Codice di Procedura Civile art. 39 - Litispendenza e continenza di cause.Litispendenza e continenza di cause. [I]. Se una stessa causa è proposta davanti a giudici diversi, quello successivamente adito, in qualunque stato e grado del processo, anche d’ufficio, dichiara con ordinanza la litispendenza e dispone la cancellazione della causa dal ruolo 1. [II]. Nel caso di continenza di cause, se il giudice preventivamente adito è competente anche per la causa proposta successivamente, il giudice di questa dichiara con ordinanza la continenza e fissa un termine perentorio entro il quale le parti debbono riassumere la causa davanti al primo giudice. Se questi non è competente anche per la causa successivamente proposta, la dichiarazione della continenza e la fissazione del termine sono da lui pronunciate 2. [III]. La prevenzione è determinata dalla notificazione della citazione ovvero dal deposito del ricorso 3. [1] Comma così sostituito dall'art. 45, comma 3, lett. a), della legge 18 giugno 2009, n. 69. Il testo precedente la modifica recitava: «Se una stessa causa è proposta davanti a giudici diversi, quello successivamente adito, in qualunque stato e grado del processo, anche d'ufficio, dichiara con sentenza la litispendenza e dispone con ordinanza la cancellazione della causa dal ruolo». [2] Comma così modificato dall'art. 45, comma 3, lett. b), della legge 18 giugno 2009, n. 69, che, al primo periodo, ha sostituito la parola "sentenza" con la parola "ordinanza". [3] Comma così modificato dall'art. 45, comma 3, lett. c), della legge 18 giugno 2009, n. 69, che ha aggiunto, in fine, le parole "ovvero dal deposito del ricorso". InquadramentoLa disposizione in commento disciplina simultaneamente le distinte figure della litispendenza (consistente nella contemporanea pendenza della stessa causa dinanzi a giudici diversi: Sorace, 841) e della continenza, concetto dalle caratteristiche più sfumate e dai contorni più incerti, che ricorre secondo alcuni in ipotesi di cause diverse soltanto per misura del petitum, secondo altri in ogni caso di interferenza tale da prospettare il rischio di contrasto pratico di giudicati. Diversa è anche la disciplina giuridica prevista: in caso di litispendenza uno dei due processi si estingue; in caso di continenza entrambi i processi confluiscono dinanzi allo stesso giudice. In entrambi i casi la pronuncia è di regola data con ordinanza. Il comma 3 definisce infine normativamente la nozione di prevenzione, volta ad individuare quale sia tra più giudici quello preventivamente adito. La litispendenzaIl fenomeno della litispendenza, intesa come simultanea pendenza della stessa causa dinanzi a giudici diversi, richiede anzitutto che le cause siano radicate presso distinti uffici giudiziari, dal momento che, se le cause sono proposte dinanzi allo stesso ufficio, opera non già il congegno della litispendenza, bensì quello della riunione. Gli istituti della litispendenza e della continenza operano cioè soltanto fra cause pendenti dinanzi a uffici giudiziari diversi, secondo quanto reso evidente dal dato testuale dell'art. 39 deriva da quanto precede, pertanto, che se le cause identiche o connesse, pendano dinanzi al medesimo ufficio giudiziario, trovano applicazione gli artt. 273 e 274, ovvero, quando ragioni di ordine processuale impediscano la riunione e una causa sia pregiudiziale rispetto all'altra o sia già giunta a sentenza, gli istituti della sospensione, di cui agli artt. 295 e 337 (Cass. n. 2180/2016). Tale soluzione, accolta dalla dottrina (Sorace, 877), è altresì condivisa dalla giurisprudenza (Cass. n. 9510/2010; Cass. n. 21761/2013), la quale ha precisato che la litispendenza non ricorre neppure in ipotesi di cause proposte l'una dinanzi alla sede principale, l'altra dinanzi alla sede distaccata del tribunale, che costituiscono articolazioni interne del medesimo ufficio giudiziario (Cass. n. 22278/2010; Cass. n. 19411/2010, ove è precisato che la sentenza dichiarativa della litispendenza è in tal caso nulla). Deve trattarsi di effettiva pendenza delle due cause, la quale va esclusa se una delle due non è all'attualità concretamente pendente, come nel caso in cui essa sia stata decisa con sentenza ancora impugnabile (Cass. n. 9313/2007; Cass. n. 3965/1999); ovvero sia stata cancellata dal ruolo anche se non sia ancora decorso il termine per la riassunzione (Cass. n. 8522/1993); ovvero si sia estinta anche se l'estinzione non sia stata ancora dichiarata (Cass. n. 2000/1989). Con riguardo al c.d. «rito