La responsabilità del cessionario d’azienda in caso di composizione negoziata della crisi
21 Luglio 2025
Inquadramento L'art. 14, comma 1, d.lgs. n. 472/1997 regola la responsabilità solidale per debiti fiscali dell'acquirente di rami aziendali. La disposizione può, tuttavia, essere disapplicata se la cessione è stata effettuata nell'ambito di una situazione di crisi d'impresa oppure di insolvenza, per effetto del successivo co. 5-bis, modificato dall'art. 3, comma 1, lett. h) d.lgs. n. 87/2024. Nel documento dell'AIDC viene evidenziata una criticità del novellato comma 5-bis dell'art. 14 d.lgs. n. 472/1997, in quanto il suddetto art. 3, comma 1, lett. h), d.lgs. n. 87/2024 è in vigore dal 29.6.2024 ed operante, ai sensi del successivo art. 5, esclusivamente nei confronti delle violazioni commesse dall'1.9.2024. Per la composizione negoziata, inoltre, l'esclusione sarebbe: - applicabile "a pieno regime" per le cessioni effettuate dall'1.1.2027. E questo in considerazione del fatto che la responsabilità solidale opera con riferimento ai tre periodi d'imposta, quello in corso e i due esercizi precedenti; - operante "in forma parziale" per le vendite eseguite tra il 29.6.2024 e il 31.12.2026, con esclusione della predetta responsabilità unicamente per le violazioni commesse dall'1.9.2024; - non invocabile per le alienazioni poste in essere prima del 29.6.2024. Tale posizione, secondo il Focus AIDC, genera una disparità di trattamento per le cessioni d'azienda effettuate in seno alla composizione negoziata, frutto di un errore di coordinamento. Prima di analizzare la normativa tributaria, si ritiene opportuno soffermarsi su quella civilistica. La normativa civilistica A questo punto, si ritiene opportuno ricordare che l'articolo 2560 del Codice civile sancisce la responsabilità solidale di cedente e cessionario per i debiti dell'azienda, fatta eccezione per i debiti che non risultino dai libri contabili obbligatori e per quelli per i quali risulta l'espresso consenso del terzo creditore alla liberazione del cedente. Come stabilito dalla giurisprudenza di legittimità, la norma fa riferimento ai debiti relativi all'azienda ceduta, anteriori al trasferimento. Per tale motivo, si ritiene che la disciplina in esame sia intesa a conservare la titolarità del rapporto in capo al cedente e consiste evidentemente nella conservazione, in favore dei creditori, delle garanzie rappresentate dal patrimonio e dalla persona del cedente. Di conseguenza è solo il creditore a poter liberare il cedente mentre restano irrilevanti nei suoi confronti gli accordi intercorsi fra cedente e cessionario. (sentenza della Corte di cassazione del 3 ottobre 2011, n. 20153). Sul piano sostanziale la stessa previsione della solidarietà dell'acquirente (art. 2560, comma 2, c.c.) dell'azienda nell'obbligazione relativa al pagamento dei debiti dell'azienda ceduta è posta a tutela dei creditori, e non dell'alienante, e pertanto essa non determina alcun trasferimento della posizione debitoria sostanziale, nel senso che il debitore effettivo rimane pur sempre colui cui è imputabile il fatto costitutivo del debito, e cioè il cedente, nei cui confronti può rivalersi in via di regresso l'acquirente che abbia pagato, quale coobbligato in solido, un debito pregresso dell'azienda, mentre il cedente che abbia pagato il debito non può rivalersi nei confronti dell'eventuale coobbligato in solido (sentenza della Corte di Cassazione del 22 dicembre 2004, n. 23780). È dunque principio condiviso dalla giurisprudenza quello in forza del quale il congegno stabilito dall'articolo 2560, comma 2, c.c., con riferimento ai debiti relativi all'azienda ceduta, è destinato ad essere applicato quando si tratti di debiti in sé soli considerati, e non anche quando, viceversa, essi si