Clausola compromissoria nel regolamento condominiale e incompetenza del giudice adito

La Redazione
05 Giugno 2025

Tizio adiva il Tribunale per vedere dichiarata e accertata, previa sospensione della sua efficacia esecutiva, la nullità di una delibera assembleare condominiale. Si costituiva in giudizio il convenuto, eccependo l'incompetenza del Tribunale di Milano per la sussistenza, all'art. 23 del Regolamento condominiale, di una clausola compromissoria che deferiva la controversia alla cognizione di un collegio arbitrale.

Il Tribunale di Milano ha dichiarato la propria incompetenza a decidere il merito della controversia per l'esistenza della clausola compromissoria posta dall'art. 23 del Regolamento condominiale. Da tempo, infatti, la Cassazione ha posto il principio secondo cui le controversie condominiali riguardano diritti disponibili e sono compromettibili in arbitri, non rientrando in alcuno dei divieti di cui agli artt. 806 e 808 c.p.c. (Cass. civ., sez. II, 5 giugno 1984 n. 3406). La clausola in esame prevede il deferimento al Collegio Arbitrale di «tutte le vertenze dipendenti o comunque conseguenti dal presente rapporto di condominio insorgessero fra il condominio, l'amministratore ed i singoli condomini»; nonché che «iI Collegio Arbitrale deciderà in via inappellabile, in base ad equità, senza formalità di procedura». Nel caso in esame emerge quindi la rinuncia da parte dei condomini, resa in un regolamento contrattuale, all'azione giudiziaria per risolvere le controversie condominiali e l'affidamento delle stesse ad una cognizione senza «formalità di procedura», da definirsi con una decisione resa secondo «equità». Va ritenuto, quindi, che si è in presenza di una previsione di arbitrato irrituale perché nell'arbitrato rituale le parti mirano a pervenire ad un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di cui all'art. 825 c.p.c. con l'osservanza delle regole del procedimento arbitrale, mentre nell'arbitrato irrituale esse intendono affidare all'arbitro la soluzione di controversie soltanto attraverso lo strumento negoziale, mediante una composizione amichevole o un negozio di accertamento riconducibile alla volontà delle parti stesse, le quali si impegnano a considerare la decisione degli arbitri come espressione della loro volontà (cfr. Cass. civ., sez. I, 2 dicembre 2015, n. 24558; Cass. civ., sez. II, 1° dicembre 2009, n. 25268; Cass. civ., sez. II, 12 ottobre 2009, n. 21585; Cass. civ., sez. I, 25 giugno 2005, n. 13701). Di conseguenza, il Tribunale di Milano ha dichiarato la propria incompetenza in favore del ricorso all'arbitrato.

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