Fornero» si è detto che, nel giudizio ex art. 1, commi 48 e segg, della l. n. 92/2012, il vincolo di strumentalità tra la fase sommaria e quella a cognizione piena onera la parte resistente ad eccepire l'incompetenza sin dalla prima fase e determina la litispendenza anche durante il termine per l'opposizione di cui al successivo comma 51, sicché l'obbligo del giudice successivamente adito di dichiararla si protrae per il tempo durante il quale l'opposizione di fronte al giudice della fase sommaria può essere ancora proposta (Cass. n. 18263/2017). La dottrina è in generale, sul tema dell'effettiva pendenza, dello stesso avviso (Franchi, in Comm. Allorio, 1973, 404). Due cause pendenti tra le stesse parti e con identità di causa petendi e di petitum sono in rapporto di litispendenza e non di continenza anche nel caso in cui una di esse abbia ad oggetto più domande, una sola delle quali identica a quella avanzata nell'altro procedimento, ben potendo in tale ipotesi la litispendenza essere dichiarata con riferimento ad una soltanto delle domande proposte (Cass. n. 16454/2015). Non vi è litispendenza se uno degli elementi identificativi delle azioni non coincide. Così, ad esempio, non sussiste litispendenza - che presuppone la contemporanea pendenza della «stessa causa» davanti a giudici diversi - tra due giudizi nei quali, sebbene vi sia coincidenza della domanda volta all'accertamento della responsabilità da sinistro, tuttavia è diverso il petitum delle distinte azioni risarcitorie formulate dagli attori o dai diversi aventi diritto (Cass. n. 6826/2017, che, in un giudizio proposto per il risarcimento dei danni derivati dallo sversamento di petrolio greggio al suolo causato da sinistro stradale, ove la convenuta compagnia di assicurazioni dell'autotreno ribaltatosi aveva formulato una domanda di accertamento della gravità delle responsabilità e di riduzione dell'indennizzo nei confronti dei chiamati in causa, la parte ricorrente aveva eccepito la litispendenza con riferimento ad altra controversia fra le parti pendente, promossa da terzi danneggiati nei confronti del proprietario dell'autotreno per danni derivanti dallo stesso sinistro, nella quale la medesima compagnia di assicurazione aveva svolto domanda di regresso nei confronti delle terze chiamate, ma con esclusivo riferimento alla prestazione indennitaria relativa ai risarcimenti eventualmente dovuti dal responsabile del sinistro ai terzi danneggiati attori di quel giudizio. La S.C., nel cassare sul punto la sentenza impugnata, ha rilevato che i due giudizi fossero da ritenere autonomi e distinti per la differenza tra i petita). Neppure vi è litispendenza se in una causa si discute del merito della controversia, nell'altra soltanto delle spese (Cass. n. 16374/2019). Non ricorre inoltre litispendenza: i) se le diverse cause siano pendenti dinanzi a giudici appartenenti a diversi ordini giudiziari (Cass. n. 5243/1981; Cass. n. 16834/2007; Cass. n. 18024/2013, ove si precisa che, nell'ipotesi di rapporto di ripartizione esterno alla medesima giurisdizione, il concorso tra processi va risolto a mezzo di una pronuncia sulla giurisdizione e, in caso di decisioni contrastanti, i rimedi che sono appositamente previsti per questa specifica ipotesi, soccorrendo pertanto l'art. 362 e non l'art. 39); ii) in caso di simultanea pendenza della medesima causa dinanzi a giudice ordinario e arbitro; si trova in tal caso difatti affermato che non opera la litispendenza, né può invocarsi la sospensione necessaria di cui all'art. 295, poiché la competenza di uno dei giudici, escludendo quella dell'altro ed avendo carattere esclusivo e inderogabile, va risolta con l'affermazione o la negazione della competenza del giudice adito, in relazione all'esistenza, al contenuto e ai limiti di validità del compromesso o della clausola compromissoria (Cass. n. 178/2008); occorre tuttavia considerare che l'art. 819-ter non menziona tra le norme inapplicabili all'arbitrato l'art. 39, dettato per la litispendenza e continenza di cause, il che induce a supporre che il legislatore, con tale norma, abbia inteso introdurre un congegno di litispendenza in favore degli arbitri, che sembra trovare riscontro nell'art. 817, comma 2, il quale fa salva la competenza degli arbitri a giudicare sulla propria competenza «in qualsiasi sede e per qualsiasi ragione»; iii) nell'ipotesi in cui nei confronti della medesima decisione di primo grado vengano proposti sia l'appello, sia il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., giacché