Codice di Procedura Civile art. 21 - Foro per le cause relative a diritti reali e ad azioni possessorie.

Mauro Di Marzio

Foro per le cause relative a diritti reali e ad azioni possessorie.

[I]. Per le cause relative a diritti reali su beni immobili, per le cause in materia di locazione e comodato di immobili e di affitto di aziende, nonché per le cause relative ad apposizione di termini ed osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi, è competente il giudice del luogo dove è posto l'immobile o l'azienda 1. Qualora l'immobile sia compreso in più circoscrizioni giudiziarie, è competente il giudice della circoscrizione nella quale è compresa la parte soggetta a maggior tributo verso lo Stato; quando non è sottoposto a tributo, è competente ogni giudice nella cui circoscrizione si trova una parte dell'immobile.

[II]. Per le azioni possessorie [703; 1168, 1170 c.c.] e per la denuncia di nuova opera e di danno temuto [688; 1171, 1172 c.c.] è competente il giudice del luogo nel quale è avvenuto il fatto denunciato.

[1] Il primo periodo è stato così sostituito dall'art. 52 d.lg. 19 febbraio 1998, n. 51, con effetto, ai sensi dell'art. 247 comma 1 dello stesso decreto quale modificato dall'art. 1 l. 16 giugno 1998, n. 188, dal 2 giugno 1999 Si riporta il testo previgente, con l'avvertenza che il riferimento ivi contenuto al n. 2 dell'art. 8 c.p.c. era da intendersi fatto al n. 1 dell'art. 7, comma 4: «Per le cause relative a diritti reali su beni immobili e per quelle di cui ai numeri 2 e 3 dell'articolo 8 è competente il giudice del luogo dove è posto l'immobile».

Inquadramento

La norma in commento individua al comma 1 il giudice territorialmente competente per le cause relative a diritti reali su beni immobili, per le cause in materia di locazione e comodato di immobili e di affitto di aziende, per le cause relative ad apposizione di termini ed osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi.

Il criterio adottato è quello del locus rei sitae, ossia del luogo dove è posto l'immobile o l'azienda.

Se l'immobile è compreso in più circoscrizioni giudiziarie, ogni giudice, nella cui circoscrizione si trovi parte dell'immobile, è competente: difatti, tenuto conto del venir meno del criterio principale fissato ai fini di individuare un unico giudice come territorialmente competente (criterio dell'immobile soggetto al maggior tributo verso lo Stato), opera il residuo criterio per cui la competenza territoriale è attribuita ad ogni giudice nella cui circoscrizione ricada una parte degli immobili (Cass. n. 15392/2007). Eguale criterio trova applicazione nell'ipotesi di procedure espropriative immobiliari aventi ad oggetto diversi beni immobili, ubicati in più circoscrizioni giudiziarie (Cass. n. 4213/2007).

Ritiene la dottrina che il foro previsto dall'art. 21 sia esclusivo ma derogabile ai sensi dell'art. 29 (Levoni, 125; contra Segrè, in Comm. Utet, 260).

La giurisprudenza condivide l'indirizzo, con la precisazione che la deroga è esclusa se la domanda principale afferisca alla materia del comodato, locazione e affitto di azienda, in applicazione dell'art. 447-bis, comma 2 (Cass. n. 29824/2011; Cass. n. 21908/2014).

Il comma 2 è dedicato alla competenza per territorio per le azioni possessorie e per la denuncia di nuova opera e di danno temuto, per le quali è competente il giudice del luogo nel quale è avvenuto il fatto denunciato.

