Codice di Procedura Civile art. 10 - Determinazione del valore.

Mauro Di Marzio

Determinazione del valore.

[I]. Il valore della causa, ai fini della competenza, si determina dalla domanda a norma delle disposizioni seguenti.

[II]. A tale effetto le domande proposte nello stesso processo contro la medesima persona si sommano tra loro, e gli interessi scaduti [1282 c.c.], le spese e i danni [1223 ss., 2043 c.c.], anteriori alla proposizione si sommano col capitale [31 1, 104 1].

Inquadramento

La norma in commento pone anzitutto la regola secondo il valore della causa si determina in base alla domanda come proposta, indipendentemente, cioè, dalla sua fondatezza e dall'oggetto dell'accertamento che il giudice deve compiere quale antecedente logico per decidere del fondamento della domanda (Cass. n. 9251/2004; Cass. n. 1338/2005). Nulla dunque rileva ai fini della determinazione del valore della causa la dichiarazione, con finalità esclusivamente fiscali, resa dalla parte ai fini della corresponsione del contributo unificato (Cass. n. 18732/2015).

Alla regola secondo cui la competenza si determina dalla domanda — regola che trova successivo specificazione negli artt. 11 ss. — si attribuisce valenza generale, sicché essa è ritenuta applicabile anche agli altri criteri di individuazione della competenza (Gionfrida, 46; Levoni, 110; Segrè, 107).

Nello stesso senso è orientata la giurisprudenza (Cass. n. 11415/2007; Cass. n. 15367/2000, concernenti la competenza territoriale; Cass. n. 1122/2007  concernente la competenza per materia).

Il principio secondo cui il valore rileva ai fini della competenza comporta che con la finale decisione il giudice può sia decidere superando i limiti di valore della propria competenza, sia andare al di sotto dei suoi limiti inferiori di competenza (Consolo, 53).

Il comma 2 soggiunge poi che, nel computo del valore, occorre sommare le domande proposte nello stesso processo contro la medesima parte ed occorre altresì calcolare gli interessi, le spese e i danni già maturati.

Ancora in generale è il caso di sottolineare che il valore della causa dichiarato ai fini del contributo unificato, pur se riportato in calce ad un ricorso cautelare in corso di causa, ha rilevanza esclusivamente fiscale e non spiega, quindi, alcun effetto vincolante in ordine alla determinazione del thema decidendum (Cass. n. 9195/2017).

Determinazione del valore

Il valore va determinato con riguardo al petitum, senza che sia di regola decisiva la causa petendi (per questo orientamento, in dottrina, D'Onofrio, 27; contra Segrè, 146; Levoni, 110).

Perciò, ai fini della determinazione della competenza per valore in relazione ad una controversia avente ad oggetto il riparto di una spesa approvata dall'assemblea di condominio, anche se il condomino agisce per sentir dichiarare l'inesistenza del suo obbligo di pagamento sull'assunto dell'invalidità della deliberazione assembleare, bisogna far riferimento all'importo contestato relativamente alla sua singola obbligazione e non all'intero ammontare risultante dal riparto approvato dall'assemblea, poiché, in generale, allo scopo dell'individuazione della competenza, occorre porre riguardo al thema decidendum, invece che al quid disputandum, per cui l'accertamento di un rapporto che costituisce la causa petendi della domanda, in quanto attiene a questione pregiudiziale della quale il giudice può conoscere in via incidentale, non influisce sull'interpretazione e qualificazione dell'oggetto della domanda principale e, conseguentemente, sul valore della causa (Cass. n. 6363/2010; Cass. n. 16898/2013; Cass. n. 18283/2015).

Domande modificate e nuove

La determinazione del valore va effettuata sulla base della domanda avanzata con l'atto introduttivo, senza che abbiano rilievo (come secondo la prevalente opinione si desume anche dall'art. 5: Andrioli, I, 1957, 62) i successivi mutamenti di essa da parte dell'attore, sicché non rileva l'eventuale riduzione dell'iniziale petitum (Luiso, I, 2011, 81).