l'istituto della litispendenza tende a impedire il simultaneo esercizio della funzione giurisdizionale sulla stessa controversia da parte di più giudici che abbiano competenza a decidere, per evitare la possibilità di giudicati contrastanti, problema che non si pone, invece, nel caso in cui siano stati proposti avverso lo stesso provvedimento due diversi mezzi di impugnazione, dei quali uno solo previsto dalla legge, perché in tal caso viene in questione l'ammissibilità dell'impugnazione, sulla quale non spiega alcun effetto la contemporanea proposizione di altro diverso mezzo di gravame (Cass. n. 16526/2012; v. pure Cass. n. 6236/1999). Un caso particolare ricorre qualora sia promossa un'opposizione all'esecuzione ex art. 615, comma 2, identica, per fatti costitutivi dedotti, ad un'opposizione a precetto già pendente: in tal caso il giudice dell'esecuzione, all'esito della fase sommaria, non deve assegnare alle parti il termine per promuovere il giudizio di merito, giacchè quest'ultimo sarebbe destinato ad essere definito in rito (mediante la cancellazione della causa dal ruolo ex art. 39, comma 1, o la riunione ex art. 273), essendo l'opposizione a precetto il giudizio che le parti hanno l'onere di proseguire (Cass. n. 26285/2019). Ancora, non sussiste litispendenza tra l'opposizione a precetto ex art. 615, comma 1, e la successiva opposizione all'esecuzione ex art. 615, comma 2, c.p.c., nemmeno se fondate su identici fatti costitutivi concernenti l'inesistenza del diritto di procedere all'esecuzione forzata, qualora il debitore abbia avanzato, con la seconda opposizione, anche contestazioni formali ex art. 617 (Cass. n. 26541/2022). Il rapporto esistente tra due giudizi, pendenti tra le stesse parti innanzi a differenti uffici giudiziari, in cui la speculare contrapposizione di domande non ne esaurisca l'oggetto, aggiungendosi ulteriori pretese che, pur se strettamente collegate alle prime, abbiano un titolo diverso, non è qualificabile in termini di litispendenza, né di continenza, rientrando, invece, nella più ampia nozione di connessione oggettiva di cui all'art. 40, comma 1 (Cass. n. 654/2016, che ha ritenuto sussistere la connessione tra un giudizio, proposto da una banca, per l'accertamento dell'avvenuto scioglimento di un contratto di finanziamento per recesso della cliente, la declaratoria della risoluzione dei contratti derivati e la condanna della controparte al pagamento degli oneri conseguenti, ed un altro procedimento, già instaurato dalla cliente, per la dichiarazione di inefficacia del medesimo finanziamento per mancata verificazione di condizioni sospensive e la condanna della banca, previo accertamento della nullità, annullabilità o pronuncia di risoluzione dei contratti derivati, al risarcimento dei danni causati dalle sue condotte illecite). Si esclude pure la litispendenza fra procedimenti a cognizione piena e sommaria (Cass. n. 1862/1979), e, in particolare, tra procedimento ordinario e procedimento ex art. 700 (Cass. n. 11778/2014; Cass. n. 26977/2007; Cass. n. 7337/1996); tra più cause di opposizione a decreto ingiuntivo (Cass. n. 14301/1999). Allo stato attuale della giurisprudenza, viceversa, la litispendenza non è esclusa nell'ipotesi di pendenza delle cause in gradi diversi. Hanno difatti stabilito le Sezioni Unite, che, a norma dell'art. 39, comma 1, qualora una stessa causa venga proposta davanti a giudici diversi, quello successivamente adito è tenuto a dichiarare la litispendenza, anche se la controversia iniziata in precedenza sia stata già decisa in primo grado e penda ormai davanti al giudice dell'impugnazione, senza che sia possibile la sospensione del processo instaurato per secondo, ai sensi dell'art. 295 c.p.c. o dell'art. 337, comma 2, c.p.c. la ciò ostando l'identità delle domande formulate nei due diversi giudizi (Cass. S.U., n. 27846/2013; Cass. n. 13621/2015 ; Cass. n. 19056/2017). Ricorre il requisito dell'identità di cause in caso di coincidenza dei tre criteri identificativi delle domande, personae, causa petendi e petitum, nulla rilevando la diversa posizione assunta dalle parti (qui di attore, là di convenuto) nelle diverse cause (Cass. n. 282/1996; Cass. n. 792/2001; Cass. n. 10195/2002; Cass. n. 17443/2014; Cass. n. 8916/2024). Ed inoltre, è stato affermato che si ha litispendenza quando tra più cause vi è identità dei soggetti, del petitum e della causa petendi, la quale non viene meno per il fatto che in una delle cause vi sia la presenza anche di altre parti (Cass. n. 