La Corte dei conti sovverte la qualificazione giuridica della società in house: non più longa manus dell’Amministrazione ma ente privatistico dotato di autonomia

Cristina Gagliotta
04 Luglio 2025

La Corte dei conti, in sede di controllo, rileva come sia necessaria, anche in caso di affidamento diretto del servizio pubblico ad una società in house, la verifica del possesso dei requisiti generali e speciali di cui agli artt. 94,95 e 100 del d.lgs. n. 36/2023 nei confronti dell'operatore economico. Tale opzione ermeneutica, distonica rispetto alla tradizionale giurisprudenza amministrativa, si fonda su diverse argomentazioni: la nozione di “controllo analogo” che deve essere distinta dal controllo gerarchico su un'articolazione interna dell'Ente; l'autonomia patrimoniale e la personalità giuridica della società in house; infine, la scelta operata dal legislatore, attraverso l'emanazione del d.lgs. n. 175/2016 (c.d. T.U.S.P.), di assoggettare l'Ente pubblico che si avvale della forma societaria alla disciplina del diritto comune, salva diversa espressa previsione normativa.

Massima

In caso di affidamento diretto della gestione di attività e servizi pubblici ad una società in house, l'Amministrazione è tenuta a verificare il possesso dei requisiti generali e speciali richiesti dagli artt. 94,95 e 100 del d.lgs. n. 36/2023 in capo all'operatore economico attesa la affermata alterità soggettiva tra la P.A. ed un proprio ente in house, soggetto allo statuto dell'imprenditore fintantoché la legge non disponga espressamente in senso contrario.

La fattispecie

Nel corso di un controllo preventivo di legittimità avente ad oggetto il contratto stipulato tra il direttore del Parco Archeologico dei Campi Flegrei e la Ales S.p.a. - società in house controllata dal Mic – di affidamento diretto dei servizi di supporto finalizzati alla valorizzazione del patrimonio storico-artistico dell'Ente, veniva sollevata dal magistrato istruttore, tra le altre criticità, una richiesta di chiarimenti in ordine alla verifica del possesso dei requisiti generali e speciali di cui agli artt. 94,95 e 100 del d.lgs. n. 36/2023 nei confronti dell'operatore economico.

L'Amministrazione, nel rispondere al rilievo, argomentava nel senso della non necessità di tale verifica sulla base della tradizionale qualificazione giuridica della società in house, suffragata dalla giurisprudenza amministrativa, quale articolazione interna dell'Amministrazione affidante.

Il Collegio, tuttavia, respingeva tale opzione ermeneutica predicando l'alterità soggettiva della società in house rispetto alla P.A. contraente e, pertanto, affermava la necessità di una verifica, in concreto, del possesso dei requisiti generali e speciali in capo all'operatore economico richiesti dal nuovo Codice dei contratti pubblici prima della stipulazione del contratto di affidamento diretto.

Malgrado l'assenza di un siffatto controllo preliminare, la Corte dei conti riteneva, comunque, di poter ammettere il visto e la conseguente registrazione del Decreto n. 516/2024 con cui il Direttore del Parco Archeologico dei Campi Flegrei disponeva la stipula del menzionato contratto, in virtù della considerazione – informata ai principi fondamentali del buon andamento (art. 97 Cost.) e del risultato (art. 1 d.lgs. n. 36/2023) – che, avendo l'Amministrazione dimostrato in sede di contraddittorio la sussistenza di tali requisiti, l'obiettivo sotteso alla verifica dei requisiti stessi fosse stato concretamente raggiunto.

 Le questioni affrontate e il contrasto in giurisprudenza

La delibera in oggetto è di grande interesse in quanto, nel perenne conflitto sulla natura giuridica della società in house, ne predica chiaramente la portata autonoma e la conseguente equiparazione, per quel che concerne la disciplina degli appalti pubblici, ad un operatore economico privato.

La soluzione cui perviene il Collegio sovverte l'orientamento classico costantemente patrocinato dalla giurisprudenza amministrativa secondo cui la società in house non potrebbe qualificarsi quale entità posta al di fuori dell'Ente pubblico bensì quale articolazione interna dello stesso (Cons. Stato, Ad. Plen. 1/08 e, più di recente: Cons. Stato n. 6062/2021 e n. 5885/2023).

La tesi de qua appare foriera di numerosi riflessi sul piano pratico atteso che non consente di individuare nell'affidamento diretto compiuto dall'Ente in favore della società un rapporto intersoggettivo assoggettato alla disciplina generale dei contratti pubblici.

La Corte dei conti, per contro, obietta ad una tale ricostruzione interpretativa richiamando, per un verso, la recente giurisprudenza di legittimità e, per altro, adducendo argomentazioni del tutto innovative.

In tempi recentissimi, invero, la Corte di cassazione è giunta ad affermare la netta differenza intercorrente tra il controllo assoluto esercitato da un Ente pubblico su una propria articolazione interna ed il controllo c.d. “analogo” che esso può esercitare su una società in house atteso che, per quanto partecipata pubblica, essa resta pur sempre una società di capitali, come tale assoggettata al diritto commerciale, salvo che il legislatore non preveda una disciplina speciale con il d.lgs. n. 175/2016. Tale lettura si basa sulla valorizzazione delle caratteristiche dell'autonomia patrimoniale e della personalità giuridica dell'in house, del tutto incompatibili con una interpretazione di controllo analogo in termini di relazione gerarchica con l'Ente (Cass. civ., Sez. Un., n. 14236/2020; 3869/2023 e 9593/2024).

La Corte dei conti, nella delibera esaminata, tuttavia, va oltre.

In primo luogo, ribadisce l'assoggettamento della società pubblica allo statuto dell'imprenditore – salvo per quanto diversamente stabilito dalla legge – in virtù del principio del legittimo affidamento del privato sulla conformità del regime giuridico al nomen iuris dichiarato e pubblicizzato mediante l'iscrizione nel registro delle imprese.

In secondo luogo, traccia una netta linea di demarcazione tra società in house, società a controllo pubblico e aziende speciali.

Il requisito essenziale del controllo analogo, invero, non deve né tradursi in un mero potere decisionale rimesso alla maggioranza sociale come accade nelle società soggette al meno stringente “controllo pubblico”; né in una soggezione assoluta alla Pubblica Amministrazione, altrimenti svilendosi la scelta di ricorrere ad un modello societario per lo svolgimento di un'attività di rilievo pubblicistico, nonché determinando una indebita sovrapposizione con la nozione di azienda speciale, da considerarsi quale vera e propria articolazione interna dell'Ente pubblico.

Un'evidente conseguenza pratica di tale lettura si rinviene in una precedente delibera del Giudice Contabile (Corte dei conti, Sez. Reg. Contr. per il Lazio, n. 14/2021) che, nel sostenere l'alterità soggettiva tra la P.A. ed un proprio ente in house, escludeva il ricorso all'istituto del riconoscimento del debito fuori bilancio da parte dell'Ente pubblico costituente, potendo quest'ultimo, al più, procedere ad un accollo civilistico del debito della società.

La pronuncia, dunque, mira a cristallizzare un principio in via di affermazione nel panorama giurisprudenziale, ovverosia quello secondo cui, se è vero che l'in house costituisce un'eccezione alla regola della gara pubblica, è altrettanto vero che essa non può considerarsi quale “spazio franco” rispetto ai principi costituzionali di imparzialità, trasparenza ed economicità.

 La soluzione proposta

Il Collegio ammette al visto e alla conseguente registrazione il Decreto del Direttore del Parco Archeologico dei Campi Flegrei n. 516/2024.

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