Le misure protettive nel Codice della crisi d’impresa: criticità e prospettive interpretative alla luce del Terzo Correttivo

Filippo Lamanna
03 Giugno 2025

Il Terzo Correttivo ha esteso la definizione di “misure protettive” di cui all’art. 2, lett. p), c.c.i.i. sancendo la possibilità che con tali misure possano inibirsi, tra l’altro, oltre alle “azioni”, anche le “condotte” potenzialmente pregiudizievoli dei creditori. Tuttavia la vaghezza del termine “condotte” può generare difficoltà interpretative e applicative, aggravate dall’incerta disciplina delle misure protettive dettata dagli artt. 54, comma 2, e 18 c.c.i.i. Rimangono pertanto incertezze e apparenti contraddizioni a causa dell’approccio incoerente e randomico seguito dal legislatore, con la conseguente necessità di un’interpretazione correttiva e sistematica – in senso teleologico - della normativa vigente.

Nozione generale e funzione delle misure protettive

In attuazione dei criteri contenuti negli artt. 4, comma 1, lett. g), 5, comma 1, lettere b) e c), 6, comma 1, lett. b), 9 comma 1, lett. g) e 14, comma 1, lett. c) della legge delega n. 155/2017, il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza ha dettato una definizione generale di «misure protettive».

In particolare, in base al testo originario dell'art. 2, lett. p), d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, sono da considerare tali «le misure temporanee disposte per evitare che determinate azioni dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell'insolvenza, anche prima dell'accesso a uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza».

L'introduzione di misure protettive di natura temporanea — come anche delle misure cautelari definite nella successiva lettera q) dell'art. 2 —, funzionali all'utile attuazione delle soluzioni concordate, era stata peraltro già suggerita dalla Raccomandazione 2014/135/UE e dalla Proposta di direttiva del 2016.

Inoltre – com'è ben noto - già la legge fallimentare prevedeva misure protettive (oltre che misure cautelari); il Codice le ha riproposte riadattandole ai nuovi procedimenti e strumenti da esso regolati, ed essendo stata introdotta anche la composizione negoziata, ha previsto misure protettive anche a tutela delle trattative che si svolgono in questa fase.

Indubbiamente, secondo la disciplina a loro riservata dal Codice della crisi, le misure protettive sono uno strumento cruciale per assicurare l'esito positivo dei procedimenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza e l'efficacia delle trattative nella fase preconcorsuale.

Esse costituiscono il punto di intersezione tra esigenza di tutela del patrimonio del debitore e salvaguardia dei diritti dei creditori.

Tuttavia, la disciplina codicistica delle misure protettive si è rivelata affetta, sin da subito, da ambiguità e lacune, in particolare in relazione a due specifiche problematiche: a) da un lato, perché non è mai stata sufficientemente chiara la distinzione tra esse e le «misure cautelari»; b) dall'altro, soprattutto, perché è rimasta incerta la possibilità di concedere, oltre che le misure «tipiche» esplicitamente indicate nell'art. 54, comma 2, anche misure «atipiche».

Tali criticità, in particolare la seconda, di cui tratteremo in questa sede, si sono paradossalmente aggravate a seguito delle scoordinate modifiche introdotte con il Correttivo-ter.

La rilevanza delle «condotte» e la concedibilità di misure «atipiche» a seguito del Terzo Correttivo

Nella specifica materia in esame, tale decreto si segnala per due specifiche novità:

i)                 per aver affiancato, nella definizione generale di misure protettive contenuta nella lettera p) dell’art. 2, alle azioni dei creditori che abbiano carattere potenzialmente pregiudizievole, e che pertanto possono essere inibite, anche, più in generale, qualunque condotta degli stessi che abbia analoga natura;

ii)               per aver puntualizzato nell’art. 54, comma 2 – che regola specificamente le misure protettive nell’ambito degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza -, che il debitore può richiedere al tribunale, con successiva istanza, misure anche diverse da quelle tipizzate al primo periodo, e quindi, in ultima analisi, misure «atipiche».

