Il credito da rimborso finanziamento soci postergato ex art. 2467 c.c. non può essere compensato ai sensi dell’art. 56 l.fall. con un debito verso il fallimento
30 Maggio 2025
La massima La normativa dettata dall'art. 2467 c.c., in tema di postergazione, è incompatibile con quella dettata dall'art. 56 l. fall., in tema di compensazione fallimentare, perché il credito postergato deve essere "trattato", nella sede satisfattoria, solo dopo che tutti gli altri crediti concorsuali risultino soddisfatti; tale credito non risulta pertanto "comparabile", ai fini dell'applicazione della compensazione ex art. 56 l. fall., con altro controcredito. Il caso Il caso in esame prende le mosse da una domanda di ammissione al passivo nella quale tre ricorrenti, nel dare atto di un credito vantato dal fallimento nei loro confronti, assumono che tale credito sia stato soddisfatto per compensazione ex art. 1241 c.c. in virtù del maggior credito vantato dai ricorrenti medesimi nei confronti del fallimento a titolo di compensi, retribuzioni e finanziamento soci. I ricorrenti hanno dunque chiesto l'ammissione al passivo per il credito residuo al netto della compensazione. Il curatore fallimentare, ritenuta praticabile la compensazione ex art. 56 l. fall. con i crediti da lavoro, ma non anche con quelli postergati, tenuto conto che all'esito della compensazione residuava un credito della società fallita nei confronti degli istanti, proponeva il rigetto della domanda per intervenuta compensazione e l'ammissione del solo credito postergato per finanziamenti soci. Il Giudice delegato non accoglieva le domande «sia per le ragioni addotte dal curatore e sia nei confronti della domanda per crediti postergati essendo anch'essi compensabili in quanto sorti in data anteriore al fallimento seppur esigibili in coda» e dichiarava esecutivo lo stato passivo. Con ricorso ex art. 98 l. fall. gli istanti proponevano opposizione avverso lo stato passivo insistendo in tutte le pretese avanzate con le originarie domande di ammissione e contestando le risultanze contabili effettuate dal curatore. Si costituiva il fallimento chiedendo il rigetto delle opposizioni. Il Tribunale accoglieva parzialmente l'opposizione ammettendo gli opponenti al passivo fallimentare per il credito da finanziamento soci al rango postergato, precisando che il credito del fallimento era superiore ai crediti da lavoro mentre il credito derivante dal rimborso dei finanziamenti in quanto postergato non poteva essere compensato con il maggior credito del fallimento e, pertanto, andava ammesso al passivo al rango postergato e nei limiti dell'importo richiesto, sebbene dalle risultanze contabili del curatore fosse maggiore. Avverso il decreto del Tribunale è stato proposto ricorso per cassazione al quale il fallimento ha resistito con controricorso. Il processo veniva affidato alla Prima Sezione Civile della Suprema Corte la quale con ordinanza interlocutoria disponeva il rinvio della causa alla Pubblica Udienza «… in considerazione della novità delle questioni trattate nel primo motivo di ricorso, che interroga la Corte sui rapporti tra le disposizioni contenute nell'art. 2467 c.c. e quelle contenute nell'art. 56 L.Fall., e delle implicazioni sistematiche sottese alla soluzione degli interrogativi posti dalle ricorrenti …». La questione giuridica e le relative soluzioni La questione giuridica trattata con la decisione in commento attiene alla possibile applicazione dell'art. 56 l. fall. invocata da un socio finanziatore che si trovava a rivestire la qualifica, da un lato, di creditore in relazione alla restituzione di un finanziamento concesso alla società poi fallita e, dall'altro, di debitore verso il fallimento. Facendo leva su una interpretazione letterale dell'art. 56 l. fall. i ricorrenti hanno dunque contestato la decisione del tribunale che aveva escluso la compensazione, rilevando come tale ultima disposizione normativa non faccia eccezione per i crediti postergati né esclude i crediti soggetti a condizione sospensiva o inesigibili. I ricorrenti hanno inoltre rilevato che l'art. 56 l. fall. prevale sull'art. 2467 c.c. in quanto si tratta di norma di diritto speciale mentre quest'ultima è una norma generale civilistica, peraltro applicabile solo in ipotesi di concorso formale dei creditori. La Suprema Corte, nel precisare come oramai l'orientamento univoco della giurisprudenza di legittimità (Cass. 16291/2018; Cass. 14056/2015) ritiene applicabile a tutte le società di capitali il principio della postergazione del rimborso del finanziamento soci concesso in situazioni che renderebbero necessario un conferimento, ha ritenuto che la soluzione della questione giuridica in esame «… debba essere rintracciata sul terreno della già preannunciata ontologica "incompatibilità" tra regole giuridiche diverse, tra loro in rapporto di interferenza applicativa.» In particolare, sull'art. 56 l. fall. la Corte richiama e ribadisce l'orientamento largamente