Anche la giurisprudenza manifesta in prevalenza la stessa opinione (Cass. n. 1338/2005; Cass. n. 4716/2006; Cass. n. 20118/2006; Cass. n. 1122/2007). È stato tuttavia affermato che, ai fini della determinazione del valore della causa, il giudice dovrebbe tenere conto, per una esigenza di economia processuale, delle modifiche e riduzioni della domanda ritualmente introdotte dall'attore nel corso del giudizio, quando queste riconducano la controversia nell'ambito della sua competenza, non ostandovi né il principio generale dell'art. 10, che, pur legando la determinazione del valore della causa alla domanda originaria, nulla dispone sugli effetti dei successivi mutamenti di questa domanda, né il principio dell'art. 5 (la giurisdizione e la competenza si determina con riguardo allo stato di fatto esistente al momento della domanda), che si riferisce solo a quelle situazioni extraprocessuali che la legge assume come fatti determinativi della competenza o della giurisdizione e non anche a quegli elementi intrinseci della domanda, né, infine, il principio della rilevabilità di ufficio della incompetenza per valore nel corso del giudizio di primo grado (art. 38) che non implica affatto la necessità che il giudice declini la competenza su una domanda che, prima della decisione, sia stata ricondotta nei limiti della competenza del giudice adito e che solo a questo potrebbe, quindi, essere riproposta (Cass. n. 5779/1993; contra Cass. n. 11891/1993).

Ai fini della determinazione dello scaglione degli onorari di avvocato per la liquidazione delle spese di lite a carico della parte la cui domanda di pagamento di somme o di risarcimento del danno sia stata rigettata, il valore della causa, che va determinato in base al disputatum, deve essere considerato indeterminabile quando, pur essendo stata richiesta la condanna di controparte al pagamento di una somma specifica, vi si aggiunga l'espressione "o di quella maggiore o minore che si riterrà di giustizia" o espressioni equivalenti, poiché, ai sensi dell'art. 1367 c.c., applicabile anche in materia di interpretazione degli atti processuali di parte, non può ritenersi, a priori che tale espressione sia solo una clausola di stile senza effetti, dovendosi, al contrario, presumere che in tal modo l'attore abbia voluto indicare solo un valore orientativo della pretesa, rimettendone al successivo accertamento giudiziale la quantificazione (Cass. n. 10984/2021).

Quanto all'ampliamento del petitum da parte dell'attore la S.C. ha talora affermato che la determinazione del valore va compiuta tenendo conto non solo delle risultanze dell'atto di citazione, ma anche delle precisazioni o modificazioni apportate dall'attore alla domanda stessa. Pertanto, nelle cause relative a somme di denaro, qualora l'attore, mediante emendatio libelli, ampli l'originario petitum, richiedendo una somma eccedente i limiti di competenza del giudice adito, questi deve dichiarare la propria incompetenza e rimettere le parti dinanzi al giudice superiore (Cass. n. 144/1984; Cass. n. 3631/1984). È stato tuttavia anche affermato che la determinazione del valore della causa ai fini della individuazione del giudice competente deve avvenire con riferimento al momento in cui la domanda viene proposta, per cui, una volta fissata la competenza del giudice in base alle pretese fatte valere nell'atto introduttivo del giudizio e alle eventuali contestazioni e richieste svolte dal convenuto nella prima difesa, sono prive di rilevanza le successive modifiche. Ne segue che, al fine di stabilire se la domanda proposta davanti al giudice di pace debba o meno essere decisa secondo equità, ai sensi dell'art. 113, comma 2, occorre far riferimento al petitum originario, non essendo rilevante l’eventuale ampliamento della domanda in corso di causa (Cass. n. 20118/2006; Cass. n. 5573/2010).

Eccezioni e contestazioni del convenuto

Le eccezioni del convenuto non incidono sul radicamento della competenza, salvo non si traducano in domande di accertamento incidentale, ex art. 34, o in domande riconvenzionali, ex art. 36 (Cass. n. 4638/2002; Cass. n. 3348/2005). Né rilevano le contestazioni del convenuto (Cass. n. 7182/2014).

In tal senso si è anche ribadito che le questioni di competenza, come desumibile dall'art. 10 comma 1, debbono essere verificate in limine, alla stregua della domanda e dei fatti costitutivi in essa allegati, senza che rilevino le contestazioni del convenuto, non essendo il giudice tenuto a svolgere una apposita istruttoria per verificare eventuali allegazioni contrarie (Cass. n. 29266/2017, relativa ad un contratto di franchising con concessione del diritto di utilizzazione del marchio, in cui la S.C. ha escluso la competenza per materia della sezione specializzata istituita dal d.lgs. n. 168/2003).