Era in effetti opportuna sia l’una che l’altra interpolazione normativa, ma il pressapochismo del nostro confusionario legislatore delegato è riuscito nell’ardua impresa di trasformare le due utili novità in fonti di problematiche incertezze interpretative.

Le problematiche interpretative: tipicità, atipicità e ambito applicativo

Quanto alla prima, non mi riferisco tanto alla circostanza che, come accade in ogni caso in cui si inseriscano termini molto generici, come è a dirsi nel caso in esame per la parola «condotte», inevitabilmente viene ad amplificarsi lo spazio di interpretazioni e valutazione soggettive, tanto più se si considera che, mentre il concetto di «azioni» già contenuto nella definizione generale di cui all’art. 2, lett. p) — evocando solo l’esercizio processuale di diritti — è abbastanza circoscritto, e il debitore può quindi più agevolmente allegare e provare – all’occorrenza, quando ne abbia l’onere - quali di esse possano pregiudicare il buon esito delle trattative; invece l’analoga potenzialità pregiudizievole, quando sia riferita alle «condotte», specie se meramente omissive, è giocoforza più impervia da individuare, connotare e comprovare, con il rischio – alternativo e contrapposto - che da tale indagine possa derivare o un’eccessiva riduzione o un eccessivo ampliamento delle misure concedibili.

Tuttavia si tratta, tutto sommato, di rischi connessi inestricabilmente alla vastità dell’area semantica sottesa alla parola «condotte» e quindi bisogna pur «farsene una ragione».

Più criticabile è invece il mancato coordinamento tra la definizione generale dell’art. 2, lettera p), e le altre due norme che regolano le misure protettive, rispettivamente, nell’ambito pre- ed endo-concorsuale: sono l’art. 18, commi 1, 3 e 4, e l’art. 54, comma 2, c.c.i.i.

Limiti delle misure protettive nella composizione negoziata ex art. 18 c.c.i.i.  

Quanto all’art. 18, commi 1, 3 e 4, c.c.i.i., esso contiene, con specifico riferimento alla composizione negoziata della crisi, un elenco di misure protettive esclusivamente tipizzate, in ogni caso senza prevedere affatto, espressamente, la possibilità di concessione di misure che inibiscano mere condotte.

Vi è quindi un’apparente contraddizione con l’art. 2, lettera p), poiché quest’ultima disposizione sembra generalizzare la possibilità di inibire anche le mere condotte, a prescindere dalla sede in cui le misure protettive possono operare.

Resta quindi dubbio se il silenzio serbato al riguardo nell’art. 18 equivalga o meno a negare che nella composizione negoziata della crisi possano inibirsi, altre che le azioni ivi specificamente richiamate, anche le mere condotte.

L'eccentrica disciplina delle misure «atipiche» contenuta nell'art. 54, comma 2, c.c.i.i.

Quanto all'art. 54, comma 2 – che, come detto, regola le misure protettive nell'ambito degli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza -, esso sì prevede nel terzo periodo, a differenza dell'art. 18, la possibilità di inibire anche le mere condotte, ma lo fa riferendo tale possibilità al solo caso in cui il debitore, con successiva istanza , chieda misure , anche diverse da quelle di cui al primo periodo, ossia quando il debitore chieda la concessione di misure «atipiche».

Già ho segnalato sopra come l'introduzione delle misure «atipiche» sia un'apprezzabile novità apportata dal Terzo Correttivo, che ha in tal modo esteso la definizione di misure protettive prevedendo nel secondo comma dell'art. 54 la possibilità di concessione («dopo il deposito della proposta, del piano o degli accordi, unitamente alla documentazione prevista dall'articolo 39, comma 3») di misure diverse da quelle cui fa riferimento il primo periodo, misure che, in quanto «diverse», non possono che essere appunto misure atipiche, perché il primo periodo ivi richiamato prevede solo misure tipiche, la cui operatività può scattare – su semplice richiesta originaria o successiva del debitore - sin dal momento di presentazione della domanda introduttiva (di qualunque domanda introduttiva di procedimenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza, compresa quella meramente prenotativa), tale disposizione contenendo un elenco chiaramente tassativo e limitato di misure protettive (in particolare: i creditori non possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari; le prescrizioni rimangono sospese e le decadenze non si verificano; la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale o di accertamento dello stato di insolvenza non può essere pronunciata).