Ambito di applicazione

Per aversi causa relativa a diritti reali su beni immobili, nei cui riguardi l'art. 21 prevede la competenza del giudice del luogo ove si trova il bene (forum rei sitae) è necessario che la controversia abbia ad oggetto l'accertamento, positivo o negativo, di un diritto reale su un bene immobile, dei modi di costituzione dello stesso ovvero delle posizioni soggettive, attive o passive, che direttamente ne derivano; pertanto, rimangono estranee alla speciale competenza territoriale stabilita dalla norma citata, ad esempio, le azioni, aventi natura personale e non reale, volte ad ottenere il pagamento di somme di denaro dovute dal comproprietario per il godimento esclusivo del bene ovvero per oneri condominiali (Cass. n. 13353/2006).

La dottrina è della stessa opinione (D'Onofrio, 54; Levoni, 125; Segrè, in Comm. Utet, 260).

Hanno ancora carattere personale l'azione vertente sull'esercizio del diritto di prelazione agraria da parte dell'affittuario, in ordine ad un contratto preliminare di compravendita del fondo dal medesimo condotto (Cass. n. 15693/2012), nonché l'azione con la quale il compratore, sulla base di una scrittura privata di compravendita, di cui il venditore contesti la validità e la natura definitiva, domandi l'accertamento giudiziale della validità del negozio e del conseguente suo diritto di proprietà o in subordine la sentenza costitutiva che produca gli effetti del contratto non concluso (Cass. n. 17665/2004; per ulteriori esempi, in particolare concernenti il rilascio di immobili, v. sub art. 20).

La competenza prevista dall'art. 21 è altresì derogata in favore del foro fallimentare per le azioni del curatore volte a far dichiarare l'inopponibilità alla massa del contratto di locazione immobiliare stipulato dal fallito a norma dell'art. 2923 c.c. ovvero la risoluzione del medesimo contratto ai sensi dell'art. 80 l. fall. (per la nuova disciplina v. d.lgs. n. 14/2019 – Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza)  (Cass. n. 14844/2015), nonché per le azioni volte a far valere la simulazione assoluta di un contratto stipulato dal fallito, ancora una volta con prevalenza sul foro indicato, in materia di locazione, dagli artt. 21 e 447-bis (Cass. n. 13496/2004).

La disposizione è stata ritenuta applicabile in caso di domanda di riscatto proposta ai sensi dell'art. 39 l. n. 392/1978 (Cass. n. 9849/1994, Giust. civ., 1995, I, 1271, con nota di Perago); in caso di domanda volta alla dichiarazione di libertà del bene da ipoteca ovvero alla sua cancellazione (Cass. n. 2447/1980; Cass. n. 6958/1994); in caso di domanda di affrancazione del fondo enfiteutico (Cass. n. 7595/2011) ovvero di determinazione del canone enfiteutico (Cass. n. 2083/1970); in caso di actio negatoria servitutis (Cass. n. 104/1979); in caso di azione di riduzione di ipoteca, ancorché presupponga una domanda di accertamento negativo del credito che ha dato luogo all'iscrizione ipotecaria (Cass. n. 18681/2022).

Cause in materia di locazione, comodato e affitto di azienda

La riforma del 1990, entrata in vigore il 30 aprile 1995 ha disposto l'applicazione del criterio di radicamento della competenza del forum rei sitae — a tutte le controversie locatizie, ivi comprese quelle in materia di comodato e di affitto di azienda con la disposizione secondo cui: «Per le controversie relative ai rapporti di cui all'art. 8, comma 2, n. 3, è competente il giudice del luogo dove si trova la cosa. Sono nulle le clausole di deroga alla competenza» (art. 447-bis, comma 2, nel testo precedente la riforma del giudice unico). Disposizione, quest'ultima, che si raccordava a quella, oggi abrogata, con cui veniva attribuita al pretore la competenza, qualunque ne fosse il valore, «per le cause relative a rapporti di locazione e di comodato di immobili urbani e per quelle di affitto di aziende, in quanto non siano di competenza delle sezioni specializzate agrarie» (art. 8, comma 2, n. 3). A seguito del d.lgs.19 febbraio 1998, n. 51, istitutivo del giudice unico di primo grado, l'ufficio del pretore è stato soppresso e, con esso, è stato abrogato l'art. 8. La stessa riforma ha perciò condotto alla modifica dell'art. 447-bis, c.p.c. comma 2, il quale oggi non contiene più l'indicazione del giudice competente per territorio, ma si limita a stabilire che: «Sono nulle le clausole di deroga alla competenza» (art. 447-bis, comma 2 nel testo vigente). Nello stesso tempo il legislatore è intervenuto sull'art. 21, il quale oggi stabilisce che per le cause in materia di locazione e comodato di immobili ed affitto di aziende è competente il giudice del luogo dove è posto l'immobile o l'azienda. Insomma, l'abrogazione dell'art. 8 ha imposto la riformulazione dell'art. 447-bis, comma 2, che ha condotto alla dislocazione del criterio di radicamento della competenza territoriale nella sua sede propria, ossia nella sezione del codice di rito dedicata alla giurisdizione e alla competenza in generale.

