Vendita di beni ereditari e accettazione tacita dell’eredità

21 Luglio 2025

La vendita di beni ereditari, eseguita prima della rinuncia all'eredità comporta una tipica accettazione tacita dell'eredità?

Massima

La seconda sezione civile della Cassazione, con sentenza n. 15301/2025, ha statuito il seguente principio: «È certo che l'accettazione dell'eredità, a differenza della redazione di testamento, non sia atto personalissimo, in quanto la legittimazione ad accettare l'eredità del rappresentante legale è espressamente prevista dagli artt. 320 comma 3 e 374 n. 6 c.c., che attribuiscono tale legittimazione rispettivamente ai genitori per il minore e al tutore per l'interdetto. Sulla base di questo rilievo, in dottrina si riconosce che l'accettazione dell'eredità possa essere eseguita anche dal rappresentante volontario, non solo in forza di procura speciale avente a oggetto l'accettazione di una eredità individuata, ma anche in forza di procura generale, che conferisca il potere di accettare qualunque eredità delata al rappresentato».

Il caso

Un germano conveniva in giudizio la sorella per far valere la responsabilità di quest'ultima nei suoi confronti exartt. 1710,1712 e 1713 c.c. per non avere la convenuta adempiuto agli obblighi derivanti dalla procura generale a lei rilasciata per adempiere alle incombenze relative all'eredità comune, chiedendo la restituzione della somma dalla stessa indebitamente trattenuta. La domanda veniva rigettata dal Tribunale competente. Proposto gravame, la Corte d'Appello rigettava integralmente l'appello, ritenendo che nel conferimento della procura generale alla sorella non poteva rinvenirsi atto di accettazione dell'eredità paterna, mancando nella procura qualsiasi riferimento a quella precisa devoluzione. Aggiungeva che l'atto di disposizione dei beni ereditari da parte della mandataria, in data 15-11-1978, in quanto antecedente di un solo giorno all'atto di rinuncia, non comportava una effettiva volontà di revoca riconducibile a precisa scelta del chiamato all'eredità. Avverso tale sentenza il soccombente proponeva ricorso per Cassazione lamentando, sostanzialmente, che la sentenza impugnata, limitandosi a dichiarare che nel conferimento della procura non potesse rinvenirsi atto di accettazione dell'eredità paterna per il mancato riferimento a quell'eredità, fosse stata contraddittoria, in quanto sia il rilascio della procura generale che l'esecuzione dell'atto di disposizione del bene ereditario implicavano l'accettazione tacita dell'eredità e la conseguente inefficacia della successiva rinuncia; lamentava, altresì, la mancanza di motivazione con riguardo all'avvenuta vendita da di beni ereditari, eseguita prima della rinuncia all'eredità, comportante una tipica accettazione tacita dell'eredità.