La nozione, in verità, è solo parzialmente nuova, perché il testo precedente dell'art. 54, secondo comma, già contemplava, oltre alle misure tipiche applicabili dal momento di presentazione di una domanda di regolazione introduttiva, anche la possibilità di applicare successivamente misure temporanee  «ulteriori» rispetto alle prime («Il debitore può richiedere al tribunale, con successiva istanza, ulteriori misure temporanee per evitare che determinate azioni di uno o più creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell'insolvenza »), laddove l'aggettivo «ulteriori» poteva indicare in teoria non solo misure aggiuntive e successive in senso cronologico (rispetto a quelle tipiche applicabili già anteriormente, e del medesimo tipo), ma anche misure oggettivamente, e quindi tipologicamente, diverse dalle prime.

Tale aggettivo («ulteriori») era però, in ogni caso, un po' troppo debole e vago per poterne evincere con certezza anche tale seconda attitudine a denotare misure effettivamente atipiche, tanto più che la disposizione normativa non esemplificava in alcun modo quali potessero essere le misure atipiche per distinguerle dalle misure tipiche esplicitamente enumerate nei primi due commi (e, per la verità, neppure ora, dopo il Correttivo-ter, risulta fatta alcuna esemplificazione).

Con il Correttivo-ter il parametro della «diversità» delle misure successive rispetto alle misure tipiche anteriormente applicabili dà invece certamente risalto alla natura atipica delle nuove misure, anche se la loro identificazione resta ancora confinata in un limbo di potenziali connotazioni a cui solo la giurisprudenza sta dando, e ancora in futuro potrà dare, fisionomia, secondo le possibili varianti registrabili nella prassi.

Non è però questo – della variabile identificazione delle misure atipiche che possano concedersi - il vero punto critico della novella in esame.

I più seri nodi problematici sono almeno due.

Il primo, è che la previsione della fruibilità di misure atipiche si rinviene espressamente solo nell'art. 54, comma 2, mentre non se ne fa menzione alcuna né nell'art. 2, lett. p) che detta la definizione generale di misure protettive, né nell'art. 18, che, come abbiamo visto, regola le misure protettive nell'ambito della composizione negoziata della crisi, sì che resta dubbio se le misure atipiche possano essere disposte anche in quest'ultima (tuttavia l'elenco delle misure protettive ottenibili nella composizione negoziata si ampia con i commi 5 e 5-bis, che hanno esteso la tutela protettiva specificamente verso le banche e gli intermediari finanziari nei cui confronti operino le misure protettive, con il divieto di revoca o risoluzione unilaterale dei contratti pendenti o di sospensione delle linee di credito già concesse).

Il secondo va ravvisato nella formulazione a dir poco anfibologica del comma 2, laddove la disposizione normativa consente la possibilità di chiedere ed ottenere le misure atipiche solo dopo il «deposito della proposta, del piano, o degli accordi, unitamente alla documentazione prevista dall'articolo 39, comma 3».

Afferma la Relazione illustrativa al Correttivo-ter che tale modifica innovativa sarebbe stata apportata «al fine di chiarire che le misure protettive atipiche possono essere chieste solo se vi è stato il deposito della proposta, del piano o degli accordi (negando, dunque, tale richiesta nel procedimento avviato con riserva la cui indeterminatezza — se il debitore non invoca il comma 1-ter dell'articolo 44 — non consentirebbe al giudice di valutare la sussistenza dei requisiti per l'accoglimento dell'istanza di misura protettiva atipica)».

