Il potere di vigilanza di ANAC si estende ai “contratti esclusi” dall’ambito di applicazione del Codice degli appalti
25 Giugno 2025
Il caso. Il Tribunale è chiamato a valutare se il potere di vigilanza dell'ANAC si estenda o meno anche ai c.d. “contratti esclusi” dall'ambito di applicazione del Codice degli appalti. La soluzione. Il Tribunale, nel richiamare un recente precedente giurisprudenziale (cfr. Cons. Stato, sez. V, 2 aprile 2025, n. 2776), chiarisce che il potere di vigilanza di ANAC, trova il suo fondamento normativo nell'art. 222, comma 3, d.lgs. n. 36/23 e si estende anche ai contratti “esclusi dall'ambito di applicazione del codice”. La necessità che la vigilanza si esplichi nel settore degli “appalti pubblici” come definiti nell'art. 3 dell'allegato I.1 al Codice, trova la sua ratio giustificatrice nell'esigenza di garanzia dell'osservanza dei principi del c.d. “accesso al mercato” di cui all'art. 3 (concorrenza, imparzialità, non discriminazione, etc.), di trasparenza e di tracciabilità. Il suddetto potere giustifica, quindi, la pretesa di un obbligo di contribuzione e la trasmissione di una serie di informazioni cui è correlata l'attribuzione del CIG e costituisce il frutto di una scelta pro-concorrenziale più ampia che è stata ritenuta non contraria alla disciplina eurounitaria. Ciò in quanto, ai sensi del già citato art. 13 del Codice, l'affidamento di contratti c.d. “esclusi” che offrono opportunità di guadagno economico, anche indiretto, avviene tenendo conto dei principi di cui agli artt. 1, 2 e 3 (recanti i principi di risultato, della fiducia e di accesso al mercato). In altri termini, l'obbligo di vigilanza di ANAC trova il suo fondamento nella circostanza che, a prescindere dal metodo di scelta del contraente, in tali casi si verte in ogni caso nell'ambito della definizione di “appalto pubblico” fornita dal Codice: cfr. art. 3, comma 1, lett. b), allegato I.1., che definisce i relativi contratti come «contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto tra uno o più operatori economici e una o più stazioni appaltanti e aventi per oggetto l'esecuzione di lavori, la fornitura di beni o la prestazione di servizi»). Il contratto stipulato, sottolinea il TAR, va comunque considerato un “appalto pubblico” nella misura in cui consenta il perseguimento di un interesse di matrice pubblicistica anche in assenza di una procedura di evidenza pubblica per la selezione del contraente. Dalle considerazioni che precedono si ricava la sussistenza, con riferimento ai contratti c.d. “esclusi”, della fonte normativa primaria idonea a giustificare la pretesa di Anac di sottoporre anche tali contratti agli adempimenti stabiliti della Delibera impugnata. Diversamente, ad avviso del TAR, i contratti c.d. “estranei”, come definiti dall'art. 141, comma 2, d.lgs. n. 36/23 non sono sottoposti a tali adempimenti, né potrebbe essere altrimenti posto che, secondo il consolidato orientamento espresso dalla giurisprudenza amministrativa sul punto, qualora non siano funzionali ad una delle attività previste per i settori speciali, non rientrano nell'ambito applicativo del Codice. Infatti, se riferiti ai contratti c.d. “esclusi”, tali vincoli sono proporzionati e ragionevoli, tenuto conto delle finalità perseguite di monitoraggio dei flussi e raccolta dei dati, mentre, non essendo imposti con riferimento ai contratti c.d. “estranei”, non incidono in settori che sono direttamente esposti alla concorrenza su mercati liberamente accessibili. In conclusione. Il Tribunale, facendo applicazione dei suddetti principi, rileva che il potere di vigilanza dell'ANAC si estende anche ai cosiddetti "contratti esclusi", ovvero quei contratti che, pur non rientrando completamente nell'ambito di applicazione del Codice dei contratti pubblici, sono pur sempre contratti pubblici e quindi soggetti ai principi generali codicistici. |