3306/2018, che, in un caso di incidente stradale, ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato la litispendenza in ordine alla domanda risarcitoria proposta autonomamente dal conducente del veicolo, già intervenuto in un precedente giudizio introdotto dal proprietario). La dottrina manifesta la medesima opinione (Franchi, in Comm. Allorio, 1973, 395; Sorace, 847). La litispendenza è stata pertanto ad esempio esclusa in caso di plurimi procedimenti di sfratto concernenti la stessa locazione ma fondati su inadempimenti distinti (Cass. n. 2624/1990); in caso di domande contrapposte di risarcimento dei danni fondate su contrapposti e dunque distinti inadempimenti contrattuali (Cass. n. 7352/1994); nel caso di contemporanea pendenza del giudizio di separazione personale dei coniugi e del procedimento per la pronuncia di decadenza dalla potestà dei figli ex art. 330 (Cass. n. 3529/2004); in caso di azioni contrapposte volte all'accertamento in positivo ed in negativo della stessa situazione sostanziale, come nel caso dell'azione di condanna al pagamento e della contrapposta azione di accertamento negativo del credito; si pone in particolare l'accento sulla diversità di petitum delle due azioni, dal momento che una di esse è diretta non solo all'accertamento ma anche alla condanna (Cass. S.U., n. 5295/1998). In tema di litispendenza internazionale, tuttavia, è adottato un criterio più ampio, che fa leva sul pericolo di contrasto fra i giudicati, più che sulla perfetta identità degli elementi identificativi delle domande. La litispendenza internazionale presuppone, oltre all'identità delle parti, l'identità dei risultati pratici perseguiti dalle domande, a prescindere dall'identità del loro petitum immediato e del titolo specifico che esse fanno valere, atteso che l'art. 7 l. n. 218/1995, interpretato alla luce del successivo art. 64, lett. e, mira ad evitare inutili duplicazioni di attività giudiziaria e ad eliminare il rischio di conflitto tra giudicati, obiettivi che sarebbero frustrati ove il giudizio nazionale e quello straniero potessero determinare risultati pratici fra loro incompatibili (Cass. S.U., n. 21108/2012). In caso di cumulo di domande la litispendenza può essere soltanto parziale, con conseguente pronuncia della litispendenza previa separazione (Cass. n. 1302/2004). Nelle cause a litisconsorzio necessario, sussiste litispendenza anche quando la prima domanda sia stata proposta nei confronti solo di alcuni dei contraddittori necessari, e quella successiva nei confronti di tutti (Cass. n. 5343/2000). La dichiarazione di litispendenzaLa litispendenza (che non è equiparabile all'incompetenza e non è pertanto assoggettata ai limiti preclusivi stabiliti dall'art. 38) è rilevabile d'ufficio o su eccezione di parte in qualunque stato e grado del processo, ed anche in cassazione, salvo soltanto il limite del giudicato (Cass. n. 1056/1983; Cass. n. 279/1980). L'eccezione di litispendenza può essere proposta, nel giudizio di cassazione, però, a condizione che nei precedenti gradi del processo sia stato almeno allegato il fatto della pendenza della stessa causa davanti a diverso giudice e l'interessato dimostri la persistenza, fino all'udienza di discussione, delle condizioni per l'applicabilità dell'art. 39, con conseguente onere di deposito della relativa documentazione, non soggetto alla preclusione di cui all'art. 372 (Cass. n. 27920/2017). La verifica della litispendenza a effettuata al momento della decisione (Franchi, in Comm. Allorio, 1973, 411; Sorace, 890). La giurisprudenza concorda (Cass. n. 7478/2011, la quale precisa che resta onere della parte che eccepisce la litispendenza di produrre i documenti necessari per la verifica della persistenza della dedotta situazione sino all'udienza di discussione). Le questioni in tema di litispendenza vanno cioè decise con riferimento alla situazione processuale esistente al momento della relativa pronuncia, dovendosi tenere conto anche delle vicende processuali sopravvenute, sicché, in caso di intervenuta definizione di uno dei due giudizi pendenti, cessano le condizioni per l'applicabilità dell'art. 39 (Cass. n. 18252/2015). Ai fini della dichiarazione di litispendenza — che ha carattere pregiudiziale rispetto a quella concernente la competenza — occorre aver riguardo esclusivamente al criterio dell'individuazione del giudice preventivamente adito, mentre è irrilevante ogni indagine sull'effettiva competenza di tale giudice a conoscere della controversia, pur se il giudice