Secondo l'opinione prevalente, il congegno normativo così previsto è posto a tutela del conduttore, identificato come contraente debole, similmente a quanto disposto dall'art. 413, u.c., con riguardo all'inderogabilità della competenza territoriale nelle controversie lavoristiche. Talora, tuttavia, si è posto in evidenza — soprattutto con riguardo alla materia del lavoro — che il criterio del forum rei sitae mirerebbe soprattutto « a consentire il radicamento del processo nella sede giudiziaria laddove più agevole e spedito (naturalmente secondo l'id quod plerumque accidit) è da prevedere lo svolgimento di svariate e importanti attività processuali, come il libero interrogatorio delle parti, l'acquisizione delle c.d. prove costituende, l'accesso sul luogo di lavoro, le informazioni ed osservazioni orali dell'associazione sindacale » (Cass. n. 7180/1996, sulla scia di Cass. n. 2618/1996).

Il medesimo congegno, in tale ottica, contempla un'ipotesi di competenza inderogabile (da ult. Cass. n. 25138/2024, che però sembra ragionare sul solo testo della norma in commento, ignorando il rilievo dell'art. 447 bis c.p.c.). Siffatta conclusione è tratta non tanto dall'447-bis, comma 2, secondo cui: «Sono nulle le clausole di deroga alla competenza», quanto dall'art. 447-bis, comma 1, nella parte in cui esso rinvia all'art. 428 c.p.c. Difatti la nullità delle clausole di deroga alla competenza potrebbe essere riferito alla sola deroga convenzionale della competenza prima del processo, mentre il rinvio all'art. 428, che la giurisprudenza e la dottrina riferiscono pacificamente all'incompetenza per territorio, importa la rilevabilità d'ufficio dell'incompetenza territoriale delle controversie in questione. Ed è ovvio che un'incompetenza rilevabile d'ufficio non può che essere inderogabile non solo per accordo stipulato dalle parti prima del processo, ma anche per accordo tacito stipulato o rinuncia intervenuta nel corso del processo, attraverso il mancato esercizio del potere di rilevazione della incompetenza.

In definitiva, la competenza territoriale operante per le controversie locatizie è senz'altro inderogabile e va dunque ricondotta alla previsione dell'art. 28 c.p.c., laddove esso contempla l'inderogabilità, oltre che nei casi espressamente indicati, negli ulteriori casi in cui essa sia disposto espressamente dalla legge.

In tema di locazioni, in definitiva, la competenza territoriale del giudice del locus rei sitae, come si ricava dagli artt. 21 e 447-bis, ha natura inderogabile, con la conseguente invalidità di una eventuale clausola difforme, rilevabile ex officio anche in sede di regolamento di competenza (Cass. n. 12404/2020 ; Cass. n. 21908/2014).