Fatta salva la necessaria «correzione» di questo passo della Relazione al Correttivo laddove risulta citato l'art. 44, comma 1-ter, anziché, più correttamente, l'art. 44, comma 1-quater, essendo solo questo il comma che consente al debitore di rendere meno «indeterminata» la domanda prenotativa presentando  un progetto di piano per fruire del regime gestorio relativo alla procedura di regolazione della crisi e dell'insolvenza che intenda poi avviare; sta di fatto che dalla spiegazione offerta dalla Relazione illustrativa sembrerebbe di poter arguire che solo dopo che il debitore abbia presentato una domanda piena (di omologa della proposta o degli accordi), egli possa chiedere misure protettive atipiche, non invece quando abbia presentato una semplice domanda prenotativa, a meno che chieda in tal caso di giovarsi — presentando a tal fine un apposito «progetto» — del regime dello strumento di regolazione della crisi e dell'insolvenza di cui intende poi avvalersi.

In realtà né l'una, né l'altra ipotesi sembrano collimare pienamente con il testo letterale della disposizione normativa.

Quest'ultima, infatti, nel fare riferimento al «deposito della proposta, del piano, o degli accordi, unitamente alla documentazione prevista dall'articolo 39, comma 3», adotta un'espressione che, da un lato, non contiene alcun richiamo a quel «progetto» che potrebbe essere presentato in caso di domanda prenotativa, e, dall'altro, facendo riferimento al deposito della «documentazione prevista dall'articolo 39, comma 3», sembra evocare proprio il deposito di una domanda prenotativa, anche se con una sorta di ossimoro.

Se, infatti, il riferimento alla presentazione di piano e proposta (si suppone definitivi) o degli accordi sembra evocare – alternativamente – o la presentazione di una domanda di omologa «piena» oppure la fase di scioglimento conclusivo della riserva sottesa ad una domanda prenotativa, tuttavia il riferimento al contestuale deposito dei documenti indicati nell'articolo 39, comma 3, che sono i documenti da allegare in origine alla domanda prenotativa — quindi documenti in numero minore rispetto alla documentazione più ampia richiesta in caso di deposito di domanda «piena» o di scioglimento della riserva prenotativa ed indicata nei primi due commi dell'art. 39 (si tratta infatti unicamente dei bilanci relativi agli

ultimi tre esercizi o, per le imprese non soggette all'obbligo di redazione del bilancio, le dichiarazioni dei redditi e le dichiarazioni IRAP concernenti i tre esercizi precedenti, l'elenco nominativo dei creditori con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione, oltre che con l'indicazione del loro domicilio digitale, se ne sono muniti) — sembra evocare non il momento finale di scioglimento della riserva, bensì il momento iniziale in cui viene depositata la domanda prenotativa di concessione del termine, così generando, di fatto, un'inestricabile contraddizione in termini.

È evidente, infatti, che a ragionare su base esclusivamente letterale, si potrebbero estrapolare almeno due diversi e contrapposti significati.

In particolare, se si desse prevalente rilievo sintomatico, ai fini interpretativi, secondo una prima ipotesi ricostruttiva, solo al riferimento fatto al «deposito della proposta, del piano, o degli accordi», si dovrebbe escludere la possibilità di concedere misure atipiche in caso di domanda prenotativa, prima che sia sciolta la riserva, e questo anche nel caso in cui il debitore depositi un progetto di piano ex art. 44, comma 1-quater.

Quest'ultima ipotesi è infatti tra l'altro (almeno formalmente) contraddetta (anche) dalla quadruplice considerazione:

i.  che il legislatore delegato, se avesse voluto riferirsi (anche) ad essa, avrebbe con più facilità potuto richiamare appunto il suddetto comma 1-quater, anziché avvilupparsi nella ossimorica espressione in esame;

ii. che in quel caso non avrebbe fatto alcun riferimento letterale né alla proposta, né, ancor meno, agli accordi, o comunque avrebbe evocato esplicitamente il «progetto», tenuto conto che questo non solo è qualcosa di diverso (una sorta di quid minoris) rispetto ad un piano (definitivo), ma poi non ha neppure nulla a che spartire concettualmente con una proposta definitiva, e certamente è tutt'altra cosa rispetto agli accordi;

