Sequestro probatorio dello smartphone, restituzione previa estrazione della copia forense e riesame
25 Luglio 2025
Massima In caso di sequestro probatorio di un telefono cellulare contenente dati informatici e pur già restituito all'avente diritto previa estrazione di "copia forense", sussiste di per sé l'interesse di questi a proporre riesame per la verifica della sussistenza dei presupposti applicativi della misura, senza necessità della dimostrazione relativa alla disponibilità esclusiva di quanto ivi contenuto, essendo lo smartphone un dispositivo destinato per sua natura a raccogliere informazioni personali e riservate. Il caso Il Tribunale del riesame confermava il decreto di sequestro probatorio di un telefono cellullare. Proposto ricorso in Cassazione, i giudici di legittimità hanno preliminarmente ritenuto sussistente l'interesse a proporre ricorso nonostante l'intervenuta restituzione del cellullare, previa acquisizione dei dati ivi contenuti previa copia forense. La questione La questione in esame è la seguente: in tema di sequestro di un cellullare smartphone, restituito previa copia forense, sussiste l'interesse a proporre riesame? Le soluzioni giuridiche La pronuncia in commento si è occupata dell'interesse ad impugnare con riesame il decreto di sequestro di un cellullare, qualora sia stata disposta la restituzione degli originali e dei supporti informatici oggetto di sequestro probatorio, previa estrazione di copia dei dati informatici, le c.d. copie forensi. La giurisprudenza di legittimità (Cass. pen., n. 24617/2015), orientamento confermato dalle Sezioni Unite (Cass. pen., sez. un., n. 40963/2017), ha stabilito che nel sequestro di supporti informatici la copia del dato informatico in esso contenuto ed il suo trattenimento (poco rilevando il concetto di originale e copia avendosi sostanzialmente, per la peculiarità del mezzo, una pluralità di "originali") non possono ritenersi una "restituzione del bene" in sequestro quando il valore in sé del dato risulti ancora sottratto all'avente diritto: un dato segreto, un progetto, ma anche il nome di una fonte, sono informazioni il cui valore consiste nella riservatezza del dato, la sua circolazione in più copie può costituire una privazione del bene rispetto al quale non può non ritenersi sussistere un diritto al riesame. Pertanto, si è ritenuto che l'interesse nell'impugnazione in tema di sequestro probatorio di dati informatici dovesse ravvisarsi nella tutela del diritto di ogni soggetto alla disponibilità esclusiva del proprio "patrimonio informativo", la cui lesione era ipotizzabile anche in caso di restituzione del supporto contenente i dati, e la cui tutela assumeva connotazioni pressanti soprattutto nei casi di sequestro avente ad oggetto informazioni incidenti sul diritto alla riservatezza o al segreto. Le Sezioni Unite, facendo propria questa prospettiva interpretativa, hanno ribadito che, nonostante la restituzione del supporto sul quale il dato è contenuto, permane comunque un interesse all'impugnazione del provvedimento ablativo per la verifica della sussistenza dei presupposti applicativi. Interesse che in ogni caso deve essere concreto ed attuale, specifico ed oggettivamente valutabile sulla base di elementi univocamente indicativi della lesione di interessi primari conseguenti alla indisponibilità delle informazioni contenute nel documento, la cui sussistenza andrà dimostrata, non potendosi ritenere sufficienti allo scopo generiche allegazioni. Questa ultima precisazione va riconnessa a quell'interesse alla "disponibilità esclusiva del "patrimonio informativo"" che deve evidentemente giustificare l'impugnazione ai fini della restituzione dei dati acquisiti e che, in linea generale (a fronte del sequestro di supporti informatici), non può dirsi "presunto" ma deve essere puntualmente verificato. Invero, il sequestro può colpire pacificamente dati estranei alla sfera personale del titolare del documento (ad es. l'archivio informatico contenente una raccolta di dati di pubblica disponibilità e libero accesso) e le Sezioni Unite hanno voluto richiamare quello che è un principio generale in tema di impugnazioni. Come hanno più volte affermato le Sezioni Unite (Cass. pen., n. 28911/2019), l'interesse ad impugnare deve essere "concreto", oltre che attuale, in quanto la facoltà di attivare i procedimenti di gravame non può essere assoluta e indiscriminata, ma subordinata alla presenza di una situazione in forza della quale il provvedimento del giudice risulta idoneo a produrre la lesione della sfera giuridica dell'impugnante e l'eliminazione o la riforma della decisione gravata rende possibile il conseguimento di un risultato vantaggioso. Le Sezioni Unite in questo arresto hanno anche precisato che la concretezza dell'interesse debba essere parametrata al raffronto tra quanto statuito dal provvedimento impugnato e quanto, con l'impugnazione svolta, si vorrebbe invece ottenere. In definitiva, la verifica della sussistenza dell'interesse va condotta sulla base di quanto emerga da tale raffronto, valutando se l'accoglimento dell'impugnazione davvero arrecherebbe alla parte impugnante una situazione di vantaggio o le eliminerebbe una situazione pregiudizievole, non essendo richiesto a chi impugna dover sempre e comunque "dimostrare" positivamente tale interesse". In caso di sequestro di tale strumento informatico, destinato per la sua stessa natura a raccogliere