Codice di Procedura Civile art. 32 - Cause di garanzia 1.Cause di garanzia 1. [I]. La domanda di garanzia [106] può essere proposta al giudice competente per la causa principale affinché sia decisa nello stesso processo. Qualora essa ecceda la competenza per valore [7] del giudice adito, questi rimette entrambe le cause al giudice superiore assegnando alle parti un termine perentorio per la riassunzione. [1] Articolo così sostituito dall'art. 54 d.lg. 19 febbraio 1998, n. 51, con effetto, ai sensi dell'art. 247 comma 1 dello stesso decreto quale modificato dall'art. 1 l. 16 giugno 1998, n. 188, dal 2 giugno 1999. Il testo precedente recitava: «[I]. La domanda di garanzia può essere proposta al giudice competente per la causa principale affinché sia decisa nello stesso processo, anche se eccede la sua competenza per valore». InquadramentoLa disposizione in commento trova applicazione in caso di proposizione di una domanda di garanzia, la quale può essere proposta al giudice competente per la causa principale affinché sia decisa nello stesso processo. La norma mira in tal modo a consentire il simultaneus processus di fronte al medesimo giudice, anche in deroga alle ordinarie regole di competenza dettate per ciascuna delle controversie, tra la domanda principale e quella di garanzia Nell'attuale formulazione la norma prevede la rimessione di entrambe le cause al giudice superiore competente per valore per la domanda di garanzia, con conseguente spostamento dinanzi al medesimo anche della causa principale. Con riguardo alla competenza per territorio la norma consente lo spostamento della causa di garanzia dinanzi al giudice competente per territorio per la causa principale. Il terzo garante, in tal caso, non può eccepire l'incompetenza territoriale del giudice adito sulla domanda principale se essa non sia stata contestata dal convenuto chiamante (Cass. S.U., n. 13968/2004 ; Cass. n. 14476/2017). Si è al riguardo chiarito che il terzo chiamato ove contesti la competenza territoriale del giudice adito, ha l'onere di farlo, prioritariamente, secondo i criteri ordinari e solo in via gradata sotto il profilo dell'art. 32, ovvero assumendo che non si verte in ipotesi di garanzia propria: ne segue che, qualora la domanda oggetto della chiamata sia regolata secondo i criteri ordinari di competenza territoriale dal foro generale e dai fori concorrenti dell'art. 25, l'eccezione deve riguardare, a seconda che il terzo sia persona fisica o soggetto collettivo, non solo il foro generale di cui agli artt. 18 e 19 (e in base a tutti i criteri da essi previsti), ma anche quelli concorrenti, pena l'irritualità dell'eccezione proposta, a prescindere dalla ricorrenza dei presupposti di cui all'art. 32 (Cass. n. 12009/2014). L'assicuratore della responsabilità civile, a seguito della chiamata in garanzia, assume nel giudizio la posizione di interventore adesivo autonomo, sicché, ove abbia contestato la fondatezza della domanda attorea, resta soggetto al principio della soccombenza al fine della regolamentazione delle spese di lite, indipendentemente da ogni questione sulla natura e sul titolo dell'intervento, e può essere condannato in solido con la parte con la quale condivide il medesimo interesse (Cass. n. 925/2017). Garanzia propria e impropriaHa affermato per lungo tempo la S.C. essere «pacifico che l'art. 32 si riferisce alle ipotesi di garanzia propria, e non già di garanzia impropria» (Cass. n. 11711/2002; v. pure Cass. n. 7991/2009; Cass. n. 8898/2014). Occorre allora rammentare che, secondo un'opinione in passato accolta, si configura garanzia propria quando la causa principale e quella accessoria abbiano lo stesso titolo, ovvero quando ricorra una connessione oggettiva tra i titoli delle due domande; mentre si configura garanzia impropria quando il convenuto (chiamante) tenda a riversare su di un terzo le conseguenze del proprio inadempimento in base ad un titolo diverso da quello dedotto con la domanda principale, ovvero in base ad un titolo connesso al rapporto principale solo in via occasionale o di fatto (Cass. n. 12942/2007). Più in particolare, la sussistenza di un rapporto di garanzia propria è stata riconosciuta: i) quando la domanda principale e quella accessoria di garanzia