ricolleghino a posizioni contrattuali non ancora definite, in cui il cessionario sia subentrato a norma dell'art. 2558 c.c. (sentenza della Corte di Cassazione del 9 ottobre 2017, n. 23581), posizioni, queste, che seguono la sorte del contratto. In altri termini, secondo l'orientamento maggioritario in giurisprudenza, nei rapporti interni tra cedente e cessionario opera il principio per cui ciascuno dei contraenti risponde dei debiti afferenti alla propria gestione, salvo patto contrario. La cessione d'azienda, quindi, "non determina alcun trasferimento della posizione debitoria sostanziale, nel senso che il debitore effettivo rimane pur sempre colui cui è imputabile il fatto costitutivo del debito" (Cass. 3.10.2011 n. 20153 e Cass. 22.12.2004 n. 23780). Con riferimento al contratto di affitto di azienda, è opportuno ricordare che, nel caso di retrocessione dell'azienda affittata, si trasferisce al cessionario solo la parte del rapporto relativa alle prestazioni rimaste ineseguite da entrambi i contraenti, mentre, laddove una sola delle due parti contraenti ha eseguito la propria prestazione, rimane un mero debito in capo al cedente, ferma restando la possibilità di applicare l'art. 2560, comma 2, c.c., che prevede, tuttavia, una responsabilità del cessionario che si aggiunge a quella del cedente, ma che non comporta la liberazione del cedente (sentenza della Corte di Cassazione del 10 febbraio 2023, n. 4248). Con la sentenza Cass., 8 giugno 2023, n. 16311, la Cassazione ha stabilito che, nell'ambito delle procedure concorsuali, l'acquirente di un'azienda non risponde dei debiti pregressi, pur se iscritti nelle scritture contabili, in deroga all'art. 2560 comma 2 c.c., a meno che gli stessi non vengano ceduti in base ad un'esplicita pattuizione. Tale conclusione si basa su quanto previsto dall' art. 105, comma 4, L. Fall (ora art. 214, comma 3 c.c.i.i.), che sancisce che, salva diversa convenzione, è esclusa la responsabilità dell'acquirente per i debiti relativi all'esercizio delle aziende cedute, sorti prima del trasferimento. Si tratta di una norma introdotta per favorire le alienazioni delle aziende che, se eccessivamente indebitaste, non risulterebbero appetibili sul mercato. La normativa tributaria L'art. 14 d.p.r. n. 472/1997 distingue due diverse ipotesi di solidarietà, in caso di cessione di azienda. Pe le cessioni non avvenute in frode ai crediti tributari, il primo e secondo comma della norma in questione prevedono sì una responsabilità solidale del cessionario, fermo restando, tuttavia, il beneficio della preventiva escussione e nei limiti, comunque, del valore dell'azienda o del ramo d'azienda, e comunque per il pagamento dell'imposta e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell'anno in cui è avvenuta la cessione e dei due precedenti, nonché per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo anche se riferite a violazione commesse in epoca anteriore. L'obbligazione del cessionario, peraltro, è limitata al debito risultante, alla data del trasferimento, dagli atti degli uffici finanziari e degli enti preposti all'accertamento dei tributi di loro competenza (sentenza Cass., 13 maggio 2025, n. 12713). Tali limitazioni, invece, non sussistono nel caso di cessione attuata in frode ai creditori titolari di crediti tributari. Secondo parte della giurisprudenza, in tema di responsabilità del cessionario del ramo d'azienda per i debiti del cedente, il principio della inerenza del debito, desumibile dall'art. 2560 c.c. è applicabile anche ai debiti tributari”. In particolare, la Corte di cassazione sancisce che il suddetto principio è applicabile anche in ambito tributario, a condizione che il contribuente provi che è stato ceduto un ramo di azienda, inteso come entità economica organizzata in