dati informatici di natura personale e professionale (materiale audiovisivo, dati di localizzazione, posta elettronica, passwords, dati relativi al traffico telefonico, messaggistica elettronica, ecc.) è sufficiente da parte dell'istante dedurre la presenza nell'apparecchio di dati siffatti, essendo ultroneo dover pretendere la pleonastica dimostrazione in termini positivi dell'interesse alla disponibilità esclusiva di quanto vi era contenuto. È appena il caso di evidenziare che, secondo la giurisprudenza della Corte EDU, il sequestro di uno smartphone e dei dati da esso estratti comporta un'ingerenza nel diritto al rispetto della corrispondenza ai sensi del comma 1 dell'art. 8 della Convenzione (Corte EDU, 17 dicembre 2020, n. 459/18, Saber c. Norvegia). Osservazioni Il tema dell'ammissibilità del ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame di conferma del sequestro probatorio di un computer o di un supporto informatico, nel caso in cui ne risulti la restituzione previa estrazione di copia dei dati ivi contenuti, è stato affrontato e unitariamente risolto dalle sezioni unite. È stato, infatti, affermato il principio per cui è ammissibile il ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del tribunale del riesame di conferma del sequestro probatorio di un computer o di un supporto informatico, nel caso in cui ne risulti la restituzione previa estrazione di copia dei dati ivi contenuti, sempre che sia dedotto l'interesse, concreto e attuale, alla esclusiva disponibilità dei dati (Cass. pen., n. 40963/2017) Lo stesso giudice della nomofilachia aveva sottolineato l'autonomia del provvedimento acquisitivo della copia rispetto al sequestro probatorio ed affrontato l'ulteriore aspetto relativo all'eventuale permanenza, a fronte dell'avvenuta restituzione, di un interesse ad impedire comunque l'ingresso della copia nel patrimonio probatorio utilizzabile, cosicché l'eventuale annullamento del sequestro all'esito dell'esame travolgerebbe il presupposto di validità del conseguente provvedimento di acquisizione probatoria, rendendolo a sua volta invalido (Cass. pen., n. 18253/2008). Tale ultima pronuncia aveva rilevato come, anche a voler riconoscere una dipendenza tra sequestro probatorio ed estrazione di copia tale da comportare una propagazione della nullità del primo alla seconda, dovesse volgersi l'attenzione al fatto che il riesame proposto con un sequestro ancora in atto risponde all'interesse, immediato ed attuale, alla restituzione, il che non avviene con riferimento alle copie estratte, delle quali non è in atto l'utilizzazione, la quale non è neppure certa, dipendendo dalla strategia delle parti nel successivo giudizio e dalle decisioni del giudice del processo, che non sarebbero, peraltro, in alcun modo condizionate dall'esito del giudizio incidentale del riesame. Tuttavia, deve sottolinearsi la sostanziale identità tra l'estrazione della copia dei dati informatici ed il sequestro, richiamando la distinzione tra "documento informatico" e "documento analogico" di cui all'art. 1 d.lgs. n. 82/2005 (Codice dell'amministrazione digitale), con la precisazione secondo cui, riguardo ai dati ed ai sistemi informatici, possono verificarsi diverse situazioni, rispetto alle quali il sequestro probatorio, secondo le diverse necessità, può colpire il singolo apparato, il dato informatico in sé, ovvero il medesimo dato quale mero "recipiente" di informazioni, con diversa declinazione dell'interesse ad ottenere la restituzione a seconda che il vincolo riguardi il dato ex sé, nella sua portata rappresentativa, o il supporto che lo contiene, nel senso che solo ove il documento, sia esso informatico o di altro tipo, "trasferisca il proprio valore anche sulla copia", viene in gioco l'interesse alla "disponibilità esclusiva del "patrimonio informativo"", poiché esso non verrebbe meno con la mera restituzione fisica di quanto oggetto di sequestro. In tale ultimo caso, pertanto, la restituzione non può considerarsi risolutiva dell'interesse, dal momento che la mera reintegrazione nella disponibilità della cosa non elimina il pregiudizio, conseguente al mantenimento del vincolo sugli specifici contenuti rispetto al contenitore, incidente su diritti certamente meritevoli di tutela, quali quello alla riservatezza o al segreto, da valutare in una dimensione sotto più profili convenzionalmente orientata (Corte EDU 07 giugno 2007, Smirnov c. Russia, nonché Corte EDU 19 giugno 2014, Draghici c. Portogallo). Alla luce delle superiori argomentazioni, l'orientamento di legittimità a mente del quale debba trattarsi, in ogni caso, di un interesse concreto ed attuale, specifico ed oggettivamente valutabile sulla base di elementi univocamente indicativi della lesione di interessi primari conseguenti alla indisponibilità delle informazioni contenute nel documento, la cui sussistenza andrà dimostrata, non potendosi ritenere sufficienti allo scopo generiche allegazioni (Cass. pen., n. 37409/2024), non risulta condivisibile se solo si ponga mente alla circostanza che in caso di istanza di riesame del sequestro probatorio di un apparecchio telefonico, sussista l'interesse alla esclusiva disponibilità dei dati estratti da quest'ultimo, in quanto si tratta di strumento informatico destinato per la sua stessa natura a raccogliere dati personali e riservati (Cass. pen., n. 17878/2022, orientamento al quale aderisce la pronuncia in commento). |