Codice di Procedura Civile art. 50 quater - Inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale 1.Inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale 1. [I]. Le disposizioni di cui agli articoli 50-bis e 50-ter non si considerano attinenti alla costituzione del giudice. Alla nullità derivante dalla loro inosservanza si applica l'articolo 161, primo comma.
[1] Gli articoli della presente Sezione VI bis sono stati inseriti dall'art. 56 d.lg. 19 febbraio 1998, n. 51, con effetto, ai sensi dell'art. 247 comma 1 dello stesso decreto quale modificato dall'art. 1 l. 16 giugno 1998, n. 188, dal 2 giugno 1999. InquadramentoDopo che gli artt. 50-bis e 50-ter stabiliscono quali cause debbano essere trattate dal tribunale in composizione monocratica e quali dal tribunale in composizione collegiale, la disposizione in commento individua la conseguenza della violazione di tali norme, stabilendo che la trattazione di una causa collegiale da parte del giudice monocratico e viceversa non costituisce vizio di costituzione del giudice, ma determina nullità che, secondo la regola generale dell'art. 161, comma 1, si converte in motivo di impugnazione. In dottrina è stato peraltro sostenuto che tale nullità ricorre solo quando il giudice monocratico abbia deciso nel luogo del collegio e non viceversa, tenuto conto che la composizione collegiale fornisce maggiori garanzie (Carbone, 568; Chiarloni, 478). La giurisprudenza è pervenuta all'opposta soluzione, ritenendo la nullità anche della sentenza decisa dal collegio in luogo del giudice monocratico (Cass. n. 6892/2014). L'inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale legittimato a decidere su una domanda giudiziale costituisce, alla stregua del rinvio operato dall'art. 50-quater al successivo art. 161, comma 1, un'autonoma causa di nullità della decisione e non una forma di nullità relativa derivante da atti processuali antecedenti alla sentenza (e, perciò, soggetta al regime di sanatoria implicita), con la sua conseguente esclusiva convertibilità in motivo di impugnazione e senza che la stessa produca l'effetto della rimessione degli atti al primo giudice se il giudice dell'impugnazione sia anche giudice del merito, oltre a non comportare la nullità degli atti che hanno preceduto la sentenza nulla (Cass. n. 28040/2008; Cass. n. 20623/2011; Cass. n. 13907/2014 ; Cass. n. 16186/2018; Cass. n. 26729/2019). Ne discende che, mentre il vizio è rilevabile d'ufficio, in grado di appello esso può essere rilevato soltanto per il tramite di specifico motivo di impugnazione (in dottrina v. già Montesano-Arieta, 307). Ove fatto valere tramite appello, l'inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale pone il giudice, una volta rilevata la nullità, nella condizione di dover rinnovare la decisione, esclusa la rimessione al primo giudice (Luiso, 1999, 27; Consolo, 205). Anche la giurisprudenza esclude la rimessione al primo giudice (Cass. n. 24684/2013). Difatti l'articolo 50-quater prevede espressamente che le disposizioni di cui agli art. 50-bis e 50-ter non si considerano attinenti alla costituzione del giudice e che alla nullità derivante dalla loro inosservanza si applica l'art. 161, comma 1, norma, questa ultima che, nel prevedere a sua volta il principio generale della conversione dei motivi di nullità in motivi di impugnazione si riconnette all'art. 354 che prevede espressamente i casi di nullità che comportano la rimessione degli atti al primo giudice. Con la conseguenza - quindi - che non essendo prevista tra tali casi anche la nullità per essere stata la sentenza di primo grado emessa dal giudice monocratico e non invece, come avrebbe dovuto essere, dal collegio, correttamente il giudice di appello decide la causa nel merito (Cass. n. 5598/2016). La violazione, da parte di giudice monocratico di tribunale, dell'art. 50-bis (con conseguente decisione, ad opera dello stesso giudice, di causa, relativa a rapporto di successione, dalla norma, attribuita alla cognizione del tribunale in composizione collegiale), fatta valere con motivo di impugnazione disatteso in secondo grado, impone alla Corte di cassazione, ritualmente reinvestita della questione, di cassare la pronuncia di appello per non aver dichiarato la nullità della decisione di primo grado e per non aver provveduto alla, formale e sostanziale, eliminazione di ogni incidenza della stessa sul decisum d'appello (Cass. n. 19876/2009). BibliografiaCarbone, Giudice monocratico e giudice collegiale, in Riv. dir. proc. 1996, 558; Chiarloni, Giudice monocratico e giudice collegiale nella riforma del processo civile (ancora contro il formalismo delle garanzie), in Formalismi e garanzie, Studi sul processo civile, Torino, 1995; Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, Bologna, 1998; Didone, Processo di cognizione e giudice unico, Milano, 1999; Montesano-Arieta, Diritto processuale civile, II, Napoli, 1999; Olivieri, Il giudice unico di primo grado nel processo civile, in Giust. civ. 1998, II, 466. |