iii. che per di più anche in tal caso non avrebbe avuto senso, volendo riferirsi alla necessità di deposito del progetto, il riferimento alla necessità di depositare, con piano, proposta e/o accordi, la documentazione di cui all'art. 39, comma 3, poiché essa evidentemente è già disponibile dal momento di deposito della domanda prenotativa e non occorre certo ripresentarla di nuovo in occasione della presentazione eventuale del «progetto»;

iv. che nemmeno il fatto che il «progetto» garantisca una maggior conoscenza informativa potrebbe costituire ragione giustificativa della possibilità di chiedere in tal caso (e non in caso di semplice domanda prenotativa) le misure «atipiche», tenuto conto che, in forza dell'art. 44, comma 1-quater, il debitore può sì chiedere di giovarsi del regime dello strumento di regolazione della crisi e dell'insolvenza di cui intende avvalersi, ma – specifica la norma - «in deroga a quanto previsto dal comma 1-bis, primo periodo», ossia solo per sottrarsi «agli effetti di cui all'articolo 46», ovvero solo per poter compiere eventualmente atti urgenti di straordinaria amministrazione senza la previa autorizzazione del tribunale, e sempre che lo consenta lo strumento di cui il debitore intende avvalersi, non invece per chiedere ed ottenere la concessione di misure atipiche.

Resta da comprendere in ogni caso perché la disponibilità di un apparato documentale incompleto come quello previsto dall'art. 39, comma 3, in caso di presentazione di una domanda prenotativa, possa giustificare sì la concessione di misure protettive tipiche, ma non invece di quelle atipiche, quando il bisogno di tutela s'imporrebbe in realtà allo stesso modo anche per queste, atteso che ha evidentemente senso proteggere il debitore e il suo patrimonio anche con tali misure atipiche (comprese quelle riferibili a mere «condotte») pure durante il periodo di durata della fase prenotativa e «sin dalla fase delle trattative» (di quest'idea è anche F. Platania, Le misure protettive e cautelari atipiche secondo la giurisprudenza, in IUS Crisi d'impresa (ius.giuffrefl.it) – ilfallimentarista, 26 maggio 2025; sembrano invece escludere la possibilità di concessione delle misure atipiche in caso di domanda prenotativa, sulla scorta di quanto indicato nella Relazione illustrativa al Correttivo-ter laddove essa motiva tale soluzione in ragione dell'indeterminatezza dell'apparato informativo, L. Baccaglini e S. Leuzzi, Su natura, funzione e limiti delle misure protettive e cautelari nel sistema concorsuale - considerazioni a margine di un recente rinvio pregiudiziale e di altre ordinanze-, in dirittodellacrisi.it, 10 febbraio 2025).

Se, invece, secondo una seconda ipotesi ricostruttiva, si desse prevalente peso al riferimento contenuto nell'art. 54, comma 2, alla documentazione di cui all'art. 39, comma 3, svalutando di conserva il riferimento a piano, proposta o accordi, dovrebbe inferirsene che la norma ammetta misure atipiche solo in caso di presentazione di una domanda prenotativa, il che indurrebbe assurdamente ad escludere che le misure atipiche possano essere richieste in pendenza di procedure di regolazione della crisi e dell'insolvenza avviate con domande «piene» o a seguito di scioglimento della riserva prenotativa, visto che in entrambi i casi non viene depositata la documentazione di cui all'art. 39, comma 3, ma quella di cui all'art. 39, commi 1 e 2.

In entrambi i casi, cioè, si escluderebbero le misure «atipiche» al di fuori della previa presentazione di una domanda prenotativa, conclusione del tutto incomprensibile ed inaccettabile, non avendo senso che solo in caso di domanda prenotativa (e addirittura prima che sia sciolta la riserva) sia possibile soddisfare l'esigenza di tutela del debitore dinanzi ad eventi sopravvenuti, con mezzi nuovi e diversi dalla misure protettive tipiche, e non anche quando — in presenza dei medesimi presupposti effettuali e quindi delle stesse esigenze — egli presenti sin da subito una domanda già completa e definitiva o provveda a sciogliere la riserva prenotativa.