La giurisprudenza intende nella massima latitudine il riferimento alla locazione contenuto nella norma in commento, la quale si applica a tutte le controversie comunque collegate alla locazione, ivi comprese quelle concernenti rapporti ancora da costituire in base ad un contratto preliminare, posto a fondamento di una domanda spiegata ai sensi dell'art. 2932 c.c. (Cass. n. 581/2003). Naturalmente la norma si applica ad ogni controversia sul pagamento di somme dovute in forza del contratto di locazione (Cass. n. 9907/1998), ovvero quelle in cui si controverte in ordine ad una domanda con cui il conduttore intenda ripetere le somme sotto qualsiasi forma, anche indebita, corrisposte (App. Milano 4 febbraio 2006, Giur. merito, 2006, 1926). Parimenti la controversia instaurata nei confronti dei fideiussori per il pagamento dei canoni di locazione è assoggettata al rito locatizio e alla competenza territoriale inderogabile di cui agli artt. 21 e art. 447-bis, in quanto l'accertamento del debito del fideiussore comporta necessariamente l'accertamento del rapporto principale cui accede ed è perciò stesso retto dal medesimo rito e soggiace alla medesima disciplina della competenza (Trib. Monza 26 gennaio 2005, Giur. merito, 2005, 1829).

Ancora, in tema di competenza territoriale, la controversia relativa alla validità di un contratto di comodato, concluso in vita dal de cuius con uno dei suoi eredi e concernente un immobile rientrante nell'asse ereditario, appartiene, ai sensi dell'art. 21, alla competenza del giudice del luogo dove è posto l'immobile e non di quello di apertura della successione ex art. 22, restando irrilevante che a fondamento dell'impugnativa del comodato sia posta la violazione degli artt. 458 e 549 c.c., atteso che queste ultime disposizioni non sono funzionali a risolvere dispute fra coeredi, ma esclusivamente ad individuare delle ipotesi di nullità, mentre l'art. 22 citato disciplina la competenza nelle cause successorie, che sono configurabili solo allorché la lite sorga tra successori veri o presunti a titolo universale o particolare e abbia come oggetto principale l'accertamento di beni o diritti caduti in successione o che si ritenga debbano costituirne parte (Cass. n. 10936/2020).

Tra le controversie attribuite dagli artt. 21 e art. 447-bis alla competenza territoriale inderogabile del giudice in cui si trova l'immobile sono comprese le controversie in materia di affitto di azienda (Cass. n. 4873/2005, secondo cui tra esse rientra la controversia instaurata per far dichiarare l'opponibilità, all'aggiudicatario di un immobile destinato ad albergo, del contratto d'affitto di azienda stipulato tra il proprietario originario ed un precedente dante causa dell'attuale affittuario, con l'accertamento del diritto di quest'ultimo a corrispondere al nuovo proprietario una parte del canone corrispondente alle obbligazioni residue tra le parti originarie del contratto). In tal caso il giudice competente deve individuarsi con riferimento al luogo in cui è posta l'azienda del cui affitto si discute (Cass. n. 12371/2016). 

È estraneo all'ambito di applicazione della norma in commento, invece, il rapporto tra il concessionario di un impianto di distribuzione di carburanti e il terzo cui viene affidata la gestione dell'impianto, con comodato delle attrezzature e con patto di fornitura del carburante; si è in tal caso in presenza di un contratto atipico ma pur sempre unitario, risultante dalla commistione di elementi del comodato e della somministrazione, di talché non sussiste la competenza funzionale di cui agli artt. 21 e 447-bis prevista per il contratto di comodato potendo le parti convenzionalmente individuare il foro competente a dirimere le relative controversie ( Cass. n. 5684/2018 ).

Più in generale, nelle controversie aventi ad oggetto l'affitto di bene produttivo (nella specie, un terreno con annesso pozzo di sollevamento di acqua e distribuzione, oltre all'impianto ed alla cabina dei comandi) non è applicabile il criterio di competenza del forum rei sitae, dettato dall'art. 21 per i contratti di locazione e affitto di azienda, in quanto la distinzione delle species contrattuali, di natura sostanziale, nel predetto articolo si riverbera sull'interpretazione delle norme processuali sulla competenza, le quali sono in rapporto di strumentalità con i tipi sostanziali (Cass. n. 23110/2020).

