Sì al mantenimento del figlio maggiorenne affetto da grave patologia psichica

La Redazione
21 Luglio 2025

Nel caso in cui il figlio maggiorenne sia affetto da un disturbo psichico grave tale da rendergli complessa un’interazione sociale, il mancato inserimento lavorativo deve imputarsi non tanto ad una sua carente volontà, quanto piuttosto a concrete e rilevanti problematiche di salute.

La vicenda riguarda la rimodulazione dell'assegno di mantenimento per il figlio maggiorenne affetto da un disturbo schizoaffettivo e non autosufficiente richiesto dal padre perché ritenuto eccessivo.

In Cassazione il ricorrente sostiene che in appello è stato commesso un errore poiché i giudici hanno equiparato erroneamente la condizione del figlio ultra-maggiorenne non autosufficiente a quella di un figlio con un grave handicap o di una persona totalmente inabile al lavoro in base alla legge 104 del 1992. Inoltre, la difesa sottolinea che non è stato verificato se il disturbo psichico del giovane impedisca effettivamente, attualmente e concretamente, di svolgere un'attività lavorativa che possa garantire almeno un reddito parziale.

La S.C., secondo il consolidato orientamento condivide, in materia di mantenimento del figlio maggiorenne e non autosufficiente, i presupposti su cui si fonda l'esclusione del relativo diritto, oggetto di accertamento da parte del giudice del merito e della cui prova è gravato il genitore che si oppone alla domanda di esclusione, sono integrati:

  • dall'età del figlio, destinata a rilevare in un rapporto di proporzionalità inversa per il quale, all'età progressivamente più elevata dell'avente diritto si accompagna, tendenzialmente e nel concorso degli altri presupposti, il venir meno del diritto al conseguimento del mantenimento;
  • dall'effettivo raggiungimento di un livello di competenza professionale e tecnica del figlio e dal suo impegno rivolto al reperimento di una occupazione nel mercato del lavoro (Cass. n. 38366/2021);

In conclusione per la Cassazione la Corte d'Appello, in osservanza ai principi citati, ha esaminato accuratamente tutti gli aspetti rilevanti della questione, contrariamente alle doglianze del ricorrente ed ha determinato che la mancanza di reddito autonomo persistente del figlio maggiorenne dipendeva direttamente e non imputabilmente a specifiche e peculiari ragioni di salute, impedendo al giovane di trovare un impiego.

Attraverso le relazioni mediche e gli aggiornamenti forniti dal Dipartimento Salute Mentale di (OMISSIS), la Corte ha chiarito che l'incapacità del maggiorenne di inserirsi nel mondo del lavoro derivava dalle sue condizioni mediche e non da una mancanza di volontà, disattendendo il tentativo di ottenere un beneficio previdenziale o una tutela, infine è assolutamente irrilevante, contrariamente a quanto sostenuto dal padre, il fatto che «quelle problematiche non siano state approfondite al fine di ottenere un sussidio previdenziale» per il giovane «o di avviare una misura di tutela» del giovane.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.