Cumulo di domande

Il comma 2 regola il cumulo di domande, che ricorre se più domande sono proposte da una parte contro un'altra nel medesimo processo. Né il cumulo dei valori, secondo la dottrina, è escluso dalla diversità del titolo giuridico sul quale si fondano le diverse domande congiuntamente proposte (Gionfrida, 63).

Nello stesso senso si è pronunciata la giurisprudenza (Cass. n. 151/1976). 

Così, nel caso in cui, unitamente ad una domanda di valore determinato ed inferiore al limite della competenza del giudice adìto, venga proposta contro lo stesso convenuto una domanda di valore indeterminato, trova applicazione la disciplina del cumulo ex art. 10, comma 2, c.p.c., con conseguente spostamento della competenza al giudice superiore, salvo che l'attore abbia dichiarato, in modo inequivoco, di voler contenere il valore della seconda domanda entro detto limite (Cass. n. 16635/2019).

Non dà luogo a cumulo, per i fini dell'applicazione dell'art. 10:

i) il caso del litisconsorzio facoltativo determinato dalla connessione delle domande proposte contro più convenuti, ai sensi dell'art. 103: è perciò da escludere, ad esempio, il cumulo tra la domanda di annullamento di una delibera assembleare (proposta contro il condominio) e quella di risarcimento dei danni proposta in proprio contro l'amministratore (Cass. n. 7757/1999);

ii) il caso, da ricondurre allo stesso art. 103, di più attori che propongano la medesima domanda nei confronti dell'unico convenuto (Cass. n. 10081/1998; Cass. n. 974/1990; in dottrina la soluzione è condivisa da Gionfrida, 63; Segrè, 150; contra D'Onofrio, 61) sicché è anche stato ribadito che il cumulo delle domande, stabilito agli effetti della competenza per valore dall'art. 10, comma 2, c.p.c. riguarda solo le domande proposte tra le stesse parti e non si riferisce all'ipotesi di domande proposte nei confronti dello stesso soggetto da diversi soggetti processuali, in ipotesi di litisconsorzio facoltativo disciplinato dall'art. 103 c.p.c., nel qual caso, non richiamando detta ultima norma l'art. 10, comma 2 , la competenza si determina in base al valore di ogni singola domanda (Cass. n. 3107/2017);

iii) il caso della riunione di cause (artt. 273 e 274), poiché ciascuno dei singoli procedimenti mantiene la propria individualità nonostante l'intervenuta riunione e la competenza per valore deve essere stabilita verificando il valore di ciascuna domanda (Cass. n. 4325/2000; Cass. n. 4960/2003);

iv) il caso di pluralità di voci che configurino elementi e specificazioni della medesima domanda e, in particolare, delle varie componenti di una pretesa risarcitoria, quali, danno biologico, danno morale, danno da riduzione della capacità lavorativa specifica, danno da lucro cessante, nonché i relativi interessi e rivalutazione (Cass. n. 1425/1999);

v) il caso di cumulo di domande alternativo o subordinato (la domanda alternativa o subordinata è condizionata al rigetto della principale) si considera solo la domanda di maggior valore (Cass. n. 6236/1983; in dottrina  Segrè, 147);

vi) il caso di più domande una delle quali devoluta alla competenza per materia del giudice adito; in particolare, qualora nei confronti della stessa parte siano proposte più domande, anche solo soggettivamente connesse, alcune rientranti nella competenza per valore del giudice di pace, altre in quella per materia del tribunale, l'organo giudiziario superiore è competente a conoscere dell'intera controversia, in applicazione degli artt. 10, comma 2, e 104, sempre che l'ufficio del giudice di pace competente per valore ricada nel circondario del tribunale del giudice dell'esecuzione (Cass. n. 17843/2014; Cass. n. 16355/2010);

vii) il caso della proposizione della domanda riconvenzionale; in tal senso la dottrina (Gionfrida, 63; Segrè, 152) concorda con la giurisprudenza, la quale osserva che la regola del cumulo delle domande riguarda solo quelle proposte contro la stessa parte (Cass. n. 19065/2006; Cass. n. 7239/2005; Cass. n. 1202/2003).

La clausola di contenimento

L'attore può impedire di dar luogo all'incompetenza del giudice adito attraverso la c.d. riserva di contenimento, cioè dichiarando espressamente nell'atto introduttivo del giudizio di volere contenere il petitum nei limiti di competenza del giudice adito.