D'altra parte, però, il richiamo alla documentazione di cui all'art. 39, comma 3, e non alla documentazione di cui all'art. 39, commi 1 e 2 (dovendosi ricordare al riguardo che quando il Codice ha inteso riferirsi ai documenti più numerosi da depositare con le domande complete e definitive ha sempre appunto richiamato, non a caso, l'art. 39, commi 1 e 2), sembra escludere proprio che il deposito di tali documenti riguardi la presentazione, autonoma, di domande «piene» e già definitive (come anche, a rigore, che riguardi lo scioglimento della riserva derivante da una domanda prenotativa).

Le conseguenti contraddizioni sistematiche ed incoerenze normative

Alla stregua delle modifiche apportate dal Correttivo-ter, la disciplina codicistica delle misure protettive sembra comprovare che il legislatore delegato si è orientato con modalità randomiche, senza alcuna effettiva e scrupolosa attenzione alle esigenze di coerenza e ai profili sistematici.

Non può infatti giudicarsi altrimenti il fatto che, almeno stando alla formulazione letterale delle citate disposizioni normative:

1)               le misure tipiche debbano riguardare sempre tutti creditori in base all’art. 54, comma 2, quando viene presentata una domanda di regolazione della crisi e dell’insolvenza, mentre solo quando viene presentata la domanda di accesso alla composizione negoziata della crisi sia stata prevista la possibilità per il debitore di chiedere ex art. 18 misure protettive o nei confronti di tutti i creditori, oppure anche nei confronti (solo) di determinate iniziative intraprese dai creditori a tutela dei propri diritti, o di determinati creditori o di determinate categorie di creditori;

2)               le misure «atipiche» possano apparentemente chiedersi, alla luce del tenore dell’art. 54, comma 2, solo nell’ambito degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza (non dunque nel contesto della composizione negoziata) (ma con i penosi dubbi che emergono a causa dell’astrusa formulazione letterale della suddetta norma, circa il se le «atipiche» possano chiedersi e concedersi solo dopo la presentazione di una domanda «piena» o invece – o anche - dopo lo scioglimento di una domanda prenotativa, ossia dopo il deposito della proposta, del piano, o degli accordi, unitamente alla documentazione prevista dall’art. 39, comma 3 (!), oppure possano chiedersi solo in quest’ultimo caso e non in pendenza di procedimenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza non preceduti da una domanda prenotativa);

3)               possono allo stesso modo inibirsi le «condotte» (oltre che le azioni) (solo) nella medesima ipotesi di cui al n. 2) che precede (salvo individuare l’area di quest’ultima, previamente risolvendo quindi i dubbi interpretativi or ora indicati) e quindi in apparenza non nella composizione negoziata.

Nessuna ratio differenziale sembra infatti poter giustificare questo variegato operare delle misure protettive, poiché non si vede, ad esempio, per quale ragione le misure atipiche possano tutelare il debitore  - anche rispetto a mere «condotte» pregiudizievoli -, e in presenza di esigenze sopravvenute del tutto peculiari, almeno se si segue una delle ipotesi interpretative sopra considerate, soltanto in caso di scioglimento di una domanda prenotativa e/o di una domanda «piena», e non in tutti i casi, quindi anche dopo la presentazione di una prenotativa «semplice»; né perché l’imprenditore che accede alla composizione negoziata della crisi abbia un ventaglio di opzioni sui soggetti destinatari delle misure protettive e delle iniziative intraprese (ma solo relativamente alle misure protettive tipiche, non essendo previste per la composizione negoziata le misure atipiche) maggiore di quello disponibile nei procedimenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza.