Per la determinazione della competenza in relazione ad un'azione riguardante un contratto misto deve tenersi conto del contenuto delle domande proposte dall'attore, prescindendo dalla specifica regola di competenza fissata per ciascuno dei contratti tipici combinati, i quali hanno smarrito la loro autonomia per confluire nella causa concreta dell'operazione negoziale atipica, potendo, invece, farsi riferimento al foro convenzionale stabilito dalle parti. (Nella specie, in presenza di un contratto misto di vendita, deposito e affitto di azienda, la S.C. ha escluso l'applicabilità degli artt. 21 e 447-bis c.p.c. e della regola obbligatoria sulla competenza relativa all'affitto di azienda, affermando quella del foro convenzionale (Cass. n. 10421/2024).

Sono viceversa devolute alla competenza del tribunale fallimentare, ai sensi dell'art. 24 l. fall. (per la nuova disciplina v. art. 32 d.lgs. n. 14/2019 – Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza), le controversie che traggano origine o fondamento nel fallimento, rientrando tra queste anche le azioni del curatore volte a far dichiarare l'inopponibilità alla massa del contratto di locazione immobiliare stipulato dal fallito a norma dell'art. 2923 c.c. ovvero la risoluzione del medesimo contratto ai sensi dell'art. 80 l. fall. (per la nuova disciplina v. d.lgs. n. 14/2019 – Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza), in deroga alla previsione di cui agli artt. 21 e art. 447-bis (Cass., n. 14844/2015).

Vale infine rammentare che l'447-bis, comma 2, concernente le controversie in materia di locazione, di comodato e di affitto di aziende, ha riguardo alla sola competenza per territorio del giudice del luogo dove è posto il bene, sancendo la nullità delle clausole di deroga ad essa; ne consegue che non è colpita da detta sanzione la clausola di compromisso in arbitri di una di tali controversie (Cass., n. 19393/2013).

Azioni possessorie

La competenza territoriale stabilita dall'art. 21 per le azioni possessorie e per quelle nunciatorie è inderogabile ai sensi dell'art. 28 c.p.c., sempre che, con riguardo alle azioni possessorie, non sia già stato introdotto il giudizio petitorio, ai sensi dell'art. 704 c.p.c., e, con riguardo alle altre, ,non sia stato già introdotto il giudizio di merito.

Come è stato osservato, si presentano nella materia talune ricorrenti complicazioni applicative (Levoni, Possessorio (giudizio), in Dig. disc. priv., Sez. civ., XIV, Torino, 1996). Alcune di esse concernono l'ipotesi di lesione possessoria per atti plurimi, con riguardo alla quale vale ricordare l'ipotesi in cui abbiano luogo più atti successivi tutti tali da concretare una autonoma lesione; in dette circostanze la competenza territoriale rimarrà radicata in ragione delle diverse lesioni compiute, quantunque detti atti siano collegati sotto il profilo dell'elemento soggettivo dell'offensore (v. con riguardo alla decorrenza del termine annuale per la proposizione della domanda di reintegra o di manutenzione, ove viene affermato il criterio secondo cui il termine decorre tante volte quanti sono gli atti lesivi, Cass. n. 3012/1981; sempre con riguardo alla decorrenza del termine v. altresì Cass. n. 901/1986, secondo cui l'anno utile per l'esperimento delle azioni possessorie, nel caso di turbativa o di spoglio posti in essere con più atti, decorre dal primo atto, senza che si possa tener conto di quelli successivi, solo quando questi siano legati tra loro da un nesso di inscindibile dipendenza, così da costituire, nel loro complesso, una unica molestia o un unico spoglio, ma non anche quando si tratti di atti autonomi, ciascuno dei quali costituisca una turbativa o uno spoglio a sé stante, nel qual caso il termine annuale decorre dall'ultimo atto; in seguito Cass. n. 4529/1986; Cass. n. 282/1987; Cass. n. 7865/1990; Cass. n. 10320/1994; Cass. n. 7751/1995). Viceversa, se la lesione possessoria è il prodotto di un atto finale, di cui effetto viene a sommarsi con quello degli atti precedenti, si radica la competenza del giudice del luogo in cui si compie l'atto conclusivo.