In particolare, in caso di proposizione cumulativa di più domande, qualora l'attore abbia dichiarato di voler limitare complessivamente le domande nell'ambito della competenza per valore del giudice adito (cosiddetta «clausola di contenimento»), tale limitazione ha effetto non solo ai fini dell'individuazione del giudice competente per valore ma, nel caso del giudice di pace, anche in relazione alla scelta del criterio di decisione e, in ogni caso, anche in relazione al merito, con la conseguenza che è viziata da ultrapetizione la sentenza che, accogliendo la domanda, vada oltre il limite indicato con la clausola di contenimento (Cass. S.U., n. 36897/2021Cass. n. 23640/2015; Cass. n. 18100/2011; Cass. n. 18942/2003; per il cumulo della domanda di risarcimento dei danni e di quella di riconoscimento degli interessi e della rivalutazione monetaria v. Cass. n. 1850/1996).

In caso di cumulo, perché la clausola di contenimento dispieghi i suoi effetti, occorre che essa sia riferita all'insieme delle domande cumulate. Diversamente, la clausola o riserva di contenimento riferita esclusivamente ad una sola delle domande proposte cumulativamente non vale ad evitare il superamento di competenza in questione, in quanto ciascuna di esse si presume, ai sensi dell'art. 14, di valore uguale al limite massimo della competenza del giudice adito, sicché il cumulo ne comporta necessariamente il superamento (Cass. n. 15571/2001).

Se l'attore, nelle conclusioni finali, modifica la domanda originaria e, non riproducendo la formula di contenimento del petitum nei limiti della competenza del giudice adito, chiede la condanna del convenuto al pagamento di una somma, al risarcimento del danno da svalutazione monetaria e agli interessi legali, tal che l'importo complessivo, calcolato, a norma dell'art. 10, in base al deductum, superi la competenza per valore del giudice adito, quest'ultimo deve dichiarare la propria incompetenza, senza che l'originaria clausola di contenimento possa implicare rinuncia a successive pretese derivanti dallo stesso titolo (Cass. n. 3274/1987; Cass. n. 3631/1984; Cass. n. 144/1984).

Accessori

Ai fini della determinazione della competenza per valore, al capitale si sommano gli accessori (interessi scaduti, spese, danni, ivi compreso il danno da svalutazione monetaria verificatosi nel periodo intercorrente tra l'evento dannoso e l'instaurazione del processo: Cass. n. 4994/2008, Cass. n. 17991/2020). La previsione così contenuta nella seconda parte del comma 2 della disposizione in commento costituisce applicazione della regola della somma dei valori enunciata dalla prima parte del medesimo comma.

La disposizione considera, ai fini della competenza per valore, i soli accessori già maturati al momento della proposizione della domanda, non quelli che matureranno in pendenza di lite (Segrè, 150).

Anche la giurisprudenza ribadisce che gli accessori da computare sono quelli anteriori alla proposizione della domanda. Per interessi scaduti devono intendersi quelli maturati alla data della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio di primo grado (Cass. n. 738/2002; Cass. n. 1080/2003), mentre non vanno computati gli interessi successivi (Cass. n. 4850/2000).