Se (solo) a tale ultimo riguardo potrebbe forse apparire non eterodossa questa differenziazione rispetto ad una procedura come il concordato preventivo, in cui si apre un concorso vero e proprio con lo spossessamento che ne segue, per quanto solo «attenuato», sì da esigere una gestione non discriminatoria verso tutti i creditori (ma scolorendosi tale affermazione in caso di concordato in continuità, in cui le possibilità di trattamento differenziato tra creditori aumentano significativamente); una tale specifica esigenza non sembra affatto sussistere invece, ad esempio, in un procedimento concorsuale come il PRO, poiché in tal caso il debitore conserva pieni poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione e neppure è soggetto al rispetto della par condicio, trovandosi dunque in una situazione perfettamente equiparabile a quella della composizione negoziata della crisi, e tale somiglianza di immutata libertà gestoria è altresì evidente anche negli accordi di ristrutturazione dei debiti, che hanno quella stessa radice negoziale comunemente riconosciuta alla composizione negoziata della crisi; la necessità di tutelare il debitore per il buon esito delle trattative è infine presente non solo nella composizione negoziata, ma parimenti anche in caso di presentazione della domanda prenotativa e di deposito di pre-accordi, sì che in tutti tali casi non vi sarebbe motivo per differenziare la tutela realizzabile con le misure protettive, tra un caso e l’altro, né vi sarebbe ragione per limitare la possibilità di avvalersi di misure atipiche solo in una fase successiva a quella di apertura di un procedimento di regolazione della crisi e dell’insolvenza.

Dinanzi a tale pasticcio, pare dunque forzante la necessità di un’interpretazione correttiva-integrativa. D’altronde, in assenza di una disciplina organica e coerente, spetta all’interprete garantire coerenza e funzionalità nell’ottica di una tutela effettiva del debitore e dell’equilibrio tra le posizioni in gioco.

Conclusione: verso una disciplina razionalizzata. Prospettive interpretative e proposta ricostruttiva teleologico-sistematica

A tal fine occorre muovere - a mio modesto parere - dalla considerazione fatta poco sopra circa l’assurdità che l’art. 54, comma 2, possa aver previsto l’applicabilità di misure protettive atipiche solo in caso di domanda prenotativa, e non anche in pendenza di procedimenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza introdotti con domanda «piena» o dopo lo scioglimento della riserva a seguito di deposito di piano e proposta definitivi, corredati dalla documentazione di cui all’art. 39, commi 1 e 2.

Se si parte da tale premessa logica, è forzante leggere l’astrusa disposizione nel senso che il legislatore delegato abbia voluto consentire la presentazione di una domanda di concessione di misure atipiche, sempre se e quando ne emerga la necessità, nella pendenza di qualunque procedimento di regolazione della crisi e dell’insolvenza avviato con domanda definitiva oppure con domanda prenotativa dopo lo scioglimento della riserva a seguito di deposito di proposta, piano o accordi definitivi e presentando – beninteso - la documentazione integrale di supporto (ex art. 39, commi 1 e 2, non di quella ex art. 39, comma 3, disposizione normativa, quest’ultima, evocata – è lecito ritenere – solo per un deprecabile errore, per quanto di carattere meramente materiale).

Ne dovrebbe restare esclusa, perciò, la possibilità di richiedere tali misure atipiche dopo la semplice presentazione di una domanda con riserva (prima che si giunga a sciogliere la riserva), ed anche nel caso in cui sia presentato un progetto di regolazione della crisi e dell’insolvenza ex art. 44, comma 1-quater.

Come abbiamo visto, però, contro tale limitazione militano varie considerazioni logiche e ragioni di opportunità.

Inoltre, a differenza di quanto opinato dal confusionario redattore della Relazione illustrativa, non farebbe velo ad un’interpretazione estensiva orientata in tal senso il fatto che il debitore potrebbe presentare l’istanza di concessione delle misure atipiche anche quando non abbia presentato ancora un «progetto», perché la necessità che per decidere sulla stessa il tribunale debba poter disporre di una documentazione adeguata a tal fine, può essere soddisfatta non soltanto — ovviamente — presentando all’occorrenza proprio tale progetto, ma anche attraverso una discovery di portata anche minore, purché mediante modalità informative comunque sufficientemente precise e probanti, e che comunque siano ritenute tali dal tribunale.