 È stato a tal riguardo affermato che, al fine di individuare il dies a quo dal quale decorre il termine annuale per proporre l'azione di manutenzione, occorre distinguere l'ipotesi in cui la turbativa del possesso si sostanzia in una pluralità di atti tutti lesivi dell'altrui possesso da quella in cui l'atto lesivo sia uno solo, ancorché esso sia preceduto da una serie di atti di carattere preparatorio e strumentale, ma di per sè inidonei a ledere l'altrui possesso. Nel primo caso (pluralità di atti tutti lesivi) il termine decorre dal primo degli atti lesivi quando essi siano collegati tra loro, sì da costituire la progressione di un'unica catena di attentati possessori, mentre decorre da ciascuno degli atti lesivi se essi presentino carattere di autonomia. Nel secondo caso, invece, essendovi un solo atto lesivo, il termine decorre da quest'ultimo (Cass. n. 3911/1989, che ha ritenuto esatta la decisione del giudice di merito che distinguendo tra atti preparatori, costituiti da lavori di cantiere e di demolizione, e lavori di ricostruzione veri e propri, aveva riconosciuto solo ai secondi la idoneità a turbare l'altrui possesso e su questo presupposto aveva fatto decorrere da essi il termine per proporre l'azione di manutenzione). Per le molestie possessorie cosiddette «di diritto» (quelle, come tutti sanno, che non menomano materialmente l'esercizio del possesso, ma si risolvono in negazioni, contestazioni o restrizioni apportate con atti comunicati o notificati alleganti pretesi titoli idonei a comprimerlo), vige la competenza del giudice che siede nel luogo in cui gli atti di contestazione dispiegano l'effetto concreto di turbativa, ossia ove pervengono a conoscenza del possessore molestato (Cass. n. 4415/1989).

In tema di tutela possessoria, allorché si è in presenza di un'azione posta in essere in un dato luogo ma sviluppante i suoi effetti in un vasto territorio, l'unico criterio idoneo ad individuare il luogo dove è avvenuto il fatto denunciato, ai fini della determinazione della competenza per territorio, non è quello (o quelli) in cui si sono propagati gli effetti dannosi, ma esclusivamente quello nel quale è stata posta in essere la condotta umana che ha determinato gli effetti dannosi denunciati, e pertanto, se lo spoglio o la turbativa sono realizzati mediante emissione di onde che vanno a sovrapporsi o ad interferire nel canale di irradiazione di onde elettromagnetiche da altri posseduto, il fatto lesivo del possesso altrui, si localizza nel luogo dove è sito l'impianto che emette le onde disturbatrici e, quindi, nel caso di segnale ritrasmesso, in base al luogo dell'impianto ripetitore ovvero dell'impianto di origine, a seconda che, in ragione della frequenza in concreto utilizzata o dalla distanza dall'impianto, si attribuisca all'uno o all'altro la causa dei suddetti disturbi (Cass. n. 5317/2005; Cass. n. 3798/2005; Cass. n. 3057/1985; Cass. n. 4627/1984).

Bibliografia

Acone e Santulli, Competenza (dir. proc. civ.), in Enc. giur. VII, Roma 1988; D'Onofrio, Commento al codice di procedura civile, I-II, Torino, 1957; Finocchiaro, La competenza inderogabile che deroga alle competenze inderogabili: l'art. 30-bis c.p.c., in Giust. civ. 2002, I, 3043; Levoni, Competenza, in Dig. civ., Torino, 1988.

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