maniera stabile rispetto alla azienda principale, dotata di una sua autonomia funzionale. Il contribuente è tenuto altresì a provare, tramite esibizione dei libri contabili nonché del certificato previsto dal comma terzo dell'art. 14 del d.lgs. n. 472/1997, che il debito tributario del quale viene preteso il pagamento inerisce non già al ramo di azienda ceduto, ma è riconducibile ad altro ramo aziendale, rimasto di proprietà del cedente ovvero ceduto a terzi (sentenza Cass., 11 aprile 2022, n. 11678). Come, però, chiarito dalla Suprema Corte, il contribuente, per evitare di incorrere in responsabilità per debiti di imposta relativi al triennio anteriore alla data di stipula della cessione di azienda, deve chiedere agli uffici dell'Amministrazione finanziaria ed agli enti preposti all'accertamento dei tributi di loro competenza un "certificato" sull'esistenza di "contestazioni in corso" e di quelle già definite per le quali i debiti non sono stati soddisfatti. Infatti, ove venga rilasciato tale certificato di assenza di contestazioni in corso o di contestazioni "già definite" ne scaturisce un "pieno effetto liberatorio" del cessionario (sentenza Cass., 31 marzo 2023, n. 9085). In questo caso, il cessionario eviterebbe che, come sancito da parte della giurisprudenza, l'amministrazione finanziaria provveda alla mera iscrizione a ruolo dell'importo non versato dal cedente, in forza della responsabilità solidale configurata dalla previsione di cui al citato art. 14, senza che sia necessario che la cartella sia preceduta da un previo atto di accertamento nei confronti del cessionario. Infatti, secondo tale tesi, è nei confronti del cedente che deve essere svolta l'attività accertativa, essendo questi il soggetto passivo, poiché è nei suoi confronti che si è realizzato il presupposto impositivo, in particolare la cessione del bene. (sentenza della Corte di cassazione del 9 febbraio 2023, n. 4098). In altri termini, l'Agenzia delle Entrate eserciterebbe il potere accertativo e sanzionatorio nei confronti del solo cedente/conferente; e il cessionario/conferitario interverrebbe nella fase della riscossione, perché quella del cessionario non è un'obbligazione tributaria in senso stretto, radicata nel principio di capacità contributiva, ma è un'obbligazione derivata, che si sostanzia in una forma di garanzia ex lege, collegata strumentalmente ad un'obbligazione tributaria in senso stretto, quella del cedente (Cfr. C.G.T. II Abruzzo 13.1.2023 n. 48/7/23). Considerazioni conclusive La cessione dell'azienda nell'ambito della composizione negoziata della crisi (CNC) è disciplinata dall'art. 22, comma 1 lett. d) d.lgs. n. 14/2019 (c.c.i.i.), il quale prevede che il tribunale possa autorizzare l'imprenditore a trasferire in qualunque forma l'azienda o uno o più dei suoi rami “senza gli effetti di cui all'articolo 2560, comma 2, del codice civile”, e cioè con effetto purgativo sui debiti anteriori alla cessione dell'azienda (a eccezione dei debiti nei confronti dei lavoratori, per i quali risponde solidalmente anche la parte acquirente ex art. 2112 c.c.). Dal punto di vista tributario, l'art. 14 comma 5-bis del d.lgs. n. 472/1997, novellato dall'art. 3 comma 1 lett. h) del d.lgs. n. 87/2024, ha espressamente escluso la responsabilità solidale fiscale nel caso di cessione d'azienda, o di un ramo, effettuata nell'ambito “della composizione negoziata della crisi o di uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza giudiziale” di cui al d.lgs. n. 14/2019. Tuttavia, l'art. 5 del d.lgs. n. 87/2024 prevede l'applicazione della norma alle violazioni commesse a partire dall'1.9.2024. Come rilevato dall'AIDC, l'Agenzia delle Entrate, nel fornire una risposta nell'ambito di un incontro con la stampa specializzata dello scorso 19 settembre 2024 (Telefisco 2025, convegno annuale de Il Sole 24Ore), ha chiarito la propria posizione affermando che, l'esclusione della responsabilità solidale del cessionario, per i debiti tributari dell'azienda ceduta nell'ambito della CNC (composizione negoziata della crisi), riguarda le cessioni avvenute a partire dal 29 giugno 2024, ma solamente con riferimento alle violazioni commesse a partire dal 1° settembre 2024. Parrebbe quindi necessario un ulteriore intervento legislativo correttivo, sempre in attuazione della Legge Delega n. 111/2023, volto rideterminare la validità temporale della modifica apportata all'art. 14 comma 5-bis, d.lgs. n. 472/1997 al fine di riflettere le reali intenzioni del legislatore e dunque colmare le disparità attualmente presenti per le cessioni d'azienda, effettuate in CNC e negli altri istituti, al fine di non scoraggiare terzi investitori, il cui intervento sarebbe funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori e alla salvaguardia della continuità aziendale. Ad ogni modo, data la flessibilità concessa dalla CNC, sebbene le trattative vengano condotte nell'alveo di tale iter, è possibile, secondo l'AIDC, conseguire positivamente il risanamento attraverso il ricorso a tutti gli altri strumenti di regolazione della crisi previsti dal Codice e - a determinate condizioni - anche al Concordato semplificato. Pertanto, in attesa di un intervento chiarificatore sul disallineamento temporale in commento, le cessioni di azienda funzionali alla tutela della continuità aziendale e alla migliore soddisfazione degli interessi dei creditori, potranno essere effettuate anche accedendo alla CNC, purché si concluda adottando un altro strumento di regolazione della crisi, tra quelli previsti dall'art. 23 c.c.i.i., garantendo dunque l'esclusione della responsabilità solidale del cessionario, anche per i debiti tributari. Si ricorda che il nuovo Testo unico delle sanzioni tributarie amministrative e penali, che all'art. 16, comma 6, d.lgs. n. 173/2024, in vigore dal 29 novembre 2024, ripropone l'attuale art. 14 comma 5-bis del d.lgs. n. 472/1997, la cui applicazione è prevista dal 1° gennaio 2026, senza più fare alcun riferimento alla data di commissione delle violazioni. Per completezza di esposizione, l 'Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello n. 178 del 7 luglio 2025 ha escluso l'applicazione, nell'ambito della composizione negoziata, dell'art. 86 comma 5 del TUIR; pertanto, la plusvalenza (o minusvalenza) realizzata a seguito della cessione dell'azienda resta disciplinata dalle regole ordinarie di determinazione del reddito di impresa. tante il carattere speciale della disposizione di cui all'art. 86 comma 5 del TUIR rispetto alle ordinarie regole di determinazione del reddito d'impresa e l'intento del legislatore di limitare alla composizione negoziata esclusivamente le misure premiali indicate nell'art. 25-bis comma 5 del CCII (che non contempla l'art. 86 comma 5 del TUIR), l'irrilevanza delle plusvalenze/minusvalenze derivanti dalla cessione dei beni ai creditori prevista dall'arti. 86 comma 5 del TUIR non trova applicazione nell'ambito del procedimento di composizione negoziata. Si segnala, infine, che un primo rimedio normativo è già stato adottato con il nuovo Testo unico delle sanzioni tributarie amministrative e penali, che all'art. 16, comma 6, d.lgs. n. 173/2024, in vigore dal 29 novembre 2024, ripropone l'attuale art. 14 comma 5-bis del d.lgs. n. 472/1997, la cui applicazione è prevista dal 1° gennaio 2026, senza più fare alcun riferimento alla data di commissione delle violazioni. Si consideri, altresì, che l'art. 5 del d.lgs. n. 87/2024 è stato recentemente modificato dall'art. 18 comma 1 del d.lgs. n. 81/2025 senza interessare la responsabilità solidale tributaria. |