si basano sullo stesso titolo o quando ricorre una connessione oggettiva tra i titoli delle due domande; ii) quando la partecipazione del terzo al giudizio instaurato dall'attore può ricondursi ad una previsione legislativa, come nel caso della garanzia per evizione secondo l'art. 1485 c.c. o della garanzia per le molestie ex art. 1585 c.c. (ma anche in altre ipotesi normative modellate sulla garanzia per evizione: v. artt. 758, 759, 797, 1116, 1266, 1542, 1555, 2254, 2255, 2293, 2315, 2342, 2464 c.c.); iii) quando è unico il fatto generatore della responsabilità prospettata con l'azione principale e con quella di garanzia, anche se le rispettive responsabilità traggono origine da rapporti o situazioni giuridiche distinte, come nel caso della garanzia prestata dall'assicuratore della responsabilità civile chiamato in causa ai sensi dell'art. 1917 c.c. (sulla configurazione come garanzia propria della garanzia prestata dall'assicuratore per responsabilità civile v. Cass. S.U., n. 13968/2004; Cass. n. 27326/2005; la giurisprudenza precedente riteneva invece trattarsi di garanzia impropria). Nel caso di chiamata in causa per garanzia impropria l'azione principale e quella di garanzia sono fondate su due titoli diversi, sicché le due cause sono distinte e scindibili (Cass. n. 11454/2003; Cass. n. 1077/2003): ciò sta a fondamento del menzionato orientamento, il quale si giustifica per l'appunto perché l'art. 32 detta una disposizione sulla connessione, e perciò può trovare applicazione soltanto se tra le domande sussista effettivamente un nesso di connessione giuridica oggettiva. La distinzione tra garanzia propria e impropria, pur condivisa dalla dottrina, è stata sottoposta a revisione critica, dal versante delle sue applicazioni processuali, dal momento che tanto nell'uno quanto nell'altro caso sussisterebbe tra la domanda principale e la domanda di garanzia sussiste una relazione di pregiudizialità-dipendenza, tale da giustificare comunque l'applicazione dell'art. 32 (Proto Pisani, 1999, 384). Anche in giurisprudenza la distinzione tra garanzia propria e garanzia impropria è stata radicalmente rimessa in discussione, essenzialmente per la difficoltà di una sua armonizzazione nello spazio giuridico europeo. La S.C. ha cioè manifestato il proprio «fermo convincimento... che, sia pur soltanto ai fini di una corretta individuazione del giudice competente quoad iurisdictionis, la distinzione tra garanzia propria e impropria debba essere definitivamente superata » (Cass. S.U., n. 5965/2005; Cass. n. 7991/2009). Facendo leva sulla distinzione fra garanzia propria e impropria è stata ad es. esclusa l'applicazione dell'art. 32 per la chiamata del costruttore da parte del proprietario dell'immobile convenuto con azione risarcitoria extracontrattuale (Cass. n. 1748/2005); per la chiamata dell'appaltatore da parte del committente convenuto in giudizio dal terzo danneggiato dall'esecuzione dell'opera (Cass. n. 5151/1983); per la chiamata del subvettore da parte del vettore (Cass. n. 19050/2003). Da ultimo, tuttavia, dando seguito all'indirizzo critico poc'anzi rammentato, la SC ha ribaltato il proprio orientamento, affermando che la distinzione fra garanzia propria ed impropria, seppure configurabile sotto il profilo descrittivo, è priva di conseguenze dal punto di vista applicativo, non essendo rilevante ai fini della determinazione dell'ambito di operatività degli artt. 32, 108 e 331 (Cass. S.U., 24707/2015; nello stesso senso Cass. n. 5876/2018). Più in specifico le SU hanno chiarito che, in caso di chiamata in causa in garanzia dell'assicuratore della responsabilità civile, l'impugnazione - esperita esclusivamente dal terzo chiamato avverso la sentenza che abbia accolto sia la domanda principale, di affermazione della responsabilità del convenuto e di condanna dello stesso al risarcimento del danno, sia quella di garanzia da costui proposta - giova anche al soggetto assicurato, senza necessità di una sua impugnazione incidentale, indipendentemente dalla qualificazione della garanzia come propria o impropria, che ha valore puramente descrittivo ed è priva di effetti ai fini dell'applicazione degli artt. 32, 108 e 331, dovendosi comunque ravvisare un'ipotesi litisconsorzio