prevalente della giurisprudenza di legittimità (Cass. 31029/2023; Cass. 14615/2016) secondo il quale tale disposizione normativa costituisce una deroga al concorso tra i creditori a favore di soggetti che si trovano a ricoprire la qualifica di creditori e debitori nei confronti del fallimento, all'unica condizione che la fonte delle obbligazioni contrapposte sia antecedente all'apertura del fallimento, avendo poi cura di sottolineare la diversa ratio della compensazione di matrice civilistica da quella fallimentare. Difatti mentre la prima risponde essenzialmente ad esigenze di rapidità e certezza dei rapporti giuridici, la seconda è diretta invece a soddisfare istanze di tipo equitativo o di garanzia, costituendo in tal modo una deroga al principio del concorso sostanziale tra i creditori. Quanto all'art. 2467 c.c., la Corte richiama i tratti salienti della disposizione normativa in esame mettendo in evidenza che nella materia dei finanziamenti dei soci, l'art. 2467 c.c., qualifica espressamente come "postergato", ossia posposto rispetto agli "altri creditori", il diritto di credito del socio alla restituzione del finanziamento. Meccanismo della posposizione che trova applicazione non solo nell'ambito delle procedure concorsuali (Cass. n. 12994/2019) ma anche al di fuori di esse ovvero nella gestione delle società in bonis, integrando una condizione di inesigibilità legale e temporanea che si protrae sino a quando non sia superata la situazione di difficoltà economico-finanziaria indicata dalla legge, ove sussistente sia al momento della concessione del finanziamento, sia al momento della richiesta di rimborso, che è compito dell'organo gestorio riscontrare mediante la previa adozione di un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società (cfr., da ultimo, Cass. n. 15196/2024). Sulla base delle considerazioni sopra svolte, la Corte conclude stabilendo che: a) l'art. 2467 c.c. esprime una regola normativa "forte", ossia una norma inderogabile e di sistema; b) le due regole normative dettate rispettivamente dall'art. 2467 c.c., in tema di postergazione, e dall'art. 56 l.fall., in tema di compensazione fallimentare, sono tra loro sostanzialmente incompatibili perché il credito postergato deve essere "trattato", nella sede satisfattoria, solo dopo che tutti gli altri crediti concorsuali risultino soddisfatti; c) la funzione satisfattoria della compensazione, così come l'effetto che essa realizza nel fallimento, ossia, in buona sostanza, la sottrazione di risorse da destinare alla soddisfazione dei creditori concorsuali, si pone in rapporto di insanabile ed ontologica incompatibilità - logica e giuridica - con la ratio della postergazione di cui all'art. 2467 c.c., norma inderogabile e di sistema, posta a presidio della solidità della struttura societaria, anche in ragione dell'affidamento che i creditori sociali ripongono nella possibilità di soddisfazione dei loro interessi creditori; d) la esclusione della compensazione del credito postergato ex art. 2467 c.c. configura un caso "implicito" di esclusione dell'operatività della compensazione, ai sensi del n. 5 dell'art. 1246 c.c. ovvero della configurabilità nella specie di un "divieto stabilito dalla legge" all'operatività del meccanismo compensatorio. Sulla base della decisione assunta la Corte conclude definitivamente pronunciando il seguente principio di diritto: «Il rapporto tra l'istituto della postergazione dei crediti da rimborso dei finanziamenti dei soci, regolato dall'art. 2467 cod. civ., e quello della compensazione in sede fallimentare di cui all'art. 56 L.Fall. si pone in termini di ontologica incompatibilità, nel senso che il creditore postergato non può compensare nella predetta sede i crediti di cui al menzionato art. 2467 cod. civ. con gli eventuali debiti verso il fallito, dovendosi ritenere inderogabile la finalità di protezione dei creditori sociali anche rispetto alle ragioni poste a fondamento della possibilità per il creditore in bonis di compensare il proprio diritto con quello del debitore assoggettato alla procedura concorsuale». Osservazioni La questione di diritto posta dai ricorrenti sui rapporti tra le disposizioni contenute nell'art. 2467 c.c. e quelle contenute nell'art. 56 l. fall. ha indotto il Collegio a rinviare la causa in pubblica udienza, con la necessaria interlocuzione della Procura Generale. Del resto, sebbene la questione presenti profili di sicuro interesse sia pratico che teorico, non risultano precedenti decisioni da parte della Suprema Corte sulla compensazione ex art. 56 l. fall. di un credito postergato da rimborso del finanziamento soci ex art. 2467 c.c. Invero, le argomentazioni giuridiche trattate dai ricorrenti hanno indotto la Corte ad effettuare un approfondimento sulla natura giuridica e la ratio delle due norme a confronto e quindi ai requisiti per l'applicazione delle stesse. La decisione in esame offre, in particolare, uno spunto di riflessione sia