successivamente adito sia funzionalmente ed inderogabilmente competente a conoscere della causa (Cass. n. 16724/2002; Cass. S.U., n. 17443/2014). La dottrina è in questo caso di opposto avviso (Franchi, in Comm. Allorio, 1973, 402). La litispendenza, dopo la riforma di cui alla l. n. 69/2009, è dichiarata con ordinanza. Resta da dire che l'ordinanza dichiarativa della litispendenza è equiparabile a una declaratoria di incompetenza, dovendo pertanto essere corredata dalla statuizione sulle spese, tipica di ogni pronuncia che definisce un processo (Cass. n. 2399/2024) . La continenzaSecondo un primo indirizzo ricorre la continenza quando il petitum di due cause, identiche per personae e causa petendi, si differenzia sul piano meramente quantitativo (Franchi, in Comm. Allorio, 1973, 413). Secondo altra opinione (Merlin, 607), la continenza si presenta in ogni ipotesi di potenziale interferenza, quanto ad effetti, tra le pronunce, sicché la continenza risponderebbe all'esigenza di evitare conflitti pratici di giudicati. La giurisprudenza aderisce al secondo indirizzo. La continenza è stata infatti riconosciuta in caso di «interdipendenza tale che la decisione dell'una causa sia presupposto per la decisione dell'altra» (Cass. n. 186/2001, che respinge espressamente la teoria quantitativa). È stato ribadito che, ai sensi dell'art. 39, comma 2, la continenza di cause ricorre non solo quando due cause siano caratterizzate da identità di soggetti e di titolo e da una differenza quantitativa dell'oggetto, ma anche quando fra le cause sussista un rapporto di interdipendenza, come nel caso in cui sono prospettate, con riferimento a un unico rapporto negoziale, domande contrapposte o in relazione di alternatività e caratterizzate da una coincidenza soltanto parziale delle causae petendi, nonché quando le questioni dedotte con la domanda anteriormente proposta costituiscano il necessario presupposto (alla stregua della sussistenza di un nesso di pregiudizialità logico-giuridica) per la definizione del giudizio successivo, come nell'ipotesi in cui le contrapposte domande concernano il riconoscimento e la tutela di diritti derivanti dallo stesso rapporto e il loro esito dipenda dalla soluzione di una o più questioni comuni (Cass. n. 19460/2017; Cass. n. 16831/2012; Cass. n. 24668/2013; Cass. n. 15532/2011; Cass. S.U., n. 20596/2007). Caso tipico di continenza è dunque quella cd. quantitativa, che ricorre quando due azioni, pendenti contemporaneamente dinanzi a giudici diversi, vertano tra le stesse parti ed abbiano la stessa causa petendi, differendo tra loro solo nell'ampiezza del petitum, nel senso che l'oggetto di un processo è più ampio e tale da ricomprendere in sé anche le domande proprie dell'altro processo. É, tuttavia, consolidato l'orientamento (a partire da Cass. S.U., n. 20596/2007 e dalle coeveCass. S.U., n. 20598/2007e Cass. S.U., n. 20600/2007) che la continenza ricorra anche quando fra due cause sussista un rapporto di interdipendenza, come nel caso in cui siano prospettate, con riferimento ad un unico rapporto negoziale, domande contrapposte o in relazione di alternatività e caratterizzate da una coincidenza soltanto parziale delle causae petendi, nonché quando le questioni dedotte con la domanda anteriormente proposta costituiscano il necessario presupposto (alla stregua della sussistenza di un nesso di pregiudizialità logico-giuridica) per la definizione del giudizio successivo, come nell'ipotesi in cui le contrapposte domande concernano il riconoscimento e la tutela di diritti derivanti dallo stesso rapporto e il loro esito dipenda dalla soluzione di una o più questioni comuni. Altrettando pacifico è che per il ricorrere della continenza quantitativa o qualitativa, l'identità soggettiva tra i due giudizi non è esclusa dalla circostanza che in uno dei due giudizi sia presente anche un soggetto diverso (cfr. la già citata Cass. S.U., n. 20596/2007). Non v'è dubbio inoltre che il congegno della continenza trovi applicazione anche per quanto riguarda l'ipotesi in cui una delle due cause in rapporto di continenza sia un'opposizione a decreto ingiuntivo, dovendosi aver riguardo ai fini dell'individuazione del giudice preventivamente adito alla data di deposito del ricorso per decreto ingiuntivo: a seguito, infatti, della modifica dell'art. 39, u.c., da parte della l. n. 69/2009, la prevenzione, nei procedimenti introdotti con ricorso, è determinata dal deposito del ricorso. In particolare, in tema di opposizione a decreto ingiuntivo, la