Ai fini della determinazione della competenza per valore in ordine a domanda relativa a somma di danaro, in base all'art. 10, comma 2, dunque, con il capitale si sommano gli interessi di mora già maturati ante litem e autonomamente richiesti, mentre non vanno computati nel calcolo del valore ai fini dell'individuazione del giudice competente gli interessi moratori scaduti che non formino oggetto di apposita domanda, né quelli genericamente richiesti, perciò da intendersi come interessi successivi alla data di notifica dell'atto giudiziale introduttivo, il quale, di per sé, vale altrimenti a costituire in mora il debitore (Cass. n. 17860/2017). Lo stesso vale per il danno da svalutazione monetaria (Cass. n. 19302/2006). Difatti, il principio risultante dal comma 2, dell'art. 10, secondo cui, ai fini della determinazione della competenza per valore, si sommano al capitale richiesto gli interessi scaduti, le spese e i danni anteriori alla proposizione della domanda, e non anche quelli posteriori, che sono l'effetto dell'accertamento del diritto contenuto nella sentenza, trova applicazione anche in ordine al danno da svalutazione monetaria, sicché, ai fini della determinazione del valore della causa, deve tenersi conto soltanto della frazione di deprezzamento monetario intervenuto tra l'evento dannoso e la domanda, con esclusione della svalutazione monetaria maturatasi nel periodo successivo (Cass. n. 19302/2006; Cass. 2467/1983; Cass. n. 4850/2000, secondo la quale ai fini della determinazione del valore della causa deve farsi riferimento alla data della domanda non essendo, pertanto, computabili gli interessi e le spese maturati successivamente ad essa ma solo il debito principale, gli interessi e le spese maturati prima della notifica dell'atto introduttivo del giudizio). Inoltre, la domanda giudiziale di pagamento degli interessi sulla somma capitale richiesta deve ritenersi riferita, in mancanza di ulteriore specificazione, agli interessi successivi alla data di notifica dell'atto di citazione - che, di per se, vale a costituire in mora il debitore - e non incide, quindi, ai fini della competenza, sul valore della causa, che deve essere determinato con riferimento soltanto alla somma a titolo di capitale richiesta con la domanda, senza alcuna influenza dei dati ad essa esterni, quale la pretesa di maggiori interessi espressa nel precetto notificato (in base a decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo), contro la quale è possibile il rimedio della opposizione previsto dall'art. 615 (Cass. n. 13171/1992). In ogni caso, in tema di determinazione del valore della controversia l'art. 10, comma 2, intende riferirsi, con elencazione esemplificativa e non tassativa, a tutti quegli elementi - siano essi accessori o meno della domanda - che hanno in comune la capacità di accrescersi durante il processo, sicché la richiesta del riconoscimento e della liquidazione del relativo diritto fino al soddisfo non incide sul valore della controversia (Cass. n. 10249/2003).

Anche secondo la dottrina la norma reca un'elencazione non tassativa ma solo esemplificativa (Segrè, 149; Levoni, 112). Le spese menzionate dalla norma sono costituite dagli esborsi sopportati prima della controversia, non solo in fase stragiudiziale, ma anche in dipendenza del ricorso al procedimento di istruzione preventiva (Segrè, 150).

In tal senso si è pronunciata con riguardo all'accertamento tecnico preventivo anche la giurisprudenza (Cass. n. 15571/2001). Occorre ancora aggiungere che le spese processuali cumulabili alla domanda, ai fini della determinazione del valore di essa, sono soltanto quelle occorse per procedimenti autonomi dal processo introdotto con la domanda stessa, non anche quelle (per dattilografia, copie fotostatiche, studio, consultazioni e simili) sostenute prima di tale processo e ai fini della sua instaurazione (Cass. n. 26592/2009).