La questione

La questione sottoposta al vaglio della Suprema Corte concerne, principalmente, la presupposta qualificazione della procura avente ad oggetto beni ereditari quale significativa della volontà di accettare l’eredità da parte del conferente e del successivo atto di vendita di un bene ereditario da parte della procuratrice generale quale accettazione tacita dell'eredità, inficiante la successiva rinuncia all’eredità in base al riconosciuto principio “semel heres semper heres”; nella specie, occorre verificare se la vendita di beni ereditari, eseguita prima della rinuncia all'eredità abbia comportato una tipica accettazione tacita dell'eredità.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, con rinvio della causa alla Corte d'Appello competente in diversa composizione, la quale dovrà decidere facendo applicazione dei seguenti principi. Nella specie, la Cassazione riconosce che l'accettazione dell'eredità possa essere eseguita anche dal rappresentante volontario, non solo in forza di procura speciale avente a oggetto l'accettazione di una eredità individuata, ma anche in forza di procura generale, che conferisca il potere di accettare qualunque eredità delata al rappresentato, ciò in quanto l'accettazione dell'eredità, a differenza della redazione di testamento, non è un atto personalissimo, essendo la legittimazione ad accettare l'eredità da parte del rappresentante legale espressamente prevista dagli artt. 320 comma 3 e 374 n. 6 c.c., che attribuiscono tale legittimazione rispettivamente ai genitori del minore e al tutore dell'interdetto. Infatti, nella giurisprudenza di legittimità è risalente il principio secondo il quale, seppure l'accettazione dell'eredità possa desumersi solo da un comportamento del successibile e non di altri, questo non comporta che la necessaria attività negoziale del successibile debba essere personale, nel senso di non ammettere attività procuratoria o addirittura di gestione altrui (Cass. n. 3958/1974). Quindi, posto che l'accettazione di eredità può essere compiuta anche dal rappresentante generale, al quale sia stato espressamente conferito il potere di accettare le eredità delate al rappresentato, nel momento in cui il rappresentante esercita questo potere, ai sensi dell'art. 1388 c.c. gli effetti si producono direttamente nella sfera giuridica del rappresentato, il quale acquista la qualità di erede in forza dell'accettazione dell'eredità eseguita dal suo rappresentante. Inoltre, nel caso in cui il rappresentante abbia il potere di accettare l'eredità, conferitogli senza la limitazione di accettare l'eredità esclusivamente con beneficio di inventario - che presuppone l'accettazione espressa nelle forme dell'art. 484 c.c. - il rappresentante può accettare l'eredità anche tacitamente, stante la previsione dell'art. 474 c.c., secondo cui l'accettazione può essere espressa o tacita. L'ipotesi disciplinata dall'art. 477 c.c. - che individua fattispecie legali tipiche di accettazione tacita dell'eredità, tra le quali la vendita di bene ereditario - costituisce figura di accettazione presunta, che si affianca all'accettazione tacita prevista dall'art. 476 c.c. e dalla quale si discosta in quanto non impone al giudice l'indagine richiesta dall'art. 476 c.c. (Cass. S.U. n. 454/1973). Conclude la Cassazione che il compimento, da parte della germana, in qualità di rappresentante del fratello, di un atto di vendita di bene ereditario, anche in nome e per conto del rappresentato, in forza della procura generale precedentemente conferita, ex art. 477 c.c. importava accettazione dell'eredità in capo al rappresentato. Quanto al successivo atto di rinuncia all'eredità da parte del medesimo rappresentato, esso è da considerarsi inefficace, in quanto il precedente atto di accettazione dell'eredità, in applicazione del principio "semel heres semper heres" è irrevocabile e comporta in maniera definitiva l'acquisto della qualità di erede, la quale permane anche nell'ipotesi in cui l'erede compia un successivo atto di rinuncia all'eredità (Cass. n. 15663/2020).

Osservazioni

La questione esaminata in sede di legittimità costituisce occasione per riesaminare alcune problematiche relative all'accettazione di eredità.

L'art. 459 c.c. sancisce che l'eredità si acquista con l'accettazione. Effetto della delazione ereditaria non è, quindi, l'acquisto dell'eredità, ma solo il diritto di accettarla. Il chiamato, pertanto, non è da considerarsi immediatamente erede, ma titolare di due distinte situazione giuridiche: il diritto di accettare l'eredità, quale diritto potestativo trasmissibile ai sensi dell'art. 479 c.c., e l'insieme dei poteri previsti dall'art. 460 c.c. Solo con l'accettazione dell'eredità il chiamato diviene definitivamente erede e, quindi, titolare dei beni ereditari, con effetto retroattivo sin dal momento dell'apertura della successione, anche se l'accettazione è intervenuta soltanto in un momento successivo.

L'accettazione dell'eredità comporta, in linea generale, la continuazione nell'erede della personalità giuridica del defunto. Essa deve essere totale e definitiva, non ammettendo la legge la possibilità di un'accettazione revocabile, condizionata, a termine o parziale. Qualora dall'autonomia privata venga apposto un elemento accidentale o un limite all'accettazione, la legge prevede la nullità dell'intero negozio (art. 475 co. 2 c.c.).

L'accettazione dell'eredità può essere espressa o tacita, pura e semplice o con beneficio d'inventario.

È espressa quando in un atto pubblico o in una scrittura privata il chiamato all'eredità dichiara di accettare l'eredità o assume la qualifica di erede (art. 475 co. 1 c.c.). Sul piano della natura giuridica, trattasi di un negozio giuridico: per adesione, presupponente, cioè, l'offerta della delazione ereditaria; non recettizio ed unilaterale, non necessitante, cioè, di notifica o comunicazione ad alcuno; puro, ossia inapponibile di termini o condizioni; formale, in quanto necessariamente contenuto in un atto pubblico o scrittura privata; irrevocabile, come implicitamente confermato dall'art. 637 c.c., in base al famoso brocardo “semel heres semper heres”.