continenza di cause non è idonea a spostare la competenza funzionale e inderogabile a decidere sull'opposizione, spettante all'ufficio di appartenenza del giudice che ha emesso il provvedimento monitorio, ma rileva per la determinazione della competenza di quest'ultimo giudice, nel senso che ― qualora la causa in cui è stata emessa ingiunzione sia in rapporto di continenza con altra pendente davanti a diverso giudice, preventivamente adito e competente per entrambi i giudizi ― il giudice dell'opposizione deve dichiarare l'incompetenza del giudice che ha pronunciato il decreto ingiuntivo e dichiararne la caducazione, fissando il termine perentorio entro il quale le parti debbono riassumere la causa innanzi al giudice già precedentemente adito (Cass. n. 29441/2024). Anche nel caso di continenza tra una causa introdotta col rito ordinario ed una introdotta col rito monitorio, ai fini dell'individuazione del giudice preventivamente adìto, il giudizio introdotto con ricorso per decreto ingiuntivo deve ritenersi pendente alla data di deposito di quest'ultimo, proprio sulla base del criterio di cui all'ultimo comma dell'art. 39, come modificato dalla l. n. 69/2009, senza che rilevi la circostanza che l'emissione del decreto e la sua notifica siano avvenuti successivamente, agli effetti dell'art. 643, comma 3, (cfr. Cass. n. 18564/2015; Cass. n. 6511/2012). Peraltro, anche antecedentemente alla modifica dell'ultimo comma dell'art. 39 da parte della l. n. 69/2009, con la già citata Cass. S.U., n. 20596/2007, le Sezioni Unite, nel dirimere il contrasto sul punto formatosi tra le sezioni semplici e aderendo all'orientamento fino a quel momento minoritario, avevano affermato che in caso di opposizione a decreto ingiuntivo gli effetti della pendenza della controversia dovevano retroagire al momento della proposizione del ricorso, a condizione, però, che la domanda monitoria fosse stata formulata davanti a giudice che, alla data della presentazione, era competente a conoscerla (ciò in quanto il giudice dell'opposizione che riconosca l'incompetenza del giudice che ha emesso il provvedimento monitorio può solo dichiarare la nullità di quest'ultimo, accogliendo in rito l'opposizione e senza entrare nel merito della domanda dell'attore in senso sostanziale: cfr. Cass. n. 16744/2009). Il requisito della competenza del giudice del monitorio (e, quindi, specularmente, del giudice dell'opposizione) è ritenuto necessario, a fini di prevenzione, anche dalla sentenza in commento, che pure prende atto della modifica dell'art. 39 da parte della l. n. 69/2009. Ciò, evidentemente, perché il riconoscimento dell'incompetenza del giudice del monitorio comporta la revoca del decreto ingiuntivo opposto senza possibilità di alcuna valutazione di merito da parte del giudice dell'opposizione, con conseguente frustrazione della stessa ratio della disciplina della continenza, che mira ad evitare che cause tra loro connesse pregiudizialmente o con oggetto solo quantitativamente diverso vengano decise da giudici diversi, con rischio di formazione di giudicati difformi o contraddittori in punto di merito. Vi è continenza, inoltre, tra l'azione di accertamento positivo e quella di accertamento negativo del medesimo diritto (Cass. n. 22830/2022). In materia di continenza, le norme dettate dall'art. 39 non operano con riguardo alla situazione di pendenza di una causa in primo grado e dell'altra in appello, ma l'esigenza di coordinamento sottesa alla disciplina dell'art. 39, comma 2, dev'essere assicurata comunque ai sensi dell'art. 295, ossia a mezzo della sospensione della causa che avrebbe dovuto subire l'attrazione all'altra se avesse potuto operare detta disciplina, in attesa della definizione, con sentenza passata in giudicato, della causa che avrebbe esercitato l'attrazione (Cass. n. 26835/2017). Ricorre un rapporto di continenza tra la domanda di concordato preventivo e l'istanza o la richiesta di fallimento, in quanto iniziative tra loro incompatibili e dirette a regolare la stessa situazione di crisi. Ne consegue la riunione dei relativi procedimenti ai sensi dell'art. 273, se pendenti innanzi allo stesso giudice, ovvero l'applicazione delle disposizioni dettate dall'art. 39, comma 2, in tema di continenza e competenza, se pendenti innanzi a giudici diversi (Cass. S.U., n. 9935/2015). La dichiarazione di continenzaCome la litispendenza, anche la continenza va rilevata anche d'ufficio e anche oltre la prima udienza (Franchi, 416), non essendo assimilabile ad una