necessario processuale non solo se il convenuto abbia scelto soltanto di estendere l'efficacia soggettiva, nei confronti del terzo chiamato, dell'accertamento relativo al rapporto principale, ma anche quando abbia, invece, allargato l'oggetto del giudizio, evenienza, quest'ultima, ipotizzabile allorché egli, oltre ad effettuare la chiamata, chieda l'accertamento dell'esistenza del rapporto di garanzia ed, eventualmente, l'attribuzione della relativa prestazione. Nel caso di chiamata in garanzia, l'impugnazione del terzo chiamato avente per oggetto il rapporto principale giova anche al soggetto garantito, senza necessità di una sua impugnazione incidentale, dovendosi ravvisare un'ipotesi di litisconsorzio necessario processuale non solo se il convenuto abbia scelto di estendere nei confronti del terzo chiamato l'efficacia soggettiva dell'accertamento relativo al rapporto principale, ma anche quando abbia chiesto, nell'effettuare la chiamata, l'accertamento dell'esistenza del rapporto di garanzia e l'attribuzione della relativa prestazione (Cass. n. 21098/2017, che ha cassato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto coperta dal giudicato la condanna di un Comune al risarcimento del danno subìto da un motociclista per la caduta causata dal manto stradale dissestato, in quanto l'ente non aveva proposto appello incidentale a seguito dell'appello principale della ditta appaltatrice, chiamata in garanzia, osservando che la sentenza della corte di merito, che aveva accolto l'impugnazione principale della terza chiamata, avrebbe dovuto estendere i relativi effetti anche nei confronti dell'amministrazione comunale, senza necessità di impugnazione incidentale). Nell'ipotesi in cui la parte convenuta in un giudizio di risarcimento dei danni, nel dedurre il difetto della propria legittimazione passiva, chiami in causa un terzo, l'atto di chiamata, al di là della formula adottata, va inteso come chiamata del terzo responsabile e non già come chiamata in garanzia impropria, in quanto, da un lato, tale condotta è logicamente e giuridicamente incompatibile con la qualificazione dell'evocazione del terzo come chiamata in garanzia (la quale, di per sé, non può non presupporre la non contestazione della legittimazione passiva) e, dall'altro, va privilegiata l'effettiva volontà del chiamante in relazione alla finalità, in concreto perseguita, di attribuire al terzo la responsabilità del danno. In tal caso, si verifica l'estensione automatica della domanda dell'attore al terzo chiamato, indicato dal convenuto come il vero legittimato (Cass. n. 24294/2016). Nella ipotesi di pendenza, presso un tribunale, di una causa relativa al pagamento del corrispettivo per prestazione contrattuale (nella specie, per servizio di custodia e trasporto valori), in cui sia proposta domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni cagionati all'altro contraente e alla sua clientela (in ragione della criminosa sottrazione dei valori), con relativa chiamata in garanzia dell'assicuratore della responsabilità civile, e, contemporaneamente, presso altro tribunale, di un giudizio tra la medesima parte convenuta in riconvenzionale e l'assicuratore, per l'accertamento della validità ed operatività della polizza, è erronea la declaratoria di litispendenza e di cancellazione della causa di garanzia radicata dinanzi al primo ufficio. Infatti, l'oggetto del giudizio pendente presso il secondo ufficio riguarda la validità della garanzia assicurativa non solo per i danni lamentati dall'attore in riconvenzionale nel primo giudizio, ma anche per quelli subiti dalle vittime dell'azione delittuosa, sicché manca l'identità tra i due giudizi, non coincidenti sotto il profilo oggettivo e soggettivo, e la fattispecie va sussunta nell'alveo della continenza di cause, con conseguente inapplicabilità della vis actractiva della competenza del giudice del primo processo, ex art. 32, quanto alla domanda di garanzia (Cass. n. 19368/2016). BibliografiaBalbi, Connessione e continenza nel diritto processuale civile, in Dig. civ., III, Torino 1988, 457; De Petris, Connessione (diritto processuale civile), in Enc. dir., IX, Milano 1961, 10; Fabbrini, Connessione (diritto processuale civile), in Enc. giur., VIII, Roma, 1988. |