Infatti, proprio la particolarità della fattispecie in esame, che riguarda misure protettive atipiche allo stesso modo in cui atipiche sono per definizione le misure cautelari, implica l’approdo ad un modello di stay limitato e condizionato sempre all’autorizzazione giudiziale, perché in tal caso non basta solo la domanda del debitore affinché gli effetti protettivi si producano, come per le misure protettive tipiche (mentre poi nella legge fallimentare, come sappiamo, lo stay era ed è sempre automatico in linea generale sia a seguito di domanda prenotativa, che di domanda di ammissione al concordato preventivo), ma occorre anche un previo provvedimento giudiziale, secondo un rito procedimentale disegnato proprio sul modello previsto per le misure cautelari dall’art. 55, comma 2 (in cui non a caso dunque è stato inserito dal Correttivo un ultimo periodo con cui si statuisce che «In caso di misure richieste ai sensi dell’art. 54, comma 2, terzo periodo, le disposizioni del presente comma si applicano solo se si tratta di misure diverse da quelle di cui al primo periodo del medesimo comma 2 dell’articolo 54 » [N.d.R.: ossia solo se si tratta di misure atipiche]).

Se così è, il presidio della valutazione giudiziale autorizzatoria ben potrebbe giustificare la richiesta di misure protettive atipiche anche dopo la presentazione pura e semplice di una domanda prenotativa, e, anzi, si può anche compiere un passo ulteriore e ritenere che le medesime ragioni che spingono ad estendere la tutela protettiva nei termini appena indicati, ben oltre l’astrusa formulazione letterale dell’art. 54, comma 2, possano giustificare parimenti la richiesta di misure protettive atipiche anche nel corso della composizione negoziata, ancorché nella relativa disciplina (e in particolare nell’art. 18) non si faccia menzione delle stesse.

Ma d’altra parte in tale disciplina non vi è menzione neppure della possibilità dell’inibitoria delle mere condotte, ancorché la norma generale dell’art. 2 le consideri senza alcuna distinzione e senza alcun limite come possibile oggetto delle misure protettive al pari delle azioni, sì che l’unica certezza in tale ambito è che l’approssimativo legislatore del Correttivo-ter abbia sì cercato di realizzare la maggior tutela possibile del debitore attraverso l’innovativa previsione delle misure protettive atipiche (ma anche dei creditori, stante il riferimento esplicito anche alle misure concedibili nella liquidazione giudiziale), ma che l’abbia fatto con disposizioni del tutto scoordinate e slegate tra loro, laddove sarebbe stata invece necessaria una coerente ricollocazione sistematica che, di conseguenza, spetta giocoforza realizzare ora in via suppletiva ed interpretativa, secondo un orientamento teleologico, auspicabilmente nei termini – di più estesa latitudine - che qui si propongono, che consenta:

•          l’accesso alle misure atipiche in ogni fase dei procedimenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, ed anche nella composizione negoziata della crisi;

•          l’inibitoria delle condotte anche nella composizione negoziata;

•          la valorizzazione del controllo giudiziale quale presidio sufficiente per evitare abusi.

Bibliografia essenziale

•          F. Platania, Le misure protettive e cautelari atipiche secondo la giurisprudenza, in IUS Crisi d’impresa (ius.giuffrefl.it) - ilfallimentarista, 26 maggio 2025.

•          L. Baccaglini, S. Leuzzi, Su natura, funzione e limiti delle misure protettive e cautelari nel sistema concorsuale, in dirittodellacrisi.it, 10 febbraio 2025;

•          M. Selvini, L'inibizione dei pagamenti e la sospensione dei contratti durante le trattative nella composizione negoziata, nota a Trib. Trento 23 settembre 2022, in IUS Crisi d’impresa (ius.giuffrefl.it) – ilfallimentarista;

•          Relazione illustrativa al d.lgs. 13 settembre 2024, n. 136 (Terzo Correttivo);

•          Artt. 2, 18, 44, 46 e 54 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (d.lgs. 14/2019 e successive modifiche).

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