questione di incompetenza. La continenza va dichiarata con ordinanza. All'esito della dichiarazione di continenza, una delle due cause trasmigra dinanzi al giudice dell'altra. La disposizione stabilisce che la rimessione va disposta in favore del giudice preventivamente adito, sempre che sia competente per entrambe le cause, e, in caso contrario in favore del giudice adito per secondo, avuto in entrambi i casi riguardo al criterio della prevenzione. Ne discende che il giudice che ravvisi la continenza tra una causa propostagli ed altra precedentemente instaurata dinanzi a un giudice diverso deve verificare la competenza (per materia, territorio, derogabile e inderogabile, e valore) di quest'ultimo in relazione non soltanto alla causa da rimettergli ma anche a quella presso di lui già pendente, con indagine estesa a tutti i criteri di competenza (Cass. n. 24161/2019). In giurisprudenza si insegna che, qualora tra due cause vi sia un rapporto di continenza, per individuare il giudice competente non occorre stabilire quale sia la causa contenente e quale quella contenuta, poiché il criterio da seguire è solo quello della prevenzione, sempre che il giudice preventivamente adito sia competente per la causa successivamente proposta. Pertanto, il giudice al quale è proposta l'eccezione di continenza deve prima accertare quale sia la causa preventivamente adita (ponendo a raffronto, se una delle cause sia di opposizione a decreto ingiuntivo, la data di notificazione del ricorso e del decreto, atteso che questa determina la pendenza della lite),e poi verificare se il giudice preventivamente adito sia competente, per valore, materia e territorio, anche in relazione alla causa proposta successivamente (Cass. n. 2214/2001; Cass. n. 14563/2002). Ai sensi dell'art. 39, comma 2, il giudice che ravvisi la continenza tra una causa propostagli ed altra precedentemente instaurata dinanzi a un giudice diverso, deve in particolare verificare la competenza (per materia, territorio, derogabile e inderogabile, e valore) di quest'ultimo in relazione non soltanto alla causa da rimettergli ma anche a quella presso di lui già pendente, con indagine estesa a tutti i criteri di competenza; ne consegue che il giudice diverso, ove la causa venga davanti a lui riassunta, non potrà contestare il rapporto di continenza — facoltà concessa, invece, alla parte — ma potrà solo, ai sensi degli artt. 44 e 45, chiedere d'ufficio il regolamento di competenza ove ritenga la propria incompetenza per materia o per territorio inderogabile (Cass. n. 29570/2008). In tema di opposizione a decreto ingiuntivo è stato affermato che, nel caso in cui la parte nei cui confronti è stata chiesta l'emissione di decreto ingiuntivo abbia proposto domanda di accertamento negativo del credito davanti ad un diverso giudice prima che il ricorso ed il decreto ingiuntivo le siano stati notificati, se, in virtù del rapporto di continenza tra le due cause, quella di accertamento negativo si presti ad essere riunita a quella di opposizione, la continenza deve operare in questo senso, retroagendo gli effetti della pendenza della controversia introdotta con la domanda di ingiunzione al momento del deposito del relativo ricorso, sempre che la domanda monitoria sia stata formulata davanti a giudice che, alla data della presentazione, era competente a conoscerla (Cass. S.U., n. 20596/2007, con cui le Sezioni Unite hanno risolto il contrasto formatosi in seno alle sezioni semplici in ordine alla determinazione della prevenzione, rilevante ai fini della continenza, tra la domanda di condanna introdotta con il ricorso per decreto ingiuntivo davanti ad un determinato giudice, comunque competente, e quella, proposta successivamente al deposito del ricorso monitorio ma anteriormente alla sua notificazione, di accertamento negativo dello stesso credito dinanzi ad altro giudice). È stato ribadito che, nel caso di continenza tra una causa introdotta col rito ordinario ed una introdotta col rito monitorio, ai fini dell'individuazione del giudice preventivamente adito, il giudizio introdotto con ricorso per decreto ingiuntivo deve ritenersi pendente alla data del deposito di quest'ultimo, trovando applicazione il criterio di cui all'ultimo comma dell'art. 39, come modificato dalla l. n. 69/2009, senza che rilevi la circostanza che l'emissione del decreto e la sua notifica siano avvenuti successivamente, agli effetti dell'art. 643, comma 3 (Cass. n. 18564/2015). Ove sussista continenza di cause, la competenza del giudice