È tacita quanto il chiamato all'eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe diritto di compiere se non nella qualità di erede (art. 476 c.c.). Si ritiene che non comportino accettazione tacita di eredità l'esercizio dei poteri del chiamato prima dell'accettazione dell'eredità di cui all'art. 460 c.c., nonché l'esercizio delle azioni possessorie, di atti conservativi, di amministrazione temporanea, di alienazione di beni deteriorabili, previa autorizzazione del tribunale. Ugualmente non comporta accettazione tacita la presentazione della dichiarazione di successione, avente rilevanza esclusivamente fiscale (Cass. n. 10796/2009; Cass. n. 7075/1999; Cass. n.  5226/2002; Cass. n. 4783/2007). Al contrario, sono considerate fattispecie di accettazione tacita: la donazione, vendita o cessione dei diritti di successione (art. 477 c.c.), la rinuncia a tali diritti fatta verso corrispettivo ovvero a favore di alcuni soltanto dei chiamati (art. 478 c.c.), l'esercizio dell'azione di riduzione, la proposta di contratto avente ad oggetto beni ereditari, il conferimento di procura per disporre di beni ereditari, l'accettazione di somme di pertinenza dell'eredità, la concessione di ipoteca su beni ereditari, la presentazione di voltura catastale.

Sulla natura giuridica dell'accettazione tacita, si dibattono in dottrina due distinte teorie. La teoria negoziale la considera, al pari di quella espressa, un negozio giuridico di attuazione, in cui la volontà di accettare, pur non essendo espressamente manifestata, è attuata implicitamente attraverso un comportamento concludente, consistente nel compimento di un determinato atto giuridico. La teoria non negoziale la considera un mero atto giuridico a cui la legge attribuisce l'effetto dell'acquisto dell'eredità, senza che abbia rilievo la concreta volontà di accettare da parte del chiamato, di guisa che è consentito l'accertamento solo della volontà del soggetto di porre in essere il comportamento giuridicamente rilevante e della sua consapevolezza di essere chiamato all'eredità, non anche della volontà effettiva dello stesso di accettare l'eredità.Vanno segnalate due fattispecie di acquisto di eredità senza accettazione, di cui agli artt. 485 e 527 c.c. Per la prima norma, il chiamato possessore dei beni ereditari deve procedere all'inventario entro tre mesi dall'apertura della successione o dalla notizia della devoluta eredità; compiuto l'inventario, entro quaranta giorni deve dichiarare se accetta o rinuncia all'eredità. Se non compie l'inventario entro tre mesi (salvo eventuale proroga concessa dal tribunale) o non dichiara se accetta o rinuncia all'eredità entro quaranta giorni dal compimento dell'inventario, è considerato erede puro e semplice. Per la seconda noma sono considerati eredi i chiamati cha abbiano sottratto o nascosto beni spettanti all'eredità. L'accettazione pura e semplice determina la confusione del patrimonio ereditario con quello dell'erede, che, quindi, sarà tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei legati, non solo con il patrimonio ereditario, ma, in caso di incapienza, anche con i beni suoi personali. L'accettazione con beneficio d'inventario, invece, non produce la confusione dei due patrimoni, facendo sorgere il diritto dell'erede a non rispondere dei debiti ereditari ultra vires hereditatis, ossia al di là dei beni lasciati dal de cuiu (Cass. n. 23019/2016). Per effetto di tale forma di accettazione, l'erede diviene titolare di due masse patrimoniali distinte: quella dei beni personali, riservata alla soddisfazione dei creditori personali, e quella dei beni ereditari, aggredibile da ogni creditore, anche se nel concorso tra creditori personali dell'erede e creditori ereditari, questi ultimi hanno la preferenza. Nel caso di specie, la Suprema Corte conferma che l'accettazione dell'eredità può essere eseguita anche dal rappresentante volontario, non solo in forza di procura speciale avente ad oggetto l'accettazione di una eredità individuata, ma anche in forza di procura generale, che conferisca il potere di accettare qualunque eredità delata al rappresentato, di guisa che l'atto dispositivo compiuto dalla rappresentante, in nome e per conto del rappresentato in forza della procura rilasciata, di un bene compreso nell'eredità a lui delata, comporta ai sensi dell'art. 477 c.c. l'accettazione dell'eredità in capo al rappresentato.

Riferimenti

Studio CNN 148-2012/C

Grosso – Burdese, Le successioni, Parte generale, in Tratt. dir. civ. it., diretto da Vassalli, XII, Torino, 1977

Ferrucci – Ferrentino, Successioni e donazioni, Milano, 2023

Ferri, Successioni in generale, artt. 456-511 c.c., in Comm. cod. civ., a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1980.

Prestipino, Delle successioni in generale sub artt. 456-535, in Comm. De Martino, Novara, 1981

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