Fumatrice muore per tumore polmonare: la responsabilità può essere imputata all'esercente?
03 Giugno 2025
I parenti di Tizia convenivano avanti al Tribunale di Potenza la società BRITISH AMERICAN TOBACCO ITALIA Spa, incorporante l'E.T.I. Spa (già Azienda Autonoma dei Monopoli di Stato), perché ne fosse accertata la responsabilità per la morte della congiunta per carcinoma polmonare (sviluppatosi a seguito del protratto uso, dal 1965 al 1995, di circa venti sigarette al giorno), non avendo mai informato i consumatori, in quel lasso di tempo (1965 - 1995), dell'alta nocività delle sigarette MS; quindi, ne chiedevano la condanna al risarcimento danni. Il Tribunale di Potenza accoglieva la domanda attorea, ritenendo la produzione e vendita di tabacco attività pericolosa ai sensi dell'art. 2050 c.c., con conseguente onere in capo alla convenuta di provare di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno, a prescindere dalla sussistenza di un obbligo giuridico di informare sulla nocività del fumo; il giudice riteneva provato il nesso causale tra la condotta della BRITISH AMERICAN e l'evento dannoso, ma rilevava la sussistenza di un concorso di colpa nella misura del 50% della consumatrice, non essendo i danni da fumo del tutto ignoti e calcolando il risarcimento danni di conseguenza. All'esito del gravame interposto dalla BRITISH AMERICAN TOBACCO ITALIA Spa, la Corte di merito rigettava l'originaria domanda di risarcimento danni, ritenendo che la causa prossima di rilievo, costituita nella specie dalla libera scelta della vittima di fumare nonostante la consapevolezza dei danni che avrebbero potuto derivargliene, escludesse la configurabilità del nesso di causalità tra la condotta della Spa e il danno alla consumatrice derivato dalla pratica del fumo. I congiunti ricorrevano in Cassazione, denunciando "violazione e falsa applicazione" degli artt. 2050 e 2043 c.c., in riferimento all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per non avere la Corte d'appello considerato il nesso causale tra l'attività di produzione e commercializzazione del fumo e la patologia della donna, che aveva acquisito la consapevolezza degli effetti nocivi del fumo solo quando la sua salute era già irrimediabilmente compromessa e che l'applicazione del principio "della causa prossima di rilievo" postula la prova, mancante nella specie, della piena consapevolezza del danneggiato di poter interrompere con il suo facere il nesso eziologico tra il fumo della sigaretta e l'evento dannoso. La Suprema Corte ha accolto il motivo di ricorso, ritenendo che nella specie la Corte di merito avesse ravvisato la sussistenza di «un atto di volizione libero, consapevole ed autonomo» della vittima, «soggetto dotato capacità di agire», prescindendo da qualsivoglia considerazione in ordine all'accertamento di un'eventuale responsabilità ex artt. 2043 e 2050 c.c. della BRITISH AMERICAN TOBACCO ITALIA Spa. Nel caso di specie, secondo i giudici di legittimità, la Corte territoriale si è limitata ad estrapolare la scelta di fumare dalle serie causali che hanno prodotto l'evento dannoso, senza enunciare le ragioni per cui abbia ritenuto che l'attività di produzione e di commercializzazione del tabacco non abbia nella specie avuto efficienza causale alcuna nella determinazione dell'evento, relegando implicitamente tale azione a mero antefatto occasionale, inidoneo ad innescare la sequenza causale sfociata nell'evento lesivo (art. 40 c.p.). In particolare, non ha tenuto conto che alla BRITISH AMERICAN TOBACCO ITALIA Spa è stato imputato di non avere informato adeguatamente la danneggiata della nocività del fumo, al fine di verificare la colpa della vittima nella causazione del danno e accertarne l'efficienza causale esclusiva ovvero concorrente; la Corte di merito, infatti, avrebbe dovuto dapprima valutare se l'evento dannoso si sarebbe verosimilmente verificato ove uno dei due soggetti coinvolti avesse mantenuto la condotta alternativa corretta, per poi ripetere l'operazione a parti invertite, avendo l'obbligo di apprezzare ogni fattore causale rilevante al fine di stabilire la relativa incidenza (con)causale nella determinazione dell'evento lesivo (Cass. civ., sez. III, 28 settembre 2017, n. 22801). Peraltro, essendo stata qualificata l'attività di produzione e di commercializzazione del tabacco come pericolosa, la Corte, per recidere il nesso eziologico tra l'evento e l'attività pericolosa, avrebbe dovuto valutare la condotta del danneggiato come adeguata alla natura e alla pericolosità della stessa in chiave necessariamente relazionale, poiché la disciplina delle attività pericolose richiede una prova liberatoria specifica e particolarmente rigorosa, che non coincide propriamente con la prova del caso fortuito (comprendente il fatto colposo della vittima), essendo innegabile che nella pratica «la differenza con il limite del fortuito si attenui sensibilmente». La Corte avrebbe dovuto valutare non se, quando la vittima iniziò a fumare e negli anni successivi, vi fosse una generica consapevolezza sociale e personale in ordine alla nocività del fumo, bensì se la donna fosse stata specificamente informata e fosse consapevole che il fumo è cancerogeno. Difatti, solamente a fronte della conoscenza o della effettiva conoscibilità dei rischi specifici connaturati alla pratica del fumo può configurarsi un concorso di colpa del consumatore fumatore. L'esercente l'attività pericolosa, difatti, è tenuto ad adottare, in relazione al contesto di riferimento, misure precauzionali anche al di là di quelle strettamente imposte dalla legge, anche e soprattutto sul piano dell'informazione, al fine di evitare il rischio d'impresa derivante dall'immissione sul mercato di un prodotto ontologicamente dannoso senza specifiche informazioni in ordine al tipo di danni alla salute (conducenti, come nella specie, addirittura alla morte) cui il consumatore risulta esposto, e il relativo consumo inconsapevole da parte del fumatore. Se il consumatore non è adeguatamente e specificamente informato e consapevole, la sua condotta non può considerarsi improntata ad effettiva libertà di determinazione e non può pertanto assurgere a causa prossima di rilievo nella determinazione dell'evento dannoso. Di conseguenza, la Cassazione ha rimesso la causa alla Corte d'appello per una valutazione alla luce dei principi esposti. |