preventivamente adito è esclusa quando la causa proposta davanti al secondo giudice appartenga alla competenza per materia o per valore di quest'ultimo, atteso che in tal caso non può applicarsi il criterio della prevenzione (Cass. n. 8685/1994). La continenza non può più essere dichiarata in sede di impugnazione, anche se l'errore del primo giudice sia stato oggetto di motivo di impugnazione (Cass. n. 2212/1989; Cass. n. 7768/1993; Cass. n. 5007/1998; Cass. n. 6590/2003; Cass. n. 18819/2004; Cass. n. 16446/2009). La prevenzioneLa prevenzione è ancorata alla notificazione della citazione o al deposito del ricorso (in ciò il dato normativo ha ripreso un orientamento giurisprudenziale, per il quale v. Cass. n. 4686/2001), mentre la data dell'iscrizione a ruolo rileva solo in caso di contemporaneità delle notifiche (Cass. n. 1603/1962). In caso di domanda proposta nel corso del giudizio, la prevenzione è data dal deposito della comparsa che la contiene (Cass. n. 7360/2000). Per determinare la litispendenza ai fini della prevenzione tra cause in rapporto di continenza, una iniziata con ricorso monitorio e una iniziata con citazione, per quest'ultima si ha riguardo al perfezionamento del procedimento di notificazione tramite consegna dell'atto al destinatario, non operando la scissione soggettiva del momento perfezionativo per il notificante e il destinatario, che vale solo per le decadenze non addebitabili al notificante; né può invocarsi il principio di uguaglianza tra gli attori, in rapporto alla pendenza della lite monitoria già al momento del deposito del ricorso, atteso che la maggiore o minore incidenza dell'impulso di parte nell'individuazione del giudice naturale della controversia è solo l'effetto indiretto della differente disciplina processuale, discrezionalmente prevista dal legislatore (Cass. S.U., n. 23675/2014). Nel caso di ricorso monitorio telematico, la prevenzione di cui all'art. 39 è determinata, ai sensi dell'art. 16-bis, comma 7, d.l. n. 179/2012, conv. in l. n. 221/2012, dal deposito dello stesso, consistente nell'invio telematico e nella generazione della ricevuta di avvenuta consegna, essendo irrilevante la data, eventualmente successiva, di iscrizione a ruolo ad opera del personale di cancelleria che ha lavorato l'atto in via telematica (Cass. n. 1366/2018). La citata norma stabilisce difatti che il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del ministero della giustizia. La finalità perseguita dal legislatore, nello stabilire tale regola, sembra dover essere ravvisata nell'intento di prevenire il rischio di ritardi o decadenze incolpevoli a carico della parte per cause alla medesima non imputabili, ed invece addebitabili a ritardi nella lavorazione degli atti inviati telematicamente cancelleria. Si tratta di un'eventualità che non ricorreva nel caso del deposito cartaceo del ricorso monitorio, giacché la ricezione dell'atto da parte della cancelleria coincideva con lavorazione (e con l'apposizione del timbro di deposito) e la iscrizione a ruolo, mentre, nel caso di deposito telematico, divenuto obbligatorio dal 30 giugno 2014, può non esservi coincidenza cronologica tra l'attività della parte e quella della cancelleria. Dalla pronuncia citata si desume che il richiamo al deposito del ricorso, contenuto nel comma 3 dell'art. 39 ai fini della determinazione della causa preveniente, opera anche nel caso di deposito telematico, che può ritenersi eseguito al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del ministero della giustizia. Non ha alcuna rilevanza, invece, il diverso momento in cui il ricorso telematico venga iscritto a ruolo da parte della cancelleria.
BibliografiaBove, Giurisdizione e competenza nella recente riforma del processo civile (legge 18 giugno 2009 n. 69), in Riv. dir. proc. 2009, 1295; Corsini, Il difetto di giurisdizione italiana: modi e tempi di proposizione dell'eccezione dopo la legge n. 218/1995, in Giur. it. 1999, 295; Gioia, Decisione delle questioni di giurisdizione, in Consolo e De Cristofaro (a cura di), La riforma del 2009, Milano, 2009; Merlin, Su alcune ricorrenti questioni in tema di procedimento monitorio, continenza e azione in prevenzione del debitore, in Giur. it. 1989, I, 2; Ricci, La riforma del processo civile, Torino, 2009; Ronco, I mutamenti nel sistema della competenza, in Giur. it. 2009, 1570; Sorace, Litispendenza (diritto processuale civile), in Enc. dir., XXIV, Milano 1974, 840; Tarzia, Lineamenti del processo civile di cognizione, Milano, 2009. |