sulla portata precettiva dell'art. 2467 c.c. che viene qualificata come norma inderogabile e di sistema e dunque prevalente sull'art. 56 l. fall., sia sulla portata applicativa di tale ultima disposizione che, come è noto, è norma di diritto speciale che introduce una eccezione al principio generale della par condicio creditorum ma anche (seppure quantomeno in linea teorica) all'ordine legale delle cause di prelazione, trovando applicazione anche tra crediti di rango diverso. Dall'esame dell'art. 56 l. fall. emerge poi anche l'ampiezza della compensazione fallimentare che, a differenza di quella generale codicistica (cfr. art. 1243 c.c.), non sembra prevedere il requisito della esigibilità dei due debiti contrapposti ma soltanto la mera coesistenza tra gli stessi. Ed infatti, a partire dalla sentenza n. 3006 del 20 marzo 1991 della Corte di Cassazione, si è andato consolidando l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale l'unico limite per la compensabilità dei debiti verso il fallito è costituito dall'anteriorità al fallimento del fatto genetico della situazione giuridica estintiva delle obbligazioni contrapposte. Tuttavia, non sono mancate decisioni che hanno individuato nella inesigibilità del credito conseguente al mancato verificarsi di una condizione un elemento impeditivo all'applicazione della compensazione ex art. 56 l. fall. (cfr. Cass. 2 agosto 1994, n. 7181) e quindi mentre la compensazione fallimentare, in deroga alla compensazione generale codicistica, è ammessa anche nel caso in cui il credito verso il fallito non sia scaduto prima della dichiarazione di fallimento, ciò non legittima una ulteriore deroga ai presupposti della compensazione generale codicistica, fra cui quello secondo il quale non è compensabile il credito sottoposto a condizione, quando la condizione non si è ancora avverata. L'art. 56 l. fall. sembra dunque applicabile anche quando il credito verso il fallito sia sottoposto ad un termine, ma non anche quando sia sottoposto ad una condizione. A ben vedere, infatti, il richiamo operato dall'art. 56 l. fall. anche ai crediti «… non scaduti prima della dichiarazione di fallimento» non estende la compensazione a tutti quei crediti non esigibili alla data di apertura della procedura concorsuale, atteso che tale disposizione va letta congiuntamente all'art. 55, comma 2, l. fall. il quale dispone che i debiti pecuniari del fallito si considerano scaduti alla data della dichiarazione di fallimento ma solo «agli effetti del concorso» ed è chiaro il riferimento a tutti quei debiti dilazionati o comunque soggetti ad un termine di scadenza successivo alla data di apertura del fallimento. L'eccezione alla regola generale codicistica posta dall'art. 56 l. fall. in riferimento al requisito della reciproca esigibilità dei crediti oggetto di compensazione non riguarda dunque i crediti postergati per loro natura sottoposti alla temporanea condizione sospensiva costituita d all'integrale soddisfazione di tutti gli altri crediti antergati. Affermata la natura “sostanziale” che si declina nella in esigibilità del credito, la postergazione legittima la società debitrice a negare il pagamento del credito postergato fin quando non si sia verificata la condizione sospensiva, dell'integrale pagamento di tutti i crediti antergati. La postergazione disposta dall'art. 2467 c.c. opera quindi quando la società è in bonis e non solo nel momento in cui si apre un concorso formale con gli altri creditori sociali, integrando una condizione di inesigibilità legale e temporanea del diritto del socio alla restituzione del finanziamento, sino a quando non sia superata la situazione prevista dalla norma. Conclusioni La decisione in commento ha il pregio di pronunciare un principio di diritto su una questione giuridica del tutto nuova e lo fa con una motivazione del tutto condivisibile che si contraddistingue per lucidità dell'analisi e degli approfondimenti operati. La sentenza in questione tratta, invero, un tema che, sebbene ricorrente nella pratica, difettava di precedenti specifici della Suprema Corte di Cassazione. Peraltro, tenuto conto della circostanza che l'art. 155 c.c.i.i. ricalca fedelmente il contenuto dell'art. 56 l. fall., il principio di diritto pronunciato dalla Suprema Corte è destinato ad essere di sicuro interesse anche nella prospettiva del nuovo codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza. Giurisprudenza: - sull'art. 2467 c.c. Cass. 16291/2018; Cass. 14056/2015; Cass. 12994/2019; Cass. 15196/2024; - sull'art. 56 l.fall. Cass. 31029/2023; Cass. 14615/2016; Cass. 3006/1991; Cass. 7181/1994; Cass. 34196/2021 Dottrina: Lamanna, Il nuovo diritto fallimentare, commentario diretto da Jorio, I, Bologna, 2007, 806 e ss.; Fauceglia, Rocco di Torre Padula, Diritto dell'impresa in Crisi, Bologna 2010, 14 Guglielmucci, Diritto fallimentare, Torino, 2011, 199 e ss.; Nigro, Vattermoli, Dir itto della crisi delle imprese, Bologna, 2017, 140 ss. |