non condivisibilità del precedente, sia suscettibile di incidere sul legittimo affidamento ingenerato nel cittadino dalla previgente interpretazione della legge, in assenza di indici di prevedibilità della correlativa modificazione (Cons. Stato, Ad. Plen. 23 febbraio 2018, n. 1). In questi casi, la Corte di Cassazione ha ammesso il ricorso al prospective overruling, ossia alla tecnica decisoria che consente di enunciare un principio di diritto soltanto per il futuro (Cass. civ., Sez. Un., n. 4135 del 2019, cit.). Il prospective overruling è applicabile in presenza delle seguenti condizioni: un'obiettiva e rilevante incertezza circa la portata delle disposizioni da interpretare, l'esistenza di un orientamento prevalente contrario all'interpretazione adottata, la necessità di tutelare principi costituzionali o di evitare gravi ripercussioni socio-economiche (Cons. Stato, Ad. Pen., 22 dicembre 2017, n. 13). In dottrina si segnalano OCCHIENA, L'attività consultiva della pubblica amministrazione, in GIANI, IMMORDINO, MANGANARO (a cura di), Temi e questioni di diritto amministrativo, 2019. ROFFI, Prospective overruling e procedimento amministrativo, in Urbanistica e appalti, 2019. |