TSO: la Corte costituzionale dichiara illegittimo l’art. 35, l. n. 833/1978 e “riscrive” il procedimento di convalida
04 Giugno 2025
Cinque giorni fa è stata pubblicata la sentenza della Corte costituzionale (Corte Cost., 30 maggio 2025, n. 76) che ha posto una pietra miliare sul funzionamento del TSO. La Corte era stata adita dalla Cassazione che, con ordinanza Cass. civ., sez. I, 9 settembre 2024, n. 24124 aveva sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 24, 32, 111 e 117, comma 1, Cost., quest'ultimo in relazione agli artt. 6 e 13 CEDU, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 33, 34 e 35 l. n. 833/1978 (Istituzione del servizio sanitario nazionale) «nella parte in cui non prevedono che il provvedimento motivato con il quale il sindaco dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera sia tempestivamente notificato all'interessato, o al suo eventuale legale rappresentante, con l'avviso che il provvedimento sarà sottoposto a convalida del giudice tutelare entro le 48 ore successive e con l'avviso che l'interessato ha diritto di comunicare con chiunque ritenga opportuno e di chiedere la revoca del suddetto provvedimento, nonché di essere sentito personalmente dal giudice tutelare prima della convalida; nonché nella parte in cui non prevedono che la ordinanza motivata di convalida del giudice tutelare sia tempestivamente notificata all'interessato, o al suo eventuale legale rappresentante, con l'avviso che può presentare ricorso ai sensi dell'art. 35, l. n. 833/1978» (per un approfondimento sulle vicende pregresse e sull'ordinanza della Cassazione, leggi Masoni, Insufficienti garanzie difensive per il paziente sottoposto a T.S.O.: il dubbio di legittimità costituzionale sollevato dalla Suprema Corte, in IUS Processo civile, 6 dicembre 2024; e La Redazione, Legge sul TSO sottoposta al vaglio costituzionale, in IUS Processo civile, 18 settembre 2024). Per affrontare la questione, la Corte costituzionale ha dapprima ricostruito la disciplina legislativa e la ratio del TSO, rilevando che tale istituto è regolato dagli artt. 33, 34 e 35, l. n. 833/1978, con i quali è stata trasposta nella legge istitutiva del servizio sanitario nazionale la disciplina introdotta pochi mesi prima dalla l. n. 180/1978 (c.d. legge Basaglia). Quest'ultima, disponendo la chiusura dei manicomi, ha segnato il passaggio da una visione custodialista, finalizzata alla difesa sociale, a una visione volta alla cura della persona affetta da disabilità psichica, costituendo una tappa fondamentale del cambiamento di paradigma culturale, scientifico e normativo nel trattamento della salute mentale e contribuendo al riconoscimento, anche in favore delle persone affette da disabilità mentale, della pienezza dei diritti costituzionali (Corte Cost., 19 aprile 2019, n. 99). Lo stesso art. 33, comma 2, l. n. 833/1978 riconduce gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori all'art. 32 Cost., stabilendo che essi si svolgono «nel rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e politici, compreso per quanto possibile il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura». In sostanza, il TSO è un trattamento coattivo che deve essere usato quale extrema ratio ed entro i limiti della proporzionalità in rapporto alle necessità terapeutiche e al rispetto della dignità della persona (Corte Cost., 27 gennaio 2022, n. 22), entro il paradigma tracciato dagli artt. 2,13 e 32 Cost.; tale trattamento può essere adottato «solo se», ai sensi dell'art. 34, comma 4, l. n. 833/1978, ricorrono tre presupposti:
Nonostante la natura tassativa e di extrema ratio appena delineata del TSO, ciò non implica che la persona interessata dal trattamento non abbia diritto di avere contezza delle disposizioni e della convalida delle stesse che la riguardano; quindi, la Corte costituzionale ha in ogni caso ritenuto fondate questioni in riferimento agli artt. 13, 24, 32 e 111 Cost. In primo luogo, la Corte ha statuito che l'art. 35, l. n. 833/1978 determina una significativa compressione del diritto di difesa e al contraddittorio, cioè dei contenuti minimi della tutela giurisdizionale. Tale compressione assume particolare rilievo perché attiene a provvedimenti