Fattispecie

Ove il giudizio prosegua in un grado di impugnazione soltanto per la determinazione del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, il differenziale tra la somma attribuita dalla sentenza impugnata e quella ritenuta corretta secondo l'atto di impugnazione costituisce il disputatum della controversia nel grado e sulla base di tale criterio, integrato parimenti dal criterio del decisum (e cioè del contenuto effettivo della decisione assunta dal giudice), vanno determinate le ulteriori spese di lite riferite all'attività difensiva svolta nel grado (Cass. n. 27274/2017). In tema di liquidazione dell'onorario spettante all'avvocato, per domande di valore indeterminabile, con applicazione del conseguente scaglione tariffario, deve intendersi la domanda il cui valore non può essere determinato, non anche quella di valore indeterminato e da accertarsi nel corso dell'istruttoria, il cui ammontare può essere fissato fino al momento della precisazione delle conclusioni (Cass. n. 1499/2018). Le opposizioni a sanzioni amministrative irrogate per contravvenzione al codice della strada sono devolute alla competenza per materia del giudice di pace, ex artt. 204-bis, d.lgs. n. 285/1992 e 7, del d.lgs. n. 150/2011, senza alcun limite di valore; né, per tale motivo, può trovare applicazione il combinato disposto degli artt. 10, comma 2, e 104, giacché la devoluzione della competenza in favore del giudice superiore, in ipotesi di cumulo oggettivo di domande proposte nei confronti della stessa parte, opera esclusivamente in deroga alla competenza per valore e non per materia. (Cass. n. 25028/2017, in cui la S.C. adita su regolamento di competenza sollevato d'ufficio dal tribunale, in causa relativa alla proposizione di un'unica opposizione relativa a molteplici verbali di contravvenzione, ha dichiarato la competenza del giudice di pace).  In tema di annullamento delle deliberazioni delle assemblee condominiali, posta la sussistenza dell'interesse ad agire anche quando la relativa azione sia volta esclusivamente alla loro rimozione, ove il vizio abbia carattere meramente formale e la delibera impugnata non abbia ex se alcuna incidenza diretta sul patrimonio dell'attore, la domanda giudiziale appartiene alla competenza residuale del tribunale, non avendo ad oggetto la lesione di un interesse suscettibile di essere quantificato in una somma di denaro per il danno ingiustamente subito ovvero per la maggior spesa indebitamente imposta (Cass. n. 15434/2020). Nel caso in cui siano proposte una pluralità di domande, alcune di valore determinato ed altre di valore indeterminabile, si applica lo scaglione tariffario previsto per queste ultime solo qualora ciò comporti il riconoscimento di un compenso maggiore rispetto a quello che deriverebbe dall'applicazione dello scaglione derivante dal cumulo delle domande di valore determinato (Cass. n. 22719/2022; Cass. n. 4187/2017). Tale ultima decisione ha affrontato la questione relativa all'individuazione dello scaglione da applicarsi ai fini della liquidazione del compenso professionale richiesto da un avvocato, nel caso in cui l'attività difensiva svolta riguardi giudizi nel quale sono proposte più domande, alcune di contenuto determinato ed altre di contenuto indeterminabile. In senso parzialmente diverso, in precedenza, Cass. n. 16318/2011 aveva affermato che, ai fini della determinazione dello scaglione per la liquidazione degli onorari di avvocato, ove siano state proposte più domande, alcune di valore indeterminabile, ed una di risarcimento dei danni, di valore determinato, esse si cumulano tra di loro e la causa va complessivamente ritenuta di valore indeterminabile. Nondimeno, già Cass. n. 9975/2016 aveva ridimensionato il principio affermato in precedenza, delimitandone l'effettiva portata, giacché riferita alle sole ipotesi in cui l'applicazione dello scaglione tariffario previsto per le cause di valore indeterminabile determinasse il riconoscimento di compensi in misura maggiore di quelli altrimenti dovuti in caso di cumulo delle domande di valore determinato. Diversamente, quindi, quando ciò non avviene, lo scaglione tariffario va individuato in base alla sommatoria delle domande di valore determinato. Una diversa interpretazione, ha chiarito la S.C. nel 2017, determinerebbe un risultato irragionevole perché comportando l'attribuzione di un minor compenso al professionista che abbia svolto un'attività professionale caratterizzata da maggiore complessità, perché implicante la proposizione di domande di valore determinato oltre che di valore indeterminabile. Ai fini della liquidazione degli onorari professionali dovuti dal cliente in favore dell'avvocato, nel caso di transazione di una causa introdotta con domanda di valore determinato e, pertanto, non presunto in base ai criteri fissati dal c.p.c., il valore della causa si determina avendo riguardo soltanto a quanto specificato nella domanda, considerata al momento iniziale della lite, restando irrilevante la somma realizzata dal cliente a seguito della transazione (Cass. n. 1666/2017). In materia di separazione personale dei coniugi, la controversia relativa al rimborso della quota parte delle spese straordinarie relative ai figli, sostenute dal coniuge affidatario, non è solo soggetta agli ordinari criteri di competenza, in quanto diversa da quella concernente il regolamento dei rapporti tra coniugi, ma, ove le somme non risultino previamente determinate o determinabili, in base al titolo e con un semplice calcolo aritmetico, è anche caratterizzata dalla necessità di un accertamento circa l'insorgenza dell'obbligo di pagamento e dell'esatto ammontare della spesa, da effettuarsi in comparazione con quanto stabilito dal giudice della separazione (Cass. n. 1161/2017). In caso di rigetto della domanda di risarcimento dei danni, il valore della causa si determina sulla base dell'importo richiesto con l'atto introduttivo (Cass. n. 3574/2016).

Bibliografia

Asprella, Articolo 7, in Comoglio, Consolo, Sassani e Vaccarella (a cura di), Commentario del codice di procedura civile, I, Torino, 2012; Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, 2, Padova, 2004; D'Onofrio, Commento al codice di procedura civile, I, Torino, 1953; Gionfrida, Competenza in materia civile, in Enc. dir., VIII, Milano, 1961; Levoni, Competenza nel diritto processuale civile, in Dig. civ. III, Torino, 1988, 110; Segrè, Della competenza per materia e valore, in Comm. c.p.c. Allorio, I, 1, Torino, 1973; Trisorio Liuzzi, Le novità in tema di competenza, litispendenza, continenza e connessione, in Foro it. 2009, 255 ss.

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