amministrativi adottati in assenza del consenso dell'interessato, in violazione del principio di libertà di cura, e incidenti sulla sua libertà fisica, quindi sul nucleo primario della protezione costituzionale della libertà personale. Si tratta chiaramente di provvedimenti aventi finalità terapeutica e nell'interesse del malato psichico, ma il diritto di ricevere comunicazione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale non è inficiato dalla condizione di alterazione psichica in cui versa la persona sottoposta a trattamento sanitario coattivo. In secondo luogo, è certamente escluso che le persone, soltanto perché affette da infermità fisica o psichica, siano per ciò stesso private dei diritti costituzionali, compreso il diritto di agire e di difendersi in giudizio, in violazione del principio personalista e del principio della pari dignità sociale espressi dagli artt. 2 e 3, comma 1, Cost. Anche in relazione ai diritti processuali, e in particolare alla capacità processuale della persona affetta da infermità psichica, l'ordinamento ha già escluso, attraverso plurimi istituti, che la sola incapacità naturale, intesa come incapacità di intendere e di volere, momentanea o persistente, possa di per sé sola riverberarsi sulla capacità processuale. Infatti, sul piano sostanziale, il legislatore ha progressivamente ampliato le tutele dell'incapace naturale, esprimendo un favor verso forme di tutela preventiva che comportino la minore limitazione possibile della capacità di agire, come ad es. l'istituto dell'amministrazione di sostegno che - a differenza dei tradizionali istituti dell'interdizione e dell'inabilitazione - plasma i rimedi della rappresentanza e dell'assistenza sulle effettive e concrete condizioni di vita dell'interessato, conservando al beneficiario la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l'assistenza necessaria dell'amministratore di sostegno. Sul piano processuale, le norme sulla capacità di agire sono ispirate all'obiettivo di bilanciare la protezione dell'incapace con l'esigenza di non limitare a priori la sua capacità processuale, se non a seguito di adeguate verifiche sulle sue condizioni personali e tenuto conto del complesso degli interessi costituzionali implicati nel processo. Per ciò che qui rileva, la persona conserva la piena capacità processuale proprio nei procedimenti volti a verificare la sussistenza dei presupposti idonei a condurre a una limitazione della sua capacità di agire, come attestato dalle previsioni in tale direzione dettate per altri giudizi che coinvolgono persone con fragilità psichiche. In particolare, l'interdicendo, l'inabilitando e il potenziale beneficiario dell'amministrazione di sostegno, nei relativi procedimenti, possono stare in giudizio e compiere da soli tutti gli atti del procedimento, comprese le impugnazioni, anche quando siano stati nominati il tutore o il curatore provvisori, ai sensi dell'art. 419 c.c.; o l'amministratore provvisorio, ex art. 405, comma 4, c.c. Deve, pertanto, ritenersi che la comunicazione all'interessato del provvedimento del sindaco con il quale è disposto nei suoi confronti un trattamento sanitario coattivo e la notificazione del relativo decreto motivato del giudice tutelare non trovino ostacolo nella condizione di possibile incapacità naturale nella quale il destinatario si trovi al momento della comunicazione o della notificazione. Inoltre, l'audizione della persona interessata prima della convalida del provvedimento che dispone il trattamento sanitario coattivo consente al giudice tutelare di individuare il percorso in cui instradare le forme di miglior ausilio della persona in relazione alla sua condizione soggettiva, quindi è necessaria. In conclusione, ha stabilito la Corte, l'omessa previsione della comunicazione del provvedimento sindacale e della notificazione del decreto di convalida alla persona interessata o al suo legale rappresentante, ove esistente, nonché l'omessa previsione dell'audizione della stessa persona interessata prima della convalida, determinano la violazione degli artt. 13, 24, 32 e 111 Cost. Pertanto, in riferimento a questi aspetti, la Corte ha dichiarato l'art. 35, l. n